Costituire un nuovo Consiglio
Pastorale Parrocchiale
Profili teologici e problemi
La
costituzione di un nuovo Consiglio Pastorale Parrocchiale richiederebbe
una preparazione della gente per la quale però non abbiamo tempo. Se la cosa si
innestasse su un Consiglio in scadenza sarebbe diverso, perché allora il
vecchio Consiglio avrebbe organizzato e avviato a tempo debito l’attività formativa che serviva, alla quale gli stessi
consiglieri uscenti avrebbero collaborato.
Inoltre, nel caso di successione tra
consiliature ci sarebbe una tradizione di esperienze a cui fare riferimento nel
caso di dubbi sul come procedere, e questo anche se, indubbiamente, ci troviamo
oggi in una situazione particolare, perché si tratta di applicare un nuovo Statuto,
quello deliberato da papa Francesco l’8 settembre 2023.
La principale opportunità data dall’esistenza
di un Consiglio Pastorale Parrocchiale sta nel poter fare esperienza
viva di sinodalità, che significa compartecipazione e corresponsabilità. Può
avvenire dato il numero giusto dei componenti dell’organismo, al di sotto delle
trenta persone, il numero massimo che consente ancora relazioni faccia a
faccia, profonde. Al di sopra di questo numero di componenti, il funzionamento
di un gruppo è affidato prevalentemente alle procedure, alle formalità, quindi
al rito, mediato da elementi mitologici. Questo dipende dalle caratteristiche
fisiologiche della nostra mente ed è un limite insuperabile (si legga di Robin
Dunbar, Amici – Comprendere il potere delle nostre relazioni più importanti,
Einaudi 2022, €21,00, disponibile anche in ebook e Kindle ad €10,99).
Il quadro ideologico dell’esperienza è
quello della teologia del Popolo di Dio accreditata durante il Concilio
Vaticano 2° (svoltosi a Roma, in varie sessioni, tra il 1962 e il 1965), sostanzialmente
abbandonata nel 1985 a favore dalla teologia di comunione e riprese nel
magistero di papa Francesco, dal 2013. Ne troviamo una espressione nel capitolo
2 di uno dei documenti normativi più importanti deliberati durante quel
Concilio, la Costituzione dogmatica sulla Chiesa Luce per le genti – Lumen
gentium Lumen
gentium (vatican.va) .
Il punto centrale sta in questa affermazione
In ogni tempo e
in ogni nazione è accetto a Dio chiunque lo teme e opera la giustizia (cfr. At
10,35). Tuttavia Dio volle santificare e salvare gli uomini non individualmente
e senza alcun legame tra loro, ma volle costituire di loro un popolo, che lo
riconoscesse secondo la verità e lo servisse nella santità. [n.9]
Questo
popolo «pur non comprendendo effettivamente l'universalità degli uomini e
apparendo talora come un piccolo gregge, costituisce tuttavia per tutta
l'umanità il germe più forte di unità, di speranza e di salvezza. Costituito da
Cristo per una comunione di vita, di carità e di verità, è pure da lui assunto
ad essere strumento della redenzione di tutti e, quale luce del mondo e sale
della terra (cfr. Mt 5,13-16), è inviato a tutto il mondo». Per questa
missione è detto messianico, da Messia,
parola che deriva da un termine ebraico che significa unto, nel senso di
incaricato di una missione sacra. Cristo è l’italianizzazione di un
termine del greco antico che traduce l’ebraico Messia.
Da questo, la grandiosa
affermazione che si trova nel primo periodo della Luce per le genti - Lumen gentium:
«[…] la Chiesa
è, in Cristo, in qualche modo il sacramento, ossia il segno e lo strumento
dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano […]» [n.1]
che è la sintesi della
teologia del Popolo di Dio, riguardo, in particolare, ad ogni esperienza
di sinodalità e, dunque, anche di quella del Consiglio Pastorale
Parrocchiale.
I
teologi ricordano quindi che la sinodalità esprime un tipo di collaborazione
molto più intenso da quello che si cerca di ottenere nelle esperienze di
democrazia e, innanzi tutto, non persegue innanzi tutto il controllo di un potere,
ad esempio di quello che si esprime nella normazione. Presenta un aspetto
spirituale che è di solito estraneo alle esperienze democratiche. E questo
naturalmente non significa che il metodo democratico, in quanto consente di
combattere le prevaricazioni, sia estraneo alle procedure sinodali, in cui si
cerca di raggiungere l’unità non mediante la prevaricazione di una autorità
superiore, ma mediante un’intesa innanzi tutto spirituale basata sulla
condivisione della fede cristiana.
Chiamiamo
spirituale ciò che ci riguarda
nell’interiorità profonda e nella verità di ciò che sentiamo di essere, senza
gli infingimenti sociali che di solito le velano verso l’esterno.
Ciò
detto, l’autore del nuovo Statuto si mostra consapevole di rischi che
derivano dall’affidarsi del tutto, nel costruire un’esperienza sinodale, alle
formalità democratiche, in particolare nella scelta mediante elezioni. E’
facile il fraintendimento e il conseguente contagio con i mali che purtroppo
travagliano la nostra democrazia, soprattutto se si partecipa a una procedura
senza conoscersi veramente e senza averne inteso bene il senso che, nel caso
della costruzione della sinodalità, è anche religioso.
In altri Statuti,
come quello molto ben congegnato
della Diocesi di Milano, sono previste procedure elettorali formali al modo di
quelle che si tengono nelle elezioni amministrative e politiche. Nel nuovo Statuto
romano si inserisce invece la
procedura di elezione in un contesto assembleare dialogante, nel quale vengono
offerte disponibilità e si
manifestano adesioni
Per
l'elezione dei suddetti membri si possono organizzare delle Assemblee
Parrocchiali in cui vengono date le disponibilità e i singoli fedeli esprimono
le loro adesioni [art.8]
lasciando una notevole libertà organizzativa
all’interprete.
E’ una
scelta che condivido.
Nella
pratica, ricordo che, quando, all’inizio del 2022, convocammo assemblee nella
prima fase del processo sinodale avviato nell’ottobre precedente, si
presentarono al massimo un quarantina di persone, quelle che manifestarono in
quel modo di essere realmente interessate alla sinodalità. Quando sarà
convocata l’assemblea nella quale le persone, diverse dai giovani,
saranno chiamate a eleggere i loro 3 rappresentanti nel Consiglio, non
penso che dobbiamo attenderci un afflusso superiore. E se, invece, dovesse
venire più gente? Consiglio di aspettare e vedere se succede e, se dovesse
succedere, di progettare qualcosa di adeguato in quel momento.
Il
pericolo maggiore è il voto organizzato dai candidati, una piaga che ha portato
al degrado degli organismi locali dei partiti politici. In questo caso,
partecipano alla procedure di elezione persone che non sono veramente
interessate altro che a eleggere una certa persona e non a collaborare al
lavoro successivo.
Nella
nostra parrocchia, a cui fanno riferimento persone di altre zone di Roma che
vengono da noi solo per partecipare a un
certo gruppo, un altro grave rischio è che nell’assemblea elettorale prevalga
gente di fuori, con la conseguenza che i rappresentanti eletti non
manifesterebbero le esigenze della popolazione del territorio e neanche quelle
della stessa comunità parrocchiale.
Si
tratta di rischi che non possono essere evitati, ma che, se l’assemblea
elettorale viene organizzata dando il giusto risalto all’aspetto spirituale,
possono essere contenuti.
Penso
sia importante, innanzi tutto, raccogliere, già prima dell’assemblea, le
disponibilità, vale a dire le candidature, e far precedere alla
celebrazione dell’assemblea un rapido lavoro di formazione sui candidati, che
comunque devono rispondere ai requisiti indicati dall’art.11 dello Statuto:
I membri del
CPP devono essere maggiorenni, aver completato l'iniziazione cristiana, essere
operanti stabilmente in Parrocchia, essere in piena comunione con la Chiesa
cattolica. Secondo ii tenore del can.317 §4 del Codice di Diritto Canonico, non
possono assumere mansioni direttive nel CPP coloro che occupano ruoli direttivi
nei movimenti politici e sindacali.
Nell’assemblea elettorale (se ne può pensare
più d’una per consentire un dibattito più ampio) si potrebbe innanzi tutto dare
la parola a persone, da individuare prima dell’incontro, che dichiarino di aderire a una certa
candidatura, perché spieghino le ragioni della loro decisione. Nel dibattito
che segue è importante seguire il metodo della conversazione spirituale in
modo che l’incontro sia percepito come
«uno spazio
aperto, dove ciascuno trovi posto, abbia la possibilità di prendere la parola,
sentendosi ascoltato e imparando ad ascoltare» (dalla Costituzione di riforma
dell’organizzazione del Vicariato In ecclesiarum communione – Nella
comunione delle Chiese, Proemio, §6, citata nell’art.2 dello Statuto)
Quindi:
-si prende la parola
rimanendo nei tempi assegnati da chi presiede e attenendosi al tema, che è la
scelta tra candidati a membri del Consiglio in rappresentanza della comunità dei fedeli;
-momento di silenzio
seguito da una lettura biblica;
-si riprende la
parola indicando ciò che degli altri interventi ha colpito, ma senza replicare o, peggio, attaccare;
-momento di silenzio
seguito da una lettura biblica;
-espressione
della scelta.
