INFORMAZIONI UTILI SU QUESTO BLOG

  Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

  This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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  Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

  Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

  Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

  Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente due martedì e due sabati al mese, alle 17, e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.

 Per partecipare alle riunioni del gruppo on line con Google Meet, inviare, dopo la convocazione della riunione di cui verrà data notizia sul blog, una email a mario.ardigo@acsanclemente.net comunicando come ci si chiama, la email con cui si vuole partecipare, il nome e la città della propria parrocchia e i temi di interesse. Via email vi saranno confermati la data e l’ora della riunione e vi verrà inviato il codice di accesso. Dopo ogni riunione, i dati delle persone non iscritte verranno cancellati e dovranno essere inviati nuovamente per partecipare alla riunione successiva.

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Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

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domenica 27 aprile 2014

Il giorno dei quattro Papi


Il giorno dei quattro Papi

 

 Oggi a Roma si è vissuta una giornata tutta centrata intorno al papato cattolico, istituzione attraversata dall'anno scorso da una crisi gravissima, che riguarda diversi profili, quello morale, quello politico e quello religioso, e che ha reso eclatanti, manifestandole platealmente al mondo, tensioni violente che riguardano l'intera nostra collettività di fede, in Italia come altrove nel mondo. Si è trattato di questo: i due Papi viventi hanno  proclamato santi, con l'autorità propria del papato, due loro predecessori che hanno impersonato due modi diversi di governare quelle tensioni. L'hanno fatto convocando a Roma, il centro di quello che per il diritto canonico, il diritto proprio della nostra collettività religiosa, è il loro impero religioso, simbolo della potenziale unità del genere umano intorno a un ideale di fede, popoli da tutta la Terra, intendendo dare all'evento un significato e una rilevanza che coinvolgessero il più ampiamente possibile tutte le nostre collettività ed ogni aspetto delle questioni che ai tempi nostri le travagliano dividendole in sostenitori di contrastanti fazioni e modelli. In questione era, è, e rimarrà a lungo, la svolta impressa alla nostra confessione di fede dal papa Giovanni Paolo 2°, che ha regnato per un tempo lunghissimo, dal 1978 al 2005, cambiando profondamente il modo in cui si concepisce e si impersona storicamente l'essere cattolici nel mondo contemporaneo, in tutti i ruoli in cui si può farlo: laici, clero e religiosi; popolo e persone di governo e, quanto a queste ultime, preti e vescovi, fino  quel particolare vescovo che è il papa. Tutto questo è emerso poco dalle cronache delle liturgie di canonizzazione. Un po' perché esse a volte sono state fatte da persone poco addentro ai problemi religiosi, le quali quindi si solo limitate all'esteriorità;  altre volte perché, quando sono state fatte da gente più addentro ai problemi, si è preferito presentare per ora solo lo svolgimento degli eventi, lasciando a tempi successivi la loro interpretazione, separando in tal modo  i fatti da quelle che si possono considerare opinioni; altre volte infine perché si è voluto tagliar corto con queste ultime, volendo imporre nella narrazione di ciò che stava accadendo una ricostruzione ideologica che proponeva come già raggiunto e assodato un risultato di ritrovata unità e consenso che è molto lontano dall'esserlo realmente.
  Ventisette anni di storia, il tempo del regno del papa Giovanni Paolo 2°, è un periodo molto lungo, anche per tempi in cui la durata media della vita supera gli ottant'anni. In realtà il periodo su cui si deve riflettere è molto più lungo e può considerarsi iniziato con i fermenti prodottisi nella nostra confessione religiosa negli scorsi anni '50.  E' il tempo di due generazioni.  Bisogna essere tra i settanta e gli ottantacinque anni per averlo vissuto consapevolmente tutto. E sui sessanta per aver vissuto consapevolmente quella sua parte che seguì la svolta epocale costituita dal Concilio Vaticano 2° (1962-1965). Tutti coloro che hanno meno di quarant'anni hanno conosciuto un unico modello di collettività religiosa cattolica, quello proposto da  quel Papa. Non sono stati partecipi del vivace contrasto che oppose i sostenitori di questa idea di collettività religiosa a quelli che proponevano un diverso modello, diverso da quello della cristianità, intesa come integrazione forte tra idee religiose e forme di politica civile che caratterizzò il medioevo europeo e che iniziò a incrinarsi nel Seicento. Questo modello alternativo è stato in realtà un insieme di modelli anche piuttosto diversi e solo per darne un'idea complessiva, anche se approssimativa, lo possiamo collegare al pensiero del filosofo francese Jacques Maritain (1882-1973), di cui Giovanni Battista Montini, il papa Paolo 6°, fu uno dei principali divulgatori in Italia, negli anni '30. Sempre in linea di prima approssimazione, per rendere un'idea del problema, potremmo quindi dire che sono in questione due modelli di collettività di fede, quello proposto dal papa Paolo 6° e quello attuato dal papa Giovanni Paolo 2°.  Entrambi sono stati una via di realizzazione dei quell'aggiornamento che è stato al centro del movimento innescato alla fine degli anni Cinquanta durante il pontificato del papa Giovanni 23°.  Essi sono  stati per molti versi divergenti, in particolare per quanto riguarda il ruolo dei laici nelle nostre collettività di fede. Quello  riconducibile al Maritain ha caratterizzato la spiritualità dell'Azione Cattolica nella fase di realizzazione delle idee di rinnovamento religioso proposte nei documenti del Concilio Vaticano 2°;  quello proposto da Giovanni Paolo 2° rifletteva l'esperienza della Chiesa polacca sotto il regime comunista ed era molto più clericale. Il clericalismo del modello polacco era stato storicamente determinato dall'esigenza di mantenere faticosamente spazi di libertà politica sotto l'egida delle autorità religiose, sfruttando i ristretti margini di autonomia che nella Polonia comunista erano stati mantenuti dai cattolici ma solo all'interno delle organizzazioni confessionali. In Polonia negli anni '70 e '80 esso era un modello rivoluzionario,. Trapiantato nell'Italia democratica della fine degli anni '70, il modello polacco venne adottato dalle correnti religiose che si opponevano al moto di riforma religiosa conciliare, in particolare alla concreta realizzazione di nuove forme di impegno autonomo nelle questioni di fede del laicato, in sostanza da quelli che rimpiangevano nostalgicamente la nostra collettività religiosa nazionale com'era fino alla metà degli anni Cinquanta, quella che possiamo collegare alla figura del papa Pio 12°, caratterizzata da grandi folle radunate periodicamente intorno a un Papa ieratico, con forti tratti sacrali. In Italia, generalmente, i reazionari religiosi lo erano anche nelle questioni politiche e si opponevano all'azione dei cattolici democratici.
 I cambiamenti del post-concilio furono piuttosto problematici in Italia, anche perché complicati da questioni politiche, determinate dal fatto che il governo nazionale era espresso da una forza politica che aveva stretto un patto tattico con il papato. Essa era stata creata dal cattolicesimo democratico italiano, un movimento di riforma sociale, politica e religiosa le cui radici possiamo seguire fino dalla fine del Settecento. Il cattolicesimo democratico italiano era stato parte della coalizione politica che aveva vinto il fascismo storico italiano, regime con cui il papato italiano, regnante il papa Pio 11°, era venuto a una conciliazione, con i Patti Lateranensi del 1929. L'azione del cattolicesimo democratico italiano fu la via che permise il riscatto del papato dal disonore di quel patto, di cui oggi in genere si tende, negli ambienti cattolici, a sminuire la rilevanza religiosa e politica, proprio perché sentito come disonorevole. In realtà esso fu un accordo di grande rilevanza, che ebbe importanti effetti sulla cattolicità italiana, come a tempi nostri è architettonicamente simboleggiato dallo stradone in travertino funerario fatto realizzare a Roma dal Mussolini davanti al pretenzioso chiesone vaticano, emblematico della via libera che il capo supremo della nostra confessione religiosa di quel tempo lasciò al regime autoritario fascista. La nostra gerarchia religiosa si condusse di conseguenza. Ecco ad esempio come l'arcivescovo di Bologna, il cardinale Giovanni Battista Nasalli Rocca plaudeva, nel 1938, al duce italiano per l'appoggio fornito al generale  Francisco Franco, futuro despota fascista spagnolo, durante la guerra civile spagnola:
 "L'efficacia delle preghiere si è provata in questo momento e sia benedetta la Provvidenza che ad allontanare così sinistre catastrofi si è servita dell'Italia nostra e dell'Uomo, al Quale Essa ha affidata le nobili sorti. All'Italia e a Lui moltiplichi Iddio le grazie, i suoi lumi, i suoi celesti e più grandi carismi pari all'altissima missione che hanno nel mondo" [in F.Battelli, Fra età moderna e contemporanea, pag.339; citato in A.Mandreoli, Il cardinale Nasalli Rocca e "L'Avvenire d'Italia" (Bologna, 1943-1945),  in Il Margine, n.8/2013.
Il passaggio delicatissimo che la nostra collettività di fede italiana attraversò negli anni '70, regnante il papa Paolo 6°, fu caratterizzato, secondo una linea di sviluppo che partiva dalla fine dell'Ottocento, dalla riflessione sulla democrazia, sui nessi tra fede religiosa e democrazia e su forme di democratizzazione dell'organizzazione religiosa. La Chiesa di prima resisteva, mettendo a rischio il patto tattico politico tra cattolicesimo democratico e organizzazione religiosa dominata dai papi su quali si era fondata la rinascita democratica italiana dopo la sconfitta ideale, morale, politica e militare del fascismo storico. I nostalgici della Chiesa di prima  esprimevano tendenze reazionarie, sia nelle questioni di fede che in politica, che vennero ad aperto conflitto con i moti di riforma attuati sull'onda dell'aggiornamento  conciliare. Tempi durissimi, dei quali in genere si è persa memoria. L'allentamento del patto, mediato dallo statista Alcide De Gasperi (1881-1954), tra il cattolicesimo democratico italiano e l'organizzazione religiosa della cattolicità italiano iniziò  destabilizzare l'ordinamento politico italiano, e questo in un'epoca in cui i cattolici in blocco, senza distinzione tra componenti reazionarie e riformatrici, papiste e conciliari, politiche, culturali e religiose, erano colpite dal generale discredito della altre componenti culturali e politiche su cui si era imperniata la nuova democrazia di popolo italiana dopo la caduta del fascismo. Una situazione gravissima che travagliava e addolorava l'alta spiritualità di papa Montini, nella prospettiva addirittura  di uno scisma della nostra confessione, minacciato da non pochi in religione, arrivando alcuni a definire eretici i deliberati del Concilio Vaticano 2° e usurpatori i  Papi del concilio, Giovanni 23° e Paolo 6°,  e di un imminente crollo del regime politico democratico italiano, che si era strutturato intorno al patto tattico (quindi imposto da contingenti situazione storiche, non da una reale e profonda convergenza ideale) di cui ho detto tra i cattolici democratici e la gerarchia cattolica. Il punto più drammatico di quell'epoca fu raggiunto tra il marzo e il maggio del 1978 con il sequestro e l'assassino di Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana, uno degli esponenti di maggiore autorità morale e intellettuale del cattolicesimo democratico italiano, amico personale del papa Paolo 6°. Nell'agosto di quello stesso anno morì papa Montini. Mio zio Achille, sociologo molto ascoltato all'epoca nel mondo cattolico italiano, mi condusse su Ponte Sisto, qui a Roma, e rivolto verso la basilica vaticana mi disse: "E' la fine di un'epoca". E con una chiave incise queste parole sulla parapetto in ferro che all'epoca era ancora montato su quel ponte.
  Fu allora eletto papa Albino Luciani, che assunse il nome di Giovanni Paolo 1°, volendo con ciò significare che avrebbe proseguito l'opera dei suoi predecessori Giovanni 23° e Paolo 6°. Ma le cose dovevano andare diversamente: a settembre di quell'anno anche papa Luciani morì.
 Venne allora eletto papa il cardinale polacco Karol Wojtyla, che assunse significativamente il nome di Giovanni Paolo 2°. Egli sicuramente proseguì l'aggiornamento  conciliare innescato dal papa Giovanni 23°, ma non nella direzione impressa dal papa Paolo 6°. Nel giro di circa un decennio il modello ispirato alla visione del Maritain fu abbandonato, resistendo pervicacemente quasi solo in Azione Cattolica, per altro molto depotenziata sotto diversi profili,   e venne promosso il modello polacco, sul quale era già in linea il movimento che ambiva, e ancora ambisce, a sostituire l'Azione Cattolica come principale strumento di azione sociale, culturale e politica dei cattolica.
 L'autorevolezza e la fama del papa Giovanni Paolo 2° furono molto accresciute dal ruolo molto importante che egli svolse nella politica polacca del suo tempo e, di riflesso, sull'evoluzione dei regimi politici europei dominati dall'Unione Sovietica, nonché sullo stesso regime sovietico.
 Il modello di organizzazione religiosa promossa dal papa Giovanni Paolo 2° fu, nelle cose di fede,  clericale e reazionario alla base e molto innovatore al vertice, mentre fu molto innovatore in politica, sia alla base che al vertice (in ciò differenziandosi dalle consuetudini italiane che vedevano andare di pari passo tendenze reazionarie religiose e politiche). I gesti e le idee di innovazione vennero sostanzialmente riservati al Papa  e ve ne furono di molto rilevanti, fino a quelli, veramente epocali, che caratterizzarono il Grande Giubileo dell'Anno 2000. L'autonomia di quella che possiamo considerare base non venne tollerata e, in molti casi, venne duramente repressa. Questo ha comportato, complessivamente, un impoverimento della collettività religiosa italiana, in cui il discorso sull'autonomia del laicato era stato molto avanzato. Da un fedele laico, in sostanza, ci si attese sostanzialmente che fosse un ripetitore delle idee promulgate nelle encicliche papali, ovvero, sfruttando la forza del numero, una specie di altoparlante del Papa regnante. In questo modo, riservando i moti di riforma al vertice romano della nostra confessione religiosa, si normalizzarono le tensioni che travagliavano le nostre collettività, che comunque, per la verità, rimasero latenti. Un esempio di ciò  a cui mi riferisco fu proprio ciò che accadde a mio zio Achille in quegli anni, che, a quanto mi parve, venne duramente emarginato, in qualche modo sconfessato, in particolare nel suo ruolo di testimone privilegiato dell'esperienza politica e religiosa di Giuseppe Dossetti, uno dei protagonisti del Concilio Vaticano 2°.
  La collettività religiosa italiana, anche se ormai non riesce forse più ad avvedersene, sta vivendo ancora in pieno modello polacco. Ma quest'ultimo poteva funzionare solo con un papa come Giovanni Paolo 2° al vertice. Venuta a mancare la sua guida, ben prima della sua morte, diciamo in un'epoca compresa tra il 2001 e il 2004, con l'aggravarsi della sua dolorosa malattia, esso manifestò la sua insufficienza. Rimasero le tendenza clericali e reazionarie nella base, senza più il potenziale di innovazione ai vertici. Anzi, al vertice venne un uomo, di alta spiritualità e di elevato profilo morale e intellettuale, ma la cui azione fu diretta a ridimensionare, con azione basata sull'autorità papale non con la convocazione di una nuova assemblea mondiale dei vescovi, la portata dell'aggiornamento  conciliare, cercando di ricreare una continuità ideale tra la Chiesa  di prima  e la Chiesa dopo il Concilio Vaticano 2°. Ma l'aggiornamento promosso dal papa Giovanni 23° era stato reso necessario dalla constatazione che la Chiesa  di prima non era più adatta ai tempi nuovi prodottisi dopo la caduta europea dei regimi nazi-fascisti e la decolonizzazione a livello mondiale. Occorreva scrutare evangelicamente i segni dei tempi e agire di conseguenza. Il manifesto, insieme politico e religioso, di questo nuovo corso fu espresso in modo strepitoso nella fondamentale enciclica Pacem in terris [=la pace in terra] del papa Giovanni 23°, del 1963, in chi si trovano condensati tutti i grandi principi ideali che caratterizzarono la nuova era politica mondiale, quella che possiamo definire dei diritti umani, dal 1948, che troviamo anche nella vigente Costituzione della Repubblica italiana. Il papa Paolo 6°, nel 1967, nell'emozionante enciclica Populorum progressio [=lo sviluppo dei popoli] chiamò tutte le genti di buona volontà, i credenti e i non credenti ad attuarli, collaborando alla grande opera comune:
"APPELLO FINALE
Cattolici
81. Noi scongiuriamo per primi tutti i Nostri figli. Nei paesi in via di sviluppo non meno che altrove, i laici devono assumere come loro compito specifico il rinnovamento dell'ordine temporale. Se l'ufficio della gerarchia è quello di insegnare e interpretare in modo autentico i principi morali da seguire in questo campo, spetta a loro, attraverso la loro libera iniziativa e senza attendere passivamente consegne o direttive, penetrare di spirito cristiano la mentalità della loro comunità di vita. Sono necessari dei cambiamenti, indispensabili delle riforme profonde: essi devono impegnarsi risolutamente a infondere loro il soffio dello spirito evangelico. Ai Nostri figli cattolici appartenenti ai paesi più favoriti Noi domandiamo l'apporto della loro competenza e della loro attiva partecipazione alle organizzazioni ufficiali o private, civili o religiose, che si dedicano a vincere le difficoltà delle nazioni in via di sviluppo. Essi avranno senza alcun dubbio a cuore di essere in prima linea tra coloro che lavorano a tradurre nei fatti una morale internazionale di giustizia e di equità.
Cristiani e credenti
82. Tutti i cristiani, Nostri fratelli, vorranno, non ne dubitiamo, ampliare il loro sforzo comune e concertato allo scopo di aiutare il mondo a trionfare dell'egoismo, dell'orgoglio e delle rivalità, a superare le ambizioni e le ingiustizie, ad aprire a tutti le vie di una vita più umana, in cui ciascuno sia amato e aiutato come il fratello dai fratelli. E, ancora commossi al ricordo dell'indimenticabile incontro di Bombay con i Nostri fratelli non cristiani, di nuovo Noi li invitiamo a cooperare con tutto il loro cuore e la loro intelligenza, affinché tutti i figli degli uomini possano condurre una vita degna dei figli di Dio.
Uomini di buona volontà
83. Infine, ci volgiamo verso tutti gli uomini di buona volontà consapevoli che il cammino della pace passa attraverso lo sviluppo. Delegati presso le istituzioni internazionali, uomini di stato, pubblicisti, educatori, tutti, ciascuno al vostro posto, voi siete i costruttori di un mondo nuovo. Supplichiamo Dio onnipotente di illuminare la vostra intelligenza e di fortificare il vostro coraggio nel risvegliare l'opinione pubblica e trascinare i popoli. Educatori, tocca a voi suscitare fin dall'infanzia l'amore per i popoli in preda all'abbandono. Pubblicisti, vostro è il compito di mettere sotto i nostri occhi gli sforzi compiuti per promuovere il reciproco aiuto tra i popoli, così come lo spettacolo delle miserie che gli uomini hanno tendenza a dimenticare per tranquillizzare la loro coscienza: che i ricchi sappiano almeno che i poveri sono alla loro porta e fanno la posta agli avanzi dei loro festini.
Uomini di stato
84. Uomini di stato, su voi incombe l'obbligo di mobilitare le vostre comunità ai fini di una solidarietà mondiale più efficace, e anzitutto di far loro accettare i necessari prelevamenti sul loro lusso e i loro sprechi per promuovere lo sviluppo e salvare la pace. Delegati presso le organizzazioni internazionali, da voi dipende che il pericoloso e sterile fronteggiarsi delle forze ceda il posto alla collaborazione amichevole, pacifica e disinteressata per uno sviluppo solidale dell'umanità: un'umanità nella quale sia dato a tutti gli uomini di raggiungere la loro piena fioritura.
Uomini di pensiero
85. E se è vero che il mondo soffre per mancanza di pensiero, Noi convochiamo gli uomini di riflessione e di pensiero, cattolici, cristiani, quelli che onorano Dio, che sono assetati di assoluto, di giustizia e di verità: tutti gli uomini di buona volontà. Sull'esempio di Cristo, Noi osiamo pregarvi pressantemente: «Cercate e troverete» (Lc 11, 9), aprite le vie che conducono, attraverso l'aiuto vicendevole, l'approfondimento del sapere, l'allargamento del cuore, a una vita più fraterna in una comunità umana veramente universale.
Tutti all'opera
86. Voi tutti che avete inteso l'appello dei popoli sofferenti, voi tutti che lavorate per rispondervi, voi siete gli apostoli del buono e vero sviluppo, che non è la ricchezza egoista e amata per se stessa, ma l'economia al servizio dell'uomo, il pane quotidiano distribuito a tutti, quale sorgente di fraternità e segno della Provvidenza."
 La struttura di vertice della nostra confessione religiosa, costruita per essere dominata da un papa innovatore e molto attivo, accentratore e non molto abituato a relazioni paritarie con il mondo in cui viveva, un vero sovrano religioso assoluto,  divenne, senza più quel tipo di capo, autoreferenziale, cadendo in episodi caratterizzati, per quello che si è saputo, innanzi tutto dal papa rinunciante Ratzinger il quale ha parlato di sporcizia e di arrivismo curiale, da un incredibile e insospettato degrado etico e ciò nella sostanziale indifferenza della nostra collettività religiosa, ormai assuefatta ad attendere istruzioni dall'alto, di solito senza esercizio di spirito critico.
 L'attuale Papa viene da un'esperienza molto diversa dal modello polacco. Egli si trova ad impersonare la figura di un sovrano religioso assoluto ma, apparentemente, lo fa controvoglia. Sta cercando di stimolare, anche in Italia, una ripresa del fervore della base, una ricerca di modi nuovi per parlare di fede alla gente del nostro tempo, ma, mi pare, senza molto successo finora. La collettività religiosa italiana attende da lui istruzioni, ma agli ci risponde che siamo noi stessi che, con audacia e senza timore, dobbiamo inventarcele e sperimentarle, cercando di rimanere uniti non perché sudditi di un unico sovrano, ma per i sentimenti amorevoli che dovremmo nutrire gli uni per gli altri.  Egli si è trovato a gestire il percorso che doveva concludersi con la canonizzazione del papa Giovanni Paolo 6°, che i sostenitori del modello polacco intendevano come una conferma in eterno del tipo di collettività e di organizzazione religiosa promossa da quel Papa, la chiusura per sempre, per quanto questa espressione possa valere nelle cose umani, di ogni apertura al cambiamento, di ogni mutamento di direzione di rotta. Era questa, infatti, l'ideologia che stava dietro lo slogan del "santo subito!", propagandata fin dal giorno dei funerali di quel Papa. Mi pare che il Papa oggi regnante non l'abbia accolta e che ciò sia manifestato dall'aver affiancato nella canonizzazione al papa Giovanni Paolo 2° il papa Giovanni 23°, il quale aveva il processo di aggiornamento che costituì il centro del lavoro del Concilio Vaticano 2°. Giovanni 23° morì prima della conclusione dei lavori del Concilio, quindi non mise mano alla fase attuativa. L'aver deciso di canonizzare o lui, e non il papa Paolo 6°, che fu, con il papa Giovanni Paolo 2°, il sovrano religioso che attuò i deliberati del Concilio Vaticano 2°, può voler significare, penso, che il papa Francesco vuole considerare ancora aperto  il discorso sull'attuazione e sviluppo delle idee conciliari, quindi non limitato alla scelta tra modello maritainiano  e modello polacco. Sicuramente c'è un altro modello che può essere preso in considerazione, e che durante il papato di Giovanni Paolo 2°  non è stato molto valorizzato (quando addirittura non è stato duramente represso), ed è quello della Chiesa di popolo che ha cominciato ad essere tratteggiata nella Conferenza dell'episcopato latino-americano di Medellin, nel 1968, che intese rispondere all'appello del papa Paolo 6° alle genti della Terra che ho sopra ricordato. Questo modello è scaturito da un'esperienza storica che sicuramente è molto presente all'attuale Papa.
 Di ciò che ho scritto sono stato personale testimone: ho l'età giusta per esserlo stato.
  
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli