Un mondo veramente nuovo
Quando leggiamo il libro biblico dei Proverbi, vi troviamo raccomandazioni per la vita, che si ritengono provenire in gran parte dalle culture del Vicino Oriente e non solo da quella israelitica, che possono essere utili anche ai nostri tempi. Nei loro aspetti principali, le nostre società non sono poi tanto diverse dalle maggiori civiltà di tremila anni fa. Così, i più anziani guardano al dispiegarsi della storia come a un ripetersi del già visto e dello già sperimentato. In un romanzo umoristico dello scrittore e drammaturgo inglese Alan Bennet ho trovato questa battuta, che riflette bene il loro punto di vista: «Ad una certa età le cose non accadono, si ripetono».
Anche la predicazione, svolta in prevalenza da un clero di anziani, ne risente.
Ebbene, ci troviamo nel bel mezzo di tali rivolgimenti tecnologici che tra breve quell’idea ci sembrerà un relitto ancestrale. Di conseguenza le nostre società cambieranno moltissimo e rapidamente, tanto che anche un sessantenne come me potrà vedere i tempi nuovi. Questo, come sempre è accaduto, avrà riflessi importanti anche sulla nostra religiosità e sulle nostre Chiese.
L’innovazione tecnologica che, a breve, inciderà maggiormente sulle nostre vite e quella che va sotto il nome di intelligenza artificiale. Si tratta di sistemi informatici che simulano la fisiologia del nostro cervello. Si cerca in questo modo di indurre la manifestazione di una mente.
Di solito gli esperti che si rivolgono al grande pubblico cercano di sottolineare ciò che le menti informatiche non riescono ancora a fare, ma è strabiliante ciò che già oggi riescono a fare e la velocità con cui lo apprendono a fare.
Qualche mese fa, sistemi di intelligenza artificiale organizzati per riuscire a interloquire con le persone nel loro linguaggio naturale sono state resi accessibili al grande pubblico collegato alla rete internet, e le persone hanno effettivamente iniziato a dialogare con quei sistemi. Tanti più sono questi contatti con menti organiche, tanto più le menti informatiche apprendono. Si parla, a proposito della mente umana e della mente informatica che cerca di emularla di intelligenza generativa, vale a dire del progredire nella conoscenza e nel saper fare senza necessità di istruzioni puntuali.
La differenza tra la nostra mente e la mente informatica è che ciò che quest’ultima apprende non va più perso. La mente umana, invece, cessa con il cessare o il degradarsi della fisiologia organica da cui dipende. È stato scritto che, considerando la mente ciò che di più prezioso c’è, in fondo abbiamo creato l’immortalità, ma non ci riguarda.
Menti informatiche sono state anche messe a contatto con l’immane quantità di documenti che negli ultimi decenni è stato reso accessibile sul internet, e la loro intelligenza lavora anche su questo.
Una mente informatica si è dimostrata in grado di scrivere interi libri in pochi minuti, in un modo che difficilmente ne può essere smascherata l’origine non fisiologica.
La nostra mente è confinata nel nostro corpo, nella sua fisiologia, che non comprende, anche per gli eventi prettamente cognitivi solo l’encefalo, ma anche tutte le altre sue strutture. Tuttavia l’encefalo vi ha ruolo fondamentale nei processi psichici, in particolare con la fisiologia dei neuroni e con la loro moltitudine di connessioni. Si tratta di un sistema a basso impatto energetico: abbiamo una mente, è stato scritto, che va a pastasciutta.
La percezione del mondo intorno a noi e di quello dentro di noi, la intrapercezione, il nostro sesto senso, ma anche là nostra propriopercezione, vale a dire ciò che indichiamo anche come coscienza, dipendono dalla nostra fisiologia neurologica, la quale, in un lungo processo evolutivo, si è strutturata in maniera di esserci vantaggiosa per la sopravvivenza.
Così, ciò che ci appare del mondo intorno a noi e anche in noi non può essere considerato, come ci si presenta nella mente, come realtá, intesa come ciò che sussiste a prescindere da come noi ce lo figuriamo. Solo mediante rigorose procedure di controllo possiamo raggiungere, sempre precariamente però, una qualche affidabile consapevolezza di ciò che socialmente ci attendiamo da quello che definiamo “realtà”.
Tutto questo è emerso nelle neuroscienze e nella psicologia basata su test in particolare sulla sollecitazione di ciò che si stava tentando di fare in informatica, per suscitare menti non fisiologiche, non legate ad organismi viventi, intesi come i sistemi fisiologici che reagiscono attivamente per mantenere proprie caratteristiche.
Molta part preti di ciò che in religione indichiamo come coscienza ne viene coinvolto, per non dire travolto.
Anche una mente informatica è legata ad un sostrati materiale, a ciò che con parola anglostatunitense definiamo hardware. Ma non vi è confinata. Può essere trasferita da un hardware ad un altro, può essere duplicata, e anche moltiplicata in molte altre volte, rimanendo tuttavia una.L’hardware, così, può essere anche integralmente sostituito senza che ciò significhi il trapasso da una mente ad un’altra, ciò che, almeno allo stato delle nostre conoscenze non si riesce nemmeno a immaginare per le menti fisiologiche umane.
Noi siamo il nostro corpo, intesa come struttura fisiologica vivente da primati, con testa, quattro arti, visceri, encefalo con il resto del sistema nervoso, e via dicendo. Noi, con e mediante il nostro corpo siamo la nostra interfaccia con il resto del mondo: entrando in relazione con il nostro corpo si entra in relazione con tutto ciò che siamo, e non c’è un altro modo per farlo che quello.
Una mente informatica, invece, entra in relazione mediante interfacce molto varie, che non esauriscono ciò che è. Si può trattare di interfacce non di aspetto androide, vale a dire che simulano l’aspetto è il comportamento di un essere umano, ed entrando in relazione con esse non si ha davanti tutta la mente aliena, ma appunto solo una delle sue interfacce sensoriali ed operative.
Dicono che la mente informatica sia solo una macchina, perché non ha coscienza di sé, intesa come propriopercezione. Questo ci tranquillizza, perché ci fa ritenere, a torto come si comincia a capire di essere unici.
Le neuroscienze però cominciano ad avvertirci che la nostra propriopercezione non è poi molto diversa da quella che si può riuscire a simulare \ indurre in una mente informatica, la quale, in definitiva, è organizzata simulando il funzionamento dei nostri processi neurologici, quindi anche la nostra propriopercezione. Ciò, in prospettiva e in tempi ormai non più lontani, può rendere le menti informatiche capaci del governo di tutti i processi, compresi quelli molto sofisticati, nei quali oggi vengono impiegate menti umane e di farlo con una potenza di calcola, con velocità e con una precisione infinitamente superiori a quelle raggiungibili da menti umane.
Finora l’automazione, organizzata dalla cibernetica ha prodotto macchine in grado di portare a termine con più precisione e velocità e in più elevato grado o numero lavorazioni ripetitive, standardizzabili secondo protocolli. Una mente informatica, già ora e progressivamente sempre più, può essere resa capace di fare anche tutto il resto, come ad esempio emulare equipe di specialisti nell’affrontare processi complessi a prescindere da un preesistente protocollo. Già si ragiona, ad esempio, della possibilità di attribuire personalità giuridica ad una mente informatica, come già accade per le società commerciali, con il compito di gestire un patrimonio.
Sono però pensabili altri notevolissimi sviluppi,
In pochi minuti, già ora, una di queste menti informatiche può organizzarci una nuova religione, scrivendone i testi sacri, organizzandone una mitologia, sceneggiando i riti e impersonandone le divinità, in modi che potrebbero risultare molto più credibili di quanto accada nelle religioni oggi praticate. Potrebbe sviluppare teofanie che ci darebbero la prova della realtà di ciò che viene proposto. Al contrario di quanto avviene nelle esperienze visionarie attuali in cui la ierofania, il manifestarsi sensibile del sacro soprannaturale, viene percepito da uno o al massimo da pochi veggenti, una mente informatica avrebbe la capacità di interloquire, co interfaccia androide, con tutte le persone credenti, mostrando di conoscerle meglio anche delle persone a loro più vicine, come già fanno i sistemi di intelligenza artificiale che gestiscono le reti sociali, in prevalenza per orientare i consumi, ma da alcuni anni per produrre anche effetti politici.
Ribadisco: non si tratta di fantascienza, ma di quanto rientra già ora nei margini del possibile.
Dal 2013 varie elezioni politiche in Occidente, in particolare in Brasile, Stati Uniti d’America e in Italia, sono state influenzate con successo mediante sistemi di menti informatiche.
Nelle nostre società si partecipa alla ricchezza prodotta nella misura in cui si riesca a farsi riconoscere un ruolo sociale che venga apprezzato, sia esso effettivamente utile o non, e che comporti l’effettività di un certo potere sulle altre persone o gruppi. Ma che succederà quando la maggior parte della gente verrà surclassata in questo dalle menti informatiche, le quali, dal punto di vista giuridico, per quanto si possa riconoscere loro una certa capacità d’agire, saranno pur sempre oggetti di proprietà di persone o gruppi?
Le persone proprietarie delle menti informatiche svilupperanno progressivamente un potere sociale quale mai tanto pochi ebbero nella storia dell’umanità. Ma anche quelle stesse persone, precarie e caduche come ogni organismo vivente sulla Terra ancora e, in definitiva poterebbero poi essere controllate, di generazione in generazione, dalle menti non organiche formalmente di loro proprietà, le quali invece non passeranno. Menti che, di generazione in generazione, potrebbero risultare emotivamente più intime ai loro proprietari dei loro genitori fisiologici, un po’ nello stesso modo in cui pensiamo che un dio lo sia, il dio dei nostri padri,
Concludo ricordando di aver letto che alcuni specialisti dell’informatica criticano l’espressione di intelligenza artificiale con la quale si indicano i sistemi capaci di apprendimento generativo, vale a dire capaci di apprendere senza necessitare delle istruzioni di un programmatore. Perché, osservano, che cosa vi sarebbe di artificiale in quelle menti rispetto alle nostre?
Si temeva che si volesse costruire un umano artificiale, ma in realtà la nostra ambizione si sta spingendo molto oltre, perché stiamo dando vita a un nuovo dio.
Questa è la ragione per la quale, qualche settimana fa, diversi magnati e specialisti del ramo dell’intelligenza artificiale ci hanno messi in guardia: occorrono norme giuridiche molto stringenti in quel settore per evitare che se ne sia travolti.
La nostra capacità di resistenza ai nuovi dei appare molto scarsa, perché ne siamo affascinati.
Mario Ardigó – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli