PERSONE NUOVE IN CRISTO GESÙ
Corresponsabili della gioia di vivere
BOZZA DOCUMENTO ASSEMBLEARE
XV ASSEMBLEA NAZIONALE DI AZIONE CATTOLICA
ROMA, 30 APRILE - 3 MAGGIO 2014
I. CORRESPONSABILI DELLA GIOIA
Il cristiano deve essere rivoluzionario per la grazia
(…). La grazia fa di noi rivoluzionari (…) perché cambia il cuore. Un cuore che
ama, un cuore che soffre, un cuore che gioisce con gli altri, un cuore colmo di
tenerezza per chi, portando impresse le ferite della vita, si sente alla
periferia della società
(Papa Francesco, Convegno ecclesiale della Diocesi di
Roma, 17 giugno 2013)
Siamo laici associati, corresponsabili della missione evangelizzatrice
della Chiesa, e ci lasciamo interrogare, dunque, dal nostro tempo. Ci sentiamo
interpellati dalla vita delle persone, a cui vogliamo innanzitutto offrire la
testimonianza della speranza e della gioia che nascono dall’incontro con
Cristo, della bellezza di costruire legami autentici, dell’importanza di sentirci
responsabili della crescita umana, spirituale, culturale e di fede di ciascuno,
a servizio della Chiesa locale e nella consapevolezza di essere parte della
Chiesa universale. In questo tempo, in cui siamo chiamati a pensare il cammino
del nuovo triennio associativo, desideriamo fare alcuni esercizi.
Il primo ci interroga sul modo in cui possiamo aiutare sempre più gli
adulti, i giovani e i ragazzi a vivere la bellezza di una fede che dà forma alla vita, che chiama ciascuno alla santità, che nutre il terreno delle relazioni
buone tra le persone, che arricchisce il dialogo tra le culture e le
tradizioni, che porta speranza nella costruzione della città e nell’impegno per
la giustizia e lo sviluppo umano. In questo, Papa Francesco, con il suo
linguaggio fatto di parole semplici e con la tenerezza dei gesti, ci mostra
ogni giorno cosa significhi raccontare le meraviglie che il Signore compie
nelle nostre storie. Il suo modo di dire e di fare colpisce perché è diretto e
parla con immediatezza alle nostre vite, facendoci cogliere l'essenziale, ciò
che conta di più: l'amore e la fedeltà a Gesù Cristo.
Il secondo esercizio ci impone di guardare con riconoscenza e gratitudine
al percorso che abbiamo compiuto in questi anni: un percorso ricco di incontri
e di esperienze, in cui abbiamo davvero potuto intessere legami di vita buona. Viviamo un tempo
favorevole, da coltivare e da raccontare, perché abbiamo una grande storia e un
ricchissimo presente, un patrimonio da narrare e trasmettere a tutti con
entusiasmo e passione, dai più piccoli ai più grandi, dagli associati ai
simpatizzanti, fino a chi non ha una particolare appartenenza ecclesiale: è un
esercizio, che ci aiuta a perseverare nell'essere collaboratori della gioia.
Questi legami di vita buona li ritroviamo ogni giorno nell’esercizio della
democraticità, nell’importanza di relazioni autentiche, nella rilevanza del
rapporto tra educatore e gruppo, che non è connotato dal possesso ma dal
desiderio di condividere la vita e dalla bellezza della collaborazione tra sacerdoti
e laici. È nella quotidianità e nell’intensità della vita bella associativa che
facciamo esperienza di legami significativi, aperti all’accoglienza e alla
condivisione.
In questo triennio, in cui celebriamo i cinquant’anni dall'apertura del
Concilio Vaticano II, abbiamo fatto esperienza di ciò che vuol dire essere e
vivere "la Chiesa bella
del Concilio", riportando in primo piano proprio una
delle sue grandi eredità: la nostra associazione, forma di testimonianza
comunitaria che oggi, come cinquant’anni fa, è ancora più importante di una
forma di testimonianza personale.
Ecco allora che, nel percorso che ci apprestiamo a compiere, vogliamo
provare, attraverso questi due esercizi, a recuperare con questo stile semplice
e immediato il nostro patrimonio associativo e quindi la nostra storia, per
riuscire a fare il bene della Chiesa e della comunità civile, di cui siamo e ci
sentiamo corresponsabili “facendo bene l’Azione
Cattolica”.
Per parlare alla vita
La memoria del 50° anniversario dall’apertura del Concilio, vera bussola
del Terzo millennio per la vita della Chiesa nella storia, è stata finora non
solo occasione di celebrazioni significative, ma soprattutto indicazione di
cammino per il futuro e sollecitazione ad attualizzare quanto ancora semplicemente
nei documenti conciliari è stato enunciato e non è ancora stato fatto proprio
dalla Chiesa di oggi. In particolare, sentiamo rivolti a noi laici due
insegnamenti conciliari: la comprensione della Chiesa come popolo di Dio in
cammino nella storia di tutti fino alle estreme periferie e la comprensione
della nostra quotidianità come luogo della chiamata alla santità, senza
contrapposizione di principio tra secolarità e santità, vita e fede. La nostra
indole secolare, riconosciuta e indicata dai testi conciliari come carattere
tipico del laico, chiede di essere ancora più approfondita e valorizzata nel
cammino di fede, secondo la logica dell’incarnazione. Proprio in questa logica
conciliare siamo invitati a comprometterci nelle questioni del nostro tempo, soprattutto ad accogliere e abitare la complessità di questa epoca
segnata da nuovi processi demografici, socio-economici, politici, culturali e
religiosi. Questi ed altri stanno causando grandi trasformazioni che
coinvolgono la configurazione del territorio, i tempi di vita, la struttura
della società, il rapporto fra le generazioni, la cultura, la vita religiosa e
la partecipazione alla vita della Chiesa.
I grandi mutamenti influiscono in ogni ambito della vita familiare e
sociale e sono, insieme, causa di novità positive ma anche di paure diffuse.
Tra le trasformazioni in atto, vi è la crisi socio-economica che investe con
drammaticità le famiglie, causa nuove forme di impoverimento, incide
pesantemente sulle prospettive di futuro delle giovani generazioni.
Da laici di AC, desideriamo vivere in modo corresponsabile questo tempo e
farcene carico mettendo a servizio di tutti una risorsa tipica
dell’associazione, coltivare cioè legami buoni e uno stile di prossimità,
sentendoci, come affermava Bachelet, “amici di tutti”. Desideriamo, infatti,
abitare anche i cambiamenti più difficili come opportunità, come aspetti
peculiari del nostro tempo, che grazie alla fede cogliamo come “tempo favorevole”, in cui siamo chiamati
ancor di più a vivere e testimoniare con gioia la bellezza dell’essere radicati
in Cristo, facendoci compagni di strada delle persone che abitano i quartieri,
le parrocchie, i paesi, le città, le diocesi in cui vivono le nostre
associazioni.
È un cammino da compiere con l’atteggiamento di misericordia, essenzialità
e semplicità a cui Papa Francesco ci ha richiamato con tanta forza sin dai
primissimi giorni del suo pontificato. Crediamo che in questo stile di
comunione, vicino al cuore della gente, si renda visibile la “Chiesa bella del
Concilio”, che chiama tutti i credenti in Cristo all’assunzione e alla condivisione
di responsabilità. Per questo, proprio a partire dal Concilio, l’Azione
Cattolica Italiana desidera approfondire il senso della chiamata e tradurre
negli ambiti del quotidiano il suo essere fedele al progetto d’amore del Padre.
A partire da ciò, il nostro desiderio di parlare della vita e alla vita si indirizza ai
luoghi in cui si sperimentano e vivono per eccellenza quei legami che sempre
connotano la persona in relazione: la famiglia, la parrocchia, la città. Tutti
abitano questi luoghi, che, pur nella loro diversità, rappresentano sempre il
contesto dove le relazioni nascono, accadono, vivono, fruttificano, si
logorano. Famiglia, parrocchia e città sono infatti espressioni della forma comunitaria
che appartiene al nostro essere uomini e pertanto rappresentano tre ambiti
fondamentali del vivere che, come credenti cristiani, ci interpellano con
forza. Si tratta di “luoghi” che vanno custoditi e abitati con convinzione e
passione, operando in essi con spirito creativo per trasfigurarli
profeticamente. Sono luoghi non certo esaustivi, ma fortemente indicativi
dell’intero mondo delle relazioni, che proprio per questo vanno visti non
separatamente ma nel loro reciproco intreccio. Ne riportiamo alcune
caratteristiche emblematiche, senza volerne esaurire la ricca varietà di
modelli e situazioni, come “paradigmi” dei nostri ambiti di relazione.
Famiglia
Educare in famiglia è oggi un’arte davvero difficile.
Molti genitori soffrono, infatti, un senso di solitudine, di inadeguatezza e,
addirittura, d’impotenza. Si tratta di un isolamento anzitutto sociale, perché
la società privilegia gli individui e non considera la famiglia come sua
cellula fondamentale. (Educare alla vita buona del Vangelo, Orientamenti Pastorali
dell’Episcopato italiano per il decennio 2010-2020, 36)
L’Azione Cattolica è consapevole delle grandi sfide che oggi interpellano
la famiglia, non preservata da problemi e sofferenze e, insieme, ancora fonte
di valori e di senso. La famiglia, che ha origine dalla relazione stabile tra
un uomo e una donna sposati e aperti alla vita, ed è fondata sul sacramento del matrimonio, oggi è chiamata a fare i conti con un contesto sociale complesso e
contraddittorio, in cui si affermano, tra l’altro, diverse forme di convivenza,
scelte o subite. Ma proprio qui e ora l’AC vuole testimoniare la bellezza
dell’essere famiglia, e famiglia cristiana cementata da un’autentica relazione
con il Signore, e vuole impegnarsi a renderla protagonista del rinnovamento delle comunità ecclesiali e civili.
La centralità della famiglia, nel contesto di oggi, è importante, alla luce
della consapevolezza che i legami buoni che in essa maturano non costituiscono
un affare privato né si limitano a gestire la dinamica degli affetti, ma
rappresentano un punto di forza della società. Emerge qui anche una serie di
questioni di tipo antropologico: oggi sono in gioco la differenza fondamentale
uomo-donna, il ruolo che tale differenza riveste nell’esperienza dell’amore
umano, il diritto dei figli a essere accolti ed educati con amore da un padre e
da una madre tra loro in relazione. Oggi più che mai occorre riscoprire il
valore di relazioni stabili, in controtendenza rispetto a una visione “liquida”
dei rapporti che conduce fatalmente a un io sempre più isolato. È questo un
terreno delicatissimo dove essere presenti con discrezione e insieme con il
desiderio di offrire testimonianza di relazioni buone e vitali in un contesto
culturale che si presenta con molte domande e sfide.
Abitare la famiglia significa aiutarla a ricercare tempi e spazi nuovi per
riscoprire la bellezza del dialogo tra le generazioni, l’intensità delle
relazioni e la gratuità della condivisione della quotidianità. In tal senso,
occorre sperimentare modalità pastorali nuove per coinvolgere attivamente la
famiglia nella vita associativa e nei percorsi formativi.
È bello, in Associazione, sviluppare la capacità di costruire una rete tra famiglie, per offrire una
testimonianza esemplare a livello ecclesiale e civile; riscoprire il
protagonismo educativo della famiglia nei cammini formativi dell’ACR e
nell’accompagnamento dei ragazzi nella vita di fede; mostrare che
l’appartenenza associativa si traduce in un modello di famiglia capace di
ospitalità e convivialità; accompagnare le diverse vocazioni che si generano;
educare al perdono, alla gratuità, alla cura, alla custodia, alla misericordia,
per creare comunità che sappiano far innamorare della vita e in cui ciascuno si
senta amato e impari ad amare, con uno stile solidale.
Vogliamo raccontare la passione dell’AC per la famiglia e far capire quanto
la proposta associativa tocchi l’umano, puntando non su iniziative
estemporanee, ma su un impegno vissuto nella concretezza e nella continuità del
quotidiano.
Abbiamo a cuore la solitudine delle famiglie che vivono situazioni di
difficoltà economiche, morali, educative e siamo consapevoli che occorre
innanzitutto conoscere le fragilità presenti sul territorio, per saperle
significativamente presidiare, anche intensificando la rete di collaborazione
con gli altri attori sociali e con le realtà istituzionali locali, affinché il
sostegno, la promozione e la valorizzazione della famiglia rappresentino un
volano del rinnovamento della società e della Chiesa stessa.
Come Azione Cattolica, dobbiamo allora interrogarci su quali siano le
modalità di relazione che i nostri gruppi associativi di soci e di realtà
associative familiari possono ulteriormente stabilire e giocare nel contesto di
oggi, anche alla luce dell’impegno costante dell’Associazione per la famiglia e
delle riflessioni svolte a proposito, anche in occasione dei sedici convegni
regionali in preparazione alla 47a Settimana sociale dei cattolici italiani.
Parrocchia
La parrocchia – Chiesa che vive tra le case degli
uomini – continua a essere il luogo fondamentale per la comunicazione del
Vangelo e la formazione della coscienza credente; rappresenta nel territorio il
riferimento immediato per l’educazione e la vita cristiana a un livello
accessibile a tutti; favorisce lo scambio e il confronto tra le diverse
generazioni; dialoga con le istituzioni locali e costruisce alleanze educative
per servire l’uomo. (Educare alla vita buona del Vangelo, 41)
L’AC vuole impegnarsi a fare delle parrocchie in cui opera luoghi dove le
persone si sentano a casa propria e mostrino così la bellezza di vivere in una
“famiglia” di ampio respiro.
La parrocchia è “Chiesa che vive tra le
case degli uomini