Crisi istituzionali e bene comune
Uno dei principali
apporti del cattolicesimo democratico italiano alla nostra nuova democrazia repubblicana
è stato quello del concetto di Stato come bene comune. L'idea di quest'ultimo
venne elaborato dalla Scolastica medievale, quando la costruzione istituzionale
dello Stato moderno era ancora molto di là da venire. Si tratta di ciò che
favorisce il pieno sviluppo della persona umana e dei suoi mondi vitali: la
buona terra dove il seme del seminatore porta frutto, "il trenta, il
sessanta e il cento per uno". E chi è addentro a queste cose avrà capito a
che cosa mi riferisco.
Ma lo stato moderno non è stato costruito su
quel principio, bensì su un principio di razionalizzazione del pluralismo
medievale. Si persegue la potenza.
Nell'Ottocento vi si aggiunse la mistica
nazionalistica, del popolo visto come entità soprannaturale con un proprio
destino, a servizio del quale venne posto lo Stato. Questa concezione
infiammò, ad esempio, il mazzinianesimo e fu la base ideologica proposta per
sorreggere spiritualmente il nostro irredentismo e i sacrifici di sangue che
comportò, per il modo in cui venne attuato, portando la guerra non solo contro
l'occupante austriaco ma contro gli altri regni italiani, italiani che
massacrarono italiani per "fare l'Italia grande di nuovo".
Fu alla base anche della dottrina dello Stato
elaborata dai teorici del fascismo mussoliniano, che non fu solo Mussolini come
la storiografia più recente, a partire da De Felice, ritiene.
La si ritrova anche nel pensiero politico
almirantiano che, ad un certo punto, si distaccò esplicitamente dal fascismo
mussoliano, pur conservandone una certa spiritualità. Un processo che,
attraverso l'era finiana, ci porta al ceto di governo dei nostri giorni, nel
quale l'abbandono dell'ideologia fascista storica è ormai quasi completato, mi
pare. Ai giovani viene ora proposta la spiritualità tolkieniana, che è
praticamente l'opposto di quella del fascismo storico.
Ma che ne è dello Stato? Con tutta evidenza
non vi è adesione al modello di Stato come bene comune.
Secondo l'idea dello Stato come bene
comune, lo Stato non sovrasta prevaricando ma soccorre, lasciando
crescere dove il buon seme cresce e prendendosi cura della metaforica vigna con
lo spirito dell'agricoltore. E' il principio di sussidiarietà che altro non è
che uno sviluppo del principio del bene comune.
Quanto è comune il "bene comune"?
Nella visione del cattolicesimo democratico, molto: riguarda l'intera umanità,
secondo una visione che risente dell'impostazione religiosa cristiana. E'
un'idea che si adatta bene alla situazione attuale del Pianeta: dove la
sopravvivenza di oltre otto miliardi di persona dipende dal mantenimento di
buone relazioni globali, in un mondo in cui, ad esempio, gran parte delle cose
di nostro uso comune ci viene dagli antipodi.
Anche i problemi dell'immigrazione vengono
considerati in quest'ottica, del resto facendo tesoro della lezione che ci
viene dalla storia, che dimostra come l'assimilazione convenga di più del vano
tentativo di costruire barriere. La storia della Lombardia ne è un esempio
avvincente. La regione italiana più ricca ci viene da un'invasione da parte di
una popolazione originaria della Svezia. Ci integrammo talmente con loro che,
come ha ricordato l'altro giorno Barbero, ad un certo punto tutti in Italia si definivano
Longobardi e questi ultimi parlavano il latino dell'Alto medioevo, non più gli
idiomi originari. E nel Medioevo non si aveva consapevolezza di una
"caduta" dell'Impero romano d'Occidente, che appariva essere ancora
in piedi, nei re Longobardi e Franchi.
L'idea
di bene comune serve per dare criteri di azione politica. Nella visione
cattolico- democratica non è concepito con mentalità "condominiale".
Che cosa serve perché io "e" l'altro
possiamo svilupparci come persone? Diciamo: per essere felici. La felicità,
badate, è stata fin dall'inizio un elemento importante della mentalità
democratica moderna e infatti la troviamo nella Dichiarazione
d'Indipendenza degli Stati Uniti d'America.
Ma possiamo essere veramente
"felici" in un mondo in cui tanti non lo sono e in cui proprio tra
loro ci procuriamo ciò che ci fa "felici", in sostanza depredandoli
(la storia degli Stati Uniti d'America è fatta anche di questo e oggi sembra
riproposta nel progetto di annettersi la Groenlandia, volenti o non volenti i
nativi)?
L'evoluzione delle democrazie contemporanee è
andata nel senso, in particolare con l'istituzione delle Nazioni Unite, di
ritenere che la felicità o è globale o è effimera. Anche qui, la tremenda
nostra storia, in particolare quella del Novecento, ci è stata maestra.
Come c'entra tutto questo con quello che si
agita e ci agita in questi giorni?
C'entra. Se lo stato è strumento del bene
comune, dobbiamo prendercene cura come fa l'agricoltore nel campo e, nel
servizio di stato, questo si fa sia rispettando le competenze degli uffici sia
impersonando uno Stato che soccorre, supporta, non prevarica e utilizza la
forza solo quando indispensabile e in modo da non offendere la dignità della
persona.
E' chiaro che d'oltreoceano ci stanno venendo
esempi in altra direzione. E lo si fa prefigurando una nuova "età
dell'oro". Fin da ragazzo ho trovato straordinario, in questo, il
magistero che ci viene dal "Pinocchio" del nostro Collodi, nel brano
della semina degli zecchini dalla quale il burattino, non ancora trasformato in
essere umano, crede si possa ricavare l’albero degli zecchini, e invece viene
derubato di quelli che aveva. E "chi semina vento, raccoglie
tempesta", dice il proverbio.
C'è un
momento, individuabile nel corso degli eventi, in cui si sta come con il fiato
sospeso perché potrebbe mettersi per il peggio, ma anche no.
Siamo in uno di questi momenti.
Da noi
i costituenti hanno voluto costituire un magistero supremo per
consigliare e indirizzare in momenti come questi: è quello del Presidente della
Repubblica, che presiede anche il nostro Consiglio superiore della
magistratura.
L'esortazione che vorrei fare a tutte le
persone che si trovano in posti dove possono decidere il corso degli
eventi è di ricorrervi. Si è ancora in tempo per evitare il peggio. E' un
appello un po' in linea con quello che il papa Pio 12° lanciò, con il
radiomessaggio del 24 agosto 1939, per scongiurare una nuova guerra mondiale.
Sappiamo come finì. I nazisti tedeschi decisero per la guerra e l'anno
successivo in nostri fascisti ci tirarono dentro quel massacro.
Mario Ardigò
- Azione Cattolica in San Clemente papa
- Roma, Monte Sacro, Valli