Due giugno
La nostra Repubblica, come ora la viviamo, non nacque con il referendum del 2 giugno 1946, su repubblica o monarchia del quale oggi si festeggia l’annuale anniversario, che fu solo la condizione per iniziare a progettarla e costruirla.
Se ci si fosse pronunciati per mantenere la monarchia Savoia a capo dello Stato, probabilmente si sarebbe costruito a partire dallo Statuto Albertino del 1848, di orientamento liberale, divenuto legge fondamentale anche del Regno d’Italia quando quest’ultimo fu costituito, nel 1861, quando si ritenne compiuta l’unità nazionale dopo le guerre risorgimentali (mancavano Roma e il Lazio, ancora sotto il Papato, che furono conquistati con una breve guerra nel 1870). Quello Statuto era stato manomesso di diritto e di fatto sotto il regime fascista mussoliniano, sotto la lunghissima Presidenza del Consiglio dei ministri di Benito Mussolini, durata ininterrottamente dal 31 ottobre 1922 al 25 luglio 1943, di cui si parla come il “Ventennio fascista”. La scelta per la repubblica consentì invece di iniziare a costruire un nuovo modello istituzionale, che si presentò come il rovesciamento dei principi morali, politici e giuridici del regime mussoliniano, ma anche molto differente dal regime liberale monarchico.
La nuova Repubblica, democratica e popolare, fu progettata nei lavori dell’Assemblea Costituente, eletta il 2 giugno 1946, in concomitanza con il referendum istituzionale, che lavorò tra il 25 giugno 1946 e il 31 gennaio 1948, deliberando la nuova Costituzione repubblicana il 27 dicembre 1947. Fu però costruita in un lungo processo svoltosi tra il 1 gennaio 1948, quando entrò in vigore la nuova Costituzione, il 5 giugno 1956, quando la Corte Costituzionale, prevista dalla nuova Costituzione ma realmente costituita solo l'anno precedente, decise la propria competenza anche per le leggi anteriori alla Costituzione, ponendo le premesse per una profonda revisione dell’ordinamento giuridico italiano, e gli anni Settanta, quando la sinergia tra i giudici della Repubblica e la Corte Costituzionale (perché le questioni di legittimità costituzionale delle leggi che arrivarono alla giurisdizione della Corte vennero sollevate in massima parte durante processi giudiziari) ne mutò profondamente l'assetto normativo, con grandi riflessi sociali e vennero istituite le Regioni. L'ultimo elemento fu posto nel 2001, con la riforma dell'art.114 della Costituzione, che relativizza lo Stato in un sistema di autonomie, che comprende anche Regioni, province, Comuni e Città metropolitane (Roma è una di esse).
La nuova Repubblica democratica nacque come incubatrice di unificazione europea, nel solco del pensiero di Mazzini: si decise che non contassero l'etnia e la lingua, sulle quali sono costituiti i nazionalismi (art.3). Le forze politiche italiane che ne animarono la costruzione furono quindi anche protagoniste nei processi di edificazione comunitaria continentale europea che furono attivati prestissimo, già dall'inizio degli anni '50. E lo sono rimaste fino ad oggi. L'Italia attualmente esprime il Commissario per gli affari economici e monetari, una posizione chiave che viene attribuita a persone che provengono da stati membri considerati di elevata affidabilità. Con la Presidenza della Commissione tra il '99 e il 2004 ha svolto un ruolo fondamentale nell'edificazione della moneta unica e nell'allargamento all'Europa Orientale, integrando i nuovi stati democratici usciti dai regimi comunisti totalitari secondo il modello staliniano sovietico. Dal 2011 al 2019 ha espresso il Presidente della Banca Centrale Europea. L'idea che, in qualche momento, noi si sia stati "con il piattino in mano", come ho sentito dire in questi giorni da una persona con notevole seguito elettorale, non trova la minima corrispondenza storica.
Di questi grandiosi sviluppi politici, che hanno portato a una comunità pacificata di mezzo miliardo di persone, furono protagoniste, in particolare, le componenti del cattolicesimo democratico italiano, secondo una strategia e progetti costruiti fin dall'inizio del 1943, ancora durante le guerre scatenate dai fascismi europei.
Lo si è ricordato in un convegno svoltosi nel luglio dello scorso anno nella foresteria del monastero di Camaldoli, nell'Aretino, nel Comune di Poppi, tra i boschi dell'Appennino Tosco-Emiliano, dove, nel luglio di ottant’anni prima, ci si era riuniti,tra esponenti del cattolicesimo italiano, per iniziare a progettare un nuovo ordine Italiano ed europeo. Il documento che ne scaturì pubblicato sotto il titolo Per la comunità cristiana.Principi dell’ordinamento sociale, viene ricordato come Codice di Camaldoli [qui il testo in pdf sul Web https://giuseppecapograssi.wordpress.com/wp-content/uploads/2012/12/codice_di_camaldoli1.pdf ]
In questi mesi quel mondo è in grande fermento: Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna dal 2015 e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana dal 2022, ha invitato a una "Camaldoli Europea" e se ne discuterà in particolare all'inizio di luglio di quest'anno, dal 3 al 7, a Trieste, nella Settimana sociale sul tema "Al cuore della democrazia" (le informazioni che si trovano sul relativo sito non rendono bene conto di ciò che si sta muovendo).
In occasione della Giornata dell'Europa, il 6 maggio scorso, Zuppi ha indirizzato una Lettera all'Unione Europea [ne trovate il testo a questo indirizzo Web https://www.chiesacattolica.it/lettera-allunione-europea/ ] nella quale propone di lavorare ad un nuovo umanesimo. Ha segnalato anche l'importanza delle prossime elezioni europee, come l'altro giorno ha fatto il Presidente della Repubblica Mattarella.
L'Unione Europea non è stata costruita sul modello statunitense, come auspicavano gli autori del Manifesto di Ventotene [si vedano notizie su di esso all’indirizzo Web https://www.treccani.it/enciclopedia/il-manifesto-di-ventotene_(Dizionario-di-Economia-e-Finanza)/ , ma dal basso e nel corso di un processo lungo ed esteso che progressivamente ne ha coinvolto le genti, suscitando l'intensificazione delle relazioni sociali tra le popolazioni europee e la conoscenza reciproca.
Il lavoro giurisprudenziale è stato essenziale: lo statuto comunitario dell'Unione ne è stato integrato, anche per l'azione fondamentale di un organismo europeo, ma non dell'Unione Europea, come la Corte Europea dei diritti dell'uomo, la cui giurisprudenza siamo ormai abituati a trovare nelle motivazioni delle sentenze dei nostri giudici.
Lo ha spiegato magistralmente Paolo Grossi nel suo "L'Europa del diritto", Laterza 2016, disponibile anche in ebook e kindle: è il recupero di prassi comunitarie medievali che lo statalismo impostosi dal Seicento tentò di cancellare, imponendo un diritto laddove per secoli era scaturito dalle prassi sociali delle popolazioni e ci si era limitati a riconoscerlo e orientarlo.
Nessuna meraviglia, quindi, che nel tentare di invertire questo processo, tra le forze politiche che vi furono e vi sono ostili ci si stia occupando anche della magistratura italiana.
Le prossime elezioni europee celebreranno la sovranità europea, ha detto Mattarella. Ogni tipo di nazionalismo, in particolare basato su etnia, lingua e altri elementi culturali discriminanti, le è nemico. Per come è stata costruita l’Unione Europea quella sovranità non si esprime in un organismo accentrato e tanto meno in una singola persona fisica, come avviene ad esempio nella Costituzione statunitense e in quelle della Federazione russa e della Repubblica popolare cinese, ma è diffusa e largamente partecipata e ha come protagoniste le stesse popolazioni che la manifestano costantemente nelle loro relazioni sociali e politiche, non limitandosi a contribuire a scegliere le persone titolari delle più importanti cariche pubbliche. Questa partecipazione estesa è basata sull’azione degli organismi giudiziari che le danno effettività consentendo la critica efficace degli atti autoritativi degli organi titolari di poteri pubblici, finanche delle leggi (è recente la pronuncia del Consiglio di Stato, il massimo giudice sui poteri pubblici, che ha stabilito che, in base al diritto dell’Unione Europea, debba essere disapplicata una legge dello Stato lesiva del principio della concorrenza economica in danno degli operatori economici esclusi),
In un seminario del MEIC Lazio a cui ho partecipato venerdì scorso, si è cercato di individuare gli elementi caratterizzanti dell'Europa e degli europei. Ad esempio: dove finisce l'Europa? Su che cosa è radicata l'Europa? E come sono le sue radici?
Il prof. Pietro Ramellini, persona di grande cultura, capace di insegnare da competente elementi tratti da discipline diverse, come la biologia, la filosofia, la sociologia, così ha sviluppato, nella sua interessantissima lezione, la metafora delle radici a partire dalla Lettera all’Unione Europea di Zuppi:
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«Riassumendo il lungo cammino che ha condotto all’Unione Europea, la Lettera adombra una questione che si ripresenta ciclicamente , cioè quella delle radici dell’Europa.
Proviamo allora a rivitalizzare questa metafora, risalendo alle sue radici botaniche. Intanto si potrebbe discutere se le radici culturali e storiche dell’Europa siano a fittone o fascicolate, cioè uniche come nelle carote o numerose come nelle graminacee. In secondo luogo, si potrebbe arricchire la tipologia con altri casi, come ad esempio le radici tuberizzate, capaci di conservare le preziose risorse accumulate in passato;oppure le radici respiratorie, che riforniscono la pianta di ossigeno crescendo verso l’alto quando il substrato è asfittico; ma soprattutto le radici micorizzate, che instaurano simbiosi mutualistiche con altri organismi, e uniscono piante diverse in una comune rete ecologica. Purtroppo, non si può nemmeno dimenticare che per molto tempo le radici europee sono state di tipo austoriale, funzionali cioè al parassitismo nei confronti di altri organismi.Infine, ci si può domandare se i fattori più importanti siano le radici oppure il suolo da cui traggono nutrimento, la sua profondità e fertilità; in fondo,il seme che dà il cento per uno è quello che cade nella buona terra.
Quanto all’oggi, se è vero che viviamo tempi di profonda crisi (anche se io tendo a pensare che ogni tempo abbia le sue crisi), allora dovremo guardarci dalle due tentazioni estreme caratteristiche di simili epoche: da un lato l’idea di una palingenesi universale o di un’apocalisse finale, dall’altra il ripiegamento sui piccoli rifugi di nonna Speranza [si riferisce alla poesia di Guido Gozzano "L'amica di nonna Speranza" – v. testo https://online.scuola.zanichelli.it/letterautori-files/volume-3/pdf-online/35-gozzano.pdf ]. Tenere fermo il timone tra questi due estremi,navigando con prudenza e costanza verso una maggiore convergenza europea,sembra la rotta più realistica e dunque più logica. »
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Io ho osservato che la caratterizzazione fondamentale del coinvolgimento nell’Unione Europea è nella "giuris-sfera", vale a dire nella condivisione di uno spazio giudiziario europeo nel quale ogni "essere umano" [non solo ogni "cittadino"] può ottenere che il suo caso sia esaminato da un giudice integrato nel sistema giurisdizionale dell'Unione e della Corte europea dei diritti dell’uomo, ottenendo effettività per la propria posizione giuridica secondo i principi comunitari europei e, soprattutto, quelli enunciati nella Carta dei diritti fondamentali [ https://www.europarl.europa.eu/charter/pdf/text_it.pdf ], divenuta parte della legge fondamentale dell’Unione dal 2009, con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona (2007), che ha dato all’Unione il suo attuale volto.
E' questo che, ad esempio, pone ancora fuori Stati europei come la Federazione russa, l’Ucraina, la Serbia, la Georgia (ma le ultime tre sono candidate a entrarci) e costituisce la principale forza di attrazione per le popolazioni oltre i confini dell'Unione. Le riforme della giurisdizione deliberate in Polonia e in Ungheria, incidendo su autonomia e indipendenza della magistratura, stanno invece lentamente portandone fuori quegli stati. In Italia c’è chi vorrebbe seguirne l’esempio.
Il principale effetto dell’unificazione europea è stato un lunghissimo periodo di pace tra gli stati membri, i quali storicamente si erano sempre combattuti: è durato fino a oggi, anche se la guerra ha lambito più volte le frontiere dell’Unione, come anche ora sta accadendo. Un’epoca di pace che non ha precedenti in tutta la storia dell’umanità. Era appunto questo l’auspicio del Papato quando, con i radiomessaggi natalizi del 1943 e 1944 chiese alle forze cattoliche di costruire un nuovo ordine internazionale. Per questa lunga pace, all’Unione Europea nel 2012 venne assegnato il premio Nobel per la pace (vedi https://informazioneeditoria.gov.it/it/attivita/comunicazione-e-informazione-istituzionale/le-campagne-di-comunicazione-del-governo/campagne-xvi-legislatura/nobel-per-la-pace-2012/#:~:text=Il%20comitato%20norvegese%20per%20il,in%20un%20continente%20di%20pace. ).
Da qui l'importanza di resistere culturalmente e politicamente al tentativo di far arretrare la storia e noi dentro di essa. Di contrastare attivamente la riproposizione dei vecchi ed efferati miti nazionalistici, smascherando il disegno che vi sta dietro, che è, in fondo, quello del fascismo mussoliniano, che è riassumibile nell’idea di salvarsi a spese degli altri, dove invece il progetto comunitario europeo è di salvarci insieme alle altre persone. Il fascismo mussoliniano volle far grande di nuovo l’Italia mediante guerre di rapina, alle quali partecipò portando alla rovina le genti d’Italia. Ogni nazionalismo va verso quella strada. Quindi chi vuole la pace vi si opporrà.
Ricordando che la giurisprudenza è stata ed è tuttora elemento fondamentale della costruzione comunitaria europea e che quindi attaccare la cultura della giurisdizione negli organismi nei quali essa è stata storicamente espressa è parte di un disegno per sfasciare l’Unione, nonostante gli altri pretesti che vengano addotti.
Mario Ardigó- Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli