Diritti
civili e controindicazioni delle religioni
|
Una famiglia del Ku Klux Klan, USA, Georgia, 1948 (foto da Wikipedia) |
Sento di dover tornare sull’argomento che ci è
stato proposto domenica scorsa, durante
le Messe, in parrocchia, del complotto ideologico gender contro le nostre famiglie, che coinvolgerebbe
l’ONU, l’Organizzazione Mondiale della Sanità e la nostra Ministra dell’Istruzione,
la quale vuole organizzare una strategia educativa per contrastare le violenze
che nelle scuole colpiscono gli studenti
a cause delle identità sessuali manifestate.
Ora, io so che l’idea del complotto gender è stata recepita dai nostri
vescovi. Però non sono tanto d’accordo e ritengo, in linea con il pensiero di
Lorenzo Milani, di avere il dovere di proporre certe argomentazioni, perché,
insomma, se non lo faccio poi non mi posso lamentare se i nostri vescovi “non
ci vengono su bene”. Ma come? Non dovrebbero essere loro i maestri e tu il discepolo? Certo, è vero. Ma io, da laico
semi-anziano, impegnato da molti anni in un settore cruciale dell’amministrazione
dello Stato, penso di avere una certa
competenza nelle faccende che in ecclesialese si dicono temporali: rientra tra i miei compiti animarle secondo la fede e,
innanzi tutto, capirle. Loro invece si occupano principalmente di altre cose e,
dal Concilio Vaticano 2°, ci hanno chiesto un aiuto proprio in quello. Ecco, io
voglio darglielo.
Comincio dicendo che storicamente le
religioni, e anche la nostra, hanno avuto molte controindicazioni. Questo è
stato vero in particolare nel campo dei
diritti civili.
Qui sopra, ad esempio, vedete una fotografia
di una famigliola del Ku Klux Klan, negli Stati Uniti d’America, Georgia, anno
1948. Quelli del Ku Klux Klan pensano di essere dei bravi cristiani e durante i
loro raduni cantano inni intorno a croci infuocate. Hanno costituito, e in
parte ancora costituiscono, un grosso problema per l’integrazione civile dei
neri negli Stati Uniti d’America. Combatterono vigorosamente contro l’ideologia
dei diritti civili che negli anni Sessanta fu accolta dalle autorità federali
degli Stati Uniti d’America. Alcuni dei loro argomenti più forti erano di tipo
religioso. Il cattolico presidente statunitense John F. Kennedy ci andò giù
pesante con loro e mandò la Guardia Nazionale per proteggere il diritto allo
studio dei giovani neri. Si ricorda uno dei suo grandi discorsi in proposito,
del giugno 1963, di cui trascrivo di seguito alcuni stralci
[sul
WEB all’indirizzo
http://www.jfklibrary.org/JFK/Historic-Speeches/Multilingual-Address-to-the-Nation-on-Civil-Rights/Multilingual-Address-to-the-Nation-on-Civil-Rights-in-Italian.aspx]
Presidente John F. Kennedy
Casa Bianca
11 giugno 1963
Cari concittadini buonasera,
Questo
pomeriggio, dopo una serie di minacce e di dichiarazioni intimidatorie, è stato
necessario inviare presso l'Università dell'Alabama un contingente della
Guardia Nazionale incaricato di imporre il rispetto dell'ordinanza definitiva
ed esplicita della Corte Distrettuale degli Stati Uniti del Distretto
Settentrionale dell'Alabama. L'ordinanza ha stabilito l'ammissione
all'Università di due giovani neri residenti nello stato dell'Alabama che hanno
chiaramente tutti i requisiti previsti a tal fine.
La loro pacifica ammissione al campus è stata resa
possibile in buona parte dal comportamento responsabile e costruttivo degli
studenti dell'Università stessa.
Invito ogni americano, indipendentemente dal luogo in
cui vive, a fermarsi e a riflettere su questo e altri incidenti simili. Questa
Nazione è stata fondata da uomini di origini e nazionalità diverse, in base al
principio di uguaglianza di tutti gli uomini. Ogni volta che vengono minacciati
i diritti di uno di essi, anche i diritti degli altri ne risultano sminuiti.
[…]
Ogni americano deve poter godere dei privilegi che gli
derivano dalla sua cittadinanza, senza distinzione di razza o di colore. Ogni
americano, insomma, deve avere il diritto ad essere trattato come desidera,
come ognuno di noi vorrebbe che fossero trattati i propri figli. In realtà,
tuttavia, ciò non accade.
[…]
Questo problema non interessa solo aree circoscritte
del Paese. Difficoltà dovute alla segregazione e alla discriminazione esistono
in ogni città e in ogni stato dell'Unione e suscitano in molte città un'ondata
crescente di malcontento che costituisce una minaccia per la sicurezza
pubblica. La questione non è nemmeno circoscritta a una parte politica. In un
periodo di crisi interna, gli uomini generosi e di buona volontà devono
riuscire ad essere uniti, a prescindere dall'orientamento politico. Non si
tratta, infine, di un aspetto limitato alla sfera legale o legislativa.
Certamente è meglio che questi problemi vengano risolti nei tribunali piuttosto
che nelle strade e nuove leggi sono necessarie a ogni livello, tuttavia, la
legge da sola non può cambiare la mentalità delle persone.
Ciò che dobbiamo affrontare è prima di tutto un
problema morale. È una questione che risale già alle scritture ed è chiara
quanto la Costituzione Americana.
Il problema fondamentale è stabilire se tutti gli
americani debbano ottenere gli stessi diritti e pari opportunità; se intendiamo
trattare i nostri concittadini americani come noi stessi desidereremmo essere
trattati.
[…]
Già cento anni sono trascorsi da quando il Presidente
Lincoln liberò gli schiavi e, tuttavia, i loro eredi, i loro discendenti, non
sono ancora pienamente liberi. Non si sono ancora affrancati dai lacci
dell'ingiustizia e dall'oppressione sociale ed economica. E questa nazione, con
tutte le sue speranze e i suoi motivi d'orgoglio, non sarà pienamente libera
fino a quando non lo saranno anche tutti i suoi cittadini.
Noi predichiamo con convinzione la libertà in tutto il
mondo e teniamo in gran conto la nostra libertà in patria. Tuttavia, dobbiamo
dichiarare al mondo e, cosa ancor più importante, a ognuno di noi, che questa è
la terrà della libertà, ma non per i neri? Che non abbiamo cittadini di seconda
classe, eccezion fatta per i neri, che non abbiamo un sistema di classi o di
caste, nessun ghetto, nessuna razza dominante, salvo che rispetto ai neri?
È ormai giunto il momento in cui questa Nazione deve
rispettare la sua promessa. Gli eventi accaduti a Birmingham e altrove hanno
dato tale vigore alle rivendicazioni di uguaglianza che nessuna città, nessuno
stato e nessun ente legislativo possono credere che sia prudente ignorarli.
I fuochi della frustrazione e della discordia si
stanno diffondendo in ogni città, a nord e a sud, laddove le opportune misure
legali non siano già state adottate. La riparazione dei torti subiti viene
ricercata nelle strade, attraverso dimostrazioni, cortei e proteste che creano
tensioni, minacciano violenze e mettono a repentaglio vite umane.
Dobbiamo affrontare questa crisi morale come un Paese
e come un popolo unito. La soluzione non può essere trovata nell'azione
repressiva delle forze dell'ordine né nel diffondersi delle azioni dimostrative
lungo le nostre strade. Non è possibile metterla a tacere con gesti simbolici o
discorsi. È tempo di agire, nel Congresso, nel vostro stato e negli enti
legislativi locali e, soprattutto, nella vita quotidiana di ogni giorno.
Non è sufficiente attribuire la colpa agli altri,
dichiarare che è un problema che riguarda solo una parte o l'altra del Paese,
né deplorare i fatti a cui assistiamo. Dobbiamo affrontare un cambiamento di
grande portata e il nostro compito, il nostro obbligo, è fare in modo che
questa rivoluzione, questo cambiamento, sia pacifico e costruttivo per tutti.
Coloro che non agiscono in alcun modo diventano in
realtà un motivo di vergogna e un pretesto per la violenza. Coloro che si
comportano con coraggio non fanno altro che riconoscere il diritto e la
situazione reale.
La prossima settimana domanderò al Congresso degli
Stati Uniti di agire, di onorare un principio che non è stato pienamente
rispettato nel corso di questo secolo, il principio secondo cui la razza non ha
alcuna influenza nella vita né nella legge americana. La magistratura federale
ha appoggiato questa proposta nello svolgimento della propria attività, estendendola
all'assunzione del personale, all'uso delle strutture federali e alla vendita
delle abitazioni finanziate con fondi federali.
Vi sono, tuttavia, altre misure necessarie che devono
essere deliberate dal Congresso e che dovranno essere approvate durante la
sessione in corso. Le antiche radici dell'ordinamento giuridico su cui si basa
la nostra vita stabiliscono che a ogni torto debba seguire un'azione di
rimedio, tuttavia, sono troppe le comunità e le zone del Paese in cui i torti
subiti dai neri non trovano nella legge alcun tipo di tutela. Se il Congresso
non agirà, l'unico rimedio che potranno trovare sarà nelle strade.
Per questo motivo, chiedo al Congresso di approvare
una legislazione che conferisca a tutti gli americani il diritto di essere
serviti nelle strutture aperte al pubblico, hotel, ristoranti, teatri, negozi e
altre istituzioni simili.
Questo mi sembra un diritto elementare. La sua
negazione costituisce un affronto arbitrario che, nel 1963, nessun americano
dovrebbe subire, ma che molti devono sopportare.
[…]
Chiederò inoltre al Congresso di autorizzare il
Governo Federale a partecipare in modo più completo alle cause giudiziarie
volte a porre termine alla segregazione nell'istruzione pubblica. Siamo
riusciti a convincere molti distretti a eliminare volontariamente la
segregazione. Dozzine di essi hanno decretato l'apertura ai cittadini di colore
senza alcuna violenza. Attualmente, almeno una persona di pelle nera frequenta
una scuola finanziata dallo stato in ognuno dei nostri 50 stati, ma il processo
è ancora molto lento.
Troppi bambini di colore che erano stati iscritti a
scuole segregate al tempo della decisione della Corte Suprema, 9 anni fa,
entreranno in scuole superiori segregate questo autunno, dopo aver subito un
danno che non potrà mai essere riparato. La mancanza di un'istruzione adeguata
nega ai neri la possibilità di ottenere un lavoro soddisfacente.
La regolare applicazione della decisione della Corte
Suprema, pertanto, non può essere esclusivamente demandata a coloro che
potrebbero non disporre delle risorse economiche necessarie per avviare azioni
legali o che potrebbero essere vittime di vessazioni.
Sarà necessario prevedere anche altre misure, tra cui
una maggiore protezione del diritto di voto. La legislazione, ripeto, non può,
tuttavia, risolvere da sola questo problema. La sua soluzione deve essere
cercata nella casa di ogni singolo americano, in ognuna delle comunità del
Paese.
A questo proposito, desidero esprimere il mio
apprezzamento per i cittadini, del nord e del sud, che si adoperano da tempo
nelle loro comunità per migliorare la vita di tutti. Si tratta di persone che
agiscono non per un senso del dovere imposto dalla legge, ma per la loro
sensibilità alla dignità umana.
Come i nostri soldati e i nostri marinai impegnati in
ogni parte del mondo, lavorano in prima linea per rispondere alla sfida della
libertà e io rendo loro onore per il coraggio che dimostrano.
Cari concittadini americani, questo è un problema che
riguarda ognuno di noi, in ogni città, a nord come a sud. Oggi vi sono
cittadini di colore disoccupati, il doppio o il triplo dei bianchi, che hanno
ricevuto di un'istruzione non adeguata e che si trasferiscono nelle grandi
città, senza riuscire a trovare lavoro. In particolare, questa situazione
riguarda i giovani disoccupati e senza speranza, a cui sono negati
l'uguaglianza dei diritti, la possibilità di mangiare in un ristorante o a un
bar, di recarsi al cinema, il diritto a un'educazione dignitosa e persino,
ancor oggi, il diritto di frequentare un'università statale anche se dispongono
di tutti i requisiti necessari. Credo che questi siano problemi che riguardano
tutti noi, non solo i Presidenti, i Senatori, i Deputati o i Governatori, ma
ogni singolo cittadino degli Stati Uniti.
Il nostro è un Paese unito ed è diventato tale perché
tutti noi e tutti coloro che sono giunti nel corso del tempo nella nostra terra
abbiamo avuto la stessa possibilità di valorizzare i nostri talenti.
Non possiamo dire al 10 percento della popolazione
che, invece, questo diritto gli è negato, che i suoi figli non avranno
l'opportunità di sviluppare qualunque talento abbiano, che l'unico modo che
hanno a disposizione per ottenere i loro diritti è scendere nelle strade e
dimostrare. Io credo che noi dobbiamo a loro e a noi stessi un Paese migliore.
Per questa ragione, vi chiedo di contribuire a rendere
più facile questo passo in avanti e di offrire loro la stessa uguaglianza di
trattamento che noi desidereremmo per noi stessi, di dare a ogni bambino la
possibilità di avere un'istruzione adeguata ai propri talenti.
Come ho già detto, non tutti i bambini hanno lo stesso
talento, la stessa abilità o le stesse motivazioni, ma tutti devono avere lo
stesso diritto di sviluppare il talento, l'abilità e le motivazioni che hanno
ricevuto, di costruire la propria vita.
Abbiamo il diritto di esigere che la comunità di
colore sia responsabile e agisca nel rispetto della legge, ma essa, a sua volta,
ha il diritto di esigere che la legge sia giusta e che la Costituzione non
faccia distinzioni basate sul colore della pelle, come ha dichiarato il giudice
Harlan all'inizio di questo secolo.
Questo è l'argomento di cui stiamo parlando, una
questione che riguarda questo Paese e i suoi valori e chiedo il supporto di
tutti i cittadini perché questi valori siano rispettati.
Vi ringrazio di cuore.
Può sembrare
sconvolgente, ma alcuni degli argomenti che sono proposti contro la supposta
ideologia gender richiamano quelli
dei segregazionisti statunitensi.
In particolare, venivano trovati argomenti
biblici contro l’integrazione civile dei neri, così come se ne erano trovati
contro quella degli ebrei e come oggi se ne trovano contro quella delle donne e delle persone
omosessuali. Le scritture sacre vanno maneggiate con cura e sapienza, come il clero ha sempre saputo
molto bene, perché, altrimenti, si finisce col lapidare le adultere e mandare
al rogo gli eretici. Oggi, ad esempio, consideriamo sconveniente sterminare i
nemici vinti, combattenti e civili, uomini e donne, bambini e lattanti, tutti, compreso il loro bestiame, vale a dire le risorse della loro economia, come invece si pretese dal re Saul.
Ma è proprio vero che c’è questa perversa
ideologia che vuole distruggere e addirittura pervertire le nostre famiglie? E’ strano che si pensi che
essa sia stata adottata da potenze mondiali come l’ONU e l’Organizzazione Mondiale
della Sanità, che siamo abituati a pensare come dedite al bene.
Nel volantino che ci è stato distribuito
domenica scorsa, sul sagrato della
chiesa parrocchiale, ci sono in
effetti alcune esagerazioni. A leggerlo sembra infatti che l’Organizzazione
Mondiale della Sanità consigli la masturbazione infantile. In realtà non c’è
alcun bisogno di stimolarla, perché essa, come noi tutti ben sappiamo e anche i
preti sanno, tanto che ce ne parlano piuttosto precocemente nell’iniziazione
alla confessione, è una realtà. Si tratta invece di fornire precocemente ai
bambini delle informazioni per aiutarli a capire che cosa sta loro succedendo. E lo stesso
accade anche per le questioni dell’omosessualità e su altri temi riguardanti il
sesso. Bisogna costruire precocemente un’informazione
corretta su certi temi sui quali essa è a lungo mancata, per cui si suppliva cercandola
dai compagni e spesso ciò che si acquisiva erano cose imprecise, parziali e
soprattutto viziate dai pregiudizi degli adulti.
La situazione sull’omosessualità, dal punto di
vista teologico, per ciò che credo di avere capito, è la seguente: noi, oggi, in religione accettiamo nelle nostre collettività le persone omosessuali, non le colpiamo più con l’esclusione
sociale dal culto, una sorta di scomunica di fatto, perché sono omosessuali,
ma non accettiamo la loro vita di relazione omosessuale. Questo è un bel
problema, perché la sessualità, ogni sessualità, anche l’omosessualità, è per natura relazionale, cioè ci spinge verso gli altri,
verso un’altra persona che ci sia compagna. Secondo il nostro magistero, non si
può andare oltre. Gli omosessuali quindi dovrebbero condurre una vita da preti,
come noi li vogliamo nella Chiesa del rito latino, con la differenza che la
loro non sarebbe una scelta volontaria di vita, come quella dei preti, ma una
sorta di condanna a vita. Ma chi li condanna? Siamo noi che li
condanniamo. E con quale autorità? Con l’autorità che ci viene dalle sacre
scritture, rispondiamo. Ma le sacre scritture, che abbiamo ricevuto da una lontana antichità, in fondo condannano le persone omosessuali
come tali: com’è che, oggi, invece le accettiamo tra noi anche in religione? E’ giusto allora dire
che noi abbiamo fatto un passo verso le persone omosessuali, ma non siamo
riusciti a fare quello decisivo?
Un tempo si pensava che i bambini morti senza
battesimo andassero nell’aldilà in un posto particolare, né inferno né
paradiso, chiamato limbo. Non è mai stato un dogma, ma c’era chi lo pensava e
lo insegnava. La Commissione teologica internazionale anni fa si riunì, ci
pensò molto su e decise che il limbo non
c’è, non è dottrina della Chiesa. Rimase però la questione di bambini morti senza battesimo. Vanno in Paradiso o no? In fondo non hanno commesso nessun peccato. Su questo tema la Commissione dichiarò di non
poter andare oltre. Li rimise, quei bambini, alla misericordia dell’Altissimo. Ritenne
di non poter superare il dato biblico. Non è una soluzione soddisfacente, lo
capite bene. Ma, insomma, quei saggi decisero così. In fondo però, quei bambini
morti senza battesimo sono in buone mani. Le mani di chi? Le mani di Dio, le
mani di Dio, rispondo con Enrico Medi. Lo stesso non può dirsi per gli
omosessuali. Essi sono ancora nelle nostre mani. Affidati alla nostra, di misericordia. Al nostro grande cuore. Alla nostra capacità di compatire le sofferenze altrui e di alleviarle. Non ci vorrebbe molto, in fondo, ma bisognerebbe cambiare mentalità, imparare a costruircene una nuova fin da piccoli, dai tempi della scuola.
Gli omosessuali ci sono. Lo abbiamo capito anche in religione. Non li riteniamo più
cattivi in quanto omosessuali. Però soffrono discriminazioni in società. A
scuola li si prende in giro e gli si fa violenza. Come la mettiamo? E’ giusto
che sia così o dobbiamo fare qualcosa per cambiare le
cose? E questo cambiamento non deve partire proprio dalla scuola, dove si
educano le persone a stare in società? E cambiare fin dalle scuole non deve
significare impartire un’educazione per vivere in una società in cui anche gli
omosessuali hanno pieno diritto di esistere, innanzi tutto spiegando chi sono gli omosessuali e che cosa è l’omosessualità in modo che non li si discrimini
rispetto agli eterosessuali? E’ quello che si propone di fare il Ministro dell’istruzione.
Ma noi non ci stiamo, insorgiamo, o si è maschio a cui piacciono le femmine o
si è femmina a cui piacciono i maschi,
non ammettiamo altre varianti. E come la mettiamo, allora, con gli omosessuali
che oggi accettiamo tra noi e a cui, anche in religione, ora non facciamo una
colpa di essere omosessuali? Direi che la teologia dovrebbe sforzarsi di
aiutarci un po’ di più di come ha fatto nella questione dei bambini morti non battezzati.
Così anche i nostri vescovi. Devono aiutarci a trovare tra noi, in religione e
nella società civile, un posto alle persone omosessuali che rispetti la loro
dignità di esseri umani, che è anche relazionale. Altrimenti li discriminiamo
su basi propriamente religiose.
C’è un rischio molto serio che vedo in eventi
di massa come quello del prossimo 20 giugno. Si manifesta contro l’ideologia gender. Ma, in realtà, si manifesta
contro le azioni positive del governo mondiale e nazionale per rimuovere
discriminazioni contro le persone omosessuali. E’ esplicito. Si fanno nomi e
cognomi. In particolare si menzionano disegni di legge. In questo modo però,
insorgendo contro i progetti antidiscriminatori, noi, di fatto, contro le nostre buone intenzioni, rafforziamo le
discriminazioni sociali contro le persone omosessuali, indebolendo gli anticorpi dello Stato. Sono loro, le persone omosessuali che, in
realtà, pensiamo che, con la loro vita di relazione, stando in società, ad esempio
a scuola, minaccino i nostri figli. Sono loro che, con le nostre azioni di
massa, saranno portate di nuovo alla gogna sociale. E come possiamo escludere
che uno dei nostri figli, catechizzati da noi come ci pare giusto, di fronte ad
un compagno di scuola che manifesti tendenze omosessuali non se la prenda di
brutto con lui, non diventi il suo bullo,
il suo personale persecutore emulo dei bimbi del Ku Klux Klan, come teme il Ministro dell’Istruzione? Ecco
che, allora, la nostra religione, in cui si parla tanto di amore, sarà diventata fonte di violenza e di dolore, come tante
volte è successo nella storia delle nostre collettività religiose, piena di
santità ma anche di tremende tragedie umane. Noi in genere siamo portati a trarre
insegnamento dalla prima e a rimuovere le seconde e in questo modo a ripetere
all’infinito gli errori di sempre. Salvo poi, dopo duemila anni, batterci il
petto e chiedere perdono. Cerchiamo allora di evitare di commettere il male, invece
che limitarci a pentircene tardivamente (proponendo tra l’altro numerose
attenuanti)!
Mario
Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli