Domenica 22-4-18 – 4° Domenica
di Pasqua, detta del Buon Pastore
- Lezionario dell’anno B per le domeniche e le
solennità – colore liturgico: bianco – 4° settimana del salterio - Letture e sintesi delle omelie delle Messe domenicali delle nove e delle undici – avvisi di A.C.
Osservazioni ambientali: oggi a Roma è una magnifica giornata di sole; 14° C.
Alla Messa delle nove il gruppo
di A.C. si siede nei banchi di sinistra, a fianco dell’altare, guardando
l’abside.
Canti della Messa delle nove: ingresso, Chiesa di Dio; Offertorio, Accogli i nostri doni; Comunione, Gesù re di gloria; finale: Cristo è risorto veramente.
Buona domenica a tutti
i lettori!
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Il nuovo affresco del gregge sul frontone del nartece della chiesa parrocchiale |
Pillola di Concilio
dalla Costituzione
pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo La gioia e la speranza - Gaudium et spes, del Concilio Vaticano 2° (1962-1965)
LA PROMOZIONE DELLA CULTURA
53. Introduzione
È proprio della persona umana il
non poter raggiungere un livello di vita veramente e pienamente umano se non
mediante la cultura, coltivando cioè i beni e i valori della natura. Perciò,
ogniqualvolta si tratta della vita umana, natura e cultura sono quanto mai
strettamente connesse.
Con il termine generico di « cultura » si
vogliono indicare tutti quei mezzi con i quali l'uomo affina e sviluppa le
molteplici capacità della sua anima e del suo corpo; procura di ridurre in suo
potere il cosmo stesso con la conoscenza e il lavoro; rende più umana la vita
sociale, sia nella famiglia che in tutta la società civile, mediante il
progresso del costume e delle istituzioni; infine, con l'andar del tempo,
esprime, comunica e conserva nelle sue opere le grandi esperienze e aspirazioni
spirituali, affinché possano servire al progresso di molti, anzi di tutto il
genere umano.
Di conseguenza la cultura presenta necessariamente un aspetto storico e sociale e la
voce « cultura » assume spesso un significato sociologico ed etnologico. In
questo senso si parla di pluralità delle culture. Infatti dal diverso modo
di far uso delle cose, di lavorare, di esprimersi, di praticare la religione e
di formare i costumi, di fare le leggi e creare gli istituti giuridici, di
sviluppare le scienze e le arti e di coltivare il bello, hanno origine i
diversi stili di vita e le diverse scale di valori. Cosi dalle usanze
tradizionali si forma il patrimonio proprio di ciascun gruppo umano. Così pure
si costituisce l'ambiente storicamente definito in cui ogni uomo, di qualsiasi
stirpe ed epoca, si inserisce, e da cui attinge i beni che gli consentono di
promuovere la civiltà.
Sezione 1: La situazione della cultura nel mondo odierno
54. Nuovi stili di vita
Le condizioni di vita dell'uomo moderno, sotto l'aspetto sociale e
culturale, sono profondamente cambiate, così che è lecito parlare di una nuova
epoca della storia umana. Di qui si aprono nuove vie per perfezionare e
diffondere più largamente la cultura. Esse sono state preparate da un
grandioso sviluppo delle scienze naturali e umane, anche sociali, dal progresso
delle tecniche, dallo sviluppo e dall'organizzazione degli strumenti di
comunicazione sociale. Perciò la cultura odierna è caratterizzata da alcune
note distintive: le scienze dette «esatte» affinano al massimo il senso
critico; i più recenti studi di psicologia spiegano in profondità l'attività
umana; le scienze storiche spingono fortemente a considerare le cose sotto
l'aspetto della loro mutabilità ed evoluzione; i modi di vivere ed i costumi
diventano sempre più uniformi; l'industrializzazione, l'urbanesimo e le altre
cause che favoriscono la vita collettiva creano nuove forme di cultura (cultura
di massa), da cui nascono nuovi modi di pensare, di agire, di impiegare il
tempo libero; lo sviluppo dei rapporti fra le varie nazioni e le classi sociali
rivela più ampiamente a tutti e a ciascuno i tesori delle diverse forme di
cultura, e così poco a poco si prepara una forma di cultura umana più
universale, la quale tanto più promuove ed esprime l'unità del genere umano,
quanto meglio rispetta le particolarità delle diverse culture.
55. L'uomo artefice della cultura
Cresce sempre più il numero degli uomini e
delle donne di ogni gruppo o nazione che prendono coscienza di essere artefici
e promotori della cultura della propria comunità. In tutto il mondo si sviluppa
sempre più il senso dell'autonomia e della responsabilità, cosa che è di somma
importanza per la maturità spirituale e morale dell'umanità. Ciò appare ancor più chiaramente se teniamo presente l'unificazione del
mondo e il compito che ci si impone di costruire un mondo migliore nella verità
e nella giustizia. In tal modo siamo testimoni della nascita d'un nuovo
umanesimo, in cui l'uomo si definisce anzitutto per la sua responsabilità verso
i suoi fratelli e verso la storia.
56. Difficoltà e compiti
In queste condizioni non
stupisce che l'uomo sentendosi responsabile del progresso della cultura, nutra
grandi speranze, ma consideri pure con ansietà le molteplici antinomie
esistenti ch'egli deve risolvere. Che cosa si deve fare affinché gli
intensificati rapporti culturali, che dovrebbero condurre ad un vero e
fruttuoso dialogo tra classi e nazioni diverse, non turbino la vita delle
comunità, né sovvertano la sapienza dei padri, né mettano in pericolo il
carattere proprio di ciascun popolo?
In qual modo promuovere il
dinamismo e l'espansione della nuova cultura senza che si perda la viva fedeltà
al patrimonio della tradizione? Questo problema si pone con particolare urgenza
là dove la cultura, che nasce dal grande sviluppo scientifico e tecnico, si
deve armonizzare con la cultura che, secondo le varie tradizioni, viene
alimentata dagli studi classici.
In qual maniera conciliare una
così rapida e crescente diversificazione delle scienze specializzate, con la
necessità di farne la sintesi e di mantenere nell'uomo le facoltà della
contemplazione e dell'ammirazione che conducono alla sapienza?
Che cosa fare affinché le
moltitudini siano rese partecipi dei beni della cultura, proprio quando la
cultura degli specialisti diviene sempre più alta e complessa?
Come, infine, riconoscere come
legittima l'autonomia che la cultura rivendica a se stessa, senza giungere a un
umanesimo puramente terrestre, anzi avverso alla religione?
In mezzo a queste antinomie, la cultura umana va oggi sviluppata in modo
da perfezionare con giusto ordine la persona umana nella sua integrità e da
aiutare gli uomini nell'esplicazione di quei compiti, al cui adempimento tutti,
ma specialmente i cristiani fraternamente uniti in seno all'unica famiglia
umana, sono chiamati.
[…]
58. I molteplici rapporti fra il Vangelo di Cristo e la cultura
Fra il messaggio della
salvezza e la cultura esistono molteplici rapporti. Dio infatti, rivelandosi al
suo popolo fino alla piena manifestazione di sé nel Figlio incarnato, ha
parlato secondo il tipo di cultura proprio delle diverse epoche storiche.
Parimenti la Chiesa, che ha conosciuto nel corso
dei secoli condizioni d'esistenza diverse, si è servita delle differenti
culture per diffondere e spiegare nella sua predicazione il messaggio di Cristo
a tutte le genti, per studiarlo ed approfondirlo, per meglio esprimerlo nella
vita liturgica e nella vita della multiforme comunità dei fedeli.
Ma nello stesso tempo, inviata a tutti i popoli di qualsiasi tempo
e di qualsiasi luogo, non è legata in modo esclusivo e indissolubile a nessuna
razza o nazione, a nessun particolare modo di vivere, a nessuna consuetudine
antica o recente. Fedele alla propria tradizione e nello stesso tempo cosciente
dell'universalità della sua missione, può entrare in comunione con le diverse
forme di cultura; tale comunione arricchisce tanto la Chiesa stessa quanto le
varie culture.
Il Vangelo di Cristo
rinnova continuamente la vita e la cultura dell'uomo decaduto, combatte e
rimuove gli errori e i mali derivanti dalla sempre minacciosa seduzione del
peccato. Continuamente purifica ed eleva la moralità dei popoli. Con la ricchezza
soprannaturale feconda dall'interno, fortifica, completa e restaura in Cristo
le qualità spirituali e le doti di ciascun popolo. In tal modo la Chiesa, compiendo la sua missione già
con questo stesso fatto stimola e dà il suo contributo alla cultura umana e
civile e, mediante la sua azione, anche liturgica, educa l'uomo alla libertà
interiore.
Prima lettura
Dagli Atti degli apostoli (At 4,8-12)
In quei giorni, Pietro,
colmato di Spirito Santo, disse loro:
«Capi del popolo e anziani, visto che oggi veniamo interrogati sul
beneficio recato a un uomo infermo, e cioè per mezzo di chi egli sia stato
salvato, sia noto a tutti voi e a tutto il popolo d'Israele: nel nome di Gesù
Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti,
costui vi sta innanzi risanato.
Questo Gesù è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è
diventata la pietra d'angolo.
In nessun altro c'è
salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel
quale è stabilito che noi siamo salvati».
Salmo responsoriale
Dal salmo 117
Ritornello:
La pietra scartata dai costruttori è
divenuta la pietra d’angolo
Rendete grazie al Signore perché è buono,
perché il suo amore è per sempre.
È meglio rifugiarsi nel Signore
che confidare nell'uomo.
È meglio rifugiarsi nel Signore
che confidare nei potenti.
Ti rendo
grazie, perché mi hai risposto,
perché sei stato la mia salvezza.
La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d'angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.
Benedetto
colui che viene nel nome del Signore.
Vi benediciamo dalla casa del Signore.
Sei tu il mio Dio e ti rendo grazie,
sei il mio Dio e ti esalto.
Rendete grazie al Signore, perché è buono,
perché il suo amore è per sempre.
Seconda lettura
Dalla prima
lettera di san Giovanni apostolo (1Gv 3,1-2)
|
Carissimi, vedete quale grande amore ci ha
dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! Per
questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui.
Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio,
ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si
sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è.
Vangelo
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 10,11-18)
In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà
la propria vita per le pecore. Il mercenario - che non è pastore e al quale le
pecore non appartengono - vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e
il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa
delle pecore.
Io
sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così
come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore.
E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo
guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo
pastore.
Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi
riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere
di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho
ricevuto dal Padre mio».
Sintesi dell’omelia della
Messa delle nove
Il Vangelo ci propone le immagini del Buon Pastore e del mercenario.
Il Buon Pastore fa il bene delle pecore che gli sono state
affidate, vive in mezzo a loro e le guida, sia nei tempi felici che in quelli
tristi. Il mercenario fa il proprio interesse.
Gesù andò in mezzo al popolo e
per spiegare chi era e il senso della sua missione disse di essere il Buon
pastore. Il Buon pastore torna a cercare la pecora smarrita e difende
il gregge dai pericoli, ad esempio dagli animali predatori, come i lupi e gli
orsi. Il mercenario di fronte al pericolo scappa.
Nel salmo 23, detto del Buon Pastore, leggiamo:
Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla;
su pascoli erbosi mi fa riposare
ad acque tranquille mi conduce.
Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino,
per amore del suo nome.
Se
dovessi camminare in una valle oscura,
non temerei alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro
mi danno sicurezza.
Davanti a me tu prepari una mensa
sotto gli occhi dei miei nemici;
cospargi di olio il mio capo.
Il mio calice trabocca.
Felicità e grazia mi saranno compagne
tutti i giorni della mia vita,
e abiterò nella casa del Signore
per lunghissimi anni.
Le pecore cercano rifugio presso
il Buon Pastore. Accade a noi quando
nelle difficoltà, nei dispiaceri, nei problemi di salute, quando siamo
semplicemente stanchi, cerchiamo aiuto
nella Parola di Dio, meditandola.
Nel libro di Hannah Hurnard, Piedi di cerva sulle alte vette. Viaggio a
Dio attraverso il Cantico [edizioni Gribaudi, €8.50, attualmente in
commercio. Fa parte di una trilogia - nota
mia] viene presentata l’immagine del pastore che richiama il gregge
scuotendo un campanaccio. Anche noi accorriamo verso il Buon Pastore, quando riconosciamo la sua voce.
Questa domenica è dedicata alle
vocazioni, non solo a quelle dei sacerdoti o dei religiosi. Anche quella del
genitore e del figlio è una vocazione. Si
è chiamati a prendersi cura degli altri e allora ci si ispira alla
figura del Buon Pastore. Il gregge
poi si affeziona, si creano legami molto saldi. Il sacerdote ha ricordato di
quando gli fu regalato un capretto che
era destinato all’eliminazione, perché solo due dei nuovi nati erano stati
destinati all’allevamento dal pastore dedito ai propri interessi commerciali e
il terzo doveva soccombere. Se ne prese cura e, quando l’animale fu cresciuto,
ogni volta che il sacerdote tornava a casa dal seminario il capretto lo seguiva
dappertutto.
Il Buon Pastore del Vangelo è
colui che si dedica agli altri che gli sono affidati senza misura, oltre il
proprio interesse, fino a dare la vita per loro.
In questa domenica ricordiamo dei
tanti che spendono la propria vita nella cura dei sofferenti, ad esempio dei
malati e dei più anziani. Essi sono profeti per coloro di cui si prendono cura,
perché rivelano lo spirito del Buon
Pastore. Ma anche quelli di cui si prendono cura sono profeti per loro.
Amiamoci dunque!
Sintesi di Mario
Ardigò, per come ha compreso le parole del celebrante
Sintesi dell’omelia della
Messa delle undici
Nel tempo di Pasqua le comunità
cristiane cercano di approfondire l’incredibile realtà aperta dalla
Resurrezione, attraverso la morte del Signore, salito sulla Croce per dare la
vita per noi.
La pietra scartata dai costruttori
è diventata pietra d’angolo, come è stato proclamato nella prima lettura,
sono parole dell’apostolo Pietro, e abbiamo recitato nel ritornello del salmo
responsoriale.
Gesù, salendo sulla Croce, ha dato la vita per noi per darci una nuova
vita, non la vita di prima, ma la pienezza della vita. E’ nel suo nome, il nome
santo, che abbiamo la vita. Secondo l’uso semitico, degli antichi ebrei, il
nome non era solo una sigla con cui si designava una persona, ma rappresentava
la realtà intima, vera di essa.
Gesù ci ha dato la vita nuova di figli di Dio, come si legge nella
seconda lettura, di san Giovanni. Egli ci guida alla pienezza di quella vita.
“noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che
saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà
manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è.”, abbiamo proclamato
in quella lettura.
Gesù
ci guida, come ci ha insegnato, al modo di un Buon Pastore. Egli ha detto di essere il Buon Pastore.
Ai tempi nostri pensiamo al pastore come ad un
artigiano dell’allevamento, che cura le pecore per farne commercio e
guadagnarsi da vivere.
Nell’antichità
del Vicino Oriente il titolo di pastore del popolo era però attribuito ai re. E’ in questo senso che lo usa Gesù. Ma nell’immagine
del re come pastore del suo popolo c’era l’idea di un capo che dominava sugli
altri. Tuttavia Gesù aggiunge di essere
il Buon pastore. E’ buono il pastore che non pensa al proprio interesse,
ma al bene del gregge, e che arriva a dare la vita per il gregge. Egli va a
ricercare le pecore perdute e difende il gregge dalle minacce, mentre il
pastore mercenario, quello che alleva nel proprio interesse, fugge quando le
cose si mettono male.
Il Buon
Pastore dando la vita per noi ci ha dato pienezza della vita e ci ha fatto figli di
Dio. Siamo quindi figli di re, addirittura del Creatore, il re al di sopra
di ogni re: da ciò deriva la nostra grande
dignità. Tutta la morale della vita cristiana dipende da questo, dal voler
essere all’altezza di quella dignità.
Il Buon
pastore conosce le pecore e queste ultime conoscono lui. Nell’uso semitico il verbo conoscere definisce una relazione molto intima. Gesù conosce ciascuno di noi e noi, nella
preghiera e in tutta la nostra spiritualità, cerchiamo di conoscere lui sempre meglio.
L’immagine di Gesù Buon Pastore è molto
antica. La troviamo nell’arte paleo-cristiana, ad esempio negli antichi
mosaici. Gesù vi è raffigurato come un pastore con una pecora sulle spalle. Anche
sul frontale della chiesa parrocchiale si è deciso di dipingere il gregge che
va verso il suo Signore come verso il Buon Pastore.
Spesso,
nel corso dei secoli, si è ironizzato sul fatto che i cristiani si definiscono gregge guidato dal Buon Pastore. Però queste critiche non colgono il senso vero dell’immagine
del gregge. Essa va compresa a partire da
quella del Buon Pastore, che Gesù ha attribuito a se
stesso. Siamo suo gregge non nel senso che nella vita agiamo con spirito
gregario, di pecora, ma nel senso che abbiamo una relazione molto intima,
profonda con lui, con lui che ci conduce verso la pienezza della vita. Aneliamo
a rimanere uniti con lui, ad essere suo gregge,
per avere da lui la pienezza della vita.
Siamo gregge anche nel senso che viviamo la nostra fede
con gli altri, in una comunità. C’è chi pensa di poter vivere la propria fede
in un rapporto personale e solitario con
il Signore, escludendo gli altri. Non è possibile. Certo, si possono cercare
momenti di raccoglimento interiore, di preghiera personale, ma limitarsi a questo
è come voler vivere in famiglia solo nei momenti in cui in casa non c’è
nessuno, perché tutti sono fuori. Gesù, Buon
Pastore, ci guida ad essere un unico
gregge. Ascoltando la sua voce impariamo la via della dedizione agli altri,
a dare la nostra vita per gli altri. In particolare è quello che fanno i
sacerdoti: questa domenica è per tradizione dedicata alla vocazioni. E’ questo
il cammino sul quale Gesù Buon Pastore ci conduce.
Chi siamo noi cristiani? Siamo gregge del Buon
Pastore, vale a dire persone amate che ricevono la vita da colui che le conduce.
Sintesi di Mario
Ardigò, per come ha compreso le parole del celebrante
Avvisi di A.C.
- la riunione infrasettimanale
del gruppo parrocchiale di AC si terrà martedì 24-4-18, alle ore 17, in sala
rossa.