Fede personale e culture cristiane
Su segnalazione di un amico, sto leggendo del biblista Romano Penna, che ci ha lasciati il mese scorso, L’ambiente storico-culturale delle origini cristiane. Una documentazione ragionata, EDB 2018, disponibile solo in formato cartaceo. Ne emerge un forte radicamento della vita e del magistero del Nazareno nella Palestina del suo tempo, sotto dominazione romana, attraversata da effervescenti movimenti a carattere politico-religioso anche molto violenti, percorsa da bande armate di banditi, caratterizzata da scontri di culture popolari e religiose etniche e da instabilità politica, funestata dalla spietata repressione degli occupanti romani, nella quale era ancora vivissimo il conflitto del giudaismo, centrato intorno ai riti liturgici del Tempio di Gerusalemme e al Sinedrio giudaico di quella città, con le culture derivate dall’ ellenismo, che tuttavia esercitano una forte influenza sul giudaismo vivo tra le comunità di emigranti stanziate nel resto del Vicino Oriente, in Grecia e a Roma, l’ambiente culturale da cui scaturirono gli scritti del Nuovo Testamento.
Nella fede personale come viene vissuta, pensata, comunicata e celebrata nelle culture cristiane del mondo di oggi c’è però molto altro, qualcosa di molto importante senza il quale non le riconosceremmo come cristiane.
Spesso se ne parla come di “incrostazioni” che si sarebbero sovrapposte all’ originario vangelo e che, per ricollegarsi a quest’ultimo, si dovrebbero scostare e mettere in un canto, come quando si scava per riportare alla luce un reperto archeologico e cautamente si toglie la terra intorno per estrarre l’oggetto antico che vi è imprigionato.
In questo è molto sensibile l’influenza del metodo teologico, diretto a individuare verità, vale a dire enunciati fondamentali riconducibili all’originario insegnamento del Maestro considerati come indiscutibili e non negoziabili, per poi costruirvi sopra una religione e la legittimazione del potere ecclesiastico. La forza veritativa di un enunciato si considera tanto più rilevante quanto più è risalente alle origini e quanto più vasta è la condivisione sociale del fatto che risalga agli insegnamenti del Maestro e che, quindi, rientri tra i suoi comandi.
È stato notato che noi facciamo antropologia religiosa sulle religioni delle culture delle popolazioni del nostro tempo che consideriamo primitive, ma esitiamo a studiare sotto questo profilo i cristianesimi, in particolare quello delle origini, tanto importanti per le teologie cristiane.
Tutto ciò si riflette nella formazione religiosa popolare, che, da un lato, tralascia di considerare tutta la storia seguita ai contesti neotestamentari, salvo che nelle narrazioni agiografiche, dall’altro, nel considerare quegli ambienti culturali, ne tratta secondo impostazioni mitiche influenzate dalle teologie di molto successive.
Si è osservato che l’essenziale del cristianesimo è Cristo, ed è un’affermazione suggestiva: la nostra fede personale, si insegna, deve trovare una relazione con Cristo. Le scuole di spiritualità indicano vari metodi per arrivarci. Questi metodi sono però, a ben vedere, costruzioni culturali mediante le quali si trova solo ciò che si è deciso di trovare, come in genere accade in molte altre cose della nostra vita. Sono espressione delle nostre radici culturali, quindi dei nostri mondi vitali, a partire dai contesti di famiglia nei quali siamo cresciuti. Lì dove ricaviamo il senso dell’esistenza. Questo è molto sensibile, ad esempio, nei rituali, liturgici e non, che caratterizzano, nelle varie società inculturate dai cristianesimi, le festività natalizie.
Insomma, a ben vedere, la nostra fede è molto più radicata nel nostro presente sociale che in antichità spesso solo immaginate, e nella misura in cui sono immaginate anche mitizzate.
Penso che darne una certa consapevolezza fin dalla formazione che si fa nell’adolescenza, quando alle superiori si comincia a studiare un po’ più approfonditamente la storia, sia cruciale per poi diventare persone capaci di continuare a inculturare forme di cristianesimo nelle società in cui sono immerse, insomma per farle vivere. Ma questo di solito non si fa. In genere si preferisce occuparsi solo di spiritualità a sfondo mitico e questo può essere considerato uno dei più importanti fattori della crisi dei cristianesimi del nostro tempo, in particolare nell’Europa occidentale, molto più della cosiddetta secolarizzazione, che, come si sta cominciando a constatare, appare un fenomeno recessivo.
Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli
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