Spiritualità democratica
La pratica di
una spiritualità personale fu uno dei fattori di successo dei cristianesimi al tempo
in cui si affermarono sulle antiche religioni politeistiche diffuse intorno al
bacino del Mediterraneo. Questo tipo di religiosità era da molto tempo già
diffuso in Asia. Una delle sue caratteristiche è che è svincolata dal legame a
un popolo e a un territorio. Sotto questo aspetto i cristianesimi presero a
differenziarsi marcatamente dagli antichi giudaismi. Riflessi di questa impostazione
si avvertono anche nella nostra Costituzione repubblicana, entrata in vigore
nel 1948 ed elaborata con il contributo determinante dei cristiani democratici
tra il 1946 e il 1947.
In particolare, la parola “Nazione” è menzionata solo tre volte: nell’art.9, a
proposito del paesaggio e del patrimonio storico e artistico, nell’art.67, per
dire che i membri del parlamento non sono i rappresentanti solo delle persone
che li hanno eletti o dei loro partiti politici, nell’art.98, per stabilire che
i pubblici impiegati non sono al servizio solo di chi li ha assunti. Sotto il
precedente regime fascista, invece, l’idea di nazione permeava ogni aspetto
della vita pubblica ed era costitutivo della condizione del cittadino. Lo si
era in quanto parte della nazione, alla quale tutto era dovuto. Su di ciò si
era costruita una vera e propria mistica, vale a dire una forma di spiritualità,
che venne completamente abbandonata con il passaggio alla democrazia, dopo la
sconfitta e scioglimento del regime mussoliniano, prodottisi in una fase molto
cruenta della Seconda guerra mondiale tra il luglio del 1943 e l’aprile del
1945.
Per “Nazione” si intendono popolazioni accumunate
da una lunga storia che le ha portate a condividere alcuni importanti elementi culturali
e a esprimere anche istituzioni politiche di vertice. Ma, in definitiva, sono
le esigenze politiche che portano a delimitare i fattori determinati per
definire ciò in cui una nazione consiste. Però la cosa viene presentata come se
fosse anche correlata a una certa consanguineità, quindi come a un fatto
naturale, di stirpe. Questo per cercare di sacralizzare, rendendoli
immodificabili, gli elementi distintivi della nazione. Storicamente la “nazionalizzazione”
si è fatta anche legandola a una fede religiosa, in Europa in particolare ai cristianesimi.
Questo connotato, come detto, mancava del tutto alle origini.
E’ facile capire che gli elementi che di
solito vengono ritenuti essenziali per essere nazione non sono considerati tali
per la nostra costituzione, in particolare l’etnia, la religione, la lingua. Se
ne tratta nell’art.3, che al primo comma fa:
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale
e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di
lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
A che cosa legare una spiritualità
repubblicana, allora?
Fondamentalmente a un complesso di valori
che riguardano le relazioni sociali, in particolare uguaglianza in dignità e
solidarietà, alle quali poi conseguono caratteristiche delle istituzioni
politiche. Un valore è un
orientamento d’azione che si ritiene di forza prevalente sugli altri principi.
Lo si può poi giustificare in vario modo, in particolare con il ricorso a miti.
L’idea di democrazia, in sé, ha natura di
mito, e qui per mito non deve pensarsi a una fantasia infondata, ma alla
spiegazione semplificata del senso di una esperienza di vita importante. Tutte
le religioni, va detto, hanno prevalente natura mitologica, ma, appunto, non
per questo sono false. Non esisterebbero società senza miti. L’animo umano non
ne può fare a me. Il mito democratico ha però questo di particolare: se ne può
fare esperienza pratica, attiva e partecipe, quindi da protagonisti, nelle
relazioni con gli altri, come avviene anche nelle religioni quando non si
risolvono solo in un fatto interiore o nel semplice sottomettersi. E’ strettamente
legato alla costruzione sociale. L’orizzonte è quello di una pacificazione
sociale benevola, tanto lontana dalle spietate leggi di natura, dalle quali
biologicamente emergiamo e nella spiritualità talvolta cerchiamo di affrancarci.
Su di ciò si può costruire anche una forma di spiritualità democratica, che
significa prendere sul serio i valori democratici, interiorizzarli, farsene
attuatori su ogni scala, fin da quella della famiglia e, naturalmente, anche nell’esperienza
ecclesiale. Nella nostra Chiesa, però, essi sono ancora veramente negletti e
ciò, talvolta, viene addirittura presentato come una virtù. Ma anche nelle
istituzioni pubbliche si viene manifestando qualcosa del genere e, non a caso, contemporaneamente
alla riproposta del mito della “Nazione”
secondo la vecchia impostazione, che fu anche del fascismo mussoliniano.
Mario
Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli