Terzo incontro del
ciclo Immìschiati, sulla solidarietà nella dottrina sociale della Chiesa
Dal Compendio della dottrina sociale della
Chiesa (2004)
sul WEB all’indirizzo
http://www.vatican.va/roman_curia/pontifical_councils/justpeace/documents/rc_pc_justpeace_doc_20060526_compendio-dott-soc_it.html
La
solidarietà come principio sociale e come virtù morale
193 Le nuove relazioni di
interdipendenza tra uomini e popoli, che sono, di fatto, forme di solidarietà,
devono trasformarsi in relazioni tese ad una vera e propria solidarietà
etico-sociale, che è l'esigenza morale insita in tutte le relazioni umane. La
solidarietà si presenta, dunque, sotto due aspetti complementari: quello di principio sociale e quello di virtù morale.
La
solidarietà deve essere colta, innanzi tutto, nel suo valore di principio
sociale ordinatore delle istituzioni, in base al quale le « strutture di peccato », che dominano i rapporti tra le persone
e i popoli, devono essere superate e trasformate in strutture di solidarietà,
mediante la creazione o l'opportuna modifica di leggi, regole del mercato,
ordinamenti.
La
solidarietà è anche una vera e propria virtù morale, non un «
sentimento di vaga compassione o di superficiale intenerimento per i mali di
tante persone, vicine o lontane. Al contrario, è la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia per
il bene di tutti e di ciascuno, perché tutti siamo veramente responsabili di tutti ». La solidarietà assurge al rango di virtù sociale fondamentale poiché si colloca nella
dimensione della giustizia, virtù orientata per eccellenza al bene comune, e nell'«
impegno per il bene del prossimo con la disponibilità, in senso evangelico, a
“perdersi” a favore dell'altro invece di sfruttarlo, e a “servirlo” invece di
opprimerlo per il proprio tornaconto (cf. Mt 10,40-42; 20,25; Mc 10,42-45; Lc 22,25-27) ».
Solidarietà e crescita comune degli
uomini
194 Il messaggio della dottrina
sociale circa la solidarietà mette in evidenza il fatto che esistono stretti
vincoli tra solidarietà e bene comune, solidarietà e destinazione universale
dei beni, solidarietà e uguaglianza tra gli uomini e i popoli, solidarietà e
pace nel mondo. Il termine « solidarietà », ampiamente impiegato
dal Magistero, esprime
in sintesi l'esigenza di riconoscere nell'insieme dei legami che uniscono gli
uomini e i gruppi sociali tra loro, lo spazio offerto alla libertà umana per
provvedere alla crescita comune, condivisa da tutti. L'impegno in questa
direzione si traduce nell'apporto positivo da non far mancare alla causa comune
e nella ricerca dei punti di possibile intesa anche là dove prevale una logica
di spartizione e frammentazione, nella disponibilità a spendersi per il bene
dell'altro al di là di ogni individualismo e particolarismo.
195 Il principio della solidarietà
comporta che gli uomini del nostro tempo coltivino maggiormente la
consapevolezza del debito che hanno nei confronti della società entro la quale
sono inseriti: sono debitori di quelle condizioni che rendono vivibile l'umana
esistenza, come pure di quel patrimonio, indivisibile e indispensabile,
costituito dalla cultura, dalla conoscenza scientifica e tecnologica, dai beni
materiali e immateriali, da tutto ciò che la vicenda umana ha prodotto. Un
simile debito va onorato nelle varie manifestazioni dell'agire sociale, così
che il cammino degli uomini non si interrompa, ma resti aperto alle generazioni
presenti e a quelle future, chiamate insieme, le une e le altre, a condividere,
nella solidarietà, lo stesso dono.
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Ieri sera, in parrocchia, in sala rossa, si è tenuto il terzo incontro
del ciclo Immìschiati, sulla solidarietà secondo la dottrina sociale
della Chiesa.
Si è iniziato mettendo in evidenza il
collegamento tra il valore e la pratica della solidarietà e il bene comune.
E’ stata proiettata una sequenza del film A Beautiful mind - Una mente meravigliosa, del 2001, che racconta la vita del
matematico statunitense John Nash, premio Nobel nel 1994, ideatore della teoria
economica detta dei giochi (1950).
In un bar il giovane Nash, studente
nell’università di Princeton, e i suoi colleghi di studi notano un gruppo di
belle ragazze, tra le quali una appare la più attraente. Gli altri studenti
propongono di cercare tutti un approccio con quest’ultima, per vedere chi
l’avrebbe conquistata. Nash sostiene che, facendo così, combattendo ognuno solo
nel proprio interesse, tutto il gruppo sarebbe rimasto senza ragazza. Infatti,
puntando tutti insieme sulla ragazza più bella, si sarebbero ostacolati a
vicenda e nessuno l’avrebbe conquistata. Poi si sarebbero rivolti alle altre,
ma queste ultime li avrebbero rifiutati perché nessuna avrebbe voluto essere un
ripiego, una seconda scelta. Per il giovane Nash, nel film, la soluzione giusta
era quella di puntare alle altre, dividendosi gli obiettivi: così tutti
avrebbero avuto una ragazza. Quindi bisognava pensare nell’interesse proprio, ma anche nell’interesse del gruppo. Sviluppando
il ragionamento, il giovane Nash osserva come la prima strategia corrisponde a
quella consigliata dall’economista scozzese Adam Smith (1723-1790), capostipite
del pensiero economico moderno, secondo il quale, in una condizione di uguaglianza giuridica, se ciascuno punta al
proprio interesse non è necessario un intervento regolatore pubblico, perché
una mano invisibile consente che sia assicurato anche l’interesse
generale. Per Nash, invece, quest’ultimo si realizza quando ciascuno, facendo
il proprio interesse, prende in considerazione anche quello del gruppo.
Il relatore ha sostenuto che con la caduta dei regimi socialisti
dell’Europa Orientale e con la vittoria su quei sistemi politici delle nazioni coalizzate nella NATO, il
Trattato del Nord Atlantico, alleanza politico-militare che dal 1949 riunisce
nazioni occidentali europee, Canada e Stati Uniti d’America, si è diffusa nel mondo l’ideologia liberale che spinge le
persone all'individualismo, a fare solo il proprio interesse nelle relazioni
sociali ed economiche.
Non condivido questa visione di quel processo
storico. Se il crollo dei regimi socialisti dell’Europa orientale fosse
conseguito veramente ad una vittoria della NATO, il mondo come oggi lo viviamo
probabilmente non esisterebbe più, perché ci sarebbe stata una guerra nucleare
globale. Quei regimi socialisti si disgregarono perché erano nati e si erano
sviluppati come sistemi politici autoritari e totalitari e non avevano mai
realizzato quella liberazione di tutti gli esseri umani, in particolare di
tutti i lavoratori, che fin dalle origini era l’obiettivo dei movimenti
socialisti. Non si disgregarono in quanto socialisti, ma perché erano
rimasti socialisti solo di nome. Erano dominati da una nomenklatura, da una burocrazia politica, che tiranneggiava i lavoratori in modo simile a ciò che accadeva nei sistemi capitalistici da parte dei capitalisti. La forza
propulsiva del socialismo sovietico
si era da tempo esaurita, come osservò nel 1981 l’italiano Enrico Berlinguer.
Non ne fu possibile la riforma, tentata, avviata, dal presidente sovietico
Mikhail Gorbaciov negli anni ’80. Le ragioni di questo fallimento sono in buona
parte quelle all’origine della crisi dell’Unione Europea contemporanea, grande
sistema politico continentale multinazionale che vuole essere fondato sulla
libertà civili, uguaglianza in dignità e, appunto, solidarietà. La rinuncia
alla violenza politica da parte del Gorbaciov, sia all’interno dell’Unione
Sovietica che verso i regimi satelliti dell’Europa Orientale, consentì la
metamorfosi in senso occidentale
dei regimi politici che avevano assoggettato i russi e tanti altri popoli di quello che era diventato un impero sovietico, erede e in fondo emulo di quello zarista. La stessa NATO rimase sorpresa della loro velocissima dissoluzione.
Karol Wojtyla, profondo loro conoscitore, fu tra i pochi nel mondo ad intuirne
i prodromi. La transizione pacifica verso sistemi politici di democrazia
avanzata di tipo Occidentale fu possibile per l’intesa che si sviluppò tra il
Gorbaciov, il suo successore Boris Eltsin e il cancelliere della Germania
Federale Helmut Kohl (che fu capo del governo tedesco dal 1982 al 1998),
democratico cristiano.
Nell’Europa occidentale si era invece
sviluppato un socialismo dal volto umano.
Esso ha collaborato a costruire l’Unione Europea e ne è parte fondamentale,
insieme alle componenti democratico-cristiane e liberali. Il sistema dei
diritti umani fondamentali su cui si fonda la nostra nuova Europa, un insieme politico
fortemente solidaristico, è anche frutto del socialismo dell’Europa
Occidentale. In particolare è un fecondo esempio di economia solidale fecondo
quello della Germania contemporanea con la sua economia sociale di mercato, marcatamente divergente dal liberismo
economico promosso negli anni ’80 dal governo britannico di Margaret Thatcher e
da quelli statunitensi dei presidenti federali Ronald Reagan e George H.W.
Bush.
Certamente dagli anni ’80 si è sviluppata, a
livello mondiale, un’economia liberista poco sensibile alle istanze
solidaristiche. Al suo centro c’è lo sviluppo delle individualità e dei loro
interessi. Crede ancora, tutto sommato, nella mano invisibile di cui scrisse Adam Smith nel Settecento, quindi in
una regolazione spontanea dei mercati che consentirebbe di realizzare l’interesse
generale. Tuttavia a livello globale manca una condizione fondamentale che
secondo Smith poteva consentire quel meccanismo di automatica regolazione dell’economia,
vale a dire l’uguaglianza giuridica. Di fatto, le ricorrenti crisi economiche a
livello mondiale dimostrano l’esigenza di interventi correttivi molto
penetranti da parte dei poteri pubblici, azione che è difficile da attuare a
livello globale e che l’Unione Europea sta tentando di organizzare a livello
continentale, basandosi sulla solidarietà politica che è alla base del patto
fondativo delle 28 nazioni che la compongono.
Il giovane relatore che ci ha intrattenuto
nella prima parte dell’incontro ha fatto vari esempi di insufficienza di
comportamenti basati sul solo interesse individuale.
La piccola autovettura Smart è comoda per
parcheggiare, risponde bene alle esigenze individuali, ma porta solo due persone.
Non va bene per un famiglia più numerosa, ad esempio con figli. Non c’è spazio
per più di due persone.
Gli appartamenti che vengono proposti alle giovani coppie sono piccoli e
vanno bene per due persone. Ma se arrivano figli o anche amici?
Usiamo dei condizionatori per rinfrescare gli ambienti domestici d’estate.
Buttano aria fredda dentro e aria calda fuori. Quindi si raffreddano gli
ambienti privati, ma si riscaldano quelli fuori, la città, l’ambiente in cui
tutti vivono parte della loro vita.
Sull’autostrada può accadere di dover andare
in fila, molto lenti, per il traffico. C’è chi allora percorre la corsia di
emergenza, massimizzando l’utile individuale. Ma se tutti facessero in quel
modo, dove transiterebbero i veicoli dei servizi di emergenza?
La solidarietà, ci è stato detto, ha a che
fare con il bene comune. Siamo tutti interdipendenti, per essere veramente
felici abbiamo bisogno degli altri. Il bene comune è quello che consente di
essere veramente felici e non si misura solo in termini di ricchezza monetaria.
L’insufficienza dei sistemi politici liberali
e socialisti risiede, è stato detto, nel fatto che danno troppa importanza alla
moneta. I liberali vogliono che la ricchezza fluisca in mani private, i
socialisti vogliono omologare la gente realizzando un’uguaglianza in ricchezza.
E’ una visione piuttosto semplicistica e non condivisibile di queste ideologie.
Il liberalismo politico e filosofico propone un’etica forte, non pensa di
instaurare regimi dissoluti in cui l’utile privato vada a scapito dell’interesse
generale. Uno dei principi cardine del liberalismo è l’eguaglianza in dignità,
il rispetto di tutte le persone umane
e dei loro beni. E’ un’ideologia che si è formata in contrapposizione con regimi
politici assolutistici. Pretende che tutti possano partecipare democraticamente
alla gestione della cosa pubblica. Quanto al socialismo non bisogna prendere
come riferimento solo quello realizzato in Unione Sovietica e nei Paesi da essa
dominati, che del socialismo fu una progressiva degenerazione. Il socialismo,
in particolare quello marxista, nacque e si sviluppò come forza di liberazione
delle masse dei lavoratori che nei sistemi economici capitalistici si trovavano
nella condizione di schiavi, a stento con i mezzi minimi di sussistenza, senza
possibilità di riscatto, esclusi dalla politica di governo. Anch’esso volle
realizzare l’uguaglianza in dignità di tutti gli esseri umani, mediante la
trasformazione dei sistemi di produzione economica, visti come origine dei
problemi politici. Nonostante che i documenti della dottrina sociale siano
stati fin dall’inizio fortemente polemici con il socialismo, la critica sociale
in essa contenuta dipende in gran parte proprio dalle argomentazioni
socialiste. In definitiva, la dottrina sociale è debitrice sia del liberalismo
sia del socialismo, presentando tuttavia aspetti caratteristici propri di
origine teologica.
E’ stato detto che la politica solidale
insegnata dalla dottrina sociale della Chiesa punta alla felicità delle persone,
non solo all’aumento della ricchezza monetaria. Questa è un’idea sviluppata a
fine Settecento dai rivoluzionari liberali statunitensi. Essi, nell’atto
fondativo del nuovo stato federale che si separava dal regno inglese, dichiararono
che ogni essere umano ha diritto alla
ricerca della felicità.
“Noi riteniamo che sono per
se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che
essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi
diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità; che per
garantire questi diritti sono istituiti tra gli uomini governi che derivano i
loro giusti poteri dal consenso dei governati; che ogni qualvolta una qualsiasi
forma di governo tende a negare questi fini, il popolo ha diritto di mutarla o
abolirla e di istituire un nuovo governo fondato su tali principi e di
organizzarne i poteri nella forma che sembri al popolo meglio atta a procurare
la sua Sicurezza e la sua Felicità.”
[Dalla Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti d’America, 4
luglio 1776]
Sull’insufficienza della
ricchezza monetaria, valutabile in termini monetari come si fa con l’indice
economico del Prodotto Interno Lordo “P.I.L.”, sono state ricordate le parole
di Robert Kennedy, “Bob”, fratello del presidente John F. Kennedy, “Jack”, ministro
federale della giustizia sotto la presidenza del fratello, assassinato nel 1968
mentre svolgeva da candidato la campagna elettorale per le elezioni
presidenziali:
«Con troppa insistenza e troppo a lungo, sembra che abbiamo rinunciato
alla eccellenza personale e ai valori della comunità, in favore del mero
accumulo di beni terreni. Il nostro Pil ha superato 800 miliardi di dollari
l'anno, ma quel PIL - se giudichiamo gli USA in base ad esso - comprende anche
l'inquinamento dell'aria, la pubblicità per le sigarette e le ambulanze per
sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine settimana. Il Pil
mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa e le prigioni
per coloro che cercano di forzarle. Comprende il fucile di Whitman e il
coltello di Speck, ed i programmi televisivi che esaltano la violenza al fine di
vendere giocattoli ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm,
missili e testate nucleari e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si
ricostruiscono i bassifondi popolari. Comprende le auto blindate della polizia
per fronteggiare le rivolte urbane. Il Pil non tiene conto della salute delle
nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro
momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia, la solidità
dei valori famigliari o l'intelligenza del nostro dibattere. Il Pil non misura
né la nostra arguzia, né il nostro coraggio, né la nostra saggezza, né la
nostra conoscenza, né la nostra compassione, né la devozione al nostro Paese.
Misura tutto, in poche parole, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di
essere vissuta. Può dirci tutto sull'America ma non se possiamo essere
orgogliosi di essere americani».
[da un discorso
pronunciato il 18-3-1968 nell’Università del Kansas]
La nostra felicità dipende dagli altri perché
siamo tutti interdipendenti, e questo è sempre più manifesto nelle società
globalizzate dei nostri tempi. E dipende anche dalle relazioni positive tra le
persone, non solo dalla ricchezza che ciascuno riesce a conseguire in società.
Per rendere un’idea di questo concetto è stata
proiettata una sequenza del film del 2010, del regista Daniele Luchetti, La nostra vita. In cui un uomo, che
aveva perduto la moglie e si era trovato a subire rovesci di fortuna sul lavoro
è sostenuto dal fratello e la sorella, i quali, in un momento di sua
disperazione gli dicono che ci saranno sempre.
Affrontare la vita con spirito solidale
significa anche mettere nel lavoro che ci è stato assegnato qualcosa di più,
non solo il minimo contrattuale, ma qualcosa che spinga gli altri ad essere
riconoscenti dicendo “grazie!”,
rinsaldando la trama della società, riconoscendosi debitori gli uni degli
altri. Dirci grazie gli uni gli altri per quel di più che mettiamo
nei compiti che svolgiamo è un modo per riscoprire le relazioni positive che
sono alla base della solidarietà sociale.
Gli altri possono darci la felicità, sono
necessari per la nostra felicità, perché siamo compatibili gli uni con gli
altri.
Non dobbiamo pensare alla solidarietà come a
un sentimento vago, né confonderla con l’elemosina. E’ un atteggiamento di vita
con rilevanti aspetti pratici. Non si deve essere solidali a intermittenza, ma
sempre. Karol Wojtyla, nell’enciclica La sollecitudine sociale, del 1988, lo
descrisse come «la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di
tutti e di ciascuno, perché tutti siamo
veramente responsabili di tutti». Si è solidali anche, ad esempio, praticando con costanza la differenziazione dei rifiuti, quindi separando la carta, l'umido, la plastica e il vetro da tutto il resto, che è più difficilmente riciclabile. Lo si fa nell'interesse generale, ma anche nel proprio perché ci saranno meno rifiuti da distruggere, ad esempio negli inceneritori o con altre tecniche che comunque hanno ripercussione sull'ambiente in cui si vive, e recuperare materiale da riciclare e da mettere di nuovo sul mercato abbasserà i costi del servizio di raccolta dei rifiuti. E' una pratica che va fatta tutti i giorni, con costanza, cambiando abitudini che si hanno da molto tempo.
Si tiene conto degli altri e anche delle generazioni più giovani: i più anziani danno la vita ai giovani ma devono anche lasciare un ambiente e le risorse che consentano ai più giovani di vivere. Poi i più giovani sosterranno gli anziani, ad esempio versando contributi previdenziali con i quali saranno pagate le pensioni d'anzianità.
Per far
comprendere la pratica della solidarietà secondo la dottrina sociale
della Chiesa, è’ stata proiettata una sequenza del film Bianco come il latte, rosso come il sangue, del 2013, del regista Giacomo Campiotti, in
cui un ragazzo minorenne che si era iscritto, falsificando la firma dei
genitori, come donatore di midollo, per curare la leucemia di una compagna di scuola della quale si era innamorato, Beatrice, con la quale però era risultato non compatibile, viene chiamato per
donare il midollo per un’estranea, con la quale invece risulta compatibile. I genitori
all’inizio si oppongono, ma poi, anche per l’intervento della fidanzata del
ragazzo, accettano, comprendendo la bellezza dell’altruismo del figlio, che è
diventato una bella persona anche per merito loro. Nel film, poi, il ragazzo
assiste alla gioia del marito della donna che si è salvata da una malattia
ematologica ricevendo il suo midollo. Siamo compatibili,
per questo possiamo salvarci la vita gli uni gli altri. La solidarietà salva. Si tratta di un’esperienza che ho fatto
personalmente, perché sono sopravvissuto solo per la donazione del midollo
fatta da mio fratello Lucio nel 2004: io e lui adesso abbiamo lo stesso sangue
e il suo sangue finora mi ha protetto da recidiva di malattia.
“Il principio della solidarietà comporta
che gli uomini del nostro tempo coltivino maggiormente la consapevolezza del
debito che hanno nei confronti della società entro la quale sono inseriti”, si
legge nel brano del Compendio che ho sopra trascritto e che è stato letto
ieri sera. Siamo interdipendenti e compatibili: per questo la nostra felicità
dipende dalla società in cui viviamo, da come realizza, solidalmente, il bene comune.
Mario Ardigò - Azione Cattolica
in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli