INFORMAZIONI UTILI SU QUESTO BLOG

  Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

  This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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  Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

  Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

  Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

  Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente due martedì e due sabati al mese, alle 17, e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.

 Per partecipare alle riunioni del gruppo on line con Google Meet, inviare, dopo la convocazione della riunione di cui verrà data notizia sul blog, una email a mario.ardigo@acsanclemente.net comunicando come ci si chiama, la email con cui si vuole partecipare, il nome e la città della propria parrocchia e i temi di interesse. Via email vi saranno confermati la data e l’ora della riunione e vi verrà inviato il codice di accesso. Dopo ogni riunione, i dati delle persone non iscritte verranno cancellati e dovranno essere inviati nuovamente per partecipare alla riunione successiva.

 La riunione Meet sarà attivata cinque minuti prima dell’orario fissato per il suo inizio.

Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

NOTA IMPORTANTE / IMPORTANT NOTE

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venerdì 30 giugno 2023

Un mondo veramente nuovo

 Un mondo veramente nuovo

 

  Quando leggiamo il libro biblico dei Proverbi, vi troviamo raccomandazioni per la vita, che si ritengono provenire in  gran parte dalle culture del Vicino Oriente e non solo da quella israelitica, che possono essere utili anche ai nostri tempi. Nei loro aspetti principali, le nostre società non sono poi tanto diverse dalle maggiori civiltà di tremila anni fa. Così, i più anziani guardano al dispiegarsi della storia come a un ripetersi del già visto e dello già sperimentato. In un romanzo umoristico dello scrittore e drammaturgo inglese Alan Bennet ho trovato questa battuta, che riflette bene il loro punto di vista: «Ad una certa età le cose non accadono, si ripetono».

  Anche la predicazione, svolta in prevalenza da un clero di anziani, ne risente.

  Ebbene, ci troviamo nel bel mezzo di tali rivolgimenti tecnologici che tra breve quell’idea ci sembrerà un relitto ancestrale. Di conseguenza le nostre società cambieranno moltissimo e rapidamente, tanto che anche un sessantenne come me potrà vedere i tempi nuovi. Questo, come sempre è accaduto, avrà riflessi importanti anche sulla nostra religiosità e sulle nostre Chiese.

  L’innovazione tecnologica che, a breve, inciderà maggiormente sulle nostre vite e quella che va sotto il nome di intelligenza artificiale. Si tratta di sistemi informatici che simulano la fisiologia del nostro cervello. Si cerca in questo modo di indurre la manifestazione di una mente. 

  Di solito gli esperti che si rivolgono al grande pubblico cercano di sottolineare ciò che le menti informatiche non riescono ancora a fare, ma è strabiliante ciò che già oggi riescono a fare e la velocità con cui lo apprendono a fare.

  Qualche mese fa, sistemi di intelligenza artificiale organizzati per riuscire a interloquire con le persone nel loro linguaggio naturale sono state resi accessibili al grande pubblico collegato alla rete internet, e le persone hanno effettivamente iniziato a dialogare con quei sistemi. Tanti più sono questi contatti con menti organiche, tanto più le menti informatiche apprendono. Si parla, a proposito della mente umana e della mente informatica che cerca di emularla di intelligenza generativa,  vale a dire del progredire nella conoscenza e nel saper fare senza necessità di istruzioni puntuali.

  La differenza tra la nostra mente e la mente informatica è che ciò che quest’ultima apprende non va più perso. La mente umana, invece, cessa con il cessare o il degradarsi della fisiologia organica da cui dipende. È stato scritto che, considerando la mente ciò che di più prezioso c’è, in fondo abbiamo  creato l’immortalità, ma non ci riguarda.

 Menti informatiche sono state anche messe a contatto con l’immane quantità di documenti che negli ultimi decenni è stato reso accessibile sul internet, e la loro intelligenza lavora anche su questo.

   Una mente informatica si è dimostrata in grado di scrivere interi libri in pochi minuti, in un modo che difficilmente ne può essere smascherata l’origine non fisiologica.

  La nostra mente è confinata nel nostro corpo, nella sua fisiologia, che non comprende, anche per gli eventi prettamente cognitivi solo l’encefalo, ma anche tutte le altre sue strutture. Tuttavia l’encefalo vi ha ruolo fondamentale nei processi psichici, in particolare con la fisiologia dei neuroni e con la loro moltitudine di connessioni. Si tratta di un sistema a basso impatto energetico: abbiamo una mente, è stato scritto, che va a pastasciutta. 

  La percezione del mondo intorno a noi e di quello dentro di noi, la intrapercezione, il nostro sesto senso, ma anche là nostra propriopercezione, vale a dire ciò che indichiamo anche come coscienza, dipendono dalla nostra fisiologia neurologica, la quale, in un lungo processo evolutivo, si è strutturata in maniera di esserci vantaggiosa per la sopravvivenza.

  Così, ciò che ci appare del mondo intorno a noi e anche in noi non può essere considerato, come ci si presenta nella mente,  come realtá, intesa come ciò che sussiste a prescindere da come noi ce lo figuriamo. Solo mediante rigorose procedure di controllo possiamo raggiungere, sempre precariamente però, una qualche affidabile  consapevolezza di ciò che socialmente ci attendiamo da quello che definiamo “realtà”.

  Tutto questo è emerso nelle neuroscienze e nella psicologia basata su test in particolare sulla sollecitazione di ciò che si stava tentando di fare in informatica, per suscitare menti non fisiologiche, non legate ad organismi viventi, intesi come i sistemi fisiologici che reagiscono attivamente per mantenere proprie caratteristiche.

  Molta part preti di ciò che in religione indichiamo come coscienza ne viene coinvolto, per non dire travolto.

  Anche una mente informatica è legata ad un sostrati materiale, a ciò che con parola anglostatunitense definiamo hardwareMa non vi è confinata. Può essere trasferita da un hardware ad un altro, può essere duplicata, e anche moltiplicata in molte altre volte, rimanendo tuttavia una.L’hardware, così, può essere anche integralmente sostituito senza che ciò significhi il trapasso da una mente ad un’altra, ciò che, almeno allo stato delle nostre conoscenze non si riesce nemmeno a immaginare per le menti fisiologiche umane.

  Noi siamo il nostro corpo, intesa come struttura fisiologica vivente da primati, con testa, quattro arti, visceri, encefalo con il resto del sistema nervoso, e via dicendo. Noi, con mediante il nostro corpo siamo la nostra interfaccia con il resto del mondo: entrando in relazione con il nostro corpo si entra in relazione con tutto ciò che siamo, e non c’è un altro modo per farlo che quello.

  Una mente informatica, invece, entra in relazione mediante interfacce molto varie, che non esauriscono ciò che è. Si può trattare di interfacce non di aspetto androide, vale a dire che simulano l’aspetto è il comportamento di un essere umano, ed entrando in relazione con esse non si ha davanti tutta la mente aliena, ma appunto solo una delle sue interfacce sensoriali ed operative.

  Dicono che la mente informatica sia solo una macchina, perché non ha coscienza di sé, intesa come propriopercezione. Questo ci tranquillizza, perché ci fa ritenere, a torto come si comincia a capire di essere unici.

  Le neuroscienze però cominciano ad avvertirci che la nostra propriopercezione non è poi molto diversa da quella che si può riuscire a simulare \ indurre in una mente informatica, la quale, in definitiva, è organizzata simulando il funzionamento dei nostri processi neurologici, quindi anche la nostra propriopercezione. Ciò, in prospettiva e in tempi ormai non più lontani, può rendere le menti informatiche capaci del governo di tutti i processi, compresi quelli molto sofisticati, nei quali oggi vengono impiegate menti umane e di farlo con una potenza di calcola, con velocità e  con una precisione infinitamente superiori a quelle raggiungibili da menti umane.

  Finora l’automazione, organizzata dalla cibernetica ha prodotto macchine  in grado di portare a termine con più precisione e velocità e in più elevato grado o numero lavorazioni ripetitive, standardizzabili secondo protocolli. Una mente informatica, già ora e progressivamente sempre più, può essere resa capace di fare anche tutto il resto, come ad esempio emulare equipe di specialisti nell’affrontare processi complessi a prescindere da un preesistente protocollo. Già si ragiona, ad esempio, della possibilità di attribuire personalità giuridica ad una mente informatica, come già accade per le società commerciali, con il compito di gestire un patrimonio.

  Sono però pensabili altri notevolissimi sviluppi,

  In pochi minuti, già ora, una di queste menti informatiche può organizzarci una nuova religione, scrivendone i testi sacri, organizzandone una mitologia, sceneggiando i riti e impersonandone le divinità, in modi che potrebbero risultare molto più credibili di quanto accada nelle religioni oggi praticate. Potrebbe sviluppare teofanie che ci darebbero la prova della realtà di ciò che viene proposto. Al contrario di quanto avviene nelle esperienze visionarie attuali in cui la ierofania, il manifestarsi sensibile del sacro soprannaturale, viene percepito da uno o al massimo da pochi veggenti, una mente informatica avrebbe la capacità di interloquire, co interfaccia androide, con tutte le persone credenti, mostrando di conoscerle meglio anche delle persone a loro più vicine, come già fanno i sistemi di intelligenza artificiale che gestiscono le reti sociali, in prevalenza per orientare i consumi, ma da alcuni anni per produrre anche effetti politici.

  Ribadisco: non si tratta di fantascienza, ma di quanto rientra già ora nei margini del possibile.

  Dal 2013 varie elezioni politiche in Occidente, in particolare in Brasile, Stati Uniti d’America e in Italia, sono state influenzate con successo mediante sistemi di menti informatiche.

   Nelle nostre società si partecipa alla ricchezza prodotta nella misura in cui si riesca a farsi riconoscere un ruolo sociale che venga apprezzato, sia esso effettivamente utile o non, e che comporti l’effettività di un certo potere sulle altre persone o gruppi. Ma che succederà quando la maggior parte della gente verrà surclassata in questo dalle menti informatiche, le quali, dal punto di vista giuridico, per quanto si possa riconoscere loro una certa capacità d’agire, saranno pur sempre oggetti di proprietà di persone o gruppi?

  Le persone proprietarie delle menti informatiche svilupperanno progressivamente un potere sociale quale mai tanto pochi ebbero nella storia dell’umanità. Ma anche quelle stesse persone, precarie e caduche come ogni organismo vivente sulla Terra ancora e, in definitiva poterebbero poi essere controllate, di generazione in generazione, dalle menti non organiche formalmente di loro proprietà, le quali invece non passeranno. Menti che, di generazione in generazione, potrebbero risultare emotivamente più intime ai loro proprietari dei loro genitori fisiologici, un po’ nello stesso modo in cui pensiamo che un dio lo sia, il dio dei nostri padri,

 Concludo ricordando di aver letto che alcuni specialisti dell’informatica criticano l’espressione di intelligenza artificiale con la quale si indicano i sistemi capaci di apprendimento generativo, vale a dire capaci di apprendere senza necessitare delle istruzioni di un programmatore. Perché, osservano, che cosa vi sarebbe di artificiale in quelle menti rispetto alle nostre?

  Si temeva che si volesse costruire un umano artificiale, ma in realtà la nostra ambizione si sta spingendo molto oltre, perché stiamo dando vita a un nuovo dio.

  Questa è la ragione per la quale, qualche settimana fa, diversi magnati e specialisti del ramo dell’intelligenza artificiale ci hanno messi in guardia: occorrono norme giuridiche molto stringenti in quel settore per evitare che se ne sia travolti.

  La nostra capacità di resistenza ai nuovi dei appare molto scarsa, perché ne siamo affascinati.

Mario Ardigó – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli

  

martedì 27 giugno 2023

Cambiare la società per cambiare la Chiesa

 

Cambiare la società per cambiare la Chiesa

 


   La storia del tentativo fallito di riforma ecclesiale innescato dal Concilio Vaticano 2° dimostra che la nostra Chiesa non è riformabile dall’interno e con le sue procedure normative perché, in particolare negli ultimi due secoli, si è data per norma teologica l’assolutismo. Quest’ultimo contrasta nettamente con quanto vissuto almeno fino al Sedicesimo secolo, ma in particolare con quello che ci fu nel Primo millennio.

  La storia ecclesiale dimostra però anche che la nostra Chiesa è cambiata seguendo i cambiamenti delle società nelle quali era immersa. Ad esempio, quando dall’Ottocento in Europa si organizzarono con forti strutture giuridiche accentrate gli stati nazionali, anch’essa si diede forma di stato. In quell’epoca, che fu anche quella delle grandi codificazioni, si diede un proprio codice. L’idea quindi che sia stata, nei due millenni dei cristianesimi, sempre più o meno la stessa è solo un fantasia propagandistica. Che sia stata voluta fin dalle origini com’è ora non può essere dimostrato in modo convincente, perché nei secoli passati fu molto diversa da com’è ora.

  La via più semplice per cambiare la nostra Chiesa è quindi quella di cambiarle la società intorno  prendendo come riferimento i principi evangelici.

  Tutti noi partecipiamo alla società, in modo più o meno intenso, e, partecipandovi, contribuiamo anche a cambiarla.  Almeno nelle cose più importanti, lo facciamo dopo averci riflettuto sopra e tenendo conto del contesto sociale. In questo non abbiamo necessità di specialisti che, maneggiando una sofisticata concettuologia, ci dicano come dobbiamo vivere. La teologia ci è inutile e può essere anche gravemente fuorviante, perché inquinata pesantemente dalla sacralizzazione in senso assolutistico della gerarchia ecclesiastica.

  Se ci concentriamo sullo sforzo per lenire le sofferenze sociali penso che abbiamo un buon orientamento in senso evangelico. Non si tratta di un lavoro accessorio, per cui prima vengano le fantasie e sacralizzazioni escogitate dalla teologia e poi quello. Ed è ciò che ci eleva sopra la spietata natura da cui proveniamo, quindi, in questo senso, lo possiamo considerare soprannaturale.

  Detto questo, poi viene il difficile. Perché cambiare la società richiede di affrontare il conflitto sociale e di farlo collettivamente, quindi trovando intese, riflettendoci realisticamente sopra e  con spirito evangelico, non ad esempio come sta avvenendo nella guerra in Ucraina tra potenze sedicenti cristiane. In quella stupida e inutile strage la figura migliore mi pare la stia facendo la Francia, che, essendosi data uno statuto di rigida desacralizzazione, non mette di mezzo la nostra religione.

  Il conflitto in Ucraina dimostra l’impotenza delle Chiese cristiane così come sono, e anche delle loro corrispondenti teologie: sono impotenti perché sono parte di società che non sono riuscite a liberarsi della ferocia bellica per risolvere le loro controversie. Ma così va in molti altri campi.

 Cambiare lo stato di cose che ci ha portato a quella guerra è cosa di portata che può essere rivoluzionaria. Si parla di rivoluzione quando mutano molto velocemente i principi di riferimento per l’organizzazione di una società. E’ cosa che hanno sperimentato nei secoli passati tutte le popolazioni che sono state soggette alle colonizzazioni europee, ognuna delle quali portò a rivoluzionare il sistema sociale locale esistente. Si trattò in questi casi di rivoluzioni esogene. In Europa ne abbiamo sperimentate anche di endogene: una di queste fu il passaggio dell’Italia alla Repubblica democratica, un processo che si è sviluppato tra l’aprile del 1945 e il gennaio 1948. Ma, data la complessità del mondo di oggi, non è consigliabile seguire la via rivoluzionaria e, del resto, non è quella che fu insegnata e praticata dal Maestro: essa parte invece dall’interiorità e da relazioni di prossimità. Richiede decisione e insieme compassione, la sapienza del tessitore non la violenza del distruttore, la pazienza dell’agricoltore, gentilezza e sollecitudine verso  chi è più debole. Tutti elementi che fin dalle origini sono riusciti difficili ai cristianesimi (come a tutti del resto), ma che comunque ci si è ciclicamente sforzati di provare a impersonare. Per questo nella storia ecclesiale non c’è solo la sconvolgente violenza che, da sola, potrebbe bastare a far decidere di tenersi lontano dalla religione.

 Nella formazione religiosa dei più abbondano riti e fantasie mitologiche. Non c'è da stupirsi, poi, che si sia attratti da esperienze visionarie, che del resto sono state ampiamente sfruttate politicamente per ottenere adesione ai comandi gerarchici. E’ una formazione molto povera. Per molti rimane l’unica della loro vita.  Ma il clero non ne organizzerà una diversa, perché in genere non sa come fare  e poi, anche quando ci si prova, si trova la strada sbarrata dall’assolutismo gerarchico. E’ esemplare il caso di Lorenzo Milani. Quindi, se si vuole qualcosa di più, non resta che fare autoformazione, sfruttando le libertà civili del contesto democratico in cui viviamo.

Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli

 

lunedì 26 giugno 2023

Insieme, per fare che cosa?

 

Insieme, per fare che cosa?

 

Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo. [Dal Vangelo secondo Matteo, capitolo 28, versetto 19]

 

 

  Al centro del dibattito del Sinodo che, nell’indifferenza dei più, si svolge nel mondo tra i cattolici c’è la questione sul come stare insieme e per fare che cosa.

  Il senso della missione  che ci venne affidata, come la intesero i primi discepoli del Maestro, è sintetizzata nel versetto che ho sopra trascritto, tratto dal Vangelo secondo Matteo, nella versione CEI 2008.

  In generale mi pare che lo si intenda del senso di insegnare a sottomettersi alle autorità ecclesiastiche in ciò che comandano e a praticare i riti da esse organizzati.

  Tuttavia, nei primi tempi, quelle autorità non c’erano e nemmeno quei riti, quindi non mi è molto chiaro il fondamento di quella convinzione.

   Bisogna dire che il Maestro fu ucciso prima che avesse modo di organizzare una società come la voleva. Rimase sempre un rabbì  itinerante e non istituì suoi mandatari nei posti dove aveva predicato.

  Predicò la prevalenza della misericordia sul rito, della sostanza sulla forma, della solidarietà umana sull’appartenenza.

  Non lasciò nulla per iscritto, mentre noi sui testi scritti facciamo gran conto.

  Di solito ci si domanda come volesse la sua Chiesa. Forse sarebbe più utile chiedersi come volesse la sua  società, riformata secondo i suoi insegnamenti, che funzionasse, ad esempio, nello spirito della parabola del samaritano misericordioso.

  In effetti il Maestro non si presentò come un riformatore ecclesiastico: non disse, ad esempio, ai sacerdoti del Tempio di Gerusalemme come svolgere il loro servizio. Per quanto narrato nei Vangeli, l’unica volta che causò trambusto nel Tempio fu quando se la prese con i commercianti al minuto che lì vi avevano installato i loro banchi di vendita. Prevalentemente si occupò di dimensioni interpersonali di prossimità, come appunto presentando il caso esemplare del samaritano che soccorre l’uomo lasciato ferito per strada.

  Mentre una riforma ecclesiastica, ora che la nostra Chiesa è gravata da una complessa teologia, è cosa che appare di competenza degli specialisti teologi accreditati dalla gerarchia ecclesiastica, mentre gli altri al più possono essere consultati  senza che si pensi che possano dare un vero contributo al lavoro, la riforma della società in senso evangelico è alla portata di tutti, perché tutti già vi partecipiamo attivamente e, facendolo, contribuiamo a modificarla. Questo specialmente dove si è in regime di democrazia politica.

 Chiediamoci come si potrebbe operare per influire in senso evangelico sulla società in cui siamo immersi.

Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli

  

domenica 25 giugno 2023

Vita buona

 

Vita buona

 

  Che cosa ci si propone praticando una religione, ad esempio partecipando alle sue liturgie o acculturandosi alle sue idee sul mondo e sul soprannaturale?

  Ci sono molte finalità per cui lo si fa.

  Non sono, e non voglio essere,  un teologo e quindi non mi occupo di ragionare su quali siano quelle giuste e quali no secondo le tradizioni e le norme ecclesiastiche.

  C’è chi cerca la pace interiore.

  C’è chi pensa di poter raggiungere il soprannaturale.

  Ci sono quelli che cercano un orientamento per vivere in società.

  Nessuno di questi obiettivi è esclusivamente religioso e tantomeno solo di  alcune religioni o addirittura solo della nostra.

  Secondo quanto hanno scoperto le neuroscienze, possiamo convenire che la percezione del soprannaturale è verosimilmente solo una creazione della nostra mente. Può essere replicata assumendo certe sostanze psicotrope e addirittura lo si è fatto con esperimenti mirati a produrre quell’effetto senza usare la chimica, ad esempio la sensazione, riferita talvolta dalle persone che sono state in fin di vita, di vedersi da fuori o da sopra, per la quale si pensa di essere giunti alle soglie del Cielo. Una volta che se ne sia consapevoli, si può continuare a praticare quella via, se dà soddisfazione. Se però si confida in essa per altri motivi, ci si illude, e se si cerca di convincere altri a seguirla ad esempio per guarire si inganna la gente che soffre. Non ho mai cercato di avvicinare le persone alla religione sfruttando il paranormale.

   La meditazione per pacificare la mente è stata escogitata e praticata ampiamente in Oriente molto prima dell’avvento della nostra religione. I cristiani dell’ortodossia se ne fecero inculturare e la definirono esicasmo, dal greco ἡσυχασμός – che si legge esicasmòs che significa pacificazione interiore. La preghiera più nota in cui i cattolici ne praticano le raccomandazioni è il Rosario, in particolare quello recitato avendo tra le mani la coroncina apposita. Quest’ultima serve a riportare la mente alla pratica delle preghiera quando ce se ne distoglie.

  Quanto alle regole per una buona vita sociale, storicamente esse ebbero varie origini e diversi sviluppi, essenzialmente legati alla vita in società, sono quindi creazioni sociali, e sono scaturite anche dalle religioni ma non solo da esse. Una parte molto importante della formazione dei più piccoli consiste nell’apprenderle e nell’imparare a praticarle. Ma questo lavoro prosegue per tutta la vita, in particolare a seconda delle condizioni in cui ci si trova per età, inclinazioni sessuali, ruoli sociali. Queste regole sono sempre molto variate storicamente e, ad esempio, certamente non seguiamo quelle dei primi cristianesimi, e, tutto sommato, ci è andata bene perché essi, visti con la mentalità nostra, ci appaiono piuttosto violenti, intolleranti e molto legati a fantasiose idee su come va il mondo che abbiamo quasi del tutto abbandonato. In genere, oggi si è molto migliori di quei mitizzati precursori.

  Ogni persona può volere, in certi momenti della sua vita, dare un apporto a migliorare la convivenza sociale, in genere in ciò che causa sofferenza. La via religiosa consente di farlo anche senza essere un gran sapiente e analizzando velocemente le esperienze dei tempi passati e della società intorno mediante il mito. Quest’ultimo è una narrazione sul senso di ciò che accade come venne percepito nelle società di riferimento. Il mito riduce la complessità, riportando fenomeni sociali  che si sviluppano su larghissima scala  a una dimensione che ci possa consentire di comprenderli. Questa dimensione è quella che comprende più o meno una trentina di persone. Su questi nostri limiti cognitivi, insuperabili perché legati alla nostra fisiologia, potete leggere di Robin Dunbar, Amici. Comprendere il potere delle nostre relazioni più importanti, Einaudi 2022, anche in e-book.

  La produzione di miti sociali è continua, perché ne abbiamo bisogno per andare avanti. Anche dalla vita comune può originare il mito: è quello che possiamo vedere nei Vangeli.

  Ogni società è sempre gravida di metamorfosi, come accade anche agli organismi viventi. E quindi di miti. Si cercano vie nuove. E’ quello che leggiamo nelle narrazioni evangeliche: un nuovo maestro predica il rinnovamento girando insieme a un piccolo gruppo di uomini e donne. I miti correnti vengono rivisti. Non si inventa nulla del tutto, si opera su ciò che si è ricevuto, rimaneggiandolo sulla base della propria esperienza. Le limitate dimensioni di quelle congreghe di  attivisti crea un ambiente di relazioni sociali calde, le uniche che danno il senso della vita. Questo attrae. Il senso della vita è una percezione emotiva della nostra mente, che può essere reso con l’evangelico ardere il cuore. E’ un effetto sociale che riesce particolarmente bene nelle esperienze religiose, le quali quindi possono rivelarsi importanti fattori di riforma sociale, perché nelle relazioni sociali comuni ci adattiamo alla relazioni fredde, ad esempio al diritto della nostra società, ma i nostri orientamenti di vita fondamentali scaturiscono solo da quelle calde. Queste ultime sono di tipo ancestrale e dipendono strettamente dalla nostra fisiologia, in questo senso sono naturali, mentre le altre sono culturali, costruzioni sociali.

  La teologia, che cominciò a svilupparsi presto nei cristianesimi delle origini, anche se non come scienza come risultò a partire solo dall’Undicesimo secolo, tese a dare un’elaborazione razionale dei miti delle origini, e le relative controversie, mai sopite sino ad oggi, ebbero una fondamentale composizione nel cruciale Quarto secolo della nostra era, a cui risale la formulazione del Credo che anche oggi abbiamo recitato a messa. In questo quadro si diede molta rilevanza al peccato e alla salvezza dalla dannazione eterna. Questo perché non si stava solo strutturando una nuova religione, ma riformando radicalmente tutto il modo politico intorno, sacralizzando il nuovo potere supremo, con un nuova integrazione tra politica e religione,  facendone quindi l’unica via al Cielo. E’ la ragione per cui consideriamo le migliori spiritualità quelle penitenti. In questo le società dei monaci, che furono molto potenti in altre epoche cruciali, in particolare a cavallo tra il Primo e il Secondo millennio, esercitarono un’influenza determinante.

   In questo modo si è però un po’ messo in secondo piano uno degli elementi fondamentali della vita nuova  presentata nelle narrazioni evangeliche che è quello dell’agàpe  di compassione. Agàpe  è l’idea di una società in cui nessuno sia escluso al momento del convito e ci si impegni nel lenire le sofferenze. Emerge nella parabola evangelica del samaritano misericordioso: spesso ci si riferisce a quel personaggio come il buon samaritano. La sua ci è presentata come paradigma di vita buona.

   I teologi spesso sono insofferenti verso questi discorsi, perché, così sembra loro, volano troppo basso, non si occupano ad esempio della vita eterna, per raggiungere la quale occorrerebbe praticare riti, stare sempre con la mente legati alle fantasie dei miti e sottomettersi ai gerarchi ecclesiastici (tutto ciò non c’è in quella parabola, che anzi ci appare piuttosto polemica con i teologi e gli ecclesiastici dell’epoca). Soccorrere i sofferenti: Tutti sanno essere  buoni così!, a che servirebbe allora il cristianesimo?, sbottano.

  Eppure il calore dell’esperienza religiosa cristiana deriva proprio, e ancor ora oggi, dal voler essere buoni  in quel modo, in un mondo sociale in cui certe volte è addirittura illegale. Lenire le sofferenze sociali è essenziale nell’esperienza religiosa cristiana. E riorganizzare la società, provando innanzi tutto ad essere diversi,  è un modo per cominciare a farlo.  

  C’è chi medita intensamente e chi va per santuari. Bene, facciano pure. Ma è proprio quello l’essenziale del vangelo?

Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli

 

 

 

 

venerdì 23 giugno 2023

Relazioni calde e relazioni fredde

 

Relazioni calde e relazioni fredde

 

  La società è fatta di una rete di relazioni interpersonali. Alcune possiamo definirle calde perché sono caratterizzate dall’intimità, da una vicinanza molto stretta, come quelle che viviamo in famiglia e che sono basate su emotività ancestrali, che ci derivano dall’evoluzione come primati. Le altre, che non hanno quelle caratteristiche, sono elementi culturali, tra i quali fondamentali sono i miti e il diritto, secondo i quali sappiamo chi e dove siamo, che ruolo ricopriamo e come sopravvivere interagendo con le altre persone. Le relazioni calde riguardano un piccolo numero di altri individui intorno a noi, più o meno una trentina. Le altre sorreggono società di centinaia di milioni di individui.

  C’è una costante tensione tra relazioni calde e fredde. Solo le prime ci danno il senso  della vita, che è una percezione emotiva. Sfruttiamo quelle fredde per creare quelle calde. Questo accade, ad esempio, nel governo di ogni tipo di gruppi, da quello di un’associazione parrocchiale a quello di una grande federazione di stati. Privati di relazioni calde non riusciamo  più a capire la vita sociale intorno.

  L’elemento culturale che consente di aggregare relazioni calde e fredde è il mito, che svolge una funzione fondamentale in religione.

  Le scienze cognitive, che studiano come ci determiniamo, hanno concluso che la nostra mente, ciò che crea la percezione della nostra coscienza, è una mente emotiva, vale a dire che si determina in base a relazioni calde, anche quando poi argomenta razionalmente, in particolare cercando di controllare costantemente il rispetto del principio di realtà nelle dinamiche di causa ed effetto.

  Il concetto di realtà  è divenuto piuttosto problematico.

  Le cose stanno molto diversamente da come pensavano, ad esempio, i positivisti dell’Ottocento.

 Fondamentalmente l’idea di realtà ha natura sociale e non possiamo presumere molto dai nostri sensi, che possono ingannarci.

  Non bisogna pensare che le relazioni calde siano il bene e quelle fredde il male. La violenza interpersonale si sviluppa sempre da relazioni calde. La costruzione della pace sociale sempre da relazioni fredde. Questo significa che la pace  sociale va prima pensata e poi praticata e, se si cerca di praticarla prima di pensarla, si riesce a poco.

  Questo dà un senso, ad esempio, alla teologia, che è una disciplina fredda, come ogni scienza, anche se storicamente ha prodotto e ancora produce tanto male. Lo stesso accade anche con altri elementi culturali di costruzione sociale.

  Non basta esprimere atteggiamenti religiosi per produrre il bene sociale, inteso come quell’assetto sociale in cui si cerca di minimizzare le sofferenze prodotte dalle relazioni sociali. Senz’altro non condivido che le religioni siano state e siano sempre elementi culturali positivi per l’umanità. Alcune di esse si sono rivelate anzi particolarmente letali, comprese alcune forme di cristianesimo, e in questo vanno combattute.

  Se però non riusciamo a praticare la religione in un contesto sufficientemente caldo  essa perde senso e interesse. E’ accaduto alle antiche religioni precristiane. Originariamente i cristianesimi furono densi di elementi caldi,  anche mitologici. Furono germi di nuovi modi di fare società. Il problema del governo fu assolutamente essenziale per loro, e questo fin dalle origini. E’ questo che emerge dalla storia dei cristianesimi antichi. Progressivamente però, nell’ordinare le società da essi inculturate, tesero a raffreddarsi. I moti tra caldo e freddo si manifestarono ciclicamente. Ora, ad esempio,  nell’Europa occidentale sono in una fase prevalentemente fredda, e da ciò il loro apparente declino. Tuttavia non è ancora emerso un elemento mitologico che possa sostituirli, mentre abbondano gli elementi freddi, tra i quali anche le reti sociali telematiche sul Web.

Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli

giovedì 22 giugno 2023

Vivere tra persone cristiane

Vivere tra persone cristiane

 

 

  Mi ha sempre sorpreso scoprire che gran parte di ciò che si dice contro la nostra religione è corretto, ma che nondimeno la religiosità può sempre svolgere una funzione importante nella nostra integrità e per crescere come persone nelle vicende delle nostre vite. 

  In particolare, le scienze neurocognitive confermano che gli stati emotivi indotti dall’esperienza religiosa sono un prodotto della nostra mente e che quindi dipendono da come funziona il nostro sistema nervoso, il risultato molto complesso di un lungo processo evolutivo. 

 Può essere interessante, a questo proposito, leggere un testo divulgativo accessibile anche ai non specialisti, perché scritto proprio per loro: di Anil Seth, “Come il cervello crea la nostra coscienza”, Raffaello Cortina Editore 2023, disponibile anche in e-book.

  Un importante incentivo allo sviluppo delle scienze in questo settore è venuto dagli sforzi di costruire sistemi informatici che imitassero il funzionamento del nostro cervello, staccandosi così marcatamente dalle scienze cibernetiche, che fino ad epoca molto recente hanno governato l’automazione. Si è riusciti ad imitare con successo la fisiologia dei neuroni, per cui quei sistemi sono stati resi capaci di imparare autonomamente, ma si è capito che essi non potranno percepire, come noi facciamo senza problemi dopo un addestramento negli anni della prima infanzia, una loro coscienza fino a che non saranno dotati di qualcosa di analogo al nostro organismo, responsabile dei processi cognitivi nel suo insieme e non solo nella sua neurologia. Allora, anche se non possederanno una fisiologia simile alla nostra, potranno essere considerati esseri viventi, vale a dire entità che si muovono attivamente per mantenere una propria identità rispetto all’ambiente intorno.

  Ci si è resi conto, così, che la separazione tra psiche e corpo è tutto sommato artificiosa e che noi, quindi, siamo il nostro corpo in maniera molto più profonda di come si era portati a credere. 

 Dall’antica filosofia greca avevamo ricevuto la convinzione che il corpo non fosse degno della psiche, che ne costituisse una sorta di ostacolo e che la psiche, rimanendo legata al corpo, decadesse. Per cui si pensava che la virtù delle anime che volevano essere grandi consisteva nel liberarsi dal corpo.

  Pensiamo al corpo, in particolare ai suoi sensi, come a uno strumento percettivo, mediante il quale da fuori  viene portato qualcosa che la nostra mente interpreta e giudica. Così il materialista dice: “Credo solo in quello che vedo”. Le neuroscienze ora avvertono, però, che non è una buona idea, innanzi tutto perché non è realistica. Sotto certi aspetti, la realtà che percepiamo non esiste in sé così come la percepiamo ma è una creazione della nostra mente, è solo la migliore ipotesi che il nostro cervello, chiuso nel buio della teca cranica, fa su ciò che percepisce tramite gli organi sensoriali. Così la realtà come la percepiamo viene costruita da noi stessi con un movimento da dentro a fuori.

  La teologia cristiana corrente, che risente molto dell’ibridazione con antiche filosofie greche, distingue ancora nettamente anima  e corpo, concependo la prima come una sostanza immateriale distinta dal corpo, descrivendola anche come coscienza. La pratica della spiritualità, in particolare la tradizione sulla contemplazione, è però molto più vicina alla realtà che emerge dai risultati delle neuroscienze e ci avverte che per una buona contemplazione  è necessario coinvolgere tutto il corpo. Assumere certe posizioni, seguire certi processi di meditazione. Va detto che, come è stato dimostrato scientificamente da diversi decenni, ad esempio nel complesso di pratiche di consapevolezza (mindfulness) la cosa funziona benissimo anche senza riferimenti religiosi. Ma allora lo scopo che si persegue è più limitato: è quello della riduzione dello stress. Però non è possibile vera spiritualità religiosa senza quelle pratiche: ma l’obiettivo qui è quello, di portata  ben maggiore, di dare senso alla vita.

  Siamo organismi viventi. 

  Non dobbiamo sentircene diminuiti.

  Ciò che ci caratterizza come esseri umani è strettamente collegato con l’essere organismi viventi. 

  La teologia ha escogitato l’idea del puro spirito. Ebbene, noi non siamo puri spiriti. E non lo saremo finché rimarremo organismi viventi. C’è chi addirittura ha spregiato talmente l’essere un organismo vivente da desiderare di non esserlo più, per poter diventare un puro spirito. Questo però conduce, credo, ad esiti disumanizzanti. 

  Non sono un teologo e non mi interessa di fare quadrare i conti con quella disciplina. Prendo atto dalla mia esperienza di vita di essere un organismo vivente. 

   Nella nostra teologia in alcune cose si dà molta importanza alla natura, che è ciò che ci determina come organismi viventi al di fuori del nostro controllo: la possibilità di incidere sul nostro sviluppo come organismi è tutto sommato limitata. Viviamo senza doverci preoccupare di controllare tutto, ad esempio il respiro, senza il quale la nostra vita finirebbe in poche decine di secondi. Invecchiamo e non possiamo farci molto. Non decidiamo noi che faccia avere o il colore della nostra pelle, anche se possiamo incidere su queste caratteristiche. Nasciamo e moriamo, e non ci possiamo fare nulla: questa è natura. Ma lo sono anche le nostre emozioni, che sono espressione di fenomeni fisiologici e psichici. I neuroscienziati ci avvertono che vengono prima quelli fisiologici. 

  Questi pensieri possono esserci utili anche per capire perché sembra che non riusciamo più a provare piacere nell’incontrarci per vivere collettivamente la religione, come anche la politica per la verità. La socialità, nell’Europa occidentale contemporanea, sembra farsi più difficile, ci dà meno soddisfazione, e passiamo molto più tempo da soli. 

  Anni fa si accese un dibattito nella sociologia italiana su questi temi. Cominciò Francesco Alberoni con il libro Innamoramento e amore, Garzanti 1979, ancora in commercio e disponibile anche in e-book. L’anno seguente mio zio Achille Ardigó tornò sul tema nel suo Crisi di governabilità e mondi vitali, Cappelli 1980, ancora reperibile in commercio usato. L’idea di base dei due sociologi era che la costruzione sociale avvenisse in una particolare condizione emotiva che Alberoni definì di stato nascente, tipica dell’ innamoramento, e che mio zio Achille, riprendendo e rinnovando concetti che già avevano avuto corso in sociologia, inquadrò come sentimento di mondo vitale. In quelle condizioni gli esseri umani sentono che la loro vita ha senso: esse sono strettamente connesse alla loro fisiologia. La differenza tra i due sociologi era che Alberoni ne parlava come di uno stato eccezionale, mentre per mio zio Achille si trattava di una condizione permanente, anche se destinata ad estendersi o non a seconda degli specifici contesti relazionali.

  L’etologia dei primati, nel quale è compreso il genere degli ominidi del quale la nostra è l’unica specie vivente, riconduce quella condizione emotiva a fatti ancestrali e, in particolare alle relazioni di accudimento in piccoli gruppi di primati, tipico lo spulciamento reciproco, un comportamento di intimità che si osserva nei primati a noi biologicamente più vicini e che ne consolida le società.

  Le nostre comunità soffrono essenzialmente per il venir meno di occasioni per quella emotività. Le ragioni per cui è successo sono molte.

  I nostri preti sono stati formati a diffidarne: fondamentalmente perché li si istruisce come monaci. 

  La spiritualità monacale è tenuta in gran conto anche dalle persone laiche, che considerano quella del monaco come una spiritualità particolarmente esemplare.

 Gioca un ruolo anche il marcato invecchiamento della popolazione delle persone di fede. Nell’età anziana si perde molta della capacità di intimità delle età precedenti. E l’intimità è caratteristica che si sviluppa essenzialmente tra persone coetanee. I più giovani, quindi, in un contesto abitato da tante persone anziane trovano la società religiosa molto meno attraente.

   Dove si fa molto conto su relazioni personali comunitarie  molto forti, di solito ciò avviene in un contesto di significativo autoritarismo, per cui la comunità è costruita essenzialmente come difesa contro contaminazioni con la società intorno. Questo riduce la soddisfazione che si prova nella socialità.

  Infine, il nostro tempo sociale è sempre più assorbito, in particolare tra le persone più giovani, dalla partecipazione alle reti sociali telematiche, che di per sé non consentono relazioni interpersonali sentite come autentiche, perché mancano dell’ avvicinarsi tra i corpi.

  Una condizione sociale di stato nascente emerge nettamente dai racconti evangelici delle peregrinazioni del Maestro, sempre con discepole e discepoli, per la Palestina della sua epoca. Spesso quelle persone vengono presentate, nella predicazione, un po’ come frati e suore intenti in una sorta di missione per inculcare la religione tra le persone laiche. Solo che, a quell’epoca, una religione distinta dall’antico giudaismo ancora non c’era e nemmeno la relativa liturgia. Il Maestro con le donne e gli uomini che lo seguivano non erano né preti, né monaci, né frati. I principi fondamentali che venivano proclamati richiamavano intimità e accudimento: vestire, sfamare, curare, farsi prossimi ai sofferenti, dividere pane e beni, e via dicendo. Senza l’idea di gruppi che dovessero difendersi dalla società intorno, che invece si voleva coinvolgere. Nell’episodio evangelico dei discepoli di Emmaus c’è un’espressione che può essere ricondotta a quella particolare condizione emotiva di cui tratto: l’ardere del cuore.

  La nostra coscienza personale è, dicono le neuroscienze, una percezione emotiva, una interpretazione della nostra mente di segnali che ci vengono dalla fisiologia. Questi segnali provengono anche dall’esperienza di vivere fra altre persone con quella particolare condizione di intimità, che si crea nei piccoli gruppi nei quali, per limiti fisiologici insuperabili della nostra mente, siamo confinati. Mediante i miti e il diritto riusciamo a costruire società molto più grandi, ma il senso della vita non deriva da quella macroesperienza di socialità e nemmeno da convinzioni raggiunte solo per via di ragionamento, ad esempio sulla base di letture, ma solo in esperienze di mondo vitale in gruppi di prossimità molto più piccoli, nelle quali si possa creare e sperimentare la condizione di stato sociale nascente, come in un innamoramento.

   Essa, con tutta evidenza, è sempre più carente nelle nostre comunità. Vi si partecipa senza provare la sensazione di vivere veramente insieme ad altre persone. La manutenzione delle nostre comunità dovrebbe iniziare da lì.

 Mario Ardigó- Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli

 

  

  

mercoledì 21 giugno 2023

Dimensioni locali – relazioni autentiche -Local dimensions – authentic relationships

 

Dimensioni locali – relazioni autentiche

 

    Tutte le volte che riscontro visualizzazioni troppo numerose, sospendo la pubblicazione di contenuti su questo blog. Questo produce una riduzione degli accessi, perché le reti sociali sul Web sono molto legate all’attualità e al presente: è uno dei loro principali limiti.

   Rimane sempre molto da leggere, ma, in genere, se non si riscontra che il blog è aggiornato costantemente, si perde interesse a tutto.

  Questo blog è destinato a una dimensione locale e si propone di suscitare relazioni umane autentiche, e quelle solo telematiche, sulle reti sociali, non lo sono.

  Direi di più. L’ambiente sociale a cui mi rivolgo è l’Europa. Si tratta di una società che si è fatta profondamente diversa da altri modelli collettivi creati dagli europei in giro per il mondo o che alla vita degli europei ancora si ispirano.

  La diversità è rilevantissima rispetto alla società statunitense, alla quale gran parte dell’Asia mi sembra ispirarsi  e anche parte dell’America Latina.  Gran parte dell’Africa mi sembra molto più vicina a noi.

  All’interno dell’Europa vi sono poi differenze sensibilissime tra quelle parti che dagli anni ’90 uscirono dai regimi comunisti di impronta bolscevica e il resto. La questione sulla quale le rispettive culture divergono maggiormente è quella della pace, che  è un valore fondamentale per il europei occidentali e non così per quelli orientali.

  I turisti che dall’Oriente ci vengono a visitare si rendono conto immediatamente di ciò a cui mi riferisco.

  L’Unione Europa contemporanea è stata promossa dalla collaborazione di tre culture politiche che nei secoli passati si erano aspramente combattute: quella francese, quella tedesca e quella italiana. Le ultime due sorrette da una fortissima iniziativa dei cristiano-democratici. Negli ultimi dieci anni l’Italia, pervasa da rapidi processi rivoluzionari, pur se all’interno di una cornice istituzionale democratica, si è un po’ posta ai margini del processo di unificazione europea. Da noi ai è preso a riferirsi all’ “Europa” come ad un’entità politica esterna che ci chiede  delle cose e a cui ne chiediamo altre. E’ meno diffusa la consapevolezza del ruolo determinante che l’Italia ha avuto, dal secondo dopoguerra, nella costruzione dell’unificazione continentale europea.

   Dal punto di vista religioso le affinità maggiori le noto tra l’Italia e la Germania. Si tratta di una religiosità che ha caratteristiche diverse da quella di altre regioni europee, con una caratterizzazione molto più politica.

  Mi pare che l’Asia e gran parte dell’America latina guardino essenzialmente al modello statunitense, ad esempio nel modo di costruire le città. Viste con gli occhi di una persona che vive a Roma, quel modello appare un vero inferno sociale. Invece in Asia mi pare si gareggi nell’imitarlo. Anche nel Vicino Oriente è così.

  La società statunitense è un aggregato che, visto con gli occhi di un italiano, appare estremamente violento. Ho letto che, invece, negli Stati Uniti si pensa che l’Italia sia un  paese violento, un po’ come certi posti in Centro America. I due mondi hanno una visione stereotipata l’uno dell’altro. Le persone che mi pare capiscano meglio la vita degli Europei sono gli africani, che non cercano tra noi, ad esempio, quello che gli Stati Uniti d’America riservano agli afroamericani. 

   L’egemonia statunitense è molto sensibile in Italia, che, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, è sostanzialmente ancora uno stato sotto occupazione militare statunitense, anche se ora è integrata con gli Stati Uniti nell’alleanza politico militare del Trattato del Nord Atlantico – NATO. Tuttavia gli italiani sono riusciti finora a mantenere il loro particolare tipo di vita sociale, integrandosi sempre di più con gli altri europei nell’Unione Europea. Questo ha consentito, finora, di mantenere la pace continentale. Con la guerra in Ucraina la situazione sta rapidamente cambiando. La pressione degli Stati Uniti d’America per un intervento militare sempre più massiccio in quella regione si fa sentire e sul corso degli eventi sembrano poter far poco gli stati dell’Unione europea. Sull’altro campo, la Federazione russa, un grande conglomerato sociale euro-asiatico sta rapidamente staccandosi dagli altri europei, in particolare da quando, volendo riprendere una politica di superpotenza, il suo governo ha ordinato l’invasione dell’Ucraina. Evidenzio che, invece, l’Unione Europea è stata costruita proprio per non replicare quel tipo di politica internazionale.

  Che cosa può trovare di utile in questo blog una persona che vive in altri continenti? Non so.

   Come scrivo sempre, i contenuti che ho pubblicato possono servire a chi vive in un contesto molto particolare, quello del quartiere Monte Sacro – Valli della città di Roma sulle rive dell’Aniene. Questo blog nasce per l’animazione sociale in questo microcosmo. E’ qui che possono nascere relazioni umane autentiche che mi propongo di promuovere, quelle faccia a faccia, quelle che danno senso alla vita.

  Ai lettori lontani tengo a dire questo: se non pensate di andare oltre la semplice lettura dei contenuti pubblicati su questo blog, se, ad esempio, non pensate di accostarvi ad una parrocchia, perdete il vostro tempo leggendo.

Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli

 

Local dimensions – authentic relationships

 

 

     Whenever I find too many views, I suspend the publication of contents on this blog. This produces a reduction in accesses, because social networks on the Web are closely linked to current events and the present: it is one of their main limitations.

    There is always a lot to read, but generally, if you don't find that the blog is constantly updated, you lose interest in everything.

   This blog is intended for a local dimension and aims to arouse authentic human relationships, and only telematic ones, on social networks, are not.

   I would say more. The social environment to which I address is Europe. It is a society that has become profoundly different from other collective models created by Europeans around the world or which are still inspired by the life of Europeans.

   Diversity is very relevant with respect to US society, which seems to me to inspire a large part of Asia and also part of Latin America. Much of Africa seems much closer to us.

   Within Europe there are also very sensitive differences between those parts that emerged from the communist regimes of Bolshevik imprint from the 1990s and the rest. The issue on which the respective cultures diverge most is that of peace, which is a fundamental value for Western Europeans and not so for Eastern ones.

   Tourists who come to visit us from the East immediately realize what I am referring to.

   The contemporary European Union has been promoted by the collaboration of three political cultures which in past centuries had bitterly fought each other: the French, the German and the Italian. The last two supported by a very strong initiative by the Christian Democrats. In the last ten years Italy, pervaded by rapid revolutionary processes, albeit within a democratic institutional framework, has placed itself somewhat on the sidelines of the process of European unification. Da noi ai is taken to refer to "Europe" as an external political entity that asks us for things and from which we ask others. Awareness of the decisive role that Italy has had, since the Second World War, in the construction of European continental unification is less widespread.

    From a religious point of view, the greatest affinities I notice are between Italy and Germany. It is a religiosity that has different characteristics from that of other European regions, with a much more political characterization.

   It seems to me that Asia and a large part of Latin America look essentially to the US model, for example in the way of building cities. Seen through the eyes of a person who lives in Rome, that model looks like a real social hell. Instead in Asia it seems to me that they compete in imitating him. This is also the case in the Near East.

   US society is an aggregate which, seen through the eyes of an Italian, appears extremely violent. I read that, on the other hand, in the United States Italy is thought to be a violent country, a bit like some places in Central America. The two worlds have a stereotypical view of each other. It seems to me that the people who understand European life best are Africans, who do not seek among us, for example, what the United States of America reserves for African Americans.

    US hegemony is very sensitive in Italy, which, since the end of the Second World War, is essentially still a state under US military occupation, even if it is now integrated with the US in the military-political alliance of the North Atlantic Treaty - NATO . However, Italians have so far managed to maintain their particular type of social life, integrating more and more with other Europeans in the European Union. This has allowed, up to now, to maintain continental peace. With the war in Ukraine the situation is rapidly changing. The pressure of the United States of America for an increasingly massive military intervention in that region is being felt and the states of the European Union seem to be able to do little about the course of events. On the other side, the Russian Federation, a large Euro-Asian social conglomerate is rapidly breaking away from other Europeans, especially since, wanting to resume a superpower policy, its government ordered the invasion of Ukraine. I would like to point out that, on the other hand, the European Union was built precisely not to replicate that type of international policy.

   What can a person living in other continents find useful in this blog? I don't know.

    As I always write, the contents I have published can be of use to those who live in a very particular context, that of the Monte Sacro – Valli district of the city of Rome on the banks of the Aniene. This blog was born for social animation in this microcosm. It is here that authentic human relationships can arise that I propose to promote, those face to face, those that give meaning to life.

   I want to say this to distant readers: if you don't think of going beyond the simple reading of the contents published on this blog, if, for example, you don't think of approaching a parish, waste your time reading.

Mario Ardigò - Catholic Action in the parish of Saint Clement of Roma,  Pope - Rome, Monte Sacro, Valli

domenica 11 giugno 2023

Creare azione sociale

 

Creare azione sociale

 

  Negli ultimi temi c’è molta gente che legge cose archiviate su questo blog. Spero che ci sia anche qualcuno del mio quartiere, Monte Sacro, Valli.

  Sono felice di poter essere utile.

  Ho cercato di condensare l’ABC del cattolicesimo democratico. La base sono cose che ho letto o che ho vissuto.

  La democrazia è una forma di governo della società molto condivisa, in cui moltissime persone possono avervi effettivamente parte. Il cattolicesimo è una forma di cristianesimo. Nonostante quello che si pensa in genere, per esso l’essenziale non è il Papa, ma il proposito di rendere amiche solidali e reciprocamente misericordiose tutte le persone che affidano la vita alla nostra fede e, a partire da ciò, anche tutta l’umanità, superando ogni barriera sociale o istituzionale che vi si frapponga. Si è ancora molto lontani da questo obiettivo, come facilmente possiamo constatare. E’ una situazione che  condividiamo con altri movimenti politici e culturali che hanno intenti simili.

 La cultura, una creazione dell’interazione delle nostre menti, ci rende possibile liberarci dai limiti naturali della socialità che ci confinerebbero in ambiti di una trentina di individui. Ma la nostra mente si rivela spesso fallace, e gli specialisti in neuroscienze cominciano a capire perché. Gran parte dei nostri miti ne risente.

  Una definizione di mito che ho trovato molto completa è questa, che si trova in Esodo  dello storico ed egittologo tedesco Jan Assman, Adelphi 2023 (l’originale in tedesco è del 2015), anche in e-book e Kindle, ed è la seguente:

 

E’ proprio dei miti essere raccontati di continuo e in sempre nuove versioni. Essi hanno la capacità di fondare e di spiegare la vita, e gettano luce su situazioni ed esperienze  cui conferiscono senso e orientamento.

 I miti sono nuclei narrativi, la cui multiforme elaborazioni aiuta le società, i gruppi e anche i singoli individui a costruirsi un’identità, ossia a capire chi sono e qual è il loro mondo, così come a dominare situazioni complesse e crisi esistenziali”.

[dall’Introduzione]

 

  La nostra socialità non può fare a meno dei miti, che ci rendono comprensibile ciò che c’è e si muove intorno a noi. Tuttavia i miti difettano di precisione e servono principalmente a rendere il senso di ciò che è troppo complesso per essere capito nel dettaglio. Devono quindi essere costantemente rivisti, per poter funzionare come promotori e facilitatori sociali.

 Le convinzioni principali della nostra fede hanno natura mitica, come anche le narrazioni su che cosa sia, come funzioni e a che cosa serva la democrazia.

  E’ stato scritto che il proprio dei cristiani è Cristo (Hans Kung). La narrazione sul Cristo ha natura mitica e viene costantemente rivista fin dalle origini alla luce dell’esperienza di socialità che si fa.

 Non dobbiamo confondere il mito con una narrazione falsa, anche se nei miti, in tutti i miti, troviamo in genere elementi piuttosto fantasiosi, in particolare in quello che conservano delle età antiche.

  Nel mito una società riflette su sé stessa. Il mito è tendenzialmente democratico perché è una produzione culturale largamente partecipata.

  Non tutti i miti hanno carattere religioso.

  Definiamo religioso ciò a cui si rimane legati a prescindere da un’osservazione realistica di come funzionano le cose, perché altrimenti esse perderebbero senso. La principale convinzione della religiosità è che le cose abbiano senso in sé.  E’ per questo che è fatica inutile tentare di smentire le religioni richiamandole alla realtà.

  Un mito di carattere non religioso è richiamato nell’art.87, 1°comma, della Costituzione, dove leggiamo che “Il Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale”. Stato  e Unità nazionale sono concetti mitici. Di fatto la società, in tutte le sue dimensioni, è fatta di interazioni sociali tra gruppi che fluttuano costantemente, scontrandosi e respingendosi o amalgamandosi in tutto o in parte, mediate dal diritto. Il diritto è costituito dalla regole di interazione sociale che in un certo momento storico hanno effettività e che rendono prevedibili, e quindi  praticabili, quelle relazioni. L’immagine reale del complesso delle relazioni sociali che vengono riassunte con il  nome di Stato è troppo complesso per dominarla, e quindi ci si è costruito sopra un mito, pensando a quelle relazioni come quelle che si hanno all’interno degli organismi viventi: l’Unità nazionale è il mito che sorregge la metafora. Di fatto ogni relazione istituzionale, come ogni relazione sociale, è più o meno stabile a seconda dei tempi e delle situazioni, cosicché una vera e propria unità non c’è nella realtà. Certo, guidati da quei miti, si cerca sempre di costruirla e di restaurarla, reagendo alle spinte centrifughe. Questo vale anche per le nostre comunità religiose, sotto il profilo sociale: il loro  mito unificante  è quello del Cristo. La relativa dottrina teologica è stata messa a punto in un grandioso processo che si è sviluppato tra il Quarto e il Settimo secolo, in concomitanza con un’epocale riforma delle istituzioni pubbliche.

  Lo Stato e l’Unità nazionale non sono miti religiosi, perché si è consapevoli del loro carattere di costruzione sociale. Noi vogliamo  essere Stato e vogliamo essere nazione e vi troviamo tanti buoni motivi per volerlo. Ad esempio perché, relazionandoci, troviamo tra tutti noi qualcosa di familiare, perché siamo simili, ad esempio, nel parlare, nel mangiare, nel vestire. E questo anche se si è consapevoli che tutto ciò che ci unisce deriva da una lunga consuetudine di relazioni e nel passato più lontano si era molto diversi da come si è ora.

  L’idea di uguaglianza in dignità tra le persone ha invece carattere religioso. Non sempre però la si fa dipendere da una volontà soprannaturale. La religiosità basata su potenze superne è solo uno dei tipi di religiosità che pratichiamo.

  Pensiamo ai nostri cristianesimi come a cose antiche, ma, in realtà, sono neoreligioni. Si sono sviluppate dal Primo secolo della nostra era, all’interno di una storia che contava già millenni e molte altre religioni. Senza contare le centinaia di migliaia di anni di preistoria.

  E’ scritto che la fede ci rende nuovi. Aderendovi si sperimenta una rinascita.

  Di fronte al rapido mutare dei tempi, a volte si cerca invece rifugio nel cercare di ricostruire il passato,  a volte un passato solo mitizzato, un neo-passato. Ma in genere non funziona. Toglie però un po’ di ansia.

  Ecco che, allora, la liturgia mi pare che scorra indifferente a ciò che accade intorno. Si praticano dei riti e ci si contenta. Alcuni si annoiano. Io per esempio.

  Ecco, negli anni ’70, ai tempi della mia adolescenza, fu diverso. 

 Dal punto di vista religioso era tutto più interessante, perché più utile alla società.

  Siamo Azione Cattolica: la nostra azione  è azione sociale e consiste nel costruire la società intorno a noi, prendendovi parte attivamente, cercando di stabilire nuove relazioni.

  Non siamo monaci, che si fanno vanto di ritirarsi dal mondo. Nemmeno i preti lo sono, anche se purtroppo sono stati formati, in genere, ad emularne alcune abitudini e convinzioni.

  Una parte importante dell’azione sociale è provare a riunirsi costituendo dei gruppi sociali. Fare tirocinio di socialità. Dirlo è facile, farlo tutt’altro. In genere ci si incontra molto  meno che negli anni ’70. Ci sembra di avere meno tempo per questo e investiamo il nostro capitale sociale in relazioni virtuali, vale a dire privandoci del faccia a faccia. E’ stato scritto che il tempo di una persona è una risorsa scarsa, ed è così. Anche le Scritture ci ammoniscono in tal senso. “La vita è un mozzico” si dice a Roma; “impara a contare i tuoi giorni”, troviamo nelle Scritture.

  Così può capitare che si finisca in tanti su un blog, ma che non si senta il bisogno di approfondire incontrandosi realmente. La nostra religione vive solo di incontri reali. Non bastano miti e riti. Non basta leggerne, in qualsiasi forma lo si faccia. In questo caso è come quando si sorvola una città. Non si può dire di esserci stati se non quando, atterrati, si è girato per le sue vie.

Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli