INFORMAZIONI UTILI SU QUESTO BLOG

  Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

  This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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  Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

  Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

  Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

  Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente due martedì e due sabati al mese, alle 17, e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.

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Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

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sabato 10 febbraio 2024

Riorganizzare il Consiglio pastorale parrocchiale - Manuale operativo (in fondo trovate il testo integrale del nuovo Statuto)

 

Riorganizzare il Consiglio pastorale parrocchiale

Manuale operativo

(in fondo trovate il testo integrale del nuovo Statuto)

 

1.Il contesto.

 Ho saputo che nella nostra parrocchia si sta riorganizzando il Consiglio pastorale parrocchiale, caduto in desuetudine da diversi anni fondamentalmente per l’impossibilità di avervi un dialogo costruttivo, a causa delle profonde e durissime divisioni tra i fedeli.  Esse rispecchiano quelle presenti in generale nel mondo cattolico italiano, tutt’altro che pacificato.

  Su scala nazionale questa situazione ha portato al progressivo annientamento dell’iniziativa di riforma sociale orientata dal pensiero sociale cattolico, pur nella perdurante rilevantissima capacità di interdizione della gerarchia ecclesiastica sugli affari politici in certi campi, un tempo definiti come quelli dei valori  non negoziabili, vale a dire famiglia e questioni riproduttive, fine vita, finanziamento pubblico alla scuola confessionale e all’apparato ecclesiastico. Nessuna normazione in queste materie si è rivelata possibile senza il suo consenso.

 Su lavoro, sanità, solidarietà nazionale e fisco, governo dell’economia, scuola pubblica, immigrazione, integrazione nazionale ed europea, riforme istituzionali,  politiche per la pace,  campi nei quali fino a pochi decenni fa il mondo cattolico italiano si distinse, l’iniziativa è passata però ad altre forze. Del resto, la formazione permanente alla fede delle persone adulte nelle realtà di base è in genere ridotta a poco o nulla e tra la gente mi pare prevalere la religiosità devozionale e intimistica. Questo è senz’altro tra le cause del fenomeno.

1.1.  Tale il quadro difficile in cui si inserisce la riforma dell’organizzazione della nostra Diocesi, decisa del Papa con una sua legge, una Costituzione apostolica, deliberata e diffusa il 6 gennaio 2023 ed entrata in vigore il successivo 31 gennaio, dal titolo In ecclesiarum communione  - Nella comunione delle Chiese. Di questo lavoro fa parte la riorganizzazione dei Consiglio pastorali parrocchiali  della Diocesi, per allinearli al moto di riforma sinodale che è in corso in Italia e nel  mondo per incrementare partecipazione e corresponsabilità di tutte le persone cristiane. All’art.24 della Costituzione apostolica  ne è stata ribadita l’obbligatorietà, finora ampiamente disattesa. L’8 settembre 2023 papa Francesco ha promulgato il nuovo Statuto  dei Consigli pastorali parrocchiali. Nella premessa del documento si legge che «la costituzione del Consiglio parrocchiale pastorale quale organo primario di partecipazione, strumento di comunione e corresponsabilità è uno dei punti d'arrivo e di partenza dell'esperienza di ascolto vissuta dal popolo di Dio della Chiesa di Roma negli ultimi anni”.

 All’art. 2 si legge anche che il Consiglio Pastorale Parrocchiale (CPP) rappresenta l'intera comunità nell'unità della fede e nella varietà dei carismi e ministeri. Insieme agli altri organi sinodali, esso deve essere «uno spazio aperto, dove ciascuno trovi posto, abbia la possibilità di prendere la parola, sentendosi ascoltato e imparando ad ascoltare» (IEC, Proemio, §6), praticando quel «dialogo» (IEC, Proemio, §15) magistralmente definito da Paolo VI nel III capitolo dell'enciclica Ecclesia suam.»

1.2. Il principale problema nell’attuazione, obbligatoria, di questo organismo parrocchiale è che, a quanto posso constatare, in parrocchia quasi nessuno vi crede, né i preti, che purtroppo non sono stati nemmeno formati a una cosa simile, compresi quelli più giovani, né i fedeli che con loro collaborano nelle varie attività parrocchiali  né tanto meno tutte le altre persone che frequentano la nostra chiesa, e le poche persone che invece sono convinte dell’utilità dell’esperienza sono trattate in genere come inutili disturbatrici. Così, il rischio è che qualcosa si allestisca burocraticamente per farlo figurare nel periodico rapporto alla Diocesi, ma senza che abbia veramente seguito, perché in realtà si vorrebbe continuare come s’è sempre fatto.

  E’ come nel degrado delle istituzioni democratiche della comunità politiche: ci sono forze le che contrastano apertamente e altre che cercano di svuotarle dall’interno, e sono certamente le seconde a fare più danno.

 Dietro il discorso della riforma sinodale c’è una teologia che mi pare poche persone conoscano a sufficienza. La maggior parte della gente di fede vive immersa in una religiosità spiritistica e miracolistica che lascia poco spazio ad altro. Questo, credo, spieghi l’allontanamento delle persone più giovani, e non so dar loro torto.

  L’attuazione del piano di riorganizzazione del Consiglio pastorale parrocchiale dovrebbe farsi con metodo sinodale, cercando di coinvolgere l’intera (riottosa) comunità dei fedeli. Nelle Messe di domenica scorsa non se n’è parlato e se ciò avverrà anche domani questa sarà la prova che si cerca solo di allestire un’apparenza burocratica.

2. Che cosa è il nuovo Statuto.

  Il nuovo Statuto  è un insieme di norme, non di generici consigli. Una norma impone un dovere giuridico.

  Il Consiglio  è, per quello Statuto,  un organismo con un numero preciso di membri, ciascuno dei quali ha una propria legittimazione a partecipare, con precise funzioni e con alcuni principi procedurali.

  Una delle principali difficoltà del decaduto passato Consiglio  è che vi partecipava chi voleva. Non si sapeva più chi aveva diritto di partecipare come membro e chi invece era presente come semplice spettatore. Chi aveva diritto di prendere la parola e di votare e chi invece avrebbe dovuto limitarsi ad ascoltare. Di fatto le riunioni, per ciò che mi è stato raccontato, degradavano rapidamente. Si manifestavano atteggiamenti piuttosto rudi dei fondamentalisti  contro i conciliari. C’è chi si è sentito accusare di non essere di Cristo, una sorta di scomunica. Chi si permette queste asprezze, del tutto arbitrarie, forse non è stato istruito, come me, a non nominare il nome di Dio invano.

  Il Consiglio  deve essere riconoscibile come l’organismo disegnato da quelle norme. Questo limita la fantasia e la libertà degli organizzatori. Ma è anche una garanzia contro le prevaricazioni.

  Secondo il nuovo Statuto  del Consiglio  non basta convocare un po’ di gente via Whatsapp per costituire l’organismo.

 E, dovendo essere un organismo rappresentativo dell’intera comunità parrocchiale, non ci si può limitare a imbarcare solo le poche persone che collaborano attivamente nelle attività parrocchiali. Veramente poche. Non più di una trentina, preti, diaconi e seminaristi compresi. I più si accostano solo da spettatori e, se non sono soddisfatti, criticano, ma rifuggono dall’impegno, anche perché, almeno fino ad ora, le condizioni per l’impegno sono spesso umilianti. Si deve sottostare ai preti anche in ciò per cui palesemente sono impari. L’istituzione del Consiglio pastorale parrocchiale dovrebbe servire anche a correggere questa situazione.

  Il nuovo Statuto  non è certamente il meglio che c’è in Italia, in particolare dal punto di vista della tecnica giuridica. Il Direttorio dei Consigli pastorali della Diocesi di Milano, approvato nel 2019 dall’arcivescovo Mario Delpini è scritto molto meglio ed è più completo. Ma il nostro reca la firma del Papa e, per questo, diverrà sicuramente un modello per tutti gli altri Statuti  approvati successivamente nelle Diocesi italiane.

  Nell’organizzare i Consigli pastorali parrocchiali a Roma gli interpreti dovranno darsi da fare di più. L’importante è non cedere alla tentazione di raffazzonare. Inoltre, aprirsi alla gente della parrocchia, sia pure a quella che vediamo di solito in Chiesa, quindi uscire da quella trentina di addetti ai lavori, richiede una fatica, come accade in ogni vero incontro tra persone.

3. Chi fa parte del Consiglio, chi ne nomina o elegge i membri.

 Bisogna dire che nel nuovo Statuto  c’è una apparente discrasia nel disegnare il profilo dei membri del nuovo Consiglio.

   L’età minima per farvi parte è di diciotto anni, la maggiore età secondo il diritto canonico  (art.11). Ma poi devono essere persone che abbiano a) completato l'iniziazione cristiana (quindi cresimate), b) siano operanti stabilmente in Parrocchia, c) essere in piena comunione con la Chiesa cattolica (qualunque cosa si intenda con questo), d) non occupare ruoli direttivi nei movimenti politici e sindacali. Questo sembra restringere molto la scelta dei candidati. Tenendo anche presente che non si può far parte del  Consiglio  per più di due mandati. Però poi all’art.10 si è esortati a fare il possibile perché nel Consiglio siano eletti o nominati «figure operanti negli ambiti della povertà e delle migrazioni, della scuola e dell'università, della cultura, dell'ecumenismo e del dialogo interreligioso, della salute (a partire dagli anziani e dalle persone diversamente abili), del carcere, del lavoro, dell'ambiente, dello sport». Non sarà facile, come dire, far quadrare i conti.

  E’ manifesta, comunque, l’intenzione dell’autore dello Statuto (che sicuramente appare un lavoro collettivo) che il Consiglio rappresenti l'intera comunità nell'unità della fede e nella varietà dei carismi e ministeri, tale da essere uno spazio aperto, dove ciascuno trovi posto, abbia la possibilità di prendere la parola, sentendosi ascoltato e imparando ad ascoltare (art.2).

  Il collegamento con la comunità si attua concretamente mediante l’elezione  di membri, che si aggiungono a quelli di diritto  e a quelli nominati a discrezione dal parroco.

  E’ chiaro che il processo di costituzione del Consiglio  è configurato nello Statuto come progressivo, ma anche che fino al suo completamento il Consiglio non può deliberare.

 Dei membri del nostro Consiglio,  sono realmente di diritto  solo 3: parroco, viceparroco e Segretario del Consiglio Parrocchiale per gli Affari economici (art.7).

  Il membro di diritto  di un organismo deve essere chiaramente individuabile in base allo Statuto senza necessità di alcun’altra attività da parte dell’organismo stesso (mentre può essere richiesta per la scelta della persona nel diverso organismo che deve essere rappresentato in Consiglio).  Nel passato Statuto  del 1994 erano membri di diritto i rappresentanti di associazioni e movimenti attivi in parrocchia. Questi rappresentanti dovevano essere designati dai rispettivi movimenti e  associazioni, ma una volta che lo erano stati, la loro nomina (da parte del parroco) conseguiva automaticamente.

  All’art.7 dello Statuto viene compresa tra i membri di diritto «Una       coppia    nominata dal Parroco, sempre  con particolare       attenzione all'accompagnamento, discernimento e integrazione delle situazioni imperfette, complesse o dette irregolari». E’ chiaro che qui di diritto  deve intendersi come  obbligatorio, nel senso che questa figura deve esserci nel  Consiglio. Ma naturalmente poiché la sua individuazione è demandata alla scelta discrezionale del parroco è chiaro che è più logico computare questi membri tra quelli nominati.

  Per inciso, la scelta di questi membri non sarà facile in una parrocchia dove è presente una componente fondamentalista portata alla demonizzazione delle situazioni di coppia del tipo di quelle sopra descritte. A chi voleva riferirsi l’autore di quella norma? Forse non direttamente a una coppia detta imperfetta, complessa o irregolare, vista l’esigenza di essere  in piena comunione con la Chiesa,  ma probabilmente a una coppia che abbia mostrato particolare attenzione all’accompagnamento, discernimento e soprattutto integrazione di quelle situazioni, e questo mi parrebbe escludere i nostri fondamentalisti.

  Il parroco può nominare altri membri a sua discrezione, in misura inferiore a un terzo dei componenti dell’intero consiglio.  Tuttavia nello Statuto  non è definito il numero dei componenti dell’interno consiglio. Questo complica il computo. Scrivendo agli amici del MEIC ho osservato che la tecnica di formulazione giuridica del documento crea qualche problema, diciamo così. Insomma, non vi si riconosce la mano di un giurista. Ma, tant’è, l’interprete può sempre rimediare, e anzi deve. Le altre componenti del Consiglio nella nostra parrocchia, quelle definite di diritto  e quelle elette,  ammontano a 18 membri. Quindi il parroco può nominare altri 8 membri, portando il totale a 26.  8 è meno di un terzo di 26. 26 è pertanto il numero ora stimabile dei membri del nostro Consiglio. Se però dovessero variare le altre componenti, dovrebbe variare anche il numero di questi altri componenti nominati a discrezione del parroco. Ad esempio se nel territorio della parrocchia non vi fossero istituti religiosi che possano designare loro rappresentanti. O se vi fosse un diacono con incarico pastorale conferito dal Vescovo per la comunità.

 I membri nominati dal parroco  sono quindi 10 (la coppia di cui sopra e gli 8 lasciati alla sua discrezione, secondo il computo che ho sopra esposto. I membri eletti  sono 13. Poi ci sono gli altri 3 di diritto, parroco, viceparroco e Segretario del Consiglio degli Affari economici. Tenendo conto che viceparroco e Segretario del Consiglio degli Affari economici possono essere considerati espressione degli orientamenti del parroco, troviamo che nel nostro Consiglio il parroco può controllare, diciamo così, 13 dei 26 membri. Il resto dovrebbe essere espressione diretta della comunità, nei suoi vari componenti.

  La procedura per l’elezione dei membri del Consiglio  è complessa perché, a norma di Statuto, si deve fare per classi di elettori (art.8): i preti  presenti nel territorio parrocchiale (anche se non incardinati nella parrocchia)  eleggono 2 membri, i religiosi presenti nel territorio parrocchiale 2, i gruppi ecclesiali presenti in Parrocchia (non è ripetuta l’espressione “nel territorio parrocchiale”, quindi deve trattarsi di gruppi attivi proprio nella parrocchia)  2, gli operatori e animatori della pastorale 2, i giovani 2 e la comunità dei fedeli 3.

  Lo Statuto è piuttosto sintetico per la procedura elettorale, ma sembra escludere un voto segreto mediante schede elettorali: «si possono organizzare delle Assemblee Parrocchiali in cui vengono date le disponibilità e i singoli fedeli esprimono le loro adesioni». Molto, troppo  da un punto di vista della tecnica di normazione giuridica, è lasciato alla fantasia e alla discrezionalità degli organizzatori. Ma così stanno le cose.

  Deve intendersi che ogni categoria debba scegliere il proprio rappresentante al proprio interno: i preti nominano un prete, i giovani un giovane e via dicendo.

 Prevedo difficoltà nella scelta dei rappresentanti dei gruppi ecclesiali, divisi l’un l’altro da acerrime diatribe, tanto più se, ad esempio, ogni singola comunità neocatecumenale (delle otto ancora attive in parrocchia) pretendesse di aver eun voto.

 Chi sono i giovani?  Non è scritto nello Statuto. I loro eletti devono essere maggiorenni, ma gli elettori potrebbero non doverlo  necessariamente essere, così da dar voce, ad esempio, anche ai giovani cresimati infradiciottenni.

  Se una persona vota per i giovani, potrà votare anche per i 2 eletti della comunità parrocchiale? Non è scritto nello Statuto, ma si dovrebbe escludere.

  Prevedo difficoltosa l’elezione di soli 2 membri da parte dell’intera comunità parrocchiale senza formalizzare candidature e senza procedure formali di votazione.

  Comunque, è chiaro che il primo nucleo del Consiglio, quello dei non eletti, dovrà incaricarsi di organizzare la procedura di elezione, ma non dovrà rimanere l’unico in carica, come accadde durante il vigore dello Statuto  del 1994, in cui mai  la comunità parrocchiale fu chiamata a eleggere propri  membri, come invece le norme prevedevano che si potesse fare.

  Credo che la prima fase delle procedure per la scelta dei membri elettivi debba necessariamente  prevedere una sufficiente informazione dei fedeli della parrocchia su ciò che sono chiamati a fare e sullo scopo del Consiglio. Questo sicuramente non rientra tra i costumi della nostra amministrazione parrocchiale, che finora non ha sentito il bisogno di riferire semplicemente nulla, se non quando si è sentita la necessità di chiedere contributi economici.

4. La prima fase di costituzione del Consiglio.

   Volendo programmare le tappe per la formazione del Consiglio, comincerei dal primo nucleo dei membri di diritto (art.7), che nella nostra parrocchia sono:

a. II Parroco e il Viceparroco;

[b. I diaconi con incarico pastorale conferito dal Vescovo per la comunità; - nella nostra parrocchia non ci sono];

c. Una    coppia    nominata      dal Parroco, sempre  con       particolare     attenzione all'accompagnamento, discernimento e integrazione (Amoris laetitia, §241-246; 291-312) delle «situazioni imperfette», «complesse» o «dette "irregolari"» (Amoris laetitia, §§78-79; 247ss.; 297; 301);

  Il parroco può nominare altri membri a sua discrezione, in misura inferiore a un terzo dei componenti dell’intero consiglio. Come ho sopra calcolato, questo numero, allo stato, può essere stimato in 8 membri.

  Il parroco deve poi nominare un Segretario,  che può non essere uno dei membri del Consiglio e che nel nuovo Statuto  ha compiti molto importanti:

    -è parte del Direttivo  del Consiglio;

-trasmette almeno dieci giorni prima gli avvisi di convocazione corredati dell'ordine del giorno;

-redige sull'apposito registro il verbale di ogni seduta e lo legge all'inizio della seduta successiva per l'approvazione del Consiglio e la firma del Presidente;

-conserva nell'archivio parrocchiale gli atti e i documenti attinenti al Consiglio e alle Commissioni;

-presenta il registro dei verbali al Prefetto in occasione di eventuali visite che lo stesso farà;

-svolge gli altri normali compiti di segreteria.

 Questi componenti del Consiglio o sono già prontamente disponibili (parroco, viceparroco, Segretario del Consiglio degli Affari economici) o possono esserlo rapidamente, perché si tratta di membri nominati dal parroco, così come il Segretario, che ha compiti notarili e di comunicazione. Questo è il nucleo che dovrà onerarsi del compito di organizzare le elezioni per gli altri membri. In questo potrebbe essere aiutato dalla Equipe pastorale (a proposito: c’è una incompatibilità, anche se non dichiarata tra i due organismi, nel senso che non si può far parte di entrambi, perché l’Equipe appare essere destinata, appunto, a coadiuvare l’azione del Consiglio e quindi deve aggiungersi ad esso).

 In questa composizione il Consiglio non è completo e non può quindi deliberare. Però può, appunto, organizzare la fase successiva. E’ opportuno che di ogni decisione su questa materia sia lasciata traccia dal Segretario nel registro dei verbali.

5. L’elezione degli altri membri del consiglio.

 Non presentano difficoltà le elezioni dei preti  e dei religiosi  presenti nel territorio  parrocchiale. Si tratta di persone che giù dovrebbero sapere di che si tratta.

 Il parroco, con l’aiuto degli altri membri già presenti del Consiglio, individuerà i preti  e i religiosi chiamati all’elezione e  li convocherà in assemblea , tramite il Segretario, per l’elezione.

  Parroco e viceparroco non possono candidarsi per la componente dei preti, perché sono già membri di diritto, ma possono votare per eleggere il rappresentante dei preti, perché lo Statuto  non li esclude espressamente dall’elettorato attivo.

 E’ opportuno che l’elezione sia documentata nel registro dei verbali dal Segretario.

  Per quanto riguarda l’assemblea elettorale per i gruppi ecclesiali si procederà in modo analogo. L’art.8 dello Statuto parla di 2 rappresentanti dei gruppi ecclesiali presenti in Parrocchia. Deve intendersi che ciascuna  denominazione di gruppo ecclesiale debba indicare un proprio delegato per l’assemblea elettorale. Infatti l’art.8 parla di gruppi non dei fedeli facenti parte dei gruppi. Nell’assemblea, come indicato all’art. saranno raccolte le disponibilità all’incarico (candidatura) e verranno espresse le adesioni. Nel caso non si raggiunga l’unanimità, saranno considerati elette le 2 persone che raggiungeranno il maggior numero di adesioni. Il Segretario annoterà l’esito dell’elezione nel registro dei verbali.

 Per quanto riguarda la componente dei giovani,  osservo che nelle realtà associative si comprendono in questa categoria anche i giovani adulti e quindi le persone fino ai 30 anni d’età. Tenendo conto delle intenzioni di  inclusività manifestate nello Statuto  nel prevedere la categoria dei giovani  nelle elezioni del Consiglio. sarebbe però meglio restringere l’ambito della categoria limitandola alla fascia d’età tra il 18 e i 25 anni in modo a consentire la presenza nel Consiglio dei più giovani. Intorno ai 25 anni si situa in genere la fine del percorso di studi di una persona e l’inizio della ricerca di un rapporto di coppia stabile.  Gli infraventicinquenni sono più vicini alla formazione religiosa di base e questo agevola la partecipazione consapevole.

  Per l’elezione di questa componente è consigliabile raccogliere prima le candidature, per poi convocare una assemblea elettorale. Verosimilmente il corpo elettorale interessato potrebbe essere contenuto nella chiesa parrocchiale. Anche il questo caso il Segretario dovrebbe verbalizzare il risultato dell’elezione.

  Molto più complessa si presenta la procedure per l’elezione dei 3 rappresentanti del resto della comunità dei fedeli, innanzi tutto per la necessità di limitarla agli ultraventicinquenni, cioè a chi non è già stato coinvolto per la componente giovani. Come accertare l’età di chi partecipa all’assemblea? Bisogna chiedere un documento d’identità? Chi vi provvederà?

 Anche in questo caso si può pensare di raccogliere innanzi tutto le candidature.

 Per quanto riguarda l’assemblea, osservo che, quando abbiamo convocato la gente per quelle sinodali, si è presentato al massimo una quarantina di persone. Fossero anche il doppio, si tratterebbe di un numero gestibile nella chiesa parrocchiale in una sola volta.

  Si potrebbe pensare di organizzare un ciclo di tre incontri per preparare la partecipazione alla procedure, con un ripasso sul significato della partecipazione ecclesiale e in particolare sulla sinodali e con la presentazione delle candidature. Al terzo degli incontri si potrebbero raccogliere le adesioni alle candidature.

  In alternativa si potrebbe organizzare una procedura elettorale con schede. Il Direttorio  milanese per i consigli pastorali prevede che le schede siano distribuite durante le messe domenicali e che vengano raccolte dopo un momento di silenzio dopo l’omelia. Le schede andrebbero però distribuita a chi non rientra nella categorie giovani.

 In  questa fase gli altri membri già individuati del Consiglio e l’Equipe pastorale potrebbero collaborare.

6. Durata e funzionamento del Consiglio.

   Lo Statuto prevede che il Consiglio duri quattro anni (art.4).         

   Se cambia il parroco, dopo un anno decade e deve essere rinnovato (art.5). Dà pareri per l’individuazione del nuovo parroco (art.3 lett.f).

   Innanzi tutto deve eleggere i propri 2 rappresentanti nel Direttivo del Consiglio, un organo composto anche dal parroco e dal Segretario e che ha importanti mansioni (art.15 lett. c)  e art.18), in particolare collaborare con il parroco nel predisporre l’ordine del giorno della sedute, convocare sostituti nel caso di assenza di alcuni membri del Consiglio (art.18 lett. c, non è però previsto come debba procedere in questo)  e addirittura sostituire membri del Consiglio nel caso di loro reiterate e ingiustificate assenze (art.18 lett d), anche in questo caso non è previsto come).

  Il Consiglio si riunisce di regola ogni due mesi, ma anche quando il parroco lo ritenga necessario o quando ne faccia richiesta almeno un terzo dei membri (artt.21 e 22).

  Ameno una volta l’anno, ma comunque ogni volta lo ritenga necessario, il Consiglio  convoca l’Assemblea parrocchiale «per illustrare le linee dell'attività pastorale e ascoltare pareri e suggerimenti» (art.26).

  Il Consiglio  può costituire anche Commissioni, permanenti o temporanee, su temi particolari, alle quali possono essere chiamate a far parte persone che non fanno parte del Consiglio (art.15 lett d). Il loro lavoro è coordinato dal Direttivo (art.18 lett.d).

  In Consiglio si decide a maggioranza. Ma qual è il numero minimo dei componenti che devono essere presenti?   All’art.23 si legge l’espressione «Per la validità delle riunioni è necessaria la maggioranza relativa dei componenti», che è imprecisa, in quanto il concetto di maggioranza relativa  non è applicabile per la definizione del cosiddetto quorum  costitutivo, vale  a dire, appunto, del numero minimo dei membri che devono essere presenti. L’espressione può essere interpretata nel senso che una proposta di delibera viene considerata approvata se ha il voto favorevole della maggioranza dei membri presenti, che rappresentino almeno la metà più uno dei componenti del Consiglio.

7. Compiti del Consiglio

  Compito principale del Consiglio è quello di collaborare a progettare, accompagnare, sostenere e verificare l'attività pastorale della comunità parrocchiale (art.3), sulla base delle esigenza della comunità parrocchiale  e dell’intera popolazione del territorio, elaborando il progetto di pastorale parrocchiale e verificandone l'attuazione nelle forme e nei tempi stabiliti, nel quadro dell’attuazione del  Piano Pastorale Diocesano e delle linee-guida del Vescovo.

  Per pastorale  si intendono le attività di formazione religiosa e culturale, liturgiche, sacramentali, caritative e solidali (comprensive degli obiettivi della dottrina sociale), e di animazione sociale.

 Nello Statuto  sono indicati anche questi altri campi di intervento:

-promuovere «slancio», «stile» e «pratiche sinodali»;

-favorire la comunione tra i cristiani di diversa formazione culturale, sociale e religiosa e tra i gruppi ecclesiali, al fine di costituire insieme la comunità ecclesiale;

-essere strumento di collegamento e collaborazione con il Consiglio Pastorale di Prefettura, il Consiglio Pastorale di Settore e il Consiglio Pastorale Diocesano, secondo i rispettivi Statuti e gli annessi Regolamenti;

-fornire al Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici le indicazioni e i criteri di fondo per l'amministrazione dei beni e delle strutture della parrocchia, in base alle esigenze pastorali individuate.

All’art.25 si legge che «Il Parroco, nell'assunzione delle decisioni relative alle questioni trattate tiene in debito conto il discernimento operato all'interno del CPP salvaguardando comunque la responsabilità che egli esercita sulla comunità a lui affidata.» E’ un passo indietro rispetto allo Statuto  del 1994, che prevedeva, all’art.4 lett.c), che il parroco non si dovesse discostare dal parere del Consiglio se non per giusti e ponderati motivi, che doveva illustrare al Consiglio stesso.

  In questione non è tanto l’autorità del parroco, che è comunque veramente eccessiva anche se di solito ben tollerata, ma la sinodalità, intesa come compartecipazione e corresponsabilità, senza la quale si andrà poco avanti. Per i giovani soprattutto, una condizione ecclesiale umiliante, di mere comparse, è poco attraente, ma serve anche a poco.

  L’esperienza del Consiglio  non è tanto importante per il comandare,  o cercare di farlo, ma nel fare tirocinio di sinodalità, dove adesso ogni gruppo e anche ogni persona stanno sulle proprie, si conoscono poco e non di rado diffidano reciprocamente. E’ tirocinio di gestione ordinata della compartecipazione, senza prevaricazioni, senza velleitarismi, cercando l’integrazione a livello diocesano e, in parrocchia, cercando di valersi di tutte le persone in modo che si sentano a casa propria.

Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli.

********************Il nuovo Statuto************************

L’8 settembre 2023, il Papa ha promulgato il nuovo Statuto dei Consigli pastorali parrocchiali della Diocesi di Roma, del quale di seguito trascrivo il testo. Lo ha fatto nel quadro della riforma della struttura del Vicariato di Roma disposta con la Costituzione apostolica In ecclesiarum communione  - Nella comunione delle Chiese (promulgata dal Papa il 6 gennaio 2023, è entrata in vigore il successivo 31 gennaio), nella quale, all’art.24 si legge:

Art. 24

 Ove non fosse ancora costituito, ogni parrocchia dovrà dotarsi obbligatoriamente del Consiglio Pastorale Parrocchiale, organismo ordinario della comunione ecclesiale, del discernimento comunitario e della corresponsabilità. Esso, nella sua varietà di membri, ministeri e carismi, ha il compito di progettare, accompagnare, sostenere e verificare l’attività pastorale della comunità parrocchiale. Inoltre, si costituiscano, con le medesime finalità allargate, i Consigli Pastorali di Prefettura e di Settore, assicurandosi di dare voce a tutte le rappresentanze del popolo di Dio. Il Consiglio Pastorale Parrocchiale sarà presieduto dal Parroco, quello di Prefettura dal Prefetto, e quello di Settore dal Vescovo Ausiliare. I consigli pastorali sono composti da membri d’ufficio, membri eletti e membri cooptati che operano nella pastorale parrocchiale, di Prefettura e di Settore, secondo quanto stabilito nei rispettivi Statuti, approvati dal Cardinale Vicario col consenso del Consiglio Episcopale. Si abbia cura di convocarli almeno due volte l’anno.

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Consiglio Pastorale Parrocchiale

STATUTO

PREMESSA

  La costituzione del Consiglio parrocchiale pastorale quale organo primario di partecipazione, strumento di comunione e corresponsabilità è uno dei punti d'arrivo e di partenza dell'esperienza di ascolto vissuta dal popolo di Dio della Chiesa di Roma negli ultimi anni: tale cammino "è un luogo teologico, in cui si rivelano, come nella storia di Israele e della prima Chiesa, la fedeltà di Dio e insieme anche le miserie degli uomini" (Intervento del Cardinal Vicario Angelo De Donatis, San Giovanni in Laterano, 23 giugno 2023).

Costituzione

1.    II Consiglio Pastorale Parrocchiale (CPP) è costituito in attuazione del canone. 536 §comma 1 del Codice di Diritto Canonico e a norma del presente Statuto.

Natura e funzione

2. II CPP è "l'organismo ordinario della comunione ecclesiale, del discernimento comunitario e della corresponsabilità" (IEC = In ecclesiarum communioneNella comunione delle Chiese - Costituzione apostolica circa l’ordinamento del Vicariato di Roma – 6-1-23 – n.24) dei fedeli, al servizio della missione di una Chiesa  «costitutivamente sinodale» (IEC, Proemio, §2),e rappresenta l'intera comunità nell'unità della fede e nella varietà dei carismi e ministeri. Insieme agli altri organi sinodali, esso deve essere «uno spazio aperto, dove ciascuno trovi posto, abbia la possibilità di prendere la parola, sentendosi ascoltato e imparando ad ascoltare» (IEC, Proemio, §6), praticando quel «dialogo» (IEC, Proemio, §15) magistralmente definito da Paolo VI nel III capitolo dell'enciclica Ecclesia suam. Nel CPP, in conformità con i canoni 212 §3 e 536 §2 del Codice di Diritto Canonico, si esprime a titolo consultivo la collaborazione tra i pastori e i fedeli nel discernimento in merito all'attività pastorale della parrocchia, in comunione con il Vescovo e in sintonia con il Piano Pastorale Diocesano: «scrutando i segni dei tempi, il discernimento spirituale permetterà di riconoscere nuove esigenze e di favorire più larghe e inclusive soggettività pastorali» (IEC, Proemio, §6).

Finalità

3. II CPP ha le seguenti finalità:

a. "progettare, accompagnare, sostenere e verificare l'attività pastorale della comunità parrocchiale" (IEC 24);

b.    «ascoltare la voce dello Spirito Santo che si manifesta anche oltre i confini dell'appartenenza ecclesiale e religiosa» e «apre nuove comprensioni del contenuto della Rivelazione» (IEC, Proemio, §5);

c. Riflettere sulla situazione della comunità parrocchiale e dell'intera popolazione del territorio, «curando uno stile sinceramente ospitale, animati dalla spinta di chi esce a cercare i tanti esiliati dalla Chiesa, gli invisibili e i senza parola della società» (IEC, Proemio, §5);

d.    individuare le esigenze pastorali e culturali della parrocchia e del territorio e proporre ai pastori gli interventi opportuni;

e. studiare le modalità di attuazione del Piano Pastorale Diocesano e delle linee-guida del Vescovo;

f. collaborare con il Vescovo per il discernimento da attuare in occasione del cambio del Parroco;

g. promuovere «slancio», «stile» e «pratiche sinodali» (IEC, Proemio, §5;14;15);

h.    elaborare ii progetto di pastorale parrocchiale e verificarne l'attuazione nelle forme e nei tempi stabiliti;

i. favorire la comunione tra i cristiani di diversa formazione culturale, sociale e religiosa e tra i gruppi ecclesiali, al fine di costituire insieme la comunità ecclesiale;

j.     essere strumento di collegamento e collaborazione con il Consiglio Pastorale di Prefettura, il Consiglio Pastorale di Settore e il Consiglio Pastorale Diocesano, secondo i rispettivi Statuti e gli annessi Regolamenti;

k. fornire al Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici le indicazioni e i criteri di fondo per l'amministrazione dei beni e delle strutture della parrocchia, in base alle esigenze pastorali individuate.

Durata

4. II CPP dura in carica quattro anni.

5. In caso di nomina di un nuovo parroco il CPP rimane nelle sue funzioni un anno, al termine del quale decade e deve essere rinnovato.

Composizione

6. II CPP è composto da membri di diritto, membri eletti e membri nominati «assicurandosi di dare voce a tutte le rappresentanze del popolo di Dio» (IEC 24).

7. Sono membri di diritto:

a. II Parroco e il Viceparroco;

b. I diaconi con incarico pastorale conferito dal Vescovo per la comunità;

c. Una    coppia    nominata      dal Parroco, sempre  con       particolare     attenzione all'accompagnamento, discernimento e integrazione (Amoris laetitia, §241-246; 291-312) delle «situazioni imperfette», «complesse» o «dette "irregolari"» (Amoris laetitia, §§78-79; 247ss.; 297; 301);

d. il Segretario del Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici.

8. Sono membri eletti:

a. 2 rappresentanti dei presbiteri presenti nel territorio parrocchiale;

b. 2 rappresentanti dei religiosi presenti nel territorio parrocchiale;

c.    2 rappresentanti degli operatori e animatori delle aree dell'azione pastorale (liturgia, catechesi, carità e missione);

d. 2 rappresentanti dei gruppi ecclesiali presenti in Parrocchia;

e. 3 rappresentanti della comunità dei fedeli.

f. 2 rappresentanti dei giovani;

g. Per l'elezione dei suddetti membri si possono organizzare delle Assemblee Parrocchiali in cui vengono date le disponibilità e i singoli fedeli esprimono le loro adesioni;

9.    Sono membri nominati altri fedeli, in misura inferiore a un terzo dell'intero Consiglio, scelti dal parroco per particolari competenze o in rappresentanza di altre realtà di rilievo pastorale per la parrocchia.

10. Tenendo canto della concreta realtà di ogni parrocchia e guardando ai «più gravi e urgenti impegni che attendono la Chiesa di Roma» (IEC, Proemio, §14) oltre che ai corrispondenti Uffici del vicariato (IEC 33), si faccia ii possibile affinché, tra i membri del CPP eletti o nominati, vi siano figure operanti negli ambiti della povertà e delle migrazioni, della scuola e dell'università, della cultura, dell'ecumenismo e del dialogo interreligioso, della salute (a partire dagli anziani e dalle persone diversamente abili), del carcere, del lavoro, dell'ambiente, dello sport.

11. I membri del CPP devono essere maggiorenni, aver completato l'iniziazione cristiana, essere operanti stabilmente in Parrocchia, essere in piena comunione con la Chiesa cattolica. Secondo ii tenore del can.317 §4 del Codice di Diritto Canonico, non possono assumere mansioni direttive nel CPP coloro che occupano ruoli direttivi nei movimenti politici e sindacali.

12. I membri eletti e i membri nominati non possono svolgere più di due mandati consecutivi.

13. Tutti i membri, tre giorni prima della convocazione de CPP, si impegnano a comunicare al Segretario l'eventuale impossibilità a partecipare alle sedute ordinarie in modo da consentire la loro eventuale sostituzione.

14. Le parrocchie con pochi abitanti (soprattutto nel Settore Centro) possono organizzarsi per dare vita a dei Consigli Pastorali Interparrocchiali. Sara premura del Vescovo di Settore, d'intesa con i parroci, adattare i principi del presente Statuto affinché si realizzino organismi di partecipazione che garantiscano l'effettiva partecipazione dei fedeli alla vita delle rispettive comunità

Organi

15. Sono Organi del CCP:

a. II Presidente, che per diritto è il Parroco;

b. II Segretario, che viene nominato dal Parroco;

c. il Direttivo, composto dal Presidente, dal Segretario e da due membri eletti dal Consiglio;

d.    eventuali Commissioni di lavoro, di cui possono far parte anche persone che non appartengono al Consiglio e che possono essere costituite in forma permanente, ossia per l'intera durata del Consiglio, o temporanea.

Compiti

16. Spetta al Presidente:

a. Convocare il Consiglio;

b.    Individuare i problemi da trattare e predisporre l'ordine del giorno delle sedute insieme al Direttivo;

c. Presiedere e moderare lo svolgimento delle sedute.

17. Spetta al Segretario:

a. Trasmettere almeno dieci giorni prima gli avvisi di convocazione corredati dell'ordine del giorno;

b.    Redigere sull'apposito registro il verbale di ogni seduta e leggerlo all'inizio della seduta successiva per l'approvazione del Consiglio e la firma del Presidente;

c.    Conservare nell'archivio parrocchiale gli atti e i documenti attinenti al Consiglio e alle Commissioni;

d. Presentare il registro dei verbali al Prefetto in occasione di eventuali visite che lo stesso fara;

e. Svolgere gli altri normali compiti di segreteria.

18. Spetta al Direttivo:

a. Individuare i problemi da trattare e predisporre l'ordine del giorno delle sedute insieme al Presidente;

b. Coordinare ii lavoro delle Commissioni, se istituite;

c.    in caso di assenza di alcuni membri del CPP alle sedute ordinarie, individuare e convocare eventuali sostituti;

d. in caso di reiterate e ingiustificate assenze (massimo 3) dei membri del CCP alle sedute previste, procede alla loro sostituzione.

19. Spetta alle Commissioni di lavoro:

a.    Approfondire la conoscenza di particolari questioni negli ambiti di competenza stabiliti dal Consiglio;

b.    Presentare al Consiglio gli elementi utili per la valutazione in merito alle questioni da approfondite.

Sedute

20. II CPP si riunisce in seduta ordinaria e straordinaria.

21. La seduta ordinaria si tiene preferibilmente una volta ogni due mesi in un giorno fisso per la verifica e la programmazione ordinarie.

22. La seduta straordinaria si tiene ogni volta che il Parroco lo ritenga opportuno o che ne sia fatta a lui richiesta da almeno un terzo dei consiglieri.

23. Per la validità delle riunioni è necessaria la maggioranza relativa dei componenti.

24. Alla riunione del Consiglio possono partecipare, su invito del Presidente, anche altre persone.

25. Il Parroco, nell'assunzione delle decisioni relative alle questioni trattate tiene in debito conto il discernimento operato all'interno del CPP salvaguardando comunque la responsabilità che egli esercita sulla comunità a lui affidata.

26. Tutte le volte che se ne ravvisi l'opportunità e almeno una volta all'anno - per la presentazione e la verifica del Piano Pastorale Diocesano - ii Consiglio convoca l'Assemblea parrocchiale, aperta a tutti coloro che desiderano partecipare, per illustrare le linee dell'attività pastorale e ascoltare pareri e suggerimenti.

Rinvio a norme generali

27. Per quanto non contemplato nel presente Statuto si applicano le norme del Diritto Canonico.

Francesco

8-9-23