La teologia di papa
Francesco
Il sogno di una
Chiesa evangelica 1
Nei
giorni scorsi sono scoppiate aspre polemiche intorno alla presentazione di una
collana di libri divulgativi pubblicati dalla Libreria Editrice Vaticana sulla
teologia di papa Francesco, con il titolo La teologia di papa Francesco. Era stata
resa pubblica una lettera del Papa emerito Joseph Ratzinger, eminente teologo,
nella quale la si apprezzava, sostenendo che era da stolti dire che Papa
Francesco fosse privo di formazione teologica o filosofica. Proseguendo, parlava
dei volumi della collana come di libretti
e conteneva riserve verso uno degli
autori, con il quale il Ratzinger era stato in passato in disaccordo su
questioni teologiche. Il Papa emerito dichiarava di non aver potuto ancora
leggere i testi, per le sue condizioni di salute e per precedenti impegni. In
ciò si è voluta vedere una presa di
distanza dalle posizioni teologiche di Papa Francesco.
In effetti si tratta proprio di
libretti, nel senso di volumi di
piccolo formato, tascabili. Una persona
se li puo’ portare con sé durante il giorno e leggerli nei ritagli di tempo, ad
esempio in metropolitana.
Parlano della teologia di papa
Francesco, ma non sono libri di teologia. Non sono rivolti agli studiosi di
teologia, ma ad un pubblico colto di non specialisti. Possono essere compresi
da chi ha fatto le superiori o, comunque, si sente in grado di leggere tutte le
parti di un quotidiano.
Che cos’è la teologia?
Può essere intesa come
disciplina scientifica: la riflessione con metodo rigoroso, quindi sistematico
e conseguente alla premesse, sulla fede della Chiesa. Si è riconosciuti come
teologi dopo aver seguito un percorso di formazione specifico ed aver
dimostrato di saper ragionare con quel metodo. Un teologo deve innanzi tutto
essere istruito sulle Scritture, conoscere tutto il pensiero di fede espresso
sul settore specialistico a cui si è dedicato ed essere sufficientemente
informato su pensiero espresso negli altri settori. Questo modo di procedere
non è diverso da quello di altri campi della scienza.
Può essere però essere intesa anche come il
complesso delle convinzioni di fede di una persona o di un determinato gruppo
di fedeli. Allora esprime il modo in cui quella persona o quel gruppo dicono e
vivono la loro fede religiosa. Ogni credente ha quindi una propria teologia.
Quando si parla di teologia di un Papa è questo il senso che si utilizza.
Nel presentare la collana, il
teologo Roberto Repole ha ricordato che i Papi in maggioranza non sono stati
teologi di professione, vale a dire scienziati della teologia. Il caso del
Ratzinger è un’eccezione. Tuttavia essi, come tutti i preti, hanno avuto una
formazione teologica approfondita. Hanno saputo esprimere la loro fede in
termini teologici, che troviamo utilizzati nei loro documenti ufficiali, ad
esempio nelle encicliche, che contengono leggi per la Chiesa. I Papi si
avvalgono della collaborazione di teologi di professione, come di altri
scienziati di varie discipline, ma hanno una loro teologia, nel senso di
concezioni e progetti di fede.
Anche il Ratzinger, durante il
suo ministero pontificio, ha scritto libri divulgativi in cui ha parlato anche
di teologia ai non teologi di professione. Si tratta dei testi su Gesù di Nazareth, che io ho letto e che
consiglio a tutti di leggere. Contengono, tra l’altro, molta della teologia di
Ratzinger come papa Benedetto 16°, intesa come convinzioni e programmi
riguardanti la fede e la Chiesa, non come studio scientifico su certi temi.
C’è una continuità tra la
teologia di papa Francesco e quella di papa Benedetto 16°, come è stato
sostenuto e alcuni dubitano? Come potrebbe non esservi. Per tanto tempo hanno
collaborato negli stessi ambienti di
capi religiosi: il collegio cardinalizio e il sinodo dei vescovi. Sono quasi
coetanei. Papa Francesco ha studiato anche in Germania: è probabile che abbia accostato
anche testi di Ratzinger come teologo. Poi ha sicuramente studiato quelli
firmati dal Ratzinger come Papa, come tutti noi. Lo scienziato di teologia
Ratzinger e il Ratzinger come Papa hanno
sicuramente influito sulla teologia di Papa Francesco. Ci sono, però, in
quest’ultima elementi di novità.
Alcuni sono portati ad
apprezzare le novità, altri le temono. Conoscendo meglio la teologia di papa
Francesco si può arrivare a capire che i timori sono ingiustificati. La novità,
infatti, è l’accentuazione e lo sviluppo
del tema del Vangelo della misericordia, come fonte e criterio di riforma
ecclesiale.
Inizio da oggi a proporre una
sintesi dei volumi della collana, a partire da quello sull’ecclesiologia, vale
a dire su come il Papa pensa la Chiesa, le sue prospettive, le riforme
necessarie. Questo per invogliare ad approfondire mediante la lettura integrale
dei testi.
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte
Sacro, Valli
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Roberto Repole, Il sogno di una Chiesa evangelica. L’ecclesiologia di papa Francesco, Libreria
editrice Vaticana, 2017, €12.00
Sintesi
nota: il testo è
tratto dal volume. Gli elementi di raccordo tra parentesi quadre sono inseriti
da chi ha estratto la sintesi.
Sintesi di Mario
Ardigò
Prefazione alla collana
Il pontificato di Francesco [si
presenta] all’insegno di una novità di stile. In questi anni, l’immagine del
papato ne [è] uscita decisamente trasformata. Ciò - com’era prevedibile- ha ingenerato pareri
anche molto discordanti tra loro. Alcuni [sono] giunti a mettere in forse l’esistenza
stessa di una teologia nell’insegnamento di Francesco.
Bergoglio ha alle spalle,
soprattutto e primariamente, la lunga e radicale esperienza del religioso e del
pastore. Ciò non significa, però, che il suo magistero sia privo di teologia.
Avvalendosi della competenza e
dello studio rigoroso di teologi provenienti da diversi contesti e dalla
serietà ormai assodata, si è inteso
ricercare quale sia il pensiero teologico che supporta l’insegnamento del Papa.
Il risultato è racchiuso negli 11 volumi che vengono a formare la collana dal
titolo semplice e immediato: “La teologia di papa Francesco”.
L’intento non è di tipo
apologetico [=di difesa degli orientamenti del Papa], [ma] di cercare di vedere
e di aiutare a vedere quale sia il pensiero teologico su cui si basa Francesco.
Nell’insegnamento di
Francesco appare ormai come un punto di
non ritorno ciò che tanto la
teologia recente quanto il magistero
conciliare [=del Concilio Vaticano 2° (1962-1965)] hanno insegnato: che la dottrina, cioè, non è né può essere
qualcosa di estraneo rispetto alla cosiddetta pastorale. La teologia non potrà
mai ridursi ad un asettico esercizio da tavolino, sganciato dalla vita del
popolo di Dio.
Prologo. Per custodire e far crescere un
sogno
Ai suoi primordi la Chiesa ha
potuto “prendere il largo” grazie a un sogno. In una visione, confina con un
sogno, Pietro comprende come la Chiesa non possa essere circoscritta al gruppo
dei giudeo-cristiani, ma sia invece destinata a tutti (leggi At 10). Alla
comunità cristiana primitiva diverrà sempre più evidente che anche i pagani
dovranno essere accolti nell’unità della Chiesa. La Chiesa non [è] una
conventicola o una setta destinata ad alcuni, ma [rappresenta], al contrario,
luogo di riconciliazione dell’umanità intera. [Fu] una conversione dello stesso
Pietro e della comunità cristiana delle origini. [Nella] sua bimillenaria
storia, la Chiesa ha sempre avuto bisogno di cristiane e di cristiani capaci di
riattivare quello stesso sogno.
[Nell’esortazione apostolica La gioia del Vangelo - Evangelii Gaudium, il Papa ha scritto:] “Sogno una Chiesa missionaria capace di trasformare ogni cosa”. [E nel 2015, all’incontro con i rappresentanti
del 5° Convegno della Chiesa italiana, ha detto:] “Mi piace una Chiesa inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai
dimenticati, agli imperfetti. Sognate anche voi questa Chiesa, credete in essa,
innovate con libertà”.
Il sogno di papa Francesco è in fondo molto semplice e proprio per
questo piuttosto spiazzante: si potrebbe in modo immediato affermare che si
tratti del sogno di una Chiesa
evangelica. Di una Chiesa capace di
confrontare costantemente se stessa, la sua vita, le sue scelte e le sue strutture
con la freschezza del Vangelo. L’aggettivo
“inquieta” è tutt’altro che peregrino al fine di esprimerne la
costituzione. Si tratta dell’inquietudine di chi ha un’ “identità aperta” e “relazionale”
in diverse direzioni; è l’inquietudine che, in definitiva, deriva alla Chiesa
dal suo essere al servizio [del] Signore del cosmo e di tutti gli uomini.
[Nel magistero di papa
Francesco], ci si trova alle prese con una nuova recezione dell’insegnamento
ecclesiologico [=sulla Chiesa] espresso dal Vaticano 2° [=il Concilio Vaticano
2° (1962-1965].
Francesco è il primo papa [dopo
il Concilio Vaticano 2°] che non ha preso parte ai lavori conciliari. Egli è,
però, pienamente figlio del Concilio e del rinnovamento ecclesiale che da esso
ha preso l’avvio. Ciò non significa che
le prospettive offerte da Francesco siano prive di una certa originalità. Esse
portano l’eredità di quella particolare versione della teologia
latino-americana che va sotto il nome di “teologia del popolo (di cui uno dei
primi e più importanti esponenti fu il pensatore italo-argentino Luciano Gera,
1924-2012).
Con Francesco la recezione del
Concilio entra in una fase nuova. Il fatto che ci sia un papa proveniente dall’America
Latina, che possa far tesoro dell’esperienza
d quella Chiesa oltre che dell’elaborazione teologica lì sviluppatasi, è giù un
primo frutto del Concilio se è vero che uno degli aspetti di maggiore novità
del Vaticano 2° consiste in una chiesa divenuta mondiale. Una chiara
prospettiva ecclesiologica è rinvenibile
nel suo insegnamento.
Capitolo 1°
Il primato del Vangelo
Il modo con cui Francesco
afferma che il centro della Chiesa non è la Chiesa è di richiamare che essa deve se stessa al Vangelo che è,
etimologicamente [=la parola viene dal greco antico e significa buona notizia], fonte di gioia per gli
uomini.
Non esiste la Chiesa se non
come frutto del Vangelo. La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita di
coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da lui sono
liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento.
Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia. L’affermazione della resurrezione di Cristo
non è l’asserzione di un evento passato, ma del fatto che Egli continua ad
essere vivo nello Spirito. Incontrare il Risorto significa, per i cristiani,
una relazione viva che perdura.
Una novità di accento con cui
Francesco esprime [il] primato di Dio sulla Chiesa è data dalla centralità che
nel suo insegnamento esprime il “Vangelo della misericordia”. Per Francesco, la misericordia non è un
aspetto accessorio: essa esprime qualcosa di fondamentale del volto di Dio che
si è rivelato compiutamente in Cristo. Bergoglio, rifacendosi a Beda il
Venerabile [monaco inglese dell’8° secolo], scelse come motto episcopale Miserando atque eligendo («Mentre ha guardato me con gli occhi della
misericordia, egli mi ha scelto»).
Con la misericordia si esprime qualcosa di centrale del Vangelo riassumibile in
Cristo. Francesco asserisce infatti che, a partire dall’atteggiamento e dalla
prassi di Gesù in quanto rivelativa di Dio, si può affermare che la
misericordia è la carte d’identità del nostro Dio. Entrare in contatto con la
Persona di Cristo, in cui è sintetizzabile il Vangelo, significa essere messi
in relazione con il Dio che ha cuore per i miseri, specialmente con quanto sono
afflitti da quella singolare miseria che è il peccato.
La misericordia è per il Papa
il nucleo del Vangelo e della nostra fede, la forza che tutto vince, che
riempie il cuore di amore e che consola con il perdono.
L’ultimo Concilio,
riconsiderando lo “statuto” della verità cristiana, ha permesso di evidenziare
come si tratti di una verità che coinvolge l’uomo: non agisce dal di fuori.
[Questa convinzione] nel magistero di Francesco trova un nuovo sviluppo. Il Vangelo
non [è] riducibile a “dottrina”. Dio [incontra] gli uomini nella diversità
delle loro culture e li afferra nella singolarità della loro vita e della loro
situazione esistenziale; l’incontro [implica] il libero assenso dell’uomo. Il
Vangelo consiste nell’amore misericordioso di Dio, non è pensabile ridurlo ad “idea
astratta” o a “dottrina”. Le formule [della dottrina] non possono rappresentare
un pretesto per oscurare la verità del Vangelo della misericordia. [Esse] sono vere nella loro finitudine e nel
loro essere sempre necessariamente “figlie” di un determinato contesto. Sono
perciò sempre definitive e provvisorie
al tempo stesso. Non possono
costituire un divieto allo sforzo di esprimere in altri modi quella medesima
verità. [Altrimenti] si potrebbe arrivare alla situazione paradossale di
sentire un linguaggio formalmente ortodosso che non indirizza al vero Vangelo
di Cristo.
«La predica cristiana - [sostiene il Papa] - trova nel cuore della
cultura del popolo una fonte d’acqua viva, sia per sapere che cosa dire, sia per
trovare il modo appropriato per dirlo».
[Ad
esempio], esiste un inequivocabile Vangelo della famiglia. Esso è, però, tale, quando raggiunge le famiglie
nelle loro concrete situazioni esistenziali. [È], per questo, indispensabile un
costante discernimento e accompagnamento, affinché ciascuno sia aiutato a
trovare il proprio modo di partecipare alla comunità ecclesiale. Nessuno può
essere condannato per sempre - sostiene il Papa - perché questo non è la logica
del Vangelo, riferendosi a tutti, in qualunque situazione si trovino.
La
misericordia è una meta da raggiungere e che richiede impegno e sacrificio, [Il
Papa fa] una netta distinzione tra peccatori
e corrotti. Mentre i primi si sentono
costantemente bisognosi della
Misericordia Divina e sanno di doversi percepire in cammino, in stato di
costante conversione, i secondi si auto-giustificano ed arrivano a non
avvertire nemmeno più il senso del peccato. La misericordia, pur essendo
gratuita, va a buon fine laddove incontra degli uomini che, nella loro libertà,
si lasciano toccare da Cristo e si convertono.
Soltanto una Chies realmente evangelica può
consentire al Vangelo di continuare la sua strada nel mondo. [E] il Vangelo
della misericordia può continuare a toccare le donne e gli uomini solo
attraverso il servizio della Chiesa. In quest’orizzonte si deve inquadrare la
preoccupazione di Francesco per una riforma della Chiesa, per una Chiesa povera
per i poveri, per una Chiesa misericordiosa. [La riforma] non si esaurisce nell’ennesimo
paino per cambiare le strutture. Solo
una Chiesa povera e indirizzata
anzitutto ai poveri, agli emarginati, agli esclusi, agli scartati dalla
società può farsi, infatti, trasparenza di quel Cristo nel quale si condensa tutto il Vangelo di
Dio. [Ciò era stato] già messo in evidenza nel fondamentale paragrafo 3 [ del
n.8 della Costituzione dogmatica Luce per
le genti - Lumen gentium]:
Come Cristo ha compiuto la redenzione attraverso
la povertà e le persecuzioni, così pure la Chiesa e chiamata a prendere la
stessa via per comunicare agli uomini i frutti della salvezza. Gesù Cristo «
che era di condizione divina... spogliò se stesso, prendendo la condizione di
schiavo » (Fil 2,6-7) e per noi « da ricco che era si fece povero » (2 Cor
8,9): così anche la Chiesa, quantunque per compiere la sua missione abbia
bisogno di mezzi umani, non è costituita per cercare la gloria terrena, bensì
per diffondere, anche col suo esempio, l'umiltà e l'abnegazione. Come Cristo
infatti è stato inviato dal Padre « ad annunciare la buona novella ai poveri, a
guarire quei che hanno il cuore contrito » (Lc 4,18), « a cercare e salvare ciò
che era perduto» (Lc 19,10), così pure la Chiesa circonda d'affettuosa cura
quanti sono afflitti dalla umana debolezza, anzi riconosce nei poveri e nei
sofferenti l'immagine del suo fondatore, povero e sofferente, si fa premura di
sollevarne la indigenza e in loro cerca di servire il Cristo. Ma mentre Cristo,
« santo, innocente, immacolato » (Eb 7,26), non conobbe il peccato (cfr. 2 Cor
5,21) e venne solo allo scopo di espiare i peccati del popolo (cfr. Eb 2,17),
la Chiesa, che comprende nel suo seno peccatori ed è perciò santa e insieme
sempre bisognosa di purificazione, avanza continuamente per il cammino della
penitenza e del rinnovamento. La Chiesa « prosegue il suo pellegrinaggio fra le
persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio » , annunziando la passione e
la morte del Signore fino a che egli venga (cfr. 1 Cor 11,26). Dalla virtù del
Signore risuscitato trae la forza per vincere con pazienza e amore le
afflizioni e le difficoltà, che le vengono sia dal di dentro che dal di fuori,
e per svelare in mezzo al mondo, con fedeltà, anche se non perfettamente, il
mistero di lui, fino a che alla fine dei tempi esso sarà manifestato nella
pienezza della luce.
Non è certo casuale che il tema
venga riproposto da un papa che proviene dall’America Latina e da una Chiesa
che in questi decenni lo ha recepito e sviluppato.
E’ per mezzo di una Chiesa
misericordiosa che il Vangelo della misericordia può, infatti, raggiungere l’umanità
di oggi, ridivenendo udibile e “sperimentabile” per le donne in carne ed ossa e
dal di dentro delle loro situazioni di miseria e di peccato,
Dice il Papa: “ Sì io credo che questo sia il tempo della
misericordia. La Chiesa mostra il suo volto materno all’umanità ferita”. [È] una delle metafore preferite da Francesco,
per parlare della Chiesa: quella materna. Francesco ha espressamente
riconosciuto un debito teologico nei
confronti del suo confratello gesuita Henri de Lubac [teologo francese 1896-1991]
(in particolare per la sua opera Méditation
sur l’Èglise - Meditazione sulla Chiesa9, per il quale tale immagine ha
avuto un peso considerevole. L’immagine materna
è utile per dire come sia per mezzo della Chiesa che si viene generati,
con il battesimo, alla via in Cristo; ed è solo per suo tramite che si viene
raggiunti dal Vangelo. Dal momento, poi,
che il Vangelo è quello di un Dio che ha cuore per le miserie dell’umanità,
tale maternità si esprime anche nell’agire misericordioso della Chiesa: dove
per Chiesa si deve intendere la totalità dei cristiani.
È attraverso i sacramenti, l’annuncio
del Vangelo, l’esistenza stessa di tutti i cristiani, la loro compassione e il
loro chinarsi sulle ferite dell’umanità, che il Vangelo continua ad essere
udibile e vivo nel mondo. È, dunque, la maternità della Chiesa che consente di
rimettere al centro la questione di Dio; non un “Dio qualunque”, ma il Dio che
ha a cuore e si prende cura di un’umanità misera e peccatrica.
Si tratta di una realtà di cui,
nonostante le apparenze, l’umanità contemporanea ha, secondo il Papa, una sete
infinita.