Il Rosario
Il Rosario è una preghiera molto bella e
utile. Me la insegnarono nella nostra parrocchia, ma ho iniziato a pregarlo
anche in famiglia da bambino. Ho imparato da mia madre ad amarlo e a servirmene
per fortificarmi nelle prove della vita. Ho sempre con me la corona del Rosario che
utilizzo di solito e che mi fu donata dal papa Giovanni Paolo 2°, una sera del 1979
in cui diedi una mano tenendo il piattino durante la distribuzione della
Comunione nella basilica di S. Pietro, nel corso di una Messa per gli universitari.
E’ particolare perché la corona ha una piastrina con lo stemma del papa Paolo
6°, che era morto l’anno precedente. La bustina che la contiene ha invece lo
stemma di Giovanni Paolo 2°. In religione non si butta nulla, tutto si
trasforma, ma si costruisce sempre sul passato.
Scrivo del Rosario perché se ne è parlato sui
giornali, la scorsa settimana, dopo che una coroncina è stata esibita
platealmente in un raduno politico. Dal modo in cui veniva tenuta in mano, chi
ama il Rosario poteva sospettare che chi la esibiva non ne avesse molta
consuetudine. Magari non è così. Gli oranti la tengono sempre ben stretta in
mano vicino a sé, non la prendono sulla punta delle dita, tenendola appesa a distanza.
Superficialmente si pensa che il Rosario sia solo una serie di Ave
Maria, ma al centro della preghiera c’è la meditazione su 20 (il papa Giovanni
Paolo 2° ne aggiunse cinque, i misteri
della Luce) eventi molto importanti della vita del Maestro e della prima
Chiesa. Si medita sulla nascita, infanzia, missione, passione e risurrezione
del Maestro e sulla Chiesa nascente; si conclude con una grandiosa visione dell’universo riconciliato con il suo
Fondamento. Quegli eventi sono chiamati misteri
e vengono raggruppati in gruppi di cinque. Dopo il racconto di ogni evento
segue la recita di un Padre nostro, dieci Ave
Maria, e un Gloria al Padre. Alla fine di una serie di cinque misteri si
recita Salve Regina e una litania di invocazioni ai santi e alla
Madonna. Le preghiere servono a mantenere viva l’attenzione sull’evento sul
quale si medita. Il Rosario, come
insegnava Carlo Maria Martini, è una preghiera a ritmo, che appunto, secondo il ritmo della nostra vita scandito dal battito del cuore e dal respiro, serve
per mantenere nel cuore, vale a dire nell'anima, la memoria di un evento fondante della fede. Ciascuno
ha il proprio ritmo. Spesso, quando si recita il Rosario in gruppo, c’è chi ha
un ritmo che non si accorda con quello degli altri e allora si stufa. E’
accaduto anche ai santi, ad esempio a Teresa di Gesù Bambino. Il Rosario viene
meglio quando viene recitato tra persone che hanno una grande intesa, ad
esempio in famiglia. Ma, come preghiera del cuore, quella che risana e
fortifica, è, almeno nella mia esperienza, fondamentalmente personale.
Le
preghiere a ritmo hanno la virtù di modificare il tempo, che inizia a scorrere
in modo diverso. Ho utilizzato il Rosario nelle interminabili notti d’ospedale.
Allora un Rosario durava per me una notte intera. Per me il ritmo era quello
normale, ma, secondo il tempo cronologico degli altri intorno a me, il mio
tempo iniziava a scorrere lentissimo, tanto da comprendere in pochi attimi una
notte intera. Da esperienze così si esce cambiati. Si tratta di fatti molto
intimi, che con un certo disagio si rendono palesi. Chi ascolta, poi, se di
certe cose non ha fatto esperienza diretta, e fino a che non l’ha fatta, stenta
a comprendere, e a credere.
La corona del Rosario non è un amuleto, che uno tiene in tasca per
protezione. Ma non funziona bene neanche come simbolo di appartenenza. Di solito
i bulli se ne vergognano. E’ una cosa da donne, pensano, e sbagliano, perché
uomini di grande valore sono stati e sono oranti. Uno di essi era il papa
Giovanni Paolo 2°. Orante fu il
presidente Oscar Luigi Scalfaro. Ho letto che alla sua Messa funebre, il
celebrante, mons. Vincenzo Paglia, disse nell’omelia: «La morte per il presidente
Scalfaro è arrivata dolce e senza traumi. Sul suo comodino, accanto al
letto, ieri mattina ho visto una corona
del rosario, la Bibbia, le fonti francescane e la Costituzione».
Padre
Nostro… scrivono che certi santi si
incantassero su queste parole. Sono al centro degli eventi su cui si medita nel
Rosario. Una paternità che, a differenza di quella naturale, quella che si vive in famiglia e quella della patria, non esclude nessuno, perché è di origine divina. E’
di questo che ci si vuole convincere. Tenere tra le mani il Rosario e assumere
atteggiamenti da leguleio, di quello che tiene a fare con precisione le parti,
questo è mio, questo è tuo, prima questi, poi quelli, io da una parte e tu dall’altra,
questa è casa mia, quella è casa tua, io sto bene e lo merito, tu stai male e lo meriti, non sono il guardiano di mio fratello né il suo benefattore, né il suo medico, tutto è ben regolato così e ognuno per sé, è proprio impossibile. La fede tende a scompigliare tutto, benché la
teologia cerchi di mantenervi un certo ordine. Non si fa una colpa a chi non riesce ad andare
oltre, purché rispetti gli altri, ma si raccomanda l’eccesso di misericordia
come via di santità. La via religiosa alla perfezione mi pare fondamentalmente
disordinata, al modo, ad esempio, di un Francesco d’Assisi. La persona
religiosa è sempre in subbuglio, nel ribollire provocato dalla conversione incessante
che a sua volta è appesa alla preghiera. La realtà si trasfigura nell’esperienza
orante. Traspare il soprannaturale, innanzi tutto nel volto degli altri, senza
distinzione. Anche il volto dell’orante si trasfigura e illumina. Anticamente
si rendeva questa esperienza dipingendo un’aureola sul capo del santi. Quanto
diversa è l’immagine dei demòni che incalzano i dannati della terra spingendoli
verso gli inferni loro assegnati dai dominatori del mondo! C’è una bella
canzone – preghiera che narra della trasformazione/conversione di un demonio di
quel tipo, un comandante di un vascello negriero, in una persona diversa: è Amazing Grace, stupefacente Grazia.
Amazing Grace, How sweet the sound
That saved a wretch like me
I once was lost, but now am found
T'was blind but now I see
T'was Grace that taught my heart to fear
And Grace, my fears relieved
How precious did that grace appear
The hour I first believed
Through many dangers, toils and snares
We have already come.
T'was grace that brought us safe thus far
And grace will lead us home,
And grace will lead us home
Amazing grace, Howe Sweet the sound
That saved a wretch like me
I once was lost but now am found
T'was blind but now I see
Was blind, but now I see.
Che traduco liberamente così:
Stupefacente Grazia! Dolce il
suono che ha salvato un disgraziato come me! Una volta ero perduto, ma ora sono
stato trovato. Ero cieco ma ora vedo. La
Grazia che mi ha insegnato a temere, mi ha liberato dalla paura. Preziosa è la
Grazia. Ho creduto per la prima volta in mezzo a pericoli, fatiche e insidie.
La Grazia ci ha messi al sicuro fino ad ora e ci porterà a casa, Incredibile
grazia, Dolce suono che ha salvato un miserabile come me. Una volta ero perso
ma ora sono stato trovato. Ero cieco ma ora vedo.
Così sia.
Mario Ardigò – Azione Cattolica
in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli.