L’evoluzione
della storia animata da formazioni sociali
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Altiero Spinelli (foto da Web) |
[dal Manifesto di Ventotene, scritto nel 1941 da Altiero Spinelli, Ernesto
Rossi ed Eugenio Colorni]
La civiltà moderna ha posto come proprio fondamento il principio della
libertà, secondo il quale l'uomo non deve essere un mero strumento altrui, ma
un autonomo centro di vita. Con questo codice alla mano si è venuto imbastendo un grandioso processo storico […]
2.Si è affermato l'uguale
diritto per i cittadini alla formazione della volontà dello stato. Questa
doveva così risultare la sintesi delle mutevoli esigenze economiche e
ideologiche di tutte le categorie sociali liberamente espresse. Tale organizzazione politica ha permesso di
correggere, o almeno di attenuare, molte delle più stridenti ingiustizie
ereditarie dai regimi passati. Ma la libertà
di stampa e di associazione e la progressiva estensione del suffragio
rendevano sempre più difficile la difesa dei vecchi privilegi mantenendo il
sistema rappresentativo. I nullatenenti
a poco a poco imparavano a servirsi di questi istrumenti per dare l'assalto
ai diritti acquisiti dalle classi abbienti; le imposte speciali sui redditi non guadagnati e sulle successioni, le
aliquote progressive sulle maggiori fortune, le esenzioni dei redditi minimi, e
dei beni di prima necessità, la gratuità della scuola pubblica, l'aumento delle
spese di assistenza e di previdenza sociale, le riforme agrarie, il controllo
delle fabbriche, minacciavano i ceti privilegiati nelle loro più
fortificate cittadelle.
Anche i ceti privilegiati che avevano consentito all'uguaglianza dei
diritti politici non potevano ammettere che le classi diseredate se ne
valessero per cercare di realizzare quell'uguaglianza di fatto che avrebbe dato
a tali diritti un contenuto concreto di effettiva libertà. Quando, dopo la
fine della prima guerra mondiale, la minaccia divenne troppo forte, fu naturale che tali ceti applaudissero
calorosamente ed appoggiassero le instaurazioni delle dittature che toglievano
le armi legali di mano ai loro avversari.
D'altra parte la formazione di giganteschi complessi industriali e
bancari e di sindacati riunenti sotto un'unica direzione interi eserciti di
lavoratori, sindacati e complessi che premevano sul governo per ottenere la
politica più rispondente ai loro particolari interessi, minacciava di dissolvere
lo stato stesso in tante baronie economiche in acerba lotta tra loro.
Gli ordinamenti democratico liberali, divenendo lo strumento di cui questi
gruppi si valevano per meglio sfruttare l'intera collettività, perdevano sempre
più il loro prestigio, e così si
diffondeva la convinzione che solamente lo stato totalitario, abolendo la
libertà popolare, potesse in qualche modo risolvere i conflitti di interessi
che le istituzioni politiche esistenti non riuscivano più a contenere.
Di fatto poi i regimi totalitari
hanno consolidato in complesso la posizione delle varie categorie sociali nei
punti volta a volta raggiunti, ed hanno precluso, col controllo poliziesco di
tutta la vita dei cittadini e con la violenta eliminazione dei dissenzienti,
ogni possibilità legale di correzione dello stato di cose vigente. Si è così assicurata l'esistenza del ceto
assolutamente parassitario dei proprietari terrieri assenteisti, e dei
redditieri che contribuiscono alla produzione sociale solo col tagliare le
cedole dei loro titoli, dei ceti monopolistici e delle società a catena che
sfruttano i consumatori e fanno volatilizzare i denari dei piccoli
risparmiatori, dei plutocrati, che, nascosti dietro le quinte, tirano i fili
degli uomini politici, per dirigere tutta la macchina dello stato a proprio
esclusivo vantaggio, sotto l'apparenza del perseguimento dei superiori
interessi nazionali. Sono conservate
le colossali fortune di pochi e la miseria delle grandi masse, escluse
dalle possibilità di godere i frutti delle moderna cultura. E' salvato, nelle
sue linee sostanziali, un regime
economico in cui le risorse materiali e le forze di lavoro, che dovrebbero
essere rivolte a soddisfare i bisogni fondamentali per lo sviluppo delle
energie vitali umane, vengono invece indirizzate alla soddisfazione dei
desideri più futili di coloro che sono in
grado di pagare i prezzi più alti; un
regime economico in cui, col diritto di successione, la potenza del denaro si
perpetua nello stesso ceto, trasformandosi in un privilegio senza alcuna
corrispondenza al valore sociale dei servizi effettivamente prestati, e il
campo delle alternative ai proletari resta così ridotto che per vivere sono
costretti a lasciarsi sfruttare da chi offra loro una qualsiasi possibilità
d'impiego.
Per tenere immobilizzate e
sottomesse le classi operaie, i sindacati sono stati trasformati, da liberi
organismi di lotta, diretti da individui che godevano la fiducia degli
associati, in organi di sorveglianza poliziesca, sotto la direzione di
impiegati scelti dal gruppo governante e ad esso solo responsabili. Se qualche correzione viene fatta a un
tale regime economico, è sempre solo dettata dalle esigenze del militarismo,
che hanno confluito con le reazionarie aspirazioni dei ceti privilegiati nel
far sorgere e consolidare gli stati totalitari.
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Uno dei principali scogli da affrontare e superare nell’affrontare i
problemi dell’umanità contemporanea con animo religioso, per fare nelle società
il lavoro che ci si aspetta dai laici, è quello del considerare il mondo che c’è
intorno prevalentemente sotto il profilo degli individui che lo compongono, non
dei gruppi. Questo ostacola la critica sociale che è al fondo di ogni riforma.
La troviamo, ad esempio, molto forte nell’enciclica Laudato si’, diffusa lo scorso anno; più forte di come mai è stata
prima. E lo è per una particolarità dell'enciclica che la distingue da quasi tutti gli altri
documenti del genere che sono stati diffusi in passato: di fronte ad una
società che non va bene, illumina movimenti
che vi si oppongono; questo il senso delle numerose citazioni di documenti di
conferenze di vescovi di tutto il mondo. E si propone di suscitare un moto popolare che sostenga un cambiamento radicale, un nuovo modello di sviluppo.
[dall’enciclica Laudato si’, del 2015, n.13 e 14 “Il mio
appello”]
La sfida urgente di proteggere
la nostra casa comune comprende la preoccupazione di unire tutta la
famiglia umana nella ricerca di ogni sviluppo sostenibile e integrale, perché
sappiamo che le cose possono cambiare. […] L’umanità ha ancora la capacità di collaborare per costruire la nostra
casa comune […] Rivolgo un invito
urgente a rinnovare il dialogo sul modo in cui stiamo costruendo il futuro del
pianeta. Abbiamo bisogno di un confronto che ci unisca tutti, perché la sfida
ambientale che viviamo, e le sue radici umane, ci riguardano e ci toccano
tutti. Il movimento ecologico mondiale ha già percorso un lungo e ricco
cammino, e ha dato vita a numerose
aggregazioni di cittadini che hanno favorito una presa di coscienza.
L’ecologia di cui si tratta nell’enciclica menzionata è
molto distante dal senso che le si attribuisce nella società intorno a noi,
come un’azione per preservare gli ambienti naturali
dall’azione distruttrice e
inquinatrice delle attività umani, in particolare dell’espansione urbanistica e
dell’industrializzazione. Essa comprende infatti anche la stessa umanità e,
proponendosi un’ecologia umana,
quindi uno sviluppo sostenibile, essa
è essenzialmente politica, e i
movimenti a cui si accenna in quel documento sono politici. Se leggiamo con attenzione la Laudato si’ vi cogliamo l’eco
della critica sociale che troviamo anche nel Manifesto di Ventotene, anche se espressa con terminologia inusuale
nel gergo politico consueto.
[Dall’enciclica Laudato si’, n.139]
Quando parliamo di “ambiente” facciamo riferimento anche a una
particolare relazione: quella tra la natura e la società che la abita. Questo ci impedisce di considerare la
natura come qualcosa di separato da noi
o come una mera cornice della nostra vita. Siamo inclusi in essa, siamo parte
di essa e ne siamo compenetrati. Le ragioni per le quali un luogo viene
inquinato richiedono un’analisi del
funzionamento della società, delle sua economia, del suo comportamento, dei
suoi modi di comprendere la realtà. Data l’ampiezza dei cambiamenti, non è più
possibile trovare una risposta specifica e indipendente per ogni singola parte
del problema. E’ fondamentale cercare soluzioni integrali che considerino le
interazioni dei sistemi naturali tra loro e con i sistemi sociali. Non ci sono
due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e
complessa crisi socio-ambientale. Le direttrici per la soluzione richiedono
un approccio integrale per combattere la povertà, per restituire la dignità
agli esclusi e nello stesso tempo per prendersi cura della natura.
Il Manifesto
di Ventotene e la Laudato si’ presentano significative assonanze, che le
manifestano come parte di un unico movimento
di critica sociale.
Segnalo ad esempio:
[dall’enciclica Laudato si’]
203. Dal momento che il mercato tende a creare un meccanismo
consumistico compulsivo per piazzare i suoi prodotti, le persone finiscono con
l’essere travolte dal vortice degli acquisti e delle spese superflue. Il
consumismo ossessivo è il riflesso soggettivo del paradigma tecno-economico.
[dal Manifesto di Ventotene, nel
brano sopra citato]
E' salvato, nelle sue linee
sostanziali, un regime economico in cui le risorse materiali e le forze di
lavoro, che dovrebbero essere rivolte a soddisfare i bisogni fondamentali per
lo sviluppo delle energie vitali umane, vengono invece indirizzate alla
soddisfazione dei desideri più futili di coloro che sono in grado di pagare i
prezzi più alti.
La politicità del magistero
sociale del Papa è ciò che lo rende veramente capace di indurre il cambiamento
che serve per fronteggiare i problemi dell’umanità contemporanea, non
limitandosi all’appello moralistico ai governanti
che si ritrova nella gran parte
della letteratura del genere, ma sollecitando all’aggregazione sociale per
cambiare le cose. Questo poi comporta che l’azione per il cambiamento sia
realisticamente concepita anche come lotta
tra formazioni sociali.
59. […] Se guardiamo in modo superficiale, al di
là di alcuni segni visibili di inquinamento e di degrado, sembra che le cose
non siano tanto gravi e che il pianeta potrebbe rimanere per molto tempo nelle
condizioni attuali. Questo comportamento evasivo ci serve per mantenere i
nostri stili di vita, di produzione e di consumo. E’ il modo in cui l’essere umano si arrangia per alimentare tutti i
vizi autodistruttivi: cercando di non vederli, lottando per non riconoscerli,
rimandando le decisioni importanti, facendo come se nulla fosse.
207. La Carta della Terra [Carta della
Terra, L’Aja (29 giugno 2000)] ci
chiamava tutti a lasciarci alle spalle una fase di autodistruzione e a
cominciare di nuovo, ma non abbiamo ancora sviluppato una coscienza universale
che lo renda possibile. Per questo oso proporre nuovamente quella preziosa
sfida: «Come mai prima d’ora nella storia, il destino comune ci obbliga a
cercare un nuovo inizio […]. Possa la
nostra epoca essere ricordata per il risveglio di una nuova riverenza per la
vita, per la risolutezza nel raggiungere la sostenibilità, per l’accelerazione
della lotta per la giustizia e la pace, e per la gioiosa celebrazione della
vita».
Nei Paesi che dovrebbero produrre i maggiori
cambiamenti di abitudini di consumo, i giovani hanno una nuova sensibilità
ecologica e uno spirito generoso, e alcuni di loro lottano in modo ammirevole
per la difesa dell’ambiente, ma sono cresciuti in un contesto di altissimo
consumo e di benessere che rende difficile la maturazione di altre abitudini.
Per questo ci troviamo davanti ad una sfida educativa.
209. […]
Tocca i cuori
di quanti cercano solo vantaggi
a spese dei poveri e della terra.
Insegnaci a scoprire il valore di ogni cosa,
a contemplare con stupore,
a riconoscere che siamo profondamente uniti
con tutte le creature
nel nostro cammino verso la tua luce infinita.
Grazie perché sei con noi tutti i giorni.
Sostienici, per favore, nella nostra lotta
per la giustizia, l’amore e la pace.
La politicità del magistero sociale del
Papa è ciò che fa di Jorge Mario Bergoglio uno dei papi più diffamati dai
suoi stessi fedeli: un fenomeno impressionante e non solo sul WEB dove i
discorsi in libertà sono la normalità. Tra i primi e violenti critici del suo
pensiero vi sono stati settori importanti della politica e dell’economia
statunitense, quelli stessi che hanno appoggiato l’ascesa politica del nuovo
presidente statunitense Donald Trump. E, in effetti, gli Stati Uniti d’America,
insieme alle potenze economiche asiatiche, in particolare la Cina continentale,
il Giappone e la Corea del Sud sono al centro del modello di sviluppo criticato
nella Laudato si’. Data l’organizzazione
globale, vale a dire in un sistema di
relazioni che lega tutto il mondo, dell’economia contemporanea, la critica
sociale del magistero sociale del Papa riguarda anche quei potenti sistemi
politico-economici. E vediamo anche che le opinioni politiche del nuovo
presidente statunitense sono particolarmente critiche verso il processo di
unificazione europea e, in particolare, verso le nuove istituzioni europee dell’Unione
Europea, di cui Trump, in dichiarazioni di qualche giorno fa, ha
sostanzialmente auspicato la dissoluzione.
Spesso l’idea di pace e di pacificazione che la dottrina sociale ha manifestato è
apparsa con un senso di compromesso in cui, per amore di pace, le masse di chi stava peggio erano invitate ad
accettare serenamente la loro condizione e ad accettare i miglioramenti che le
classi dominanti, una minoranza, erano
disposte a elargire, a patto di non toccare la loro posizione di egemonia
sociali. Quindi: maggioranze che dovevano sottomettersi a minoranze, l’opposto
dei processi democratici.
[dall’enciclica
Le novità, del 1891, del papa Vincenzo Gioacchino Pecci,
regnante in religione come Leone 13°]
1 -
Necessità delle ineguaglianze sociali e del lavoro faticoso
14. Si stabilisca dunque in primo luogo questo
principio, che si deve sopportare la condizione propria dell'umanità: togliere
dal mondo le disparità sociali, è cosa impossibile. Lo tentano, è vero, i
socialisti, ma ogni tentativo contro la natura delle cose riesce inutile.
Poiché la più grande varietà esiste per natura tra gli uomini: non tutti
posseggono lo stesso ingegno, la stessa solerzia, non la sanità, non le forze
in pari grado: e da queste inevitabili differenze nasce di necessità la
differenza delle condizioni sociali. E ciò torna a vantaggio sia dei privati
che del civile consorzio, perché la vita sociale abbisogna di attitudini varie
e di uffici diversi, e l'impulso principale, che muove gli uomini ad esercitare
tali uffici, è la disparità dello stato. Quanto al lavoro, l'uomo nello stato
medesimo d'innocenza non sarebbe rimasto inoperoso: se non che, quello che
allora avrebbe liberamente fatto la volontà a ricreazione dell'animo, lo impose
poi, ad espiazione del peccato, non senza fatica e molestia, la necessità,
secondo quell'oracolo divino: Sia maledetta la terra nel tuo lavoro;
mangerai di essa in fatica tutti i giorni della tua vita (Gen 3,17). Similmente il dolore non
mancherà mai sulla terra; perché aspre, dure, difficili a sopportarsi sono le
ree conseguenze del peccato, le quali, si voglia o no, accompagnano l'uomo fino
alla tomba. Patire e sopportare è dunque il retaggio dell'uomo; e qualunque
cosa si faccia e si tenti, non v'è forza né arte che possa togliere del tutto
le sofferenze del mondo. Coloro che dicono di poterlo fare e promettono alle
misere genti una vita scevra di dolore e di pene, tutta pace e diletto,
illudono il popolo e lo trascinano per una via che conduce a dolori più grandi
di quelli attuali. La cosa migliore è guardare le cose umane quali sono e nel
medesimo tempo cercare altrove, come dicemmo, il rimedio ai mali.
[…]
Ma la storia insegna che
ogni conquista sociale dell’umanità, in particolare ogni progresso verso l’estensione
del benessere verso le masse che stanno peggio, non si è raggiunta se non a
seguito di una lotta sociale, vale a
dire su uno scontro politico tra gruppi sociali, che
in democrazia si fa in modo non violento, ma si fa e si deve fare, pena non progredire
o addirittura regredire.
La politica, l’azione per il governo e la
trasformazione della società, ha anche un valore religioso, insegna oggi la
dottrina sociale ed è dovere anche religioso del laico di fede impegnarsi nell’azione
politica. Ma nella formazione religiosa la politica in genere non c’è. Da
quando bisognerebbe cominciare? Da molto presto, fin dal primo catechismo, da
quando la persona comincia a vivere in società e comincia a soffrirne o a
ricavarne vantaggi. E’ un’esperienza che si fa fin da piccoli e gli psicologi
dell’infanzia ci raccontano delle tremende sofferenze che si possono vivere
nelle società dei bambini, che a volte ci appaiono sfacciatamente crudeli: è un’esperienza
che, del resto, tutti fanno, da vittime o da persecutori o da semplici
spettatori. Ma il discorso andrebbe molto approfondito con il maturare della
persona e soprattutto con le acquisizioni culturali scolastiche, che mettono in
grado di capire discorsi più complessi su come vanno le cose del mondo e
soprattutto creano una consapevolezza storica. In un movimento democratico per la
riforma della società, tutti sono riformatori e la critica sociale che è al fondo di ogni progetto di riforma parte
dall’osservazione della società e dalla consapevolezza della sua storia. Lo fa
anche Bergoglio, all’inizio della Laudato
sì, nel capitolo che appunto si intitola Quello che sta accadendo alla nostra casa. Si tratta di un’attività
di formazione che non sempre rientra nella capacità dei preti, perché non
sempre rientra nella loro stessa formazione. E questo nonostante che nella storia
recente delle nostre collettività religiose ci sono stati preti maestri in
questo campo e cito ad esempio Romolo Murri, Luigi Sturzo, Primo Mazzolari, Lorenzo
Milani, Ernesto Balducci, Gianni Baget Bozzo e molti altri: preti con un forte
impegno civile che li spingeva alla politica. Un tempo questo era considerato
sconveniente e addirittura osteggiato e punito. Tutti i preti che ho sopra
citato hanno infatti avuto problemi disciplinari. Ai tempi di papa Francesco la
situazione è diversa. Bisognerebbe cogliere l’occasione, ma serve innanzi tutto
un più forte impegno laicale, perché la politica è uno dei campi privilegiati
dell’azione laicale. E, per cominciare, occorrerebbe programmare occasioni
sistematiche di incontro. L’ideale sarebbe farle in un locale con molti libri e
una connessione internet, che sono finestre sul mondo e sulla storia. Non si cambia il mondo da incolti.
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte
Sacro, Valli