Creare azione sociale
Negli ultimi temi c’è molta gente che legge cose
archiviate su questo blog. Spero che ci sia anche qualcuno del mio quartiere,
Monte Sacro, Valli.
Sono felice di poter essere utile.
Ho cercato di condensare l’ABC del
cattolicesimo democratico. La base sono cose che ho letto o che ho vissuto.
La democrazia è una forma di governo della
società molto condivisa, in cui moltissime persone possono avervi
effettivamente parte. Il cattolicesimo è una forma di cristianesimo. Nonostante
quello che si pensa in genere, per esso l’essenziale non è il Papa, ma il proposito
di rendere amiche solidali e reciprocamente misericordiose tutte le persone che
affidano la vita alla nostra fede e, a partire da ciò, anche tutta l’umanità,
superando ogni barriera sociale o istituzionale che vi si frapponga. Si è ancora
molto lontani da questo obiettivo, come facilmente possiamo constatare. E’ una
situazione che condividiamo con altri
movimenti politici e culturali che hanno intenti simili.
La cultura, una creazione dell’interazione
delle nostre menti, ci rende possibile liberarci dai limiti naturali della socialità
che ci confinerebbero in ambiti di una trentina di individui. Ma la nostra
mente si rivela spesso fallace, e gli specialisti in neuroscienze cominciano a
capire perché. Gran parte dei nostri miti ne risente.
Una
definizione di mito che ho trovato molto completa è questa, che si trova
in Esodo dello storico ed egittologo tedesco Jan Assman,
Adelphi 2023 (l’originale in tedesco è del 2015), anche in e-book e Kindle, ed
è la seguente:
“E’
proprio dei miti essere raccontati di continuo e in sempre nuove versioni. Essi
hanno la capacità di fondare e di spiegare la vita, e gettano luce su
situazioni ed esperienze cui conferiscono senso e orientamento.
I
miti sono nuclei narrativi, la cui multiforme elaborazioni aiuta le società, i
gruppi e anche i singoli individui a costruirsi un’identità, ossia a capire chi
sono e qual è il loro mondo, così come a dominare situazioni complesse e crisi
esistenziali”.
[dall’Introduzione]
La nostra socialità non può fare a meno dei miti,
che ci rendono comprensibile ciò che c’è e si muove intorno a noi. Tuttavia i
miti difettano di precisione e servono principalmente a rendere il senso di ciò
che è troppo complesso per essere capito nel dettaglio. Devono quindi essere costantemente
rivisti, per poter funzionare come promotori e facilitatori sociali.
Le convinzioni principali della nostra fede
hanno natura mitica, come anche le narrazioni su che cosa sia, come funzioni e
a che cosa serva la democrazia.
E’ stato scritto che il proprio dei cristiani
è Cristo (Hans Kung). La narrazione sul Cristo ha natura mitica e viene
costantemente rivista fin dalle origini alla luce dell’esperienza di socialità
che si fa.
Non dobbiamo confondere il mito con una narrazione
falsa, anche se nei miti, in tutti i miti, troviamo in genere elementi
piuttosto fantasiosi, in particolare in quello che conservano delle età
antiche.
Nel mito una società riflette su sé stessa. Il
mito è tendenzialmente democratico perché è una produzione culturale largamente
partecipata.
Non
tutti i miti hanno carattere religioso.
Definiamo religioso ciò a cui si
rimane legati a prescindere da un’osservazione realistica di come funzionano le
cose, perché altrimenti esse perderebbero senso. La principale convinzione
della religiosità è che le cose abbiano senso in sé. E’ per questo che è fatica inutile tentare di smentire
le religioni richiamandole alla realtà.
Un mito di carattere non religioso è
richiamato nell’art.87, 1°comma, della Costituzione, dove leggiamo che “Il
Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l’unità
nazionale”. Stato e Unità
nazionale sono concetti mitici. Di fatto la società, in tutte le sue
dimensioni, è fatta di interazioni sociali tra gruppi che fluttuano
costantemente, scontrandosi e respingendosi o amalgamandosi in tutto o in
parte, mediate dal diritto. Il diritto è costituito dalla regole di interazione
sociale che in un certo momento storico hanno effettività e che rendono prevedibili,
e quindi praticabili, quelle relazioni.
L’immagine reale del complesso delle relazioni sociali che vengono riassunte
con il nome di Stato è troppo
complesso per dominarla, e quindi ci si è costruito sopra un mito, pensando a
quelle relazioni come quelle che si hanno all’interno degli organismi viventi:
l’Unità nazionale è il mito che sorregge la metafora. Di fatto ogni
relazione istituzionale, come ogni relazione sociale, è più o meno stabile a seconda
dei tempi e delle situazioni, cosicché una vera e propria unità non c’è
nella realtà. Certo, guidati da quei miti, si cerca sempre di costruirla e di
restaurarla, reagendo alle spinte centrifughe. Questo vale anche per le nostre
comunità religiose, sotto il profilo sociale: il loro mito unificante è quello del Cristo. La relativa dottrina
teologica è stata messa a punto in un grandioso processo che si è sviluppato tra
il Quarto e il Settimo secolo, in concomitanza con un’epocale riforma delle
istituzioni pubbliche.
Lo Stato e l’Unità nazionale non sono miti
religiosi, perché si è consapevoli del loro carattere di costruzione sociale. Noi
vogliamo essere Stato e vogliamo
essere nazione e vi troviamo tanti buoni motivi per volerlo. Ad esempio
perché, relazionandoci, troviamo tra tutti noi qualcosa di familiare, perché
siamo simili, ad esempio, nel parlare, nel mangiare, nel vestire. E questo
anche se si è consapevoli che tutto ciò che ci unisce deriva da una lunga
consuetudine di relazioni e nel passato più lontano si era molto diversi da
come si è ora.
L’idea di
uguaglianza in dignità tra le persone ha invece carattere religioso. Non
sempre però la si fa dipendere da una volontà soprannaturale. La religiosità
basata su potenze superne è solo uno dei tipi di religiosità che pratichiamo.
Pensiamo ai nostri cristianesimi come a cose
antiche, ma, in realtà, sono neoreligioni. Si sono sviluppate dal Primo secolo
della nostra era, all’interno di una storia che contava già millenni e molte
altre religioni. Senza contare le centinaia di migliaia di anni di preistoria.
E’ scritto che la fede ci rende nuovi.
Aderendovi si sperimenta una rinascita.
Di fronte al rapido mutare dei tempi, a volte
si cerca invece rifugio nel cercare di ricostruire il passato, a volte un passato solo mitizzato, un neo-passato.
Ma in genere non funziona. Toglie però un po’ di ansia.
Ecco che, allora, la liturgia mi pare che
scorra indifferente a ciò che accade intorno. Si praticano dei riti e ci si
contenta. Alcuni si annoiano. Io per esempio.
Ecco, negli anni ’70, ai tempi della mia
adolescenza, fu diverso.
Dal punto di vista religioso era tutto più
interessante, perché più utile alla società.
Siamo Azione Cattolica: la nostra azione è azione sociale e consiste nel costruire
la società intorno a noi, prendendovi parte attivamente, cercando di
stabilire nuove relazioni.
Non siamo monaci, che si fanno vanto di ritirarsi
dal mondo. Nemmeno i preti lo sono, anche se purtroppo sono stati formati, in
genere, ad emularne alcune abitudini e convinzioni.
Una parte importante dell’azione sociale è provare
a riunirsi costituendo dei gruppi sociali. Fare tirocinio di
socialità. Dirlo è facile, farlo tutt’altro. In genere ci si incontra molto meno che negli anni ’70. Ci sembra di avere
meno tempo per questo e investiamo il nostro capitale sociale in relazioni virtuali,
vale a dire privandoci del faccia a faccia. E’ stato scritto che il tempo di
una persona è una risorsa scarsa, ed è così. Anche le Scritture ci ammoniscono in
tal senso. “La vita è un mozzico” si dice a Roma; “impara a contare i
tuoi giorni”, troviamo nelle Scritture.
Così può capitare che si finisca in tanti su
un blog, ma che non si senta il bisogno di approfondire incontrandosi realmente. La nostra religione vive solo di incontri reali. Non bastano miti e riti. Non basta leggerne, in qualsiasi forma lo si faccia. In questo caso è come quando si sorvola una città. Non si può dire di esserci stati se non quando, atterrati, si è girato per le sue vie.
Mario
Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli