INFORMAZIONI UTILI SU QUESTO BLOG

  Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

  This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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  Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

  Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

  Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

  Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente due martedì e due sabati al mese, alle 17, e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.

 Per partecipare alle riunioni del gruppo on line con Google Meet, inviare, dopo la convocazione della riunione di cui verrà data notizia sul blog, una email a mario.ardigo@acsanclemente.net comunicando come ci si chiama, la email con cui si vuole partecipare, il nome e la città della propria parrocchia e i temi di interesse. Via email vi saranno confermati la data e l’ora della riunione e vi verrà inviato il codice di accesso. Dopo ogni riunione, i dati delle persone non iscritte verranno cancellati e dovranno essere inviati nuovamente per partecipare alla riunione successiva.

 La riunione Meet sarà attivata cinque minuti prima dell’orario fissato per il suo inizio.

Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

NOTA IMPORTANTE / IMPORTANT NOTE

SUL SITO www.bibbiaedu.it POSSONO ESSERE CONSULTATI LE TRADUZIONI IN ITALIANO DELLA BIBBIA CEI2008, CEI1974, INTERCONFESSIONALE IN LINGUA CORRENTE, E I TESTI BIBLICI IN GRECO ANTICO ED EBRAICO ANTICO. CON UNA FUNZIONALITA’ DEL SITO POSSONO ESSERE MESSI A CONFRONTO I VARI TESTI.

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venerdì 3 maggio 2019

DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO AI PARTECIPANTI ALLA PLENARIA DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA DELLE SCIENZE - Roma - Città del Vaticano - Sala Clementina - Giovedì, 2 maggio 2019 - SPEECH OF THE HOLY FATHER FRANCIS TO THE PARTICIPANTS IN THE PLENARY OF PONTIFICAL ACADEMY OF SCIENCES -Rome - Vatican City - Clementine Hall - Thursday, 2 May 2019


DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI PARTECIPANTI ALLA PLENARIA DELLA 
PONTIFICIA ACCADEMIA DELLE SCIENZE SOCIALI
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Roma - Città del Vaticano - Sala Clementina - Giovedì, 2 maggio 2019

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SPEECH OF THE HOLY FATHER FRANCIS
TO THE PARTICIPANTS IN THE PLENARY OF
PONTIFICAL ACADEMY OF SOCIAL SCIENCES
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Rome - Vatican City - Clementine Hall - Thursday, 2 May 2019

note: The text in Italian of the Pope's speech is that released by the Holy See. After the Italian text there is the translation in English, done with the help of Google Translator. I tried to correct, within the limits of my knowledge of English, some inaccuracies that automatic translation still inevitably entails. I have experimented that even with these inaccuracies the translation allows us to be understood by those who speak English, in the many national versions of the world, or who use it as a second or third language. It is the function that in ancient times carried out the Greek. Trying to be understood by other peoples corresponds to an ancient vocation of the Church of Rome, which is still current. 
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli  - Mario Ardigò - Catholic Action in the Catholic parish of San Clemente Pope - Rome, Monte Sacro, Valli district


Cari sorelle e fratelli,
vi do il benvenuto e ringrazio il vostro Presidente, Prof. Stefano Zamagni, per le sue cortesi parole e per aver accettato di presiedere la Pontificia Accademia delle Scienze. Anche quest’anno avete scelto di trattare un tema di permanente attualità. Abbiamo, purtroppo, sotto gli occhi situazioni in cui alcuni Stati nazionali attuano le loro relazioni in uno spirito più di contrapposizione che di cooperazione. Inoltre, va constatato che le frontiere degli Stati non sempre coincidono con demarcazioni di popolazioni omogenee e che molte tensioni provengono da un’eccessiva rivendicazione di sovranità da parte degli Stati, spesso proprio in ambiti dove essi non sono più in grado di agire efficacemente per tutelare il bene comune.
Sia nell’Enciclica Laudato si’  sia nel Discorso ai Membri del Corpo Diplomatico di quest’anno, ho attirato l’attenzione sulle sfide a carattere mondiale che l’umanità deve affrontare, come lo sviluppo integrale, la pace, la cura della casa comune, il cambiamento climatico, la povertà, le guerre, le migrazioni, la tratta di persone, il traffico di organi, la tutela del bene comune, le nuove forme di schiavitù.
 San Tommaso ha una bella nozione di quello che è un popolo: «Come la Senna non è un fiume determinato per l’acqua che fluisce, ma per un’origine e un alveo precisi, per cui lo si considera sempre lo stesso fiume, sebbene l’acqua che scorre sia diversa, così un popolo è lo stesso non per l’identità di un’anima o degli uomini, ma per l’identità del territorio, o ancora di più, delle leggi e del modo di vivere, come dice Aristotele nel terzo libro della Politica» (Le creature spirituali, a. 9, ad 10). La Chiesa ha sempre esortato all’amore del proprio popolo, della patria, al rispetto del tesoro delle varie espressioni culturali, degli usi e costumi e dei giusti modi di vivere radicati nei popoli. Nello stesso tempo, la Chiesa ha ammonito le persone, i popoli e i governi riguardo alle deviazioni di questo attaccamento quando verte in esclusione e odio altrui, quando diventa nazionalismo conflittuale che alza muri, anzi addirittura razzismo o antisemitismo. La Chiesa osserva con preoccupazione il riemergere, un po’ dovunque nel mondo, di correnti aggressive verso gli stranieri, specie gli immigrati, come pure quel crescente nazionalismo che tralascia il bene comune. Così si rischia di compromettere forme già consolidate di cooperazione internazionale, si insidiano gli scopi delle Organizzazioni internazionali come spazio di dialogo e di incontro per tutti i Paesi su un piano di reciproco rispetto, e si ostacola il conseguimento degli Obiettivi dello sviluppo sostenibile approvati all’unanimità dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 25 settembre del 2015.
È dottrina comune che lo Stato è al servizio della persona e dei raggruppamenti naturali delle persone quali la famiglia, il gruppo culturale, la nazione come espressione della volontà e i costumi profondi di un popolo, il bene comune e la pace. Troppo spesso, tuttavia, gli Stati vengono asserviti agli interessi di un gruppo dominante, per lo più per motivi di profitto economico, che opprime, tra gli altri, le minoranze etniche, linguistiche o religiose che si trovano nel loro territorio.
In questa ottica, ad esempio, il modo in cui una Nazione accoglie i migranti rivela la sua visione della dignità umana e del suo rapporto con l’umanità. Ogni persona umana è membro dell’umanità e ha la stessa dignità. Quando una persona o una famiglia è costretta a lasciare la propria terra va accolta con umanità. Ho detto più volte che i nostri obblighi verso i migranti si articolano attorno a quattro verbi: accogliere, proteggere, promuovere e integrare. Il migrante non è una minaccia alla cultura, ai costumi e ai valori della nazione che accoglie. Anche lui ha un dovere, quello di integrarsi nella nazione che lo riceve. Integrare non vuol dire assimilare, ma condividere il genere di vita della sua nuova patria, pur rimanendo sé stesso come persona, portatore di una propria vicenda biografica. In questo modo, il migrante potrà presentarsi ed essere riconosciuto come un’opportunità per arricchire il popolo che lo integra. È compito dell’autorità pubblica proteggere i migranti e regolare con la virtù della prudenza i flussi migratori, come pure promuovere l’accoglienza in modo che le popolazioni locali siano formate e incoraggiate a partecipare consapevolmente al processo integrativo dei migranti che vengono accolti.
Anche la questione migratoria, che è un dato permanente della storia umana, ravviva la riflessione sulla natura dello Stato nazionale. Tutte le nazioni sono frutto dell’integrazione di ondate successive di persone o di gruppi di migranti e tendono ad essere immagini della diversità dell’umanità pur essendo unite da valori, risorse culturali comuni e sani costumi. Uno Stato che suscitasse i sentimenti nazionalistici del proprio popolo contro altre nazioni o gruppi di persone verrebbe meno alla propria missione. Sappiamo dalla storia dove conducono simili deviazioni; penso all’Europa del secolo scorso.
Lo Stato nazionale non può essere considerato come un assoluto, come un’isola rispetto al contesto circostante. Nell’attuale situazione di globalizzazione non solo dell’economia ma anche degli scambi tecnologici e culturali, lo Stato nazionale non è più in grado di procurare da solo il bene comune alle sue popolazioni. Il bene comune è diventato mondiale e le nazioni devono associarsi per il proprio beneficio. Quando un bene comune sopranazionale è chiaramente identificato, occorre un’apposita autorità legalmente e concordemente costituita capace di agevolare la sua attuazione. Pensiamo alle grandi sfide contemporanee del cambiamento climatico, delle nuove schiavitù e della pace.
Mentre, secondo il principio di sussidiarietà, alle singole nazioni dev’essere riconosciuta la facoltà di operare per quanto esse possono raggiungere, d’altra parte, gruppi di nazioni vicine – come è già il caso – possono rafforzare la propria cooperazione attribuendo l’esercizio di alcune funzioni e servizi ad istituzioni intergovernative che gestiscano i loro interessi comuni. È da auspicare che, ad esempio, non si perda in Europa la consapevolezza dei benefici apportati da questo cammino di avvicinamento e concordia tra i popoli intrapreso nel secondo dopoguerra. In America Latina, invece, Simón Bolivar spinse i leader del suo tempo a forgiare il sogno di una Patria Grande, che sappia e possa accogliere, rispettare, abbracciare e sviluppare la ricchezza di ogni popolo. Questa visione cooperativa fra le nazioni può muovere la storia rilanciando il multilateralismo, opposto sia alle nuove spinte nazionalistiche, sia a una politica egemonica.
L’umanità eviterebbe così la minaccia del ricorso a conflitti armati ogni volta che sorge una vertenza tra Stati nazionali, come pure eluderebbe il pericolo della colonizzazione economica e ideologica delle superpotenze, evitando la sopraffazione del più forte sul più debole, prestando attenzione alla dimensione globale senza perdere di vista la dimensione locale, nazionale e regionale. Di fronte al disegno di una globalizzazione immaginata come “sferica”, che livella le differenze e soffoca la localizzazione, è facile che riemergano sia i nazionalismi, sia gli imperialismi egemonici. Affinché la globalizzazione possa essere di beneficio per tutti, si deve pensare ad attuarne una forma “poliedrica”, sostenendo una sana lotta per il mutuo riconoscimento fra l’identità collettiva di ciascun popolo e nazione e la globalizzazione stessa, secondo il principio che il tutto viene prima delle parti, così da arrivare a uno stato generale di pace e di concordia.
Le istanze multilaterali sono state create nella speranza di poter sostituire la logica della vendetta, la logica del dominio, della sopraffazione e del conflitto con quella del dialogo, della mediazione, del compromesso, della concordia e della consapevolezza di appartenere alla stessa umanità nella casa comune. Certo, bisogna che tali organismi assicurino che gli Stati siano effettivamente rappresentati, a pari diritti e doveri, onde evitare la crescente egemonia di poteri e gruppi di interesse che impongono le proprie visioni e idee, nonché nuove forme di colonizzazione ideologica, non di rado irrispettose dell’identità, degli usi e dei costumi, della dignità e della sensibilità dei popoli interessati. L’emergere di tali tendenze sta indebolendo il sistema multilaterale, con l’esito di una scarsa credibilità nella politica internazionale e di una progressiva emarginazione dei membri più vulnerabili della famiglia delle nazioni.
Vi incoraggio a perseverare nella ricerca di processi atti a superare ciò che divide le nazioni e a proporre nuovi cammini di cooperazione, specialmente riguardo alle nuove sfide del cambiamento climatico e delle nuove schiavitù, come anche a quell’eccelso bene sociale che è la pace. Purtroppo, oggi la stagione del disarmo nucleare multilaterale appare sorpassata e non smuove più la coscienza politica delle nazioni che possiedono armi atomiche. Anzi, sembra aprirsi una nuova stagione di confronto nucleare inquietante, perché cancella i progressi del recente passato e moltiplica il rischio delle guerre, anche per il possibile malfunzionamento di tecnologie molto progredite ma soggette sempre all’imponderabile naturale e umano. Se, adesso, non solo sulla terra ma anche nello spazio verranno collocate armi nucleari offensive e difensive, la cosiddetta nuova frontiera tecnologica avrà innalzato e non abbassato il pericolo di un olocausto nucleare.
Lo Stato è chiamato, pertanto, ad una maggiore responsabilità. Pur mantenendo le caratteristiche di indipendenza e di sovranità e continuando a perseguire il bene della propria popolazione, oggi è suo compito partecipare all’edificazione del bene comune dell’umanità, elemento necessario ed essenziale per l’equilibrio mondiale. Tale bene comune universale, a sua volta, deve acquistare una valenza giuridica più accentuata a livello internazionale. Non penso certo a un universalismo o un internazionalismo generico che trascura l’identità dei singoli popoli: questa, infatti, va sempre valorizzata come apporto unico e indispensabile nel disegno armonico più grande.
Cari amici, come abitanti del nostro tempo, cristiani e accademici della Pontifica Accademia delle Scienze sociali, vi chiedo di collaborare con me nel diffondere questa coscienza di una rinnovata solidarietà internazionale nel rispetto della dignità umana, del bene comune, del rispetto del pianeta e del supremo bene della pace.
Benedico tutti voi, benedico il vostro lavoro e le vostre iniziative. Vi accompagno con la mia preghiera, e anche voi, per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Grazie!

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SPEECH OF THE HOLY FATHER FRANCIS
TO THE PARTICIPANTS IN THE PLENARY OF
PONTIFICAL ACADEMY OF SCIENCES
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Rome - Vatican City - Clementine Hall - Thursday, 2 May 2019


Dear sisters and brothers,
I welcome you and thank your President, Prof. Stefano Zamagni, for his kind words and for having accepted to preside over the Pontifical Academy of Sciences. Also this year you have chosen to deal with a topic of permanent relevance. Unfortunately, we have under our eyes situations in which some nation states implement their relations in a spirit of opposition rather than cooperation. Furthermore, it should be noted that the frontiers of States do not always coincide with demarcations of homogeneous populations and that many tensions come from an excessive claim of sovereignty on the part of States, often precisely in areas where they are no longer able to act effectively to protect the common good.
  Both in the Encyclical Laudato si’ and in the Address to the Members of the Diplomatic Corps this year, I drew attention to the global challenges facing humanity, such as integral development, peace, care for the common home , climate change, poverty, war, migration, human trafficking, organ trafficking, protection of the common good, new forms of slavery.
  St. Thomas has a beautiful notion of what a people is: "Like the Seine it is not a river determined by the flowing water, but by a precise origin and riverbed, so that it is always considered the same river, although the flowing water is different, so a people is the same not for the identity of a soul or of men, but for the identity of the territory, or even more, of the laws and the way of life, as it says Aristotle in the third book of Politics "(The Spiritual Creatures, a. 9, ad 10). The Church has always urged the love of its people, of their country, to respect the treasure of the various cultural expressions, customs and habits and the right ways of living rooted in peoples. At the same time, the Church has warned people, peoples and governments about the deviations of this attachment when it concerns the exclusion and hatred of others, when it becomes conflict nationalism that raises walls, indeed even racism or anti-Semitism. The Church observes with concern the re-emergence, almost everywhere in the world, of aggressive currents towards foreigners, especially immigrants, as well as that growing nationalism that neglects the common good. Thus there is the risk of compromising already established forms of international cooperation, the aims of international organizations are undermined as a space for dialogue and meeting for all countries on a plan of mutual respect, and the achievement of the Sustainable Development Goals approved at the unanimity in the General Assembly of the United Nations on 25 September 2015.
It is a common doctrine that the State is at the service of the person and of the natural groupings of people such as the family, the cultural group, the nation as an expression of the will and profound customs of a people, the common good and peace. Too often, however, states are enslaved to the interests of a dominant group, mostly for reasons of economic profit, which oppresses, among others, the ethnic, linguistic or religious minorities that are in their territory.
  In this perspective, for example, the way in which a nation welcomes migrants reveals its vision of human dignity and its relationship with humanity. Every human person is a member of humanity and has the same dignity. When a person or family is forced to leave their land, they must be welcomed with humanity. I have said many times that our obligations towards migrants are based on four verbs: welcoming, protecting, promoting and integrating. The migrant is not a threat to the culture, customs and values ​​of the receiving nation. He too has a duty to integrate into the receiving nation. Integrating does not mean assimilating, but sharing the kind of life of his new homeland, while remaining himself as a person, the bearer of his own biographical story. In this way, the migrant can present himself and be recognized as an opportunity to enrich the people who integrate him. It is the task of the public authority to protect migrants and to regulate migratory flows with the virtue of prudence, as well as to promote reception so that local populations are trained and encouraged to consciously participate in the integration process of migrants who are welcomed.
 Even the migration issue, which is a permanent feature of human history, revives the reflection on the nature of the national state. All nations are the result of the integration of successive waves of people or groups of migrants and tend to be images of humanity's diversity while being united by values, common cultural resources and healthy customs. A state that arouses the nationalistic sentiments of its people against other nations or groups of people would fail in its mission. We know from history where they lead similar detours; I think about the Europe of the last century.
The nation state cannot be considered as an absolute, as an island with respect to the surrounding context. In the current globalization situation not only of the economy but also of technological and cultural exchanges, the national state is no longer able to procure the common good of its populations alone. The common good has become global and nations must associate for their own benefit. When a supranational common good is clearly identified, it is necessary to have a special authority legally and concordantly constituted capable of facilitating its implementation. We think of the great contemporary challenges of climate change, new forms of slavery and peace.
  While, according to the principle of subsidiarity, individual nations must be given the power to operate as far as they can, on the other hand, groups of neighboring nations - as is already the case - can strengthen their cooperation by attributing the exercise of certain functions and services to intergovernmental institutions that manage their common interests. It is to be hoped that, for example, in Europe the awareness of the benefits brought by this path of rapprochement and harmony between the peoples undertaken after the Second World War will not be lost. In Latin America, on the other hand, Simón Bolivar urged the leaders of his time to forge the dream of a Great Fatherland, which knows and can welcome, respect, embrace and develop the wealth of every people. This cooperative vision among nations can move history by re-launching multilateralism, opposed both to the new nationalistic thrusts and to a hegemonic policy.
  Humanity would thus avoid the threat of resorting to armed conflicts whenever a dispute arises between national states, as well as avoiding the danger of economic and ideological colonization of the superpowers, avoiding the oppression of the strongest over the weakest, paying attention to the global dimension without losing sight of the local, national and regional dimension. Faced with the design of a globalization imagined as "spherical", which levels differences and suffocates localization, it is easy for both nationalisms and hegemonic imperialisms to re-emerge. For globalization to be of benefit to everyone, we must think about implementing a "multifaceted" form, supporting a healthy struggle for mutual recognition between the collective identity of each people and nation and globalization itself, according to the principle that the whole it comes before the parts, so as to arrive at a general state of peace and harmony.
  The multilateral instances were created in the hope of being able to replace the logic of revenge, the logic of domination, oppression and conflict with that of dialogue, mediation, compromise, harmony and the awareness of belonging to the same humanity in the common home . Certainly, these bodies must ensure that states are effectively represented, with equal rights and duties, in order to avoid the growing hegemony of powers and interest groups that impose their own visions and ideas, as well as new forms of ideological colonization, often disrespectful of the identity, customs and habits, dignity and sensitivity of the peoples concerned. The emergence of these trends is weakening the multilateral system, with the result of a lack of credibility in international politics and a progressive marginalization of the most vulnerable members of the family of nations.
  I encourage you to persevere in the search for processes to overcome what divides nations and to propose new paths of cooperation, especially with regard to the new challenges of climate change and new slavery, as well as that great social good which is peace. Unfortunately, today the season of multilateral nuclear disarmament appears outdated and does not stir the political conscience of nations that possess atomic weapons. Indeed, a new season of disquieting nuclear confrontation seems to open up, because it erases the progress of the recent past and multiplies the risk of wars, also due to the possible malfunctioning of highly advanced technologies that are always subject to the natural and human imponderable. If, now, not only on earth but also in space, will be placed offensive and defensive nuclear weapons, the so-called new technological frontier will have raised and not lowered the danger of a nuclear holocaust.

  Therefore, the State is called to greater responsibility. While maintaining the characteristics of independence and sovereignty and continuing to pursue the good of its population, today it is its task to participate in building the common good of humanity, a necessary and essential element for the global balance. This universal common good, in turn, must acquire a more pronounced juridical value at international level. I certainly do not think of a universalism or a generic internationalism that neglects the identity of individual peoples: this, in fact, must always be valued as a unique and indispensable contribution to the larger harmonic design.
Dear friends, as inhabitants of our time, Christians and academics of the Pontifical Academy of Social Sciences, I ask you to collaborate with me in spreading this awareness of a renewed international solidarity with respect for human dignity, the common good, respect for the planet and for the supreme good of peace.
I bless you all, I bless your work and your initiatives. I accompany you with my prayer, and you too, please do not forget to pray for me. Thank you!