PAOLO VI
CREDO DEL POPOLO DI DIO
SOLENNE
PROFESSIONE DI FEDE
Pronunciata dal
Papa Paolo VI davanti alla Basilica di San Pietro il 30 giugno 1968 alla
chiusura dell'Anno della fede e nel diciannovesimo del martirio dei santi
Apostoli Pietro e Paolo.
Venerabili fratelli e diletti
figli,
1. Con questa solenne Liturgia Noi
concludiamo la celebrazione del XIX centenario del martirio dei santi Apostoli
Pietro e Paolo, e diamo così all'«Anno
della Fede» il suo coronamento: l'avevamo dedicato alla commemorazione dei
santi Apostoli per attestare il Nostro incrollabile proposito di fedeltà al
Deposito della fede (Cf 1 Tm 6, 20) che essi ci hanno trasmesso, e
per rafforzare il Nostro desiderio di farne sostanza di vita nella situazione
storica, in cui si trova la Chiesa pellegrina nel mondo.
2. Noi sentiamo pertanto il dovere
di ringraziare pubblicamente tutti coloro, che hanno risposto al Nostro invito,
conferendo all'«Anno della Fede»
una splendida pienezza, con l'approfondimento della loro personale adesione alla
parola di Dio, con la rinnovazione della professione di fede nelle varie
comunità, e con la testimonianza di una vita veramente cristiana. Ai Nostri
Fratelli nell'Episcopato, in modo particolare, e a tutti i fedeli della santa
Chiesa cattolica, Noi esprimiamo la Nostra riconoscenza e impartiamo la Nostra
Benedizione.
3. Al tempo stesso, Ci sembra che a
Noi incomba il dovere di adempiere il mandato, affidato da Cristo a Pietro, di
cui siamo il successore, sebbene l'ultimo per merito, di confermare cioè
nella fede i nostri fratelli (Cf Lc 22, 32). Consapevoli, senza
dubbio, della Nostra umana debolezza, ma pure con tutta la forza che un tale
mandato imprime nel Nostro spirito, Νοi Ci accingiamo pertanto a fare una
professione di fede, a pronunciare un Credo che, senza essere una definizione
dogmatica propriamente detta, e pur con qualche sviluppo, richiesto dalle
condizioni spirituali del nostro tempo, riprende sostanzialmente il Credo di
Nicea, il Credo dell'immortale tradizione della santa Chiesa di Dio.
4. Nel far questo, Noi siamo
coscienti dell'inquietudine, che agita alcuni ambienti moderni in relazione
alla fede. Essi non si sottraggono all'influsso di un mondo in profonda
trasformazione, nel quale un così gran numero di certezze sono messe in contestazione
o in discussione. Vediamo anche dei cattolici che si lasciano prendere da una
specie di passione per i cambiamenti e le novità. Senza dubbio la Chiesa ha
costantemente il dovere di proseguire nello sforzo di approfondire e
presentare, in modo sempre più confacente alle generazioni che si succedono,
gli imperscrutabili misteri di Dio, fecondi per tutti di frutti di salvezza. Ma
al tempo stesso, pur nell'adempimento dell'indispensabile dovere di indagine, è
necessario avere la massima cura di non intaccare gli insegnamenti della
dottrina cristiana. Perché ciò vorrebbe dire - come purtroppo oggi spesso
avviene - ingenerare turbamento e perplessità in molte anime fedeli.
5. A tale proposito occorre
ricordare che al di là del dato osservabile, scientificamente verificato,
l'intelligenza dataci da Dio raggiunge la realtà (ciò che è), e non
soltanto l'espressione soggettiva delle strutture e dell'evoluzione della
coscienza; e che d'altra parte, il compito dell'interpretazione -
dell'ermeneutica - è di cercare di comprendere e di enucleare, nel rispetto
della parola pronunciata, il significato di cui un testo è espressione, e non
di ricreare in qualche modo questo stesso significato secondo l'estro di
ipotesi arbitrarie.
6. Ma, soprattutto, Noi mettiamo la
nostra incrollabile fiducia nello Spirito Santo, anima della Chiesa, e
nella fede teologale su cui si fonda la vita del corpo mistico. Νοi sappiamo
che le anime attendono la parola del Vicario di Cristo, e Noi veniamo incontro
a questa attesa con le istruzioni che normalmente amiamo dare. Ma oggi Ci si
offre l'occasione di pronunciare una parola più solenne.
7. In questo giorno, scelto per la
conclusione dell'anno della fede, in questa festa dei beati Apostoli Pietro e
Paolo, Νοi abbiamo voluto offrire al Dio vivente l'omaggio di una professione
di fede. E come una volta a Cesarea di Filippo l'Apostolo Pietro prese la
parola a nome dei dodici per confessare veramente, al di là delle umane
opinioni, Cristo Figlio di Dio vivente, così oggi il suo umile Successore,
Pastore della Chiesa universale, eleva la sua voce per rendere, in nome di
tutto il popolo di Dio, una ferma testimonianza alla Verità divina, affidata
alla Chiesa, perché essa ne dia l'annunzio a tutte le genti.
Nοi abbiamo voluto che la Nostra
professione di fede fosse sufficientemente completa ed esplicita, per
rispondere in misura appropriata al bisogno di luce, sentito da così gran
numero di anime fedeli, come da tutti coloro che nel mondo, a qualunque famiglia
spirituale appartengano, sono in cerca della Verità.
A gloria di Dio beatissimo e di
Nostro Signore Gesù Cristo, fiduciosi nell'aiuto della Beata Vergine Maria e
dei santi Apostoli Pietro e Paolo, per il bene e l'edificazione della Chiesa, a
nome di tutti i Pastori e di tutti i fedeli Noi ora pronunciamo questa
professione di fede, in piena comunione spirituale con tutti voi, Fratelli e
Figli carissimi.
PROFESSIONE
DI FEDE
8. Νοi crediamo in un solo Dio,
Padre, Figlio e Spirito Santo, Creatore delle cose visibili, come questo mondo
ove trascorre la nostra vita fuggevole, delle cose invisibili quali sono i puri
spiriti, chiamati altresì angeli (Cf CONC. VAT. I, Cost. dogm. Dei Filius:
Dz.-Sch. 3002), e Creatore in ciascun uomo dell'anima spirituale e immortale
(Cf Encicl. Humani
Generis, AAS 42 (1950), p. 575; CONC. LATERAN. V, Dz. Sch. 1440-1441).
9. Νοi crediamo che questo unico Dio
è assolutamente uno nella sua essenza infinitamente santa come in tutte le sue
perfezioni: nella sua onnipotenza, nella sua scienza infinita, nella sua
provvidenza, nella sua volontà e nel suo amore. Egli è Colui che è,
com'egli stesso ha rivelato a Mosè (Cf Es 3,14); e egli è Amore,
come ci insegna l'Apostolo Giovanni (Cf 1 Gv 4, 8): cosicché
questi due nomi, Essere e Amore, esprimono ineffabilmente la stessa realtà
divina di colui, che ha voluto darsi a conoscere a noi, e che abitando in una
luce inaccessibile (Cf 1 Tm 6, 16) è in se stesso al di sopra di
ogni nome, di tutte le cose e di ogni intelligenza creata. Dio solo può darci
la conoscenza giusta e piena di se stesso, rivelandosi come Padre, Figlio e
Spirito Santo, alla cui eterna vita nοi siamo chiamati per grazia di lui a
partecipare, quaggiù nell'oscurità della fede e, oltre la morte, nella luce
perpetua, l'eterna vita. I mutui vincoli, che costituiscono eternamente le Tre
Persone, le quali sono ciascuna l'unico e identico Essere divino, sono la beata
vita intima di Dio tre volte santo, infinitamente al di là di tutto ciò che nοi
possiamo concepire secondo l'umana misura (Cf CONC. VAT. I, Cost. dogm. Dei
Filius: Dz.-Sch. 3016). Intanto rendiamo grazie alla bontà divina per il
fatto che moltissimi credenti possono attestare con nοi, davanti agli uomini,
l'Unità di Dio, pur non conoscendo il mistero della Santissima Trinità.
10. Νοi dunque crediamo al Padre che
genera eternamente il Figlio; al Figlio, Verbo di Dio, che è eternamente
generato; allo Spirito Santo, Persona increata che procede dal Padre e dal
Figlio come loro eterno Amore. In tal modo, nelle tre Persone divine,
coeterne e coeguali (Symbolum Quicumque: Dz.-Sch. 75), sovrabbondano
e si consumano, nella sovreccellenza e nella gloria proprie dell'Essere
increato, la vita e la beatitudine di Dio perfettamente uno; e sempre deve
essere venerata l'Unità nella Trinità e la Trinità nell'Unità (Ibid.).
11. Noi crediamo in nostro signore
Gesù Cristo, Figlio di Dio. Egli è il Verbo eterno, nato dal Padre prima di
tutti i secoli, e al Padre consustanziale, homoousios to Patri; e per
mezzo di lui tutto è stato fatto. Egli si è incarnato per opera dello Spirito
Santo nel seno della Vergine Maria, e si è fatto uomo: eguale pertanto al
Padre secondo la divinità, e inferiore al Padre secondo l'umanità (Ibid.,
n. 76), ed egli stesso uno, non per una qualche impossibile confusione delle
nature, ma per l'unità della persona (Ibid.).
12. Egli ha dimorato in mezzo a noi,
pieno di grazia e di verità. Egli ha annunciato e instaurato il Regno di Dio, e
in sé ci ha fatto conoscere il Padre. Egli ci ha dato il suo comandamento
nuovo, di amarci gli uni gli altri cοm'egli ci ha amato. Ci ha insegnato la via
delle Beatitudini del Vangelo: povertà in spirito, mitezza, dolore sopportato
nella pazienza, sete della giustizia, misericordia, purezza di cuore, volontà
di pace, persecuzione sofferta per la giustizia. Egli ha patito sotto Ponzio
Pilato, Agnello di Dio che porta sopra di sé i peccati del mondo, ed è morto
per noi sulla Croce, salvandoci col suo sangue redentore. Egli è stato sepolto
e, per suo proprio potere, è risorto nel terzo giorno, elevandoci con la sua
Risurrezione alla partecipazione della vita divina, che è la vita della grazia.
Egli è salito al cielo, e verrà nuovamente, nella gloria, per giudicare i vivi
e i morti, ciascuno secondo i propri meriti; sicché andranno alla vita eterna
coloro che hanno risposto all'Amore e alla Misericordia di Dio, e andranno nel
fuoco inestinguibile coloro che fino all'ultimo vi hanno opposto il loro
rifiuto. E il suo Regno non avrà fine.
13. Noi crediamo nello Spirito
Santo, che è Signore e dona la vita; che è adorato e glorificato col Padre e
col Figlio. Egli ci ha parlato per mezzo dei Profeti, ci è stato inviato da
Cristo dopo la sua Risurrezione e la sua Ascensione al Padre; egli illumina,
vivifica, protegge e guida la Chiesa, ne purifica i membri, purché non si
sottraggano alla sua grazia. La sua azione, che penetra nell'intimo dell'anima,
rende l'uomo capace di rispondere all'invito di Gesù: Siate perfetti com'è
perfetto il Padre vostro celeste (Cf Mt 5, 48).
14. Noi crediamo che Maria è la
Madre, rimasta sempre Vergine, del Verbo Incarnato, nostro Dio e Salvatore Gesù
Cristο (Cf CONC. DI EFESO: Dz.-Sch. 251-252), e che, a motivo di questa
singolare elezione, essa, in considerazione dei meriti di suo Figlio, è stata
redenta in modo più eminente (Cf CONG. VAT. II, Cost. dogm. Lumen
gentium, n. 53), preservata da ogni macchia del peccato originale
(Cf Pio IX, Bolla Ineffabilis Deus, Acta, parte I, vol. I, 616) e colmata
del dono della grazia più che tutte le altre creature (Cf Lumen gentium,
n. 53).
15. Associata ai misteri della
Incarnazione e della Redenzione con un vincolo stretto e indissolubile (Cf Ibid.,
nn. 53, 58, 61), la Vergine Santissima, l'Immacolata, al termine della sua
vita terrena è stata elevata in corpo e anima alla gloria celeste (Cf Cost.
ap. Munificentissimus Deus: AAS 42 (1950), p. 770) e configurata a suo
Figlio risorto, anticipando la sorte futura di tutti i giusti; e noi crediamo
che la Madre Santissima di Dio, nuova Eva, Madre della Chiesa (Cf Lumen
gentium, nn. 53, 56, 61, 63; PAOLO VI, Discorso per la chiusura del terzo
periodo del Concilio Vaticano II: AAS 56 (1964), p. 1016; Esort. Ap. Signum
Magnum: AAS 59 (1967), p. 465 e 467), continua in cielo il suo
ufficio materno riguardo ai membri di Cristo, cooperando alla nascita e
allo sviluppo della vita divina nelle anime dei redenti (Cf Lumen
gentium, n. 62; PAOLO VI, Esort. Ap. Signum Magnum: AAS 59 (1967),
p. 468).
16. Νοi crediamo che in Adamo tutti
hanno peccato: il che significa che la colpa originale da lui commessa ha fatto
cadere la natura umana, comune a tutti gli uomini, in uno stato in cui essa
porta le conseguenze di quella colpa, e che non è più lo stato in cui si
trovava all'inizio nei nostri progenitori, costituiti nella santità e nella
giustizia, e in cui l'uomo non conosceva né il male né la morte. È la natura
umana così decaduta, spogliata della grazia che la rivestiva, ferita nelle sue
proprie forze naturali e sottomessa al dominio della morte, che viene trasmessa
a tutti gli uomini; ed è in tal senso che ciascun uomo nasce nel peccato. Νοi
dunque professiamo, col Concilio di Trento, che il peccato originale viene
trasmesso con la natura umana, non per imitazione, ma per propagazione, e
che esso è proprio a ciascuno (Cf CONC. DI TRENTO, Sess. V, Decr. De
pecc. orig.: Dz.-Sch. 1513).
17. Νοi crediamo che Nostro Signor
Gesù Cristo mediante il Sacrificio della Croce ci ha riscattati dal peccato
originale e da tutti i peccati personali commessi da ciascuno di noi, in
maniera tale che, secondo la parola dell'Apostolo, là dove aveva abbondato
il peccato, ha sovrabbondato la grazia (Rm 5, 20).
18. Noi crediamo in un solo
battesimo, istituito da Nostro Signor Gesù Cristo per la remissione dei
peccati. Il battesimo deve essere amministrato anche ai bambini che nοn
hanno ancor potuto rendersi colpevoli di alcun peccato personale, affinché
essi, nati privi della grazia soprannaturale, rinascano dall'acqua e dallo
Spirito santo alla vita divina in Gesù Cristo (Cf CONC. Dl TRENTO, ibid.:
Dz.-Sch. 1514).
19. Νοi crediamo nella Chiesa una,
santa, cattolica ed apostolica, edificata da Gesù Cristo sopra questa pietra,
che è Pietro. Essa è il Corpo mistico di Cristo, insieme società
visibile, costituita di organi gerarchici, e comunità spirituale;
essa è la Chiesa terrestre, Popolo di Dio pellegrinante quaggiù, e la
Chiesa ricolma dei beni celesti; essa è il germe e la primizia del Regno di Dio,
per mezzo del quale continuano, nella trama della storia umana, l'opera e i
dolori della Redenzione, e che aspira al suo compimento perfetto al di là del
tempo, nella gloria (Cf Lumen gentium, nn. 8 e 5). Nel corso del tempo,
il Signore Gesù forma la sua Chiesa mediante i Sacramenti, che emanano dalla
sua pienezza (Cf Ibid., nn. 7, 11). E con essi che la Chiesa rende i propri
membri partecipi del mistero della Morte e della Risurrezione di Cristo, nella
grazia dello Spirito Santo, che le dona vita e azione (Cf CONC. VAT. II, Cost. Sacrosanctum
Concilium, nn. 5, 6; Lumen gentium, nn. 7, 12, 50). Essa è
dunque santa, pur comprendendo nel suo seno dei peccatori, giacché essa non
possiede altra vita se non quella della grazia: appunto vivendo della sua vita,
i suoi membri si santificano, come, sottraendosi alla sua vita, cadono nei
peccati e nei disordini, che impediscono l'irradiazione della Sua Santità.
Perciò la Chiesa soffre e fa penitenza per tali peccati, da cui ha il potere di
guarire i suoi figli con il Sangue di Cristo ed il dono dello Spirito Santo.
20. Erede delle promesse divine e
figlia di Abramo secondo lo Spirito, per mezzo di quell'Israele di cui
custodisce con amore le sacre Scritture e venera i Patriarchi e i Profeti; fondata
sugli Apostoli e trasmettitrice, di secolo in secolo, della loro parola sempre
viva e dei loro poteri di Pastori nel Successore di Pietro e nei Vescovi in
comunione con lui; costantemente assistita dallo Spirito Santo, la Chiesa ha la
missione di custodire, insegnare, spiegare e diffondere la verità, che Dio ha
manifestato in una maniera ancora velata per mezzo dei Profeti e pienamente per
mezzo del Signore Gesù. Noi crediamo tutto ciò che è contenuto nella Parola
di Dio, scritta o tramandata, e che la Chiesa propone a credere come
divinamente rivelata sia con un giudizio solenne, sia con il magistero
ordinarlo e universale (Cf CONC. VAT. I, Cost. Dei Filius: Dz.-Sch.
3011). Νοi crediamo nell'infallibilità, di cui fruisce il Successore di Pietro,
quando insegna ex cathedra (Cf Ibid., Cost. Pastor Aeternus:
Dz.-Sch. 3074) come Pastore e Dottore di tutti i fedeli, e di cui è dotato
altresì il Collegio dei Vescovi, quando esercita con lui il magistero supremo
(Cf Lumen gentium, n. 25).
21. Noi crediamo che la Chiesa, che
Gesù ha fondato e per la quale ha pregato, è indefettibilmente una nella fede,
nel culto e nel vincolo della comunione gerarchica (Cf Ibid., nn. 8,
18-23; Decr. Unitatis
Redintegratio, n. 2). Nel seno di questa Chiesa, sia la ricca varietà
dei riti liturgici, sia la legittima diversità dei patrimoni teologici e
spirituali e delle discipline particolari lungi dal nuocere alla sua unità,
la mettono in maggiore evidenza (Cf Lumen gentium, n. 23; Decr. Orientalium
Ecclesiarum, nn. 2, 3, 5, 6).
22. Riconoscendo poi, al di fuori
dell'organismo della Chiesa di Cristo, l'esistenza di numerosi elementi
di verità e di santificazione che le appartengono in proprio e tendono
all'unità cattolica (Cf Lumen gentium, n. 8), e credendo all'azione
dello Spirito Santo che nel cuore dei discepoli di Cristo suscita l'amore per
tale unità (Cf Ibid. n. 15), noi nutriamo speranza che i cristiani, i
quali non sono ancora nella piena comunione con l'unica Chiesa, si riuniranno
un giorno in un solo gregge con un solo Pastore.
23. Noi crediamo che la Chiesa è
necessaria alla salvezza, perché Cristo, che è il solo Mediatore e la sola via
di salvezza, si rende presente per noi nel suo Corpo, che è la Chiesa (Cf Ibid.
n. 14). Ma il disegno divino della salvezza abbraccia tutti gli uomini: e coloro
che, senza propria colpa, ignorano il Vangelo di Cristo e la sua Chiesa, ma
cercano sinceramente Dio e sotto l'influsso della sua grazia si sforzano di
compiere la sua volontà riconosciuta nei dettami della loro coscienza,
anch'essi, in un numero che Dio solo conosce, possono conseguire la salvezza
(Cf Ibid. n. 16).
24. Νοi crediamo che la Messa,
celebrata dal sacerdote che rappresenta la persona di Cristo in virtù del
potere ricevuto nel sacramento dell'Ordine, e da lui offerta nel nome di Cristo
e di membri del suo Corpo Mistico, è il Sacrificio del Calvario reso sacramentalmente
presente sui nostri altari. Noi crediamo che, come il pane e il vino consacrati
dal Signore nell'ultima Cena sono stati convertiti nel suo Corpo e nel suo
Sangue che di lì a poco sarebbero stati offerti per noi sulla Croce, allo
stesso modo il pane e il vino consacrati dal sacerdote sono convertiti nel
Corpo e nel Sangue di Cristo gloriosamente regnante nel cielo; e crediamo che
la misteriosa presenza del Signore, sotto quello che continua ad apparire come
prima ai nostri sensi, è una presenza vera, reale e sostanziale (Cf CONC. DI
TRENTO, Sess. XIII, Decr. De Eucharistia: Dz.-Sch. 1651).
25. Pertanto Cristo non può essere
presente in questo Sacramento se non mediante la conversione nel suo Corpo
della realtà stessa del pane e mediante la conversione nel suo Sangue della
realtà stessa del vino, mentre rimangono immutate soltanto le proprietà del
pane e del vino percepite dai nostri sensi. Tale conversione misteriosa è
chiamata dalla Chiesa, in maniera assai appropriata, transustanziazione.
Ogni spiegazione teologica, che tenti di penetrare in qualche modo questo
mistero, per essere in accordo con la fede cattolica deve mantenere fermo che
nella realtà obiettiva, indipendentemente dal nostro spirito, il pane e il vino
han cessato di esistere dopo la consacrazione, sicché da quel momento sono il
Corpo e il Sangue adorabili del Signore Gesù ad esser realmente dinanzi a noi
sotto le specie sacramentali del pane e del vino (Cf Ibid.: Dz.-Sch.
1642, 1651; PAOLO VI, Encicl. Mysterium
Fidei: AAS 57 (1965), p. 766), proprio come il Signore ha voluto, per
donarsi a noi in nutri-mento e per associarci all'unità del suo Corpo Mistico
(Cf Summa Theologiae, III, q. 73, a. 3).
26. L'unica ed indivisibile
esistenza del Signore glorioso nel cielo non è moltiplicata, ma è resa presente
dal sacramento nei numerosi luoghi della terra dove si celebra la Messa. Dopo
il sacrificio, tale esistenza rimane presente nel Santo Sacramento, che è, nel
tabernacolo, il cuore vivente di ciascuna delle nostre chiese. Ed è per noi un
dovere dolcissimo onorare e adorare nell'Ostia Santa, che vedono i nostri
occhi, il Verbo incarnato, che essi non posso no vedere e che, senza lasciare
il cielo, si è reso presente dinanzi a noi.
27. Noi confessiamo che il Regno di
Dio, cominciato quaggiù nella Chiesa di Cristo, non è di questo mondo
(Cf Gv 18, 36), la cui figura passa (Cf 1 Cor 7, 31); e
che la sua vera crescita non può esser confusa con il progresso della civiltà,
della scienza e della tecnica umane, ma consiste nel conoscere sempre più
profondamente le imperscrutabili ricchezze di Cristo, nello sperare sempre più
fortemente i beni eterni, nel rispondere sempre più ardentemente all'amore di
Dio, e nel dispensare sempre più abbondantemente la grazia e la santità tra gli
uomini. Ma è questo stesso amore che porta la Chiesa a preoccuparsi
costantemente del vero bene temporale degli uomini. Mentre non cessa di
ricordare ai suoi figli che essi non hanno quaggiù stabile dimora (Cf Εb
13, 14), essa li spinge anche a contribuire - ciascuno secondo la propria
vocazione ed i propri mezzi - al bene della loro città terrena, a promuovere la
giustizia, la pace e la fratellanza tra gli uomini, a prodigare il loro aiuto
ai propri fratelli, soprattutto ai più poveri e ai più bisognosi. L'intensa
sollecitudine della Chiesa, Sposa di Cristo, per le necessità degli uomini, per
le loro gioie e le loro speranze, i loro sforzi e i loro travagli, non è quindi
altra cosa che il suo grande desiderio di esser loro presente per illuminarli
con la luce di Cristo e adunarli tutti in lui, unico loro Salvatore. Tale
sollecitudine non può mai significare che la Chiesa conformi se stessa alle
cose di questo mondo, o che diminuisca l'ardore dell'attesa del suo Signore e
del Regno eterno.
28. Noi crediamo nella vita eterna.
Noi crediamo che le anime dl tutti coloro che muoiono nella grazia di Cristo,
sia che debbano ancora esser purificate nel purgatorio, sia che dal momento in
cui lasciano il proprio corpo siano accolte da Gesù in Paradiso, come egli fece
per il Buon Ladrone, costituiscono il Popolo di Dio nell'aldilà della morte, la
quale sarà definitivamente sconfitta nel giorno della risurrezione, quando queste
anime saranno riunite ai propri corpi.
29. Νοi crediamo che la moltitudine
delle anime, che sono riunite intorno a Gesù ed a Maria in Paradiso, forma la
Chiesa del cielo, dove esse nella beatitudine eterna vedono Dio così com'è e
(Cf 1 Gv 3, 2; BENEDETTO XII, Cost. Benedictus Deus: Dz.-Sch.
1000) dove sono anche associate, in diversi gradi, con i santi Angeli al
governo divino esercitato da Cristo glorioso, intercedendo per noi ed aiutando
la nostra debolezza con la loro fraterna sollecitudine (Cf Cost. dogm. Lumen
gentium, n. 49).
30. Noi crediamo alla comunione tra
tutti i Fedeli di Cristo, di coloro che sono pellegrini su questa terra, dei
defunti che compiono la propria purificazione e dei beati del cielo, i quali
tutti insieme formano una sola Chiesa; noi crediamo che in questa comunione
l'amore misericordioso di Dio e dei suoi Santi ascolta costantemente le nostre
preghiere, secondo la parola di Gesù: Chiedete e riceverete (Cf Lc
10, 9-10; Gv 16, 24. ). E con la fede e nella speranza, noi
attendiamo la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà.
Sia benedetto Dio santo, santo,
santo. Amen.
Pronunciata davanti alla Basilica
di San Pietro, il 30 giugno dell'anno 1968, sesto del Nostro Pontificato.
PAOLO
PP. VI