[2] Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo:
[3] "Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
[4] Beati gli afflitti,
perché saranno consolati.
[5] Beati i miti,
perché erediteranno la terra.
[6] Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
[7] Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
[8] Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
[9] Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
[10] Beati i perseguitati per causa della giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.
[11] Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia.
[12] Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi.
[9] Lo si poteva vendere a caro prezzo per darlo ai poveri!".
[10] Ma Gesù, accortosene, disse loro: "Perché infastidite questa donna? Essa ha compiuto un'azione buona verso di me.
[12] Versando questo olio sul mio corpo, lo ha fatto in vista della mia sepoltura.
[13] In verità vi dico: dovunque sarà predicato questo vangelo, nel mondo intero, sarà detto anche ciò che essa ha fatto, in ricordo di lei".
L’unzione di Betania - mosaico dell’artista
gesuita padre Marko Ivan Rupnik
Gesù vi è rappresentato seduto in trono
con una stola che rappresenta il sacerdozio. La donna versa sul capo di Gesù
l’olio profumato e ha un asciugamano che arriva fino ai piedi di Gesù,
richiamando l’episodio della lavanda dei piedi e quindi il dono di sé nel
servizio. Tiene una mano sul cuore, perché è col cuore che capisce chi è Gesù.
Come erano i cuori dei protagonisti
dell’episodio intorno a Gesù?
I cuori dei sacerdoti e degli
anziani: si mettono insieme per far morire Gesù. Vedono in lui
l’avversario da far fuori, non il messaggio di Dio che giunge loro attraverso
Gesù. Hanno cuori impuri perché centrati su sé stessi.
I cuori dei discepoli: i
discepoli si sdegnarono al gesto della donna, anche loro avevano cuori impuri,
perché non andavano oltre le proprie esigenze e non capivano che la donna aveva
agito in quel modo perché aveva compreso Gesù.
La donna, raffigurata da padre Lutvik con una mano sul
cuore, ha invece un cuore puro, con il quale ha capito tutto. Il suo gesto di
versare l’unguento su Gesù è un’anticipazione: Gesù si sta preparando a donare
tutta la sua vita per la nostra salvezza; vede in Gesù il Messia, il Salvatore,
e comprende il senso della sua missione. La donna ha un cuore puro nel
senso di convertito. In lei l’umanità non è una barriera
all’incontro con Dio. Solo con uno sguardo puro è
possibile riconoscere Gesù nei fratelli e nei segni della storia.
Poveri in spirito!
2.1 Per l’altra Beatitudine, quella dei poveri in spirito, siamo partiti dal riflettere sulla povertà.
Nel 2000, gli stati membri dell’Organizzazione
delle Nazioni Unite si proposero, con una Dichiarazione di fine millennio, otto obiettivi da raggiungere entro quindic
anni:
1. - sradicare la povertà estrema e la
fame nel mondo;
2. - rendere universale l'istruzione
primaria;
3. - promuovere la parità dei sessi e
l'autonomia delle donne;
4. - ridurre la mortalità infantile;
5. - ridurre la mortalità materna;
7. - garantire la sostenibilità ambientale;
8. - sviluppare un partenariato mondiale
per lo sviluppo.
Sono stati ottenuti
risultati importanti.
La denutrizione si è
ridotta dal 23,3% al 12,9%;
la povertà estrema si è
ridotta dal 47% al 14% (da un miliardo e novecentomila persone a
ottocentotrentaseimila);
la mortalità infantile si
è ridotta al 91 per mille al 43 per mille.
Nel 2014 il Papa ci ha
esortati ad un conversione verso i poveri,
per venire incontro alla loro necessità materiali e spirituali.
La Costituzione italiana impegna le
istituzioni pubbliche, e innanzi tutto lo Stato, a promuovere l’uguaglianza
sostanziale delle persone, vale a dire a rimuovere ciò che le ostacola nel loro pieno sviluppo e nell’effettiva
partecipazione all’organizzazinoe politica, economica e sociale. Nella stessa
linea è la Costituzione sociale dell’Unione Europea, contenuta nella Carta di
Nizza, che, con il Trattato di Lisbona, nel 2009 è divenuta legge vigente negli
stati dell’Unione.
L’Italia ha recentemente approvato una legge
contro la povertà e per favorire l’inclusione sociale che va in quella direzione. Si
vuole gradualmente raggiungere, attraverso un programma pluriennale tutti i
poveri, a cominciare da quelli in condizione di povertà assoluta,
impossibilitati ad acquisire beni o servizi indispensabili, e poi dai
lavoratori disoccupati, dagli anziani, , dalle donne incinte, per far loro
vivere una vita dignitosa. Si vuole promuovere i reinserimento dei nuclei
familiari nella società civile attraverso un progetto personalizzato per uscire
dall’esclusione sociale, in particolare
mediante l’educazione e l’inserimento nel mondo del lavoro . E’ previsto un reddito di inclusione sociale, che verrà
attuato da successive norme di legge la cui approvazione è stata delegata al Governo. L’Italia è l’ultimo stato dell’Unione Europea
ad aver approvato queste misure.
2.2 Ma chi è il povero in spirito del Discorso della Montagna? Nell’ebraico
biblico il povero è l’ ‘anawim,
parola che deriva da anah che significa andare giù: l’ ‘anawim è quindi il povero oppresso, umiliato, piegato
a un’inferiorità sociale, ma anche fisica. Egli ha Dio come difensore: Dio lo
ascolta e va in suo aiuto; questo dà una connotazione religiosa alla povertà. E’ una povertà che significava anche essere fragili e senza
importanza, ed anche oppresso dai ricchi, soprattutto dai
proprietari terrieri dell’epoca. E’ una
povertà che è anche definita dalla parola ebraica ebyon, che significa bisognoso, sfruttato in senso economico.
Gli antichi profeti si scagliarono contro i soprusi verso i poveri; furono
molto duri con chi opprimeva i poveri. Nello stesso tempo prefigurarono la
speranza di tempi nuovi, in cui tale oppressione fosse eliminata. Nella Legge,
la Torà, si tutela chi è povero in senso
economico, con periodici condoni nei giubilei.
Era prescritto di fermare lo sfruttamento della terra nel settimo anno, in modo
che i bisognosi potessero coltivarla gratuitamente.
Nel libro biblico della Sapienza,
nell’Antico Testamento, si propone
una forte contrapposizione tra ricchezza e povertà.
Si criticano i ricchi che arricchiscono senza tener conto dei poveri. Si
insegna che Dio difense il povero e che quest’ultimo può contare sul suo aiuto
e la sua misericordia. Anche nel più
antico libro biblico, quello dell’Esodo,
nell’Antico Testamento, è scritto che
Dio viene in soccorso delle vedove e deli orfani, vale a dire di poveri in
senso economico e sociale.
Gesù
promette il Regno a chi è nel bisogno, e non solo in senso economico ma anche
sociale, quindi anche ai disprezzati,
ai malati ai soli.
Tuttavia egli non sacralizza la condizione sociale della povertà. Nel suo
insegnamento il povero è visto come una persona che vuole migliorare e
liberarsi dalla povertà. Proclama Beati coloro che sono curvi davanti a Dio in attesa di soccorso, coloro che si
riconoscono in stato di povertà
esistenziale, quindi in senso morale,
spirituale: si tratta di povertà metaforica (metafora=similitudine è una povertà come condizione spirituale simile a quella che vive chi è anche povero in senso materiale), di chi vive riconoscendosi in una condizione
precaria in cui dipende in tutto da Dio e non da sé stesso. Nel greco
evangelico si utilizza, per indicare il povero, la parola ptòchos, che definisce color
che non hanno famiglia, lavoro stabile, onore, i miseri, le prostitute, i ladri,
i mendicanti, coloro
che vivono di ciò che gli danno gli altri. Si tratta di una condizione non
scelta, ma in cui ci si è trovati nella via. Per paradosso, questi poveri, nel senso di ptòchos, sono beati, vale a dire onorabili, degni di onore non solo felici, degni agli occhi di Dio. Nel greco evangelico, in termine dell’ebraico
antico ‘anawim (curvo di fronte a Dio), si traduce con ptòchos: si tratta dei poveri di Dio, i quali diventano automaticamente cittadini
del Regno. Essi decidono di affidare la loro vita alla cura di Dio, di mettersi
totalmente nelle sue mani. Prendono la decisione di mostrare la propria
debolezza di fronte a Dio: nessuno infatti può darsi da sé la felicità. In
questo modo si riconosce il valore che Dio ci dà nella nostra miseria, in
ciò che già ora siamo. Questo cambia il rapporto con gli altri: tutti siamo
feriti, ma amati da Dio. Non è facile accostarsi ai poveri e alla loro povertà:
occorre riconoscere la comune povertà.
L’assistente ecclesiastico, a questo punto, ci
ha proposto di riflettere su questo brano dell’esortazione apostolica La gioia del Vangelo, del 2013, di papa
Francesco:
[196-199]
196. A volte
siamo duri di cuore e di mente, ci dimentichiamo, ci divertiamo, ci estasiamo
con le immense possibilità di consumo e di distrazione che offre questa
società. Così si produce una specie di alienazione che ci colpisce tutti,
poiché «è alienata una società che, nelle sue forme di organizzazione sociale,
di produzione e di consumo, rende più difficile la realizzazione di questa
donazione e la formazione di quella solidarietà interumana».
Il posto
privilegiato dei poveri nel Popolo di Dio
197. Nel cuore
di Dio c’è un posto preferenziale per i poveri, tanto che Egli stesso «si fece
povero» (2 Cor 8,9). Tutto
il cammino della nostra redenzione è segnato dai poveri. Questa salvezza è
giunta a noi attraverso il “sì” di una umile ragazza di un piccolo paese
sperduto nella periferia di un grande impero. Il Salvatore è nato in un
presepe, tra gli animali, come accadeva per i figli dei più poveri; è stato
presentato al Tempio con due piccioni, l’offerta di coloro che non potevano permettersi
di pagare un agnello (cfr Lc 2,24; Lv 5,7); è cresciuto in una casa di
semplici lavoratori e ha lavorato con le sue mani per guadagnarsi il pane.
Quando iniziò ad annunciare il Regno, lo seguivano folle di diseredati, e così
manifestò quello che Egli stesso aveva detto: «Lo Spirito del Signore è sopra
di me; perché mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai
poveri il lieto annuncio» (Lc 4,18).
A quelli che erano gravati dal dolore, oppressi dalla povertà, assicurò che Dio
li portava al centro del suo cuore: «Beati voi, poveri, perché vostro è il
Regno di Dio» (Lc 6,20); e
con essi si identificò: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare», insegnando
che la misericordia verso di loro è la chiave del cielo (cfr Mt 25,35s).
198. Per la Chiesa
l’opzione per i poveri è una categoria teologica prima che culturale,
sociologica, politica o filosofica. Dio concede loro «la sua prima
misericordia». Questa preferenza
divina ha delle conseguenze nella vita di fede di tutti i cristiani, chiamati ad
avere «gli stessi sentimenti di Gesù» (Fil 2,5). Ispirata da essa, la Chiesa ha
fatto una opzione per i
poveri intesa come una «forma
speciale di primazia nell’esercizio della carità cristiana, della quale dà
testimonianza tutta la tradizione della Chiesa». Questa opzione – insegnava Benedetto XVI –
«è implicita nella fede cristologica in quel Dio che si è fatto povero per noi,
per arricchirci mediante la sua povertà». Per questo desidero una Chiesa povera
per i poveri. Essi hanno molto da insegnarci. Oltre a partecipare del sensus fidei, con le proprie
sofferenze conoscono il Cristo sofferente. È necessario che tutti ci lasciamo
evangelizzare da loro. La nuova evangelizzazione è un invito a riconoscere la
forza salvifica delle loro esistenze e a porle al centro del cammino della
Chiesa. Siamo chiamati a scoprire Cristo in loro, a prestare ad essi la nostra
voce nelle loro cause, ma anche ad essere loro amici, ad ascoltarli, a comprenderli
e ad accogliere la misteriosa sapienza che Dio vuole comunicarci attraverso di
loro.
199. Il nostro
impegno non consiste esclusivamente in azioni o in programmi di promozione e
assistenza; quello che lo Spirito mette in moto non è un eccesso di attivismo,
ma prima di tutto un’attenzione rivolta
all’altro «considerandolo come un’unica cosa con se stesso». Questa attenzione d’amore è l’inizio
di una vera preoccupazione per la sua persona e a partire da essa desidero
cercare effettivamente il suo bene. Questo implica apprezzare il povero nella
sua bontà propria, col suo modo di essere, con la sua cultura, con il suo modo
di vivere la fede. L’amore autentico è sempre contemplativo, ci permette di
servire l’altro non per necessità o vanità, ma perché è bello, al di là delle
apparenze. «Dall’amore per cui a uno è gradita l’altra persona dipende il fatto
che le dia qualcosa gratuitamente». Il povero, quando è amato, «è considerato
di grande valore», e questo differenzia l’autentica opzione per i poveri da qualsiasi
ideologia, da qualunque intento di utilizzare i poveri al servizio di interessi
personali o politici. Solo a partire da questa vicinanza reale e cordiale
possiamo accompagnarli adeguatamente nel loro cammino di liberazione. Soltanto
questo renderà possibile che «i poveri si sentano, in ogni comunità cristiana,
come “a casa loro”. Non sarebbe, questo stile, la più grande ed efficace
presentazione della buona novella del Regno?». Senza l’opzione preferenziale per i
più poveri, «l’annuncio del Vangelo, che pur è la prima carità, rischia di
essere incompreso o di affogare in quel mare di parole a cui l’odierna società
della comunicazione quotidianamente ci espone».
L’esortazione apostolica La gioia del Vangelo, ha concluso
l’assistente ecclesiastico, sostiene che
i poveri hanno qualcosa da insegnarci e ci vinta a farci evangelizzare
da loro, per essere come loro davanti a Dio, per avere valore davanti a lui.
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte
Sacro, Valli.
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