Consiglio pastorale
Tra una settimana si terrà il Consiglio
pastorale parrocchiale. Ai suoi membri è stato chiesto di proporre idee da
comunicare al Vescovo.
Che cos'è un consiglio pastorale?
E’ un’assemblea di persone che dovrebbe rappresentare
le varie esperienze collettive di fede e le varie voci di una parrocchia. Non è
ancora una forma di democrazia, perché i suoi membri sono tutti nominati dal
parroco (anche se è previsto che la scelta di alcuni membri possa essere fatta sulla
base di una elezione dell’assemblea parrocchiale), che del consiglio è membro e
presidente, e perché il consiglio ha solo funzione consultiva, dà quindi solo pareri al parroco e, se richiesto, anche
alla diocesi. Ma, in quanto ne fanno parte i laici della parrocchia, è una
forma di loro coinvolgimento nei compiti di formazione alla fede e sua
diffusione, in modo che se ne sentano e concretamente ne siano corresponsabili.
Si vorrebbe che queste attività non fossero più solo cose da preti. Tra i suoi scopi vi è quello di mantenere relazioni
amichevoli tra le varie componenti collettive della parrocchia, vale a dire ciò
che in ecclesialese si definisce “comunione”.
L’esperienza di assemblee del genere cominciò a diffondersi a partire
dall’Ottocento, ma non si trattava ancora di articolazioni istituzionali delle
nostre collettività, quindi con scopi e struttura ben definiti e riconosciuti.
Erano essenzialmente manifestazioni dell’esigenza del clero di ottenere la
collaborazione dei fedeli nelle attività parrocchiali. Nel corso del Concilio
Vaticano 2° (1962-1965) fu deciso di dare stabilità e continuità a queste
esperienze, nel quadro di una concezione di collettività religiosa che si
andava differenziando dal modello monarchico assolutistico, di una gerarchia
piramidale in cui la comunicazione era prevalentemente dall’alto verso il
basso. Fu quindi prevista la costituzione di consigli pastorali a livello
diocesano.
E’ grandemente desiderabile che in ogni diocesi si costituisca una
commissione pastorale, che sia presieduta dal vescovo diocesano e della quale
facciano parte sacerdoti, religiosi e laici, scelti con particolare cura. Sarà
compito di tale commissione studiare ed esaminare tutto ciò che si riferisce
alle opere di apostolato, per poi proporre conclusioni pratiche.
[dal decreto Christus Dominus sull’ufficio pastorale dei vescovi, n.27]
“Al fine di coordinare meglio le iniziative, il vescovo costituisca,
per quanto è possibile, un consiglio pastorale, di cui devono fare parte
chierici, religiosi e laici attraverso delegati scelti”
[dal decreto Ad Gentes sull’attività missionaria della Chiesa, n.30]
Nel vivace clima di
sperimentazione succeduto al Concilio Vaticano 2° assemblee del genere
cominciarono ad essere organizzate anche a livello parrocchiale, per riproporre
a livello più vicino ai fedeli il nuovo modo di funzionare delle nostre
collettività religiose che si stava manifestando nelle diocesi, tenendo anche
conto del più stretto collegamento tra diocesi e parrocchia voluto dai saggi
del Concilio.
Nel 1983 queste assemblee parrocchiali trovarono una regolamentazione
nel nuovo codice di diritto canonico:
Can.
(=canone=articolo) 536 –
§
(comma) 1. Se risulta opportuno a giudizio del
Vescovo diocesano, dopo aver sentito il consiglio presbiterale, in ogni
parrocchia venga costituito il consiglio pastorale, che è presieduto dal
parroco e nel quale i fedeli, insieme con coloro che partecipano alla cura
pastorale della parrocchia in forza del proprio ufficio, prestano il loro aiuto
nel promuovere l'attività pastorale.
§2.
Il consiglio pastorale ha solamente voto consultivo ed è retto dalle norme
stabilite dal Vescovo diocesano.
Dal 1994 l’istituzione del consiglio
pastorale parrocchiale è obbligatoria in ogni parrocchia romana. Lo decise un
decreto del card. Camillo Ruini, all’epoca Vicario Generale per la Diocesi di Roma,
con il quale fu anche stabilito lo statuto di quell’assemblea.
Statuto dei Consigli parrocchiali nella
Diocesi di Roma
Art. 1.– Natura e
funzione
Il Consiglio Pastorale Parrocchiale,
costituito in Roma a norma del Decreto del Cardinale Vicario, in data 1 gennaio
1994, in conformità a quanto prescritto dal C.I.C., can. 536, par. 1-2 e dal
Sinodo diocesano, Prop. 9/3, è l’organo di partecipazione responsabile dei
fedeli alla vita e alla missione della parrocchia; esso rappresenta l’intera
comunità parrocchiale nell’unità della
fede e nella varietà dei suoi carismi e ministeri.
Il Consiglio ha voto consultivo (can. 536, par. 2). I suoi membri, «insieme con
coloro che partecipano alla cura pastorale della parrocchia in forza del
proprio ufficio, prestano il loro aiuto nel promuovere l’attività pastorale»
(can. 536, par. 1).
Il Consiglio Pastorale Parrocchiale ha i
seguenti scopi:
a) promuovere l’evangelizzazione di tutta la popolazione del territorio, nel
contesto della sollecitudine pastorale e missionaria della Chiesa di Roma;
b) curare in questa prospettiva la comunione tra i fedeli di diversa formazione
culturale, sociale, spirituale e tra le diverse realtà ecclesiali operanti
nell’ambito della parrocchia;
c) valutare la situazione della comunità parrocchiale in riferimento al
territorio;
d) elaborare il programma pastorale parrocchiale, in rapporto al piano
pastorale diocesano, e verificarne l’attuazione.
Il Consiglio Pastorale Parrocchiale è
composto dal Parroco, il quale lo istituisce e ne è il Presidente, dai Vicari
Parrocchiali, dai Sacerdoti collaboratori, dai Rettori delle chiese, dai
Diaconi, da un membro del Consiglio per gli Affari economici, dai
Rappresentanti dei laici che collaborano nelle diverse attività parrocchiali,
dai Rappresentanti degli Istituti religiosi, delle Associazioni e realtà
ecclesiali presenti nel territorio parrocchiale e da altri membri eletti
dall’Assemblea o designati dal Parroco, in particolare tra coloro che possono
offrire l’apporto della loro competenza « soprattutto per quanto attiene alla
presenza cristiana sul territorio, alla promozione della cultura e alla
solidarietà sociale » (Sinodo diocesano, Prop. 4/1).
Tutti i membri sono nominati dal Parroco, che ne dà comunicazione al Vicariato.
Art. 4.– Compiti
del Presidente
È compito del Presidente:
a) designare un Segretario con mansioni da
precisare nel Regolamento;
b) determinare l’Ordine del giorno e presiedere le riunioni;
c) ricercare e ascoltare attentamente il parere del Consiglio, dal quale non si
discosterà se non per giusti e ponderati motivi, che illustrerà al Consiglio
stesso;
d) le decisioni del Consiglio, approvate dal Presidente, valgono per tutto il
territorio parrocchiale, nei limiti delle competenze che il diritto comune e
particolare attribuiscono al parroco.
Il Consiglio Pastorale Parrocchiale dura tre
anni. Il mandato triennale dei Consiglieri può essere rinnovato, ma non può
essere revocato se non per giusti motivi, riconosciuti dal Vescovo Ausiliare
del Settore.
Il sistema dell’organizzazione
ecclesiastica
Il Consiglio Pastorale Parrocchiale si
riunisce almeno tre volte l’anno. I Consiglieri partecipano di persona.
Eventuali saltuarie sostituzioni sono disciplinate dal Regolamento.
Art. 7.– Commissioni
È opportuno che i lavori del Consiglio
Pastorale Parrocchiale si articolino anche in Commissioni con compiti
specifici, tenendo presenti le tre funzioni fondamentali della pastorale
ordinaria –evangelizzazione e catechesi, liturgia, carità–, ed i quattro ambiti
privilegiati individuati dal Sinodo diocesano: famiglia, giovani, impegno
sociale, cultura.
L’attività interna del
Consiglio Pastorale Parrocchiale è disciplinata dal Regolamento, redatto dal
Consiglio stesso e approvato dal Vescovo Ausiliare del Settore.
E’ molto importante la previsione contenuta nell’art.4,
secondo la quale il parroco non deve discostarsi, se non per giusti e ponderati motivi, da
illustrare al consiglio stesso, dal
parere espresso dal consiglio. E’ evidente infatti l’importanza che nella
composizione del consiglio si tenga conto delle varie esperienze collettive
presenti in una parrocchia e che esse siano adeguatamente rappresentate. Ciò in
particolare in relazione al compito del consiglio di curare la comunione tra i fedeli di diversa formazione culturale,
sociale, spirituale e tra le diverse realtà ecclesiali operanti nell’ambito
della parrocchia, vale a dire il mantenimento di relazioni amichevoli tra
le diverse componenti della parrocchia. Questo aspetto è particolarmente
critico nella nostra parrocchia e mi pare all’origine di molti dei suoi
problemi. Esso probabilmente richiederebbe maggiore attenzione a livello
diocesano. Quei problemi sono emersi in maniera eclatante durante l’incontro
che avemmo in parrocchia, qualche mese fa, con il vescovo ausiliare di settore.
Essi sono quindi già ben noti alla diocesi. Aggiungo che mi pare non vi siano
attualmente nella nostra parrocchia risorse sufficienti per venirne a capo. In
particolare penso che si potrebbe dedicare un particolare impegno ad analizzare
le caratteristiche della formazione di fede di base, quella di secondo livello
e quella degli adulti, in particolare quella matrimoniale, per verificarne l’efficacia
e il coordinamento con l’impostazione diocesana. Bisognerebbe infine verificare
se l’insufficienza di una cultura pluralistica sia all’origine di un certo scollamento
che si avverte tra la parrocchia e la realtà del quartiere. In generale, il
settore della promozione culturale è quello che, rispetto ad altre realtà
parrocchiali, mi appare meno sviluppato.
Come in
ogni assemblea, qualche volta i rapporti tra i membri del consiglio possono
irrigidirsi, quando si arrivi al momento delle decisioni ritenendo non negoziabili certe scelte. Accade allora che i consigli pastorali si trasformino in litigi pastorali. Il metodo assembleare richiede
infatti una specifica formazione e un certo tirocinio, che nella nostra
parrocchia mancano. Ecco, dunque, un altro settore che potrebbe essere
potenziato.
Mario Ardigò – Azione
Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli