3. Laudato si’. Amore
civile e politico
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Chiavenna - Giuseppe Nuvolone: Sant'Antonio da Padova predica ai pesci nel porto di Rimini (foto da Web) |
[dall’Enciclica di
papa Francesco Laudato si’, 24-5-15,
diffusa il 18-6-15]
Politica
ed economia in dialogo per la pienezza umana
189. La politica non deve sottomettersi all’economia
e questa non deve sottomettersi ai dettami e al paradigma efficientista della
tecnocrazia. Oggi, pensando al bene comune, abbiamo bisogno in modo ineludibile che la politica e l’economia, in dialogo,
si pongano decisamente al servizio della vita, specialmente della vita
umana.
[…]
190. […]Ancora una volta, conviene evitare una concezione magica del mercato, che tende a pensare
che i problemi si risolvano solo con la crescita dei profitti delle imprese o
degli individui. È realistico aspettarsi che chi è ossessionato dalla
massimizzazione dei profitti si fermi a pensare agli effetti ambientali che
lascerà alle prossime generazioni?
[…]
193. In ogni modo, se in alcuni casi lo sviluppo sostenibile comporterà nuove modalità per
crescere, in altri casi, di fronte alla crescita avida e irresponsabile che si
è prodotta per molti decenni, occorre pensare pure a rallentare un po’ il
passo, a porre alcuni limiti ragionevoli e anche a ritornare indietro prima che
sia tardi. Sappiamo che è insostenibile il comportamento di coloro che
consumano e distruggono sempre più, mentre altri ancora non riescono a vivere
in conformità alla propria dignità umana.
[…]
194. Affinché sorgano nuovi modelli di progresso
abbiamo bisogno di « cambiare il modello
di sviluppo globale »,[dal Messaggio
per la Giornata mondiale della Pace 2010, del papa Benedetto 16°] la qual cosa implica riflettere
responsabilmente « sul senso dell’economia e sulla sua finalità, per correggere
le sue disfunzioni e distorsioni ». [dal Messaggio per la Giornata mondiale della Pace
2010, del papa Benedetto 16°]
Non basta conciliare, in una via di mezzo, la cura per la natura con la
rendita finanziaria, o la conservazione dell’ambiente con il progresso. Su
questo tema le vie di mezzo sono solo un piccolo ritardo nel disastro. Semplicemente
si tratta di ridefinire il progresso.
[…]
Educazione
e spiritualità ecologica
202. Molte
cose devono riorientare la propria rotta, ma prima di tutto è l’umanità che ha
bisogno di cambiare. Manca la coscienza di un’origine comune, di una mutua
appartenenza e di un futuro condiviso da tutti. Questa consapevolezza di base
permetterebbe lo sviluppo di nuove convinzioni, nuovi atteggiamenti e stili di
vita. Emerge così una grande sfida culturale, spirituale e educativa che
implicherà lunghi processi di rigenerazione.
[…]
La
conversione ecologica
216. La grande ricchezza della spiritualità cristiana,
generata da venti secoli di esperienze personali e comunitarie, costituisce un
magnifico contributo da offrire allo sforzo di rinnovare l’umanità.
[…]
Amore civile e politico
228.
La cura per la natura è parte di uno
stile di vita che implica capacità di vivere insieme e di comunione. Gesù
ci ha ricordato che abbiamo Dio come nostro Padre comune e che questo ci rende
fratelli. L’amore fraterno può solo
essere gratuito, non può mai essere un compenso per ciò che un altro
realizza, né un anticipo per quanto speriamo che faccia. Per questo è possibile amare i nemici. Questa stessa gratuità ci porta
ad amare e accettare il vento, il sole o le nubi, benché non si sottomettano al
nostro controllo. Per questo
possiamo parlare di una fraternità universale.
[…]
229. Occorre sentire nuovamente che abbiamo bisogno gli uni degli altri, che
abbiamo una responsabilità verso gli altri e verso il mondo, che vale la pena
di essere buoni e onesti. Già troppo a lungo siamo stati nel degrado
morale, prendendoci gioco dell’etica, della bontà, della fede, dell’onestà, ed
è arrivato il momento di riconoscere che questa allegra superficialità ci è
servita a poco. Tale distruzione di
ogni fondamento della vita sociale
finisce col metterci l’uno contro l’altro per difendere i propri interessi,
provoca il sorgere di nuove forme di violenza e crudeltà e impedisce lo
sviluppo di una vera cultura della cura dell’ambiente.
230. L’esempio di santa
Teresa di Lisieux ci invita alla pratica
della piccola via dell’amore, a non perdere l’opportunità di una parola
gentile, di un sorriso, di qualsiasi piccolo gesto che semini pace e amicizia. Un’ecologia integrale è fatta anche di semplici gesti quotidiani
nei quali spezziamo la logica della violenza, dello sfruttamento, dell’egoismo.
Viceversa, il mondo del consumo esasperato
è al tempo stesso il mondo del maltrattamento della vita in ogni sua forma.
231. L’amore, pieno di piccoli gesti di cura reciproca, è anche
civile e politico, e si manifesta in tutte le azioni che cercano di costruire
un mondo migliore.
L’amore per la società e l’impegno per
il bene comune sono una forma eminente di carità, che riguarda non solo le
relazioni tra gli individui, ma anche « macro-relazioni, rapporti sociali,
economici, politici » [dall’enciclica Caritas
in Veritate (=l’amore nella verità) del papa Benedetto 16°, 2009]. Per questo la Chiesa ha proposto
al mondo l’ideale di una « civiltà dell’amore ». L’amore sociale è la chiave di un autentico sviluppo: « Per rendere
la società più umana, più degna
della persona, occorre rivalutare l’amore nella vita sociale – a livello,
politico, economico, culturale - facendone la norma costante e suprema
dell’agire ». [citazione dal Messaggio per la Giornata
Mondiale della Pace 1977 del papa Paolo 6°]. In
questo quadro, insieme all’importanza
dei piccoli gesti quotidiani, l’amore sociale ci spinge a pensare a grandi
strategie che arrestino efficacemente il degrado ambientale e incoraggino una cultura
della cura che impregni tutta la società. Quando qualcuno riconosce la vocazione di Dio a intervenire insieme
con gli altri in queste dinamiche sociali, deve ricordare che ciò fa parte
della sua spiritualità, che è esercizio
della carità, e che in tal modo
matura e si santifica.
232. Non tutti sono chiamati
a lavorare in maniera diretta nella politica, ma in seno alla società fiorisce
una innumerevole varietà di associazioni
che intervengono a favore del bene comune, difendendo l’ambiente naturale e
urbano. Per esempio, si preoccupano di un luogo pubblico (un edificio, una
fontana, un monumento abbandonato, un paesaggio, una piazza), per proteggere,
risanare, migliorare o abbellire qualcosa che è di tutti. Intorno a loro si sviluppano o si recuperano legami e
sorge un nuovo tessuto sociale locale. Così una comunità si libera
dall’indifferenza consumistica. Questo vuol dire anche coltivare un’identità
comune, una storia che si conserva e si trasmette. In tal modo ci si prende
cura del mondo e della qualità della vita dei più
poveri, con un senso di solidarietà che è allo stesso tempo consapevolezza di
abitare una casa comune che Dio ci ha affidato. Queste azioni comunitarie, quando esprimono un
amore che si dona, possono trasformarsi in intense esperienze spirituali.
Mie osservazioni
Non sarà facile per le
nostre collettività religiose, la cui ottica politica è da molti anni
immiserita intorno ai temi dei valori non
negoziabili (sostanzialmente l’ideologia della nostra gerarchia del clero in
materia di aborto e prevenzione di gravidanze indesiderate, eutanasia,
procreazione assistita, unioni civili, omosessualità, finanziamenti alla scuola
privata, insegnamento della religione nelle scuole pubbliche, tassazione dei
redditi delle organizzazioni religiose), assuefarsi alla grandiosa visione
politica della prima enciclica di papa Francesco. Essa fa del Papa una delle
persone più a rischio nel mondo, in quanto, con la sua ancora grande autorità
di capo religioso di circa ottocento milioni di fedeli nel mondo, ha osato
prospettare una rivoluzione per opporsi alle dispotiche dinamiche dell’economia,
finanza e tecnocrazia contemporanee, per condurle sotto il dominio di una
politica che si proponga di realizzare un’unione fraterna di tutto il genere
umano, una fraternità universale, in armonia
con tutti i viventi non umani e gli ambienti naturali del pianeta. Per quanto l’enciclica
si ponga sulla via della precedente Caritas
in veritate (=l’amore nella verità) del papa Benedetto 16°, del 2009, sia
nelle argomentazioni, sia nello stile letterario, semplice, piano, alieno da
sottigliezze del gergo teologico, essa va molto oltre negli obbiettivi e si
muove nel solco dell’enciclica Populorum
progressio (=lo sviluppo dei
popoli), del papa Paolo 6°, del 1967, quando invoca, esige, un impegno di
popolo per realizzarli, a partire dalla vita personale e familiare di ciascuno
fino ad estendersi alla politica nazionale e mondiale.
Papa Francesco in particolare è molto
più radicale del suo predecessore, proclamando l’insufficienza di vie di mezzo:
Non basta
conciliare, in una via di mezzo, la cura per la natura con la rendita
finanziaria, o la conservazione dell’ambiente con il progresso. Su questo tema
le vie di mezzo sono solo un piccolo ritardo nel disastro. Semplicemente si
tratta di ridefinire il progresso. (194)
Noi dobbiamo temere, ora, per il Papa,
che si è molto esposto ed è solo, veramente solo, dentro le mura vaticane, ma
anche fuori, in particolare nell’Italia di oggi. Si sa, lo si è sentito, che in
certi ambienti, anche religiosi (!), ci si augura che egli passi presto. Dobbiamo sperare che non gli si faccia fare la fine dell’indiano Ghandi, Mahatma,
grande anima come lui.
Una grande novità dell’enciclica Laudato si’, rispetto agli altri
documenti del genere del passato, è il numero di citazioni da documenti di
consigli episcopali mondiali.
Vengono citati nell’ordine documenti
prodotti da:
Conferenza dei Vescovi Cattolici dell’Africa
del Sud: Pastoral Statement on the
environmental crisis -1999;
5° Conferenza Generale dell’Episcopato
Latino Americano e dei Caraibi: Documento
di Aparecìda - 2007;
Conferenza dei Vescovi Cattolici delle
Filippine, Lettera pastorale What is
happening to our beautiful land - 1988;
Conferenza Episcopale Boliviana -
lettera pastorale sull’ambiente e lo sviluppo umano in Bolivia: El universo, don de Dios para la vida -
2012;
Conferenza Episcopale Tedesca.
Commissione per gli Affari social: Der
Klimawandel: Brennpunkt globaler, intergenerationeller und okologischer
Gerechtigkeit - 2006;
Vescovi della Regione Patagonia -
Comahue (Argentina): Mensaje de Nadividad
- 2009;
Conferenza dei Vescovi Cattolici degli
Stati Uniti: Global Climate Change: a
plea for dialogue, prudence and the common good - 2001;
Conferenza episcopale tendesca: Zukunft der Shopfung - Zukunft del
Menschheit. Erklarung
der Deutschen Bischofskonferenz zu Frage der Umwelt und der Energieversorgung - 1980;
Conferenza dei vescovi cattolici del
Canada. Commissione Affari
Sociali, lettera pastorale “You love all
that exists … All things are yours, God, Lover of Life” - 2003;
Conferenza dei vescovi cattolici del
Giappone: Reverence for life. A message for the Twenty-first
Century - 2001;
Conferenza Nazionale dei vescovi del
Brasile, A Igreja e a questao ecòlogica -
1992;
Conferenza dell’Episcopato Domenicano,
lettera pastorale Sobre la relaciòn del
hombre con la naturaleza - 1987;
Conferenza episcopale Parguayana,
lettera pastorale El campesino paraguayo
y la tierra - 1983;
Conferenza episcopale della Nuova
Zelanda, Statement on Environmental
Issues - 2006;
Dichiarazione
Love for Creation. An Asian Response to
the Ecological Crisis, Colloquio promosso
dalla federazione delle Conferenze dei Vescovi dell’Asia - 1993;
Commissione episcopale di pastorale
sociale dell’Argentina: Una tierra por todos - 2005;
Conferenza Episcopale Portoghese,
lettera pastorale Responsabilidade
solidària pelo bem comum - 2003;
Conferenza Episcopale Boliviana, lettera
pastorale sull’ambiente e lo sviluppo umano in Bolivia: El universo, don de Dios para la Vida - 2012;
Conferenza Episcopale Messicana,
Commissione Episcopale per la Pastorale sociale: Jesucristo, vida y esperanza de los indìgenas y campesinos - 2008;
Conferenza dei Vescovi Cattolici dell’Australia:
A
New Earth. The Enviromental Challenge - 2002.
E’ come se gli autori dell’enciclica, la
quale, come accade dal tempo dal primo
documento del genere in materia di temi sociali, la Rerum Novarum (=sulle
novità) del papa Leone 13°, del 1891, è
senz’altro frutto di un lavoro collettivo e pluridisciplinare sebbene si
avverta molto sensibilmente l’apporto caratteristico di papa Francesco nella
sua stesura oltre che nell’ispirazione, avessero voluto avvertirci che le idee
e i propositi espressi nel documento corrispondono agli auspici e agli impegni di
molti e autorevoli capi religiosi e delle
comunità da essi rappresentate in tutto il mondo. Il Papa e i suoi più stretti collaboratori non
vogliono essere lasciati soli nel lavoro che c’è da fare. E’ anche espressione
di quello stile sinodale invocato nel
corso del Concilio Vaticano 2° e mai realizzato effettivamente, in particolare
nel lungo papato imperiale di
Giovanni Paolo 2°.
Un’altra significativa caratteristica
dell’enciclica è il volersi collegare a una storia di fede durata venti secoli,
dalla quale dichiara che si possono imparare molte cose per pensare il futuro:
“216 La grande ricchezza della spiritualità cristiana,
generata da venti secoli di esperienze personali e comunitarie, costituisce un
magnifico contributo da offrire allo sforzo di rinnovare l’umanità.”
E’ una storia che in genere è
completamente ignorata nella formazione religiosa di base, di secondo livello e
in quella permanente, per gli adulti. A volte sembra che, per i nostri formatori, l’ideale sarebbe per
noi vivere nel primo secolo della nostra era. Tutto ciò che è seguito è sentito
come corruzione e tradimento, ma non è così. Certo, è stata una storia tragica,
in molte parti tremenda e insopportabile, ma è stata la nostra storia, quella da cui
dobbiamo imparare per migliorare nel futuro. E invece, eccoci qui a ripetere,
sempre, all’infinito, gli errori di sempre.
L’esigenza
politica e religiosa
di un’ecologia integrale, come la
si intende nell’enciclica Laudato si’,
che comprenda viventi umani e non umani e ogni aspetto della vita umana,
personale e sociale, fino a richiedere un
nuovo modello di sviluppo e, di conseguenza, un nuovo ordine mondiale, è piuttosto recente, risale agli scorsi
anni ’70. E invano ne cercheremmo basi culturali nella letteratura precedente il
Novecento. Anche le scritture sacre
originarono in un contesto umano e ambientale molto diverso da quello
enormemente antropizzato e soggetto alla tecnocrazia come quello che si è realizzato a partire dal
secolo scorso. Noi oggi capiamo di dover
essere custodi amorevoli della casa comune, intendendo con
essa l’intero pianeta, ma nella scritture questo è un compito che mi pare
essenzialmente affidato al Creatore. Nelle scritture, in contatto con la natura
troviamo figure di agricoltori, pescatori, pastori, e ad esse ci si ispira per
idealizzare capi politici e religiosi: si tratta sempre di funzioni di
sfruttamento economico della natura. Ora
invece capiamo l’esigenza di farci collaboratori nell’opera della Creazione,
ispirandoci al Creatore. E’ una tematica che, per quanto ricordo, compare nella
nostra confessione religiosa a partire dall’enciclica Redemptor Hominis (=il
Redentore dell’umanità), del papa Giovanni Paolo 2°, del 1979, e che poi venne
sviluppata nella successiva Centesimus
Annus (=il Centenario [dall’enciclica Rerum
Novarum]), del medesimo papa, del 1991, quest’ultima citata nella Laudato si’, al n.117:
“Invece di svolgere il
suo ruolo di collaboratore di Dio nell’opera della creazione, l’uomo si
sostituisce a Dio e così finisce col provocare la ribellione della natura”
Dunque, senza conoscere la storia recente, non
possiamo avere le basi per la teologia dell’ecologia
integrale, la via indicata dal papa Francesco per cambiare radicalmente il mondo.
Anche il pensiero di Francesco d’Assisi, evocato nell’enciclica di papa
Francesco, si muoveva in un’ottica molto diversa da quella contemporanea. Nella natura si vedeva la manifestazione di
un’armonia originaria, progettata dal Creatore, dalla quale gli esseri umani,
nella loro vita sociale, si erano distaccati e a cui occorreva ritornare. La
Creazione come manifestazione della volontà del Creatore, come Bibbia della
natura, secondo l’ordine di idee che nel Seicento fu poi espresso, non senza
problemi ad opera della gerarchia religiosa, da Galileo Galilei. In ciò
Francesco fu un mistico. E, da questo punto di vista, si può anche pensare di
predicare ai pesci, come si racconta abbia fatto Sant’Antonio a Rimini (qui
sopra ho inserito l’immagine di un dipinto di quell’episodio; altro dipinto
sullo stesso tema si trova nella basilica di Santa Cristina a Bolsena). Ma a
noi necessita una visione più realistica della natura.
Con Francesco d’Assisi, ci proponiamo di amare d’un amore fraterno la
natura, anche se non ci obbedisce, se non riusciamo sempre a sottometterla, a
farle fare ciò che vogliamo. Nello stesso modo amiamo i nemici.
“L’amore
fraterno può solo essere gratuito, non può mai essere un compenso per ciò che
un altro realizza, né un anticipo per quanto speriamo che faccia. Per questo è
possibile amare i nemici. Questa stessa gratuità ci porta ad amare e accettare
il vento, il sole o le nubi, benché non si sottomettano al nostro controllo. Per
questo possiamo parlare di una fraternità
universale (n.228).”
Nel Ventesimo Secolo abbiamo raggiunto la
consapevolezza che la sopravvivenza dell’umanità è condizionata al considerare l’intero pianeta
come un unico ecosistema di cui prendersi amorevolmente cura e che ciò richiede
profondi mutamenti delle nostre organizzazioni sociali e anche dei personali
stili di vita, in un’esperienza che finisce per essere anche propriamente
spirituale, come tutte quelle veramente umane. Un esercizio, questo del prendersi cura fin nei piccoli gesti
quotidiani che ci matura e ci santifica
(231).
Sulla linea del papa Paolo 6°, anche papa
Francesco afferma che l’attività sociale e politica, nel senso di quell’ecologia
integrale da lui auspicata, è amore. Forse l’enciclica potrebbe avere uno
sviluppo, una seconda puntata, per trattare il tema delle relazioni tra fede e democrazia: quest’ultima è la forma che la politica ha assunto al tempo
del dominio delle masse. E’ un argomento che
per la nostra gerarchia è stato sempre piuttosto critico, per i riflessi che
potrebbe comportare per la stessa sua organizzazione interna, improntata a un
antico modello feudale. Per ora,
comunque, mi pare che ci sia molto lavoro da fare per noi laici. Innanzi tutto
per convincerci della fondatezza della prospettazione della situazione mondiale
fatta nell’enciclica, nella quale sono recepiti modelli culturali che in parte
sono controversi, e poi per dare concretezza alla politica e ai modelli sociali
personali di vita in essa indicati solo a grandi linee.
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente Papa -
Roma, Monte Sacro, Valli