Dialogo, via della
pace (5)
“Nel dialogo, così
condotto, si realizza l'unione della
verità con la carità, dell'intelligenza con l'amore.” Giovanni Battista
Montini
Non immobilità, ma « aggiornamento »
52. Ciò non vuol dire che debba essere nostra intenzione credere che
la perfezione sia l'immobilità delle forme, di cui la Chiesa s'è, lungo i
secoli, rivestita; e neppure ch'essa consista nel rendersi refrattari agli
avvicinamenti ed accostamenti alle forme oggi comuni e accettabili del costume
e dell'indole del nostro tempo. La parola, resa ormai famosa, del Nostro
venerato Predecessore Giovanni 23° di felice memoria, la parola «aggiornamento»
sarà da Noi sempre tenuta presente come indirizzo programmatico; lo abbiamo
confermato quale criterio direttivo del Concilio Ecumenico, e lo verremo
ricordando quasi uno stimolo alla sempre rinascente vitalità della Chiesa, alla
sua sempre vigile capacità di studiare i segni dei tempi, e alla sua sempre giovane
agilità di tutto provare e di far proprio ciò ch'è buono, [citazione da 1Ts
5,21.33] sempre e dappertutto.
[…]
L'ora della carità
58. […] Noi pensiamo, con i
Nostri Predecessori, con la corona di Santi che l'età nostra ha dato alla
Chiesa celeste e terrestre, e con l'istinto devoto del popolo fedele, che la
carità debba oggi assumere il posto che le compete, il primo, il sommo, nella
scala dei valori religiosi e morali, non solo nella teorica estimazione, ma
altresì nella pratica attuazione della vita cristiana. Ciò sia detto della
carità verso Dio, che la sua Carità riversò sopra di noi, come della carità che
di riflesso noi dobbiamo effondere verso il nostro prossimo, vale a dire il
genere umano. La carità tutto spiega. La carità tutto ispira. La carità tutto
rende possibile. La carità tutto rinnova. La carità tollera tutto, crede
tutto, spera tutto, tutto sopporta. [cita 1 Cor 13,7] Chi di noi ignora queste
cose? E se le sappiamo, non è forse questa l'ora della carità?
[…]
Il dialogo
67. La Chiesa deve venire a
dialogo col mondo in cui si trova a vivere. La Chiesa si fa parola; la Chiesa
si fa messaggio; la Chiesa si fa colloquio.
68. Questo capitale aspetto della vita odierna della Chiesa sarà
oggetto di speciale ed ampio studio da parte del Concilio Ecumenico, come è
noto; e Noi non vogliamo entrare nell'esame concreto dei temi che tale studio
si propone per lasciare ai Padri del Concilio il compito di trattarli
liberamente. Noi vogliamo soltanto invitarvi, Venerabili Fratelli, a premettere
a tale studio alcune considerazioni, affinché ci siano più chiari i motivi che
spingono la Chiesa al dialogo, più chiari i metodi da seguire, più chiari i
fini da conseguire. Vogliamo disporre gli animi, non trattare le cose.
69. Né possiamo fare altrimenti, nella convinzione che il dialogo
debba caratterizzare il Nostro ufficio Apostolico, credi come siamo d'un tale
stile, d'un tale indirizzo pastorale che Ci è tramandato dai Nostri
Predecessori dell'ultimo secolo, a partire dal grande e sapiente Leone XIII, il
quale, quasi impersonando la figura evangelica dello scriba sapiente ...che
come un padre di famiglia cava dal suo tesoro cose antiche e cose nuove, riprendeva
maestosamente l'esercizio del magistero cattolico facendo oggetto del suo
ricchissimo insegnamento i problemi del nostro tempo considerati alla luce
della parola di Cristo. Così i suoi successori, come sapete.
[…]
71. Per quanto riguarda l'umile Nostra persona, sebbene alieni di
parlarne e desiderosi di non attirare su di essa l'altrui attenzione, non
possiamo, in questa Nostra intenzionale presentazione al collegio episcopale e
al popolo cristiano, tacere il Nostro proposito di perseverare, per quanto le
nostre deboli forze ce lo concederanno e, soprattutto, la divina grazia Ci darà
modo di farlo, nella medesima linea, nel medesimo sforzo di avvicinare il
mondo, nel quale la Provvidenza Ci ha destinati a vivere, con ogni riverenza, con
ogni premura, con ogni amore, per comprenderlo, per offrirgli i doni di verità
e di grazia di cui Cristo Ci ha resi depositari, per comunicargli la nostra
meravigliosa sorte di Redenzione e di speranza. Sono profondamente scolpite nel
Nostro spirito le parole di Cristo, di cui umilmente, ma tenacemente, ci
vorremmo appropriare: Dio non mandò il Figlio nel mondo per condannare il
mondo, ma affinché sia salvato per mezzo di lui.(45)
La religione dialogo fra Dio e l'uomo
72. Ecco, Venerabili Fratelli, l'origine trascendente del dialogo. Essa si trova nell'intenzione
stessa di Dio. La religione è di natura
sua un rapporto tra Dio e l'uomo. La preghiera esprime a dialogo tale rapporto.
La rivelazione, cioè la relazione soprannaturale che Dio stesso ha preso l'iniziativa
di instaurare con la umanità, può essere raffigurata in un dialogo, nel quale
il Verbo di Dio si esprime nell'Incarnazione e quindi nel Vangelo. Il colloquio
paterno e santo, interrotto tra Dio e l'uomo a causa del peccato originale, è
meravigliosamente ripreso nel corso della storia. La storia della salvezza
narra appunto questo lungo e vario dialogo che parte da Dio, e intesse con
l'uomo varia e mirabile conversazione. È in questa conversazione di Cristo fra
gli uomini che Dio lascia capire qualche cosa di Sé, il mistero della sua vita,
unicissima nell'essenza, trinitaria nelle Persone; e dice finalmente come vuol
essere conosciuto; Amore Egli è; e come vuole da noi essere onorato e servito:
amore è il nostro comandamento supremo. Il dialogo si fa pieno e confidente; il
fanciullo vi è invitato, il mistico vi si sazia.
[…]
Superiori caratteristiche del colloquio
della salvezza
73. Bisogna che noi abbiamo sempre presente questo ineffabile e
realissimo rapporto dialogico, offerto e stabilito con noi da Dio Padre,
mediante Cristo, nello Spirito Santo, per comprendere quale rapporto noi, cioè
la Chiesa, dobbiamo cercare d'instaurare e di promuovere con l'umanità.
74. Il dialogo della salvezza fu aperto spontaneamente dalla
iniziativa divina: Egli (Dio) per primo ci ha amati: [cita 1 Gv 4,10] toccherà a noi prendere l'iniziativa
per estendere agli uomini il dialogo stesso, senza attendere d'essere chiamati.
75. Il dialogo della salvezza partì dalla carità, dalla bontà
divina: Dio ha talmente amato il mondo da dare il suo Figliuolo unigenito:
[cita Gv 3,16] non altro che amore fervente e
disinteressato dovrà muovere il nostro.
76. Il dialogo della salvezza non si commisurò ai meriti di coloro
a cui era rivolto, e nemmeno ai risultati che avrebbe conseguito o che
sarebbero mancati; non hanno bisogno del medico i sani [cita Lc 5,31]: anche il nostro dev'essere senza limiti e
senza calcoli.
77. Il dialogo della salvezza non obbligò fisicamente alcuno ad
accoglierlo; fu una formidabile domanda d'amore, la quale, se costituì una
tremenda responsabilità in coloro a cui fu rivolta,[rimanda a Cf Mt 11,21] li lasciò tuttavia liberi di
corrispondervi o di rifiutarla, adattando perfino la quantità dei segni
[rimanda a Mt 12,38ss] alle esigenze e alle
disposizioni spirituali dei suoi uditori e la forza probativa dei segni
medesimi, [rimanda Mt 13,13ss] affinché fosse agli
uditori stessi facilitato il libero consenso alla divina rivelazione, senza
tuttavia perdere il merito di tale consenso. Così la Nostra missione, anche se
è annuncio di verità indiscutibile e di salute necessaria, non si presenterà
armata di esteriore coercizione, ma solo per le vie legittime dell'umana
educazione, dell'interiore persuasione, della comune conversazione offrirà il
suo dono di salvezza, sempre nel rispetto della libertà personale e civile.
78. Il dialogo della
salvezza fu reso possibile a tutti; a tutti senza discriminazione alcuna
destinato; [rimanda a Col 3,11] il nostro parimenti dev'essere
potenzialmente universale, cattolico cioè e capace di annodarsi con ognuno,
salvo che l'uomo assolutamente non lo respinga o insinceramente finga di
accoglierlo.
79. Il dialogo della salvezza ha conosciuto normalmente delle
gradualità, degli svolgimenti successivi, [rimanda a Mt 13,31] degli umili inizi prima del pieno successo;
anche il nostro avrà riguardo alle lentezze della maturazione psicologica e
storica e all'attesa dell'ora in cui Dio lo renda efficace. Non per questo il
nostro dialogo rimanderà al domani ciò che oggi può compiere; esso deve avere
l'ansia dell'ora opportuna e il senso della preziosità del tempo [rimanda a Ef 5,16]. Oggi, cioè ogni giorno, deve
ricominciare; e da noi prima che da coloro a cui è rivolto.
[…]
Il messaggio cristiano nella
circolazione dell'umano discorso
80. Com'è chiaro, i rapporti fra la Chiesa ed il mondo possono
assumere molti aspetti e diversi fra loro. Teoricamente parlando, la Chiesa
potrebbe prefiggersi di ridurre al minimo tali rapporti, cercando di
sequestrare se stessa dal commercio della società profana; come potrebbe
proporsi di rilevare i mali che in essa possono riscontrarsi, anatemitizzandoli
e movendo crociate contro di essi; potrebbe invece tanto avvicinarsi alla
società profana da cercare di prendervi influsso preponderante o anche di
esercitarvi un dominio teocratico; e così via. Sembra a Noi invece che il
rapporto della Chiesa col mondo, senza precludersi altre forme legittime, possa
meglio raffigurarsi in un dialogo, e neppure questo in modo univoco, ma
adattato all'indole dell'interlocutore e delle circostanze di fatto (altro è
infatti il dialogo con un fanciullo ed altro con un adulto; altro con un
credente ed altro con un non credente). Ciò è suggerito: dall'abitudine ormai
diffusa di così concepire le relazioni fra il sacro e il profano, dal dinamismo
trasformatore della società moderna, dal pluralismo delle sue manifestazioni,
nonché dalla maturità dell'uomo, sia religioso che non religioso, fatto abile
dall'educazione civile a pensare, a parlare, a trattare con dignità di dialogo.
81. Questa forma di rapporto indica un proposito di correttezza,
di stima, di simpatia, di bontà da parte di chi lo instaura; esclude la
condanna aprioristica, la polemica offensiva ed abituale, la vanità d'inutile
conversazione. Se certo non mira ad ottenere immediatamente la conversione
dell'interlocutore, perché rispetta la sua dignità e la sua libertà, mira
tuttavia al di lui vantaggio, e vorrebbe disporlo a più piena comunione di
sentimenti e di convinzioni.
82. Suppone pertanto il dialogo uno stato d'animo in noi, che
intendiamo introdurre e alimentare con quanti ci circondano: lo stato d'animo
di chi sente dentro di sé il peso del mandato apostolico, di chi avverte di non
poter più separare la propria salvezza dalla ricerca di quella altrui, di chi
si studia continuamente di mettere il messaggio, di cui è depositario, nella
circolazione dell'umano discorso.
Chiarezza mitezza fiducia prudenza
83. Il colloquio è perciò un modo d'esercitare la missione apostolica;
è un'arte di spirituale comunicazione. Suoi caratteri sono i seguenti. La chiarezza
innanzi tutto; il dialogo suppone ed esige comprensibilità, è un travaso di
pensiero, è un invito all'esercizio delle superiori facoltà dell'uomo;
basterebbe questo suo titolo per classificarlo fra i fenomeni migliori
dell'attività e della cultura umana; e basta questa sua iniziale esigenza per
sollecitare la nostra premura apostolica a rivedere ogni forma del nostro
linguaggio: se comprensibile, se popolare, se eletto. Altro carattere è poi la mitezza,
quella che Cristo ci propose d'imparare da Lui stesso: Imparate da me che
sono mansueto e umile di cuore [cita Mt 11,29]; il dialogo non è orgoglioso, non è
pungente, non è offensivo. La sua autorità è intrinseca per la verità che
espone, per la carità che diffonde, per l'esempio che propone; non è comando,
non è imposizione. È pacifico; evita i modi violenti; è paziente; è generoso. La
fiducia, tanto nella virtù della parola propria, quanto nell'attitudine ad
accoglierla da parte dell'interlocutore: promuove la confidenza e l'amicizia;
intreccia gli spiriti in una mutua adesione ad un Bene, che esclude ogni scopo
egoistico.
84. La prudenza pedagogica infine, la quale fa grande conto
delle condizioni psicologiche e morali di chi ascolta [cita Mt 7,6]: se bambino, se incolto, se
impreparato, se diffidente, se ostile; e si studia di conoscere la sensibilità
di lui, e di modificare, ragionevolmente, se stesso e le forme della propria
presentazione per non essergli ingrato e incomprensibile.
85. Nel dialogo, così
condotto, si realizza l'unione della verità con la carità, dell'intelligenza
con l'amore.
Dialettica di autentica sapienza
86. Nel dialogo si scopre come diverse sono le vie che conducono
alla luce della fede, e come sia possibile farle convergere allo stesso fine.
Anche se divergenti, possono diventare complementari, spingendo il nostro
ragionamento fuori dei sentieri comuni e obbligandolo ad approfondire le sue
ricerche, a rinnovare le sue espressioni. La dialettica di questo esercizio di
pensiero e di pazienza ci farà scoprire elementi di verità anche nelle opinioni
altrui, ci obbligherà ad esprimere con grande lealtà il nostro insegnamento e
ci darà merito per la fatica d'averlo esposto all'altrui obiezione, all'altrui
lenta assimilazione. Ci farà sapienti, ci farà maestri.
87. E quale è la sua forma di esplicazione?
88. Oh! molteplici sono le forme del dialogo della salvezza. Esso
obbedisce a esigenze sperimentali, sceglie i mezzi propizi, non si lega a vani
apriorismi, non si fissa in espressioni immobili, quando queste avessero
perduto virtù di parlare e di muovere gli uomini.
89. Qui si pone una grande questione, quella dell'aderenza della
missione della Chiesa alla vita degli uomini in un dato tempo, in un dato
luogo, in una data cultura, in una data situazione sociale.
[…]
Con chi il dialogo
97. Parlando in generale circa questo atteggiamento di
collocutrice, che la Chiesa cattolica oggi deve assumere con rinnovato fervore,
vogliamo semplicemente accennare che essa
dev'essere pronta a sostenere il dialogo con tutti gli uomini di buona volontà,
dentro e fuori l'ambito suo proprio.
98. Nessuno è estraneo al
suo cuore. Nessuno è indifferente per il suo ministero. Nessuno le è nemico,
che non voglia egli stesso esserlo. Non indarno si dice cattolica; non indarno
è incaricata di promuovere nel mondo l'unità, l'amore, la pace.
99. La Chiesa non ignora le formidabili dimensioni d'una tale
missione; conosce le sproporzioni delle statistiche fra ciò che essa è e ciò
ch'è la popolazione della terra; conosce i limiti delle sue forze; conosce
perfino le proprie umane debolezze, i propri falli; conosce anche che
l'accoglimento del Vangelo non dipende, alla fine, da alcuno suo sforzo
apostolico, da alcuna favorevole circostanza d'ordine temporale: la fede è dono
di Dio; e Dio solo segna nel mondo le linee e le ore della sua salute. Ma la
Chiesa sa d'essere seme, d'essere fermento, d'essere sale e luce del mondo. La
Chiesa avverte la sbalorditiva novità del tempo moderno; ma con candida fiducia
si affaccia sulle vie della storia, e dice agli uomini: io ho ciò che voi
cercate, ciò di cui voi mancate. Non promette così la felicità terrena, ma
offre qualche cosa - la sua luce, la sua grazia - per poterla, come meglio possibile,
conseguire; e poi parla agli uomini del loro trascendente destino. E intanto
ragiona ad essi di verità, di giustizia, di libertà, di progresso, di
concordia, di pace, di civiltà. Sono parole queste, di cui la Chiesa conosce il
segreto; Cristo glielo ha confidato. E allora la Chiesa ha un messaggio per
ogni categoria di uomini: lo ha per i bambini, lo ha per la gioventù, lo ha per
gli uomini di scienza e di pensiero, lo ha per il mondo del lavoro e per le
classi sociali, lo ha per gli artisti, lo ha per i politici e per i governanti.
Per i poveri specialmente, per i diseredati, per i sofferenti, perfino per i
morenti. Per tutti.
100. Potrà sembrare che così parlando Noi ci lasciamo trasportare
dall'ebbrezza della nostra missione e che trascuriamo di considerare le
posizioni concrete, in cui l'umanità si trova rispetto alla Chiesa cattolica.
Ma non è così, perché Noi vediamo benissimo quali siano tali posizioni
concrete; per darne un'idea sommaria ci pare di poterle classificare a guisa di
cerchi concentrici intorno al centro, in cui la mano di Dio Ci ha posti.
[…]
Dialogo per la pace
110. Ma non possiamo staccare il Nostro sguardo dal panorama del
mondo contemporaneo senza esprimere un voto lusinghiero: quello che il Nostro
proposito di coltivare e perfezionare il Nostro dialogo con le varie e mutevoli
facce, ch'esso presenta di sé, possa giovare alla causa della pace fra gli
uomini; come metodo, che cerca di regolare i rapporti umani nella nobile luce
del linguaggio ragionevole e sincero; e come contributo, di esperienza e di
sapienza, che può in tutti ravvivare la considerazione dei valori supremi.
L'apertura d'un dialogo, come vuol essere il Nostro, disinteressato,
obbiettivo, leale, decide per se stessa in favore d'una pace libera ed onesta;
esclude infingimenti, rivalità, inganni e tradimenti; non può non denunciare,
come delitto e come rovina, la guerra di aggressione, di conquista o di
predominio; e non può non estendersi dalle relazioni al vertice delle nazioni a
quelle del corpo delle nazioni stesse e alle basi sia sociali, che familiari e
individuali, per diffondere in ogni istituzione ed in ogni spirito il senso, il
gusto, il dovere della pace.
[dall’Enciclica Ecclesiam
suam (=la sua Chiesa – nell’espressione: Gesù Cristo ha fondato la sua Chiesa), diffusa nel 1964 dal papa
Paolo 6°, mentre si stava svolgendo il Concilio Vaticano 2° - 1962-1965)
Prima di proseguire la
sintesi storica necessaria per far comprendere quale svolta epocale il Concilio
Vaticano apportò in religione sul tema dialogo,
via della pace, ho voluto lasciare la parola al Papa della mia adolescenza,
Giovanni Battista Montini, il quale regnò come Paolo 6° fino al 1978, non
perché mi voglia fare scudo della sua passata autorità di imperatore religioso,
ma perché profondamente avvinto dalla forza delle sue argomentazioni, dalla sua
autorità di maestro di fede. Ecco dunque, qui sopra, spiegato alle generazioni
contemporanee, in modo chiaro e completo, il profondo legame tra metodo dialogico, carità e pace, anche
nei suoi profili teologici.
Sentendo certe lezioni che
ci vengono oggi, mi pare che si tratti di insegnamenti dimenticati, ma che meritano
di essere nuovamente appresi, se non vogliamo che in religione si scivoli
nuovamente verso i secoli bui del passato. Ciò è in questi giorni di
particolare attualità: con orrore infatti constatiamo la furia omicida che può
provenire da orientamenti religiosi in cui hanno poco posto la misericordia e
il dialogo. Ricordiamoci sempre però,
nel condannarli, che essi hanno fatto parte della nostra storia: anche il cristianesimo
si è storicamente espresso in forme omicide ed addirittura stragiste e genocide.
Può sembrare paradossale, per seguaci del mite e umile di cuore (Mt 11,28-31) nostro primo Maestro di Galilea, ma così è
stato, così è veramente stato. Quelle forme di violenza religiosa, che, oggi,
riteniamo ormai inaccettabili e delle quali ci scandalizziamo se praticate da altri,
furono giustificate dall’intento di preservare la pace religiosa. Da esse i
saggi del Concilio Vaticano 2°, e tra essi principalmente Giovanni Battista
Montini, vollero distaccarci e purificarci. Da allora iniziò un lungo e
faticoso processo di purificazione della
memoria che vide nel magistero del papa Giovanni Paolo 2°, san Karol
Wojtyla, una guida ferma, autorevole e appassionata.
Cari amici,
mettiamoci dunque, tutti noi, a scuola di dialogo e di pace. Asteniamoci da
certe prese di posizione sbrigative con cui vorremmo mostrarci più
appassionatamente religiosi ripudiando la fatica del dialogo come via della
pace e disconoscendo il vincolo indissolubile tra dialogo e pace, entrambi
esercizi di carità in senso religioso.
Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa –
Roma, Monte Sacro, Valli