La
presidenza dell’assemblea potrebbe essere assunta dal parroco o, su sua delega,
da qualcuno dei membri del Consiglio già individuati o da un componente
dell’Equipe pastorale. Nel caso
di assemblea articolata in più sessioni, le sessioni successive alla prima
potrebbero essere presiedute da una persona eletta tra i presenti.
E’
importante, credo, che l’assemblea non si risolva solo nel voto, ma che
comprenda il dialogo spirituale, per marcare la differenza rispetto ad altre
procedure elettorali. E’ possibile che così, evocando la dimensione spirituale
nella quale certamente viviamo immersi, quei rischi a cui ho accennato possano
far meno danno, anche se non è scontato che le cose vadano così.
Nonostante
il tanto parlare d’amore e di pace che si fa nella nostra spiritualità,
orientata dalla teologia e in linea con le aspirazioni espresse nelle
narrazioni bibliche, la nostra religione infatti, come del resto tutte le altre
che conosco, ha convissuto bene con incredibili efferatezze. E’ la storia che
ce lo insegna e chi predica diversamente lo fa volendola deliberatamente ignorare,
perciò in mala fede, o ignorandola colpevolmente, o, peggio di ogni cosa,
illudendosi e illudendo (la fede è luce, Cristo è luce). E’ per
questo che, prudenzialmente, la liturgia della messa si apre con un atto
penitenziale.
Nell’Unione
Europea, a differenza della maggior
parte del mondo, è vietata la violenza religiosa e anche solo farne propaganda,
ma questo non significa che non si possa fare del male in altro modo alla gente
per ragioni religiose, e infatti lo si fa. La religione, ad esempio, può essere
strumentalizzata a fini razzistici, xenofobici o sciovinistici, per emarginare
socialmente classi di persone. Allo stesso fine mirano gli orientamenti
fondamentalisti, che si chiudono nelle proprie ideologie, e integristi, che
rifiutano chi ha costumi diversi. E’ proprio all’esigenze di contrastare queste
tendenze che si è riferito papa Francesco nel Proemio della Costituzione apostolica Nella comunione
delle Chiese – In ecclesiarum communione [6-1-23], di riforma dell’organizzazione
del Vicariato romano, della quale lo Statuto è attuazione, quando ha
scritto:
6. Perché questo
sia possibile, è necessario valorizzare la comune dignità battesimale, anche
tramite istituzioni, strutture e organismi rinnovati. È compito essenziale del
vescovo garantire uno spazio aperto a tutti, dove ciascuno trovi posto, abbia
la possibilità di prendere la parola, sentendosi ascoltato e imparando ad
ascoltare. Scrutando i segni dei tempi, il discernimento spirituale permetterà
di riconoscere nuove esigenze e di favorire più larghe e inclusive soggettività
pastorali, estendendo la partecipazione e la condivisione delle responsabilità:
«camminare insieme scopre come sua linea piuttosto l’orizzontalità che la
verticalità. La Chiesa sinodale ripristina l’orizzonte da cui sorge il sole
Cristo: innalzare monumenti gerarchici vuol dire coprirlo. I pastori camminano
con il popolo»[citazione da papa Francesco, Discorso ai fedeli della
Diocesi di Roma, del 18 settembre 2021.
E’ in questo spirito che
nello Statuto siamo esortati a
confrontarci con le situazioni imperfette, complesse e irregolari ripudiando
atteggiamenti fondamentalistici e integristici, ma al contrario con spirito di accompagnamento,
discernimento e integrazione, dando ad esse rappresentazione nel Consiglio,
del quale fa parte, addirittura come
membro di diritto, vale a dire ineludibile:
Una coppia nominata dal Parroco, sempre con particolare attenzione all'accompagnamento, discernimento e integrazione
(Amoris laetitia, §241-246; 291-312) delle «situazioni imperfette»,
«complesse» o «dette "irregolari"» (Amoris laetitia, §§78-79;
247ss.; 297; 301) [art.7 lett.c) dello Statuto]
La situazione
sociale e ideologica della parrocchia è quella che è. Si parte da una situazione
in cui la collaborazione alle attività parrocchiali è ai minimi, la frequenza
di gran parte delle persone è più che altro liturgica, c’è una spaccatura
durissima tra fondamentalisti (molti) e conciliari (pochi), della cui origine
in genere si è persa consapevolezza, in
mezzo ad una massa di individualisti religiosi, i quali
alla religione chiedono poco ma anche sono disposti a dare poco.
Non dobbiamo
attenderci che il nuovo Consiglio, soprattutto nelle componenti popolari
elettive, renda un’immagine diversa della nostra Chiesa, qui a Monte Sacro –
Valli. Del resto ci si propone di farne un organismo rappresentativo della comunità:
[…] rappresenta
l'intera comunità nell'unita della fede e nella varietà dei carismi e ministeri
[…] [art.2 dello Statuto]
Tuttavia
per quella teologia del Popolo di Dio, che, deliberata nell’ultimo Concilio,
fa parte della nostra dottrina di fede, confidiamo che nella pratica
della sinodalità ci si possa migliorare
e il Consiglio è strutturato
nello Statuto come un suscitatore
di sinodalità con due strumenti in particolare:
-
le Commissioni, gruppi di lavoro su temi particolari,
delle quali possono far parte anche persone che non fanno parte del Consiglio
[art.15 lett.d];
-
le Assemblee parrocchiali, che il Consiglio deve convocare almeno una volta all’anno per illustrare le linee dell'attività
pastorale e ascoltare pareri e suggerimenti e può convocare ogni volta
che ne ravvisi l’opportunità [art.26].
A prescindere
da ogni altro risultato che si riesca poi ad ottenere, già il solo fare metodicamente
tirocinio
di sinodalità, vincendo la reciproca diffidenza se non addirittura la
reciproca ostilità, è un importantissimo obiettivo raggiunto, che, in quanto
denso di significati spirituali, ha anche una specifica valenza religiosa.
Non
ci si deve quindi scoraggiare delle difficoltà che, come in ogni nuova
iniziativa, certamente si incontreranno. Piuttosto, in questo lavoro comune
occorre cercare di rimanere in ogni cosa aderenti alla lettera e, dove la
lettera non soccorre, allo spirito dello Statuto.
Come
ricordato nel Promio della costituzione Nella comunione della Chiese - In ecclesiarum communione, la Chiesa di
Roma, e come comunità parrocchiale ne siamo
manifestazione, ha un significato particolare per tutte le altre Chiese
del mondo.
1. Nella comunione delle Chiese, alla Chiesa di
Roma è affidata la particolare responsabilità di accogliere la fede e la carità
di Cristo trasmesse dagli Apostoli e di testimoniarle in modo esemplare.
[…]
2. La Chiesa è posta nel mondo come
“samaritana” (cfr Lc 10,25-37) [4],
come sacramento di salvezza , in intima solidarietà con la storia delle
donne e degli uomini che vivono in questo mondo, nell’attesa del suo compimento
in Cristo. Mentre ricordiamo i sessant’anni dall’inizio del Concilio Ecumenico
Vaticano II, sentiamo con particolare urgenza la chiamata alla conversione
missionaria di tutta la Chiesa, accompagnata da una più viva consapevolezza
della sua dimensione costitutivamente sinodale.
Per
rianimare la missione, nel primato della carità e nell’annuncio della
misericordia divina, vanno sostenute e promosse, in sinergia, la collegialità
episcopale e l’attiva partecipazione del popolo dei battezzati.
In questo
orizzonte si colloca l’impegno per la riorganizzazione del Vicariato,
l’organismo che a Roma svolge la funzione di Curia diocesana
[…]
Se ogni chiesa locale è, «ciascuna nel
proprio territorio, il popolo nuovo chiamato da Dio nello Spirito Santo» ,
desidero che quella di Roma, affidata al mio servizio episcopale, possa
risplendere come esempio della comunione di fede e di carità, pienamente
coinvolta nella missione dell’annuncio del Regno di Dio, custode della speranza
divina di accogliere tutti nella sua salvezza (cfr Is 25, 6
ss.). Valga per Roma quello che san Gregorio Magno scrisse di sé al Patriarca
Eulogio di Alessandria: «non ricerco la mia grandezza con le parole, ma con la
mia condotta […] Scompaiano le parole che gonfiano la vanità e ledono la
carità».
Concludo
segnalando l’esigenza che, nello spirito della promozione della sinodalità
ecclesiale al quale deve ispirarsi l’attività del Consiglio secondo il nuovo Statuto, si dia una
completa informazione del lavori consiliari alla gente della parrocchia, sia
durante le messe, sia con pubblicazioni scritte, e, come detto, mediante la periodica
convocazione di Assemblee parrocchiali. Al tempo, ormai lontano, del
precedente Consiglio non era questo il costume e successivamente le persone della parrocchia
sono rimaste all’oscuro di problemi e programmi. Ad esempio, il Consiglio
per gli Affari economici non ha mai
sentito la necessità di dare un’informativa periodica sulle esigenze economiche
della parrocchia, con una sintesi di entrate, uscite e indebitamento.
Mario Ardigò – Azione Cattolica in San
Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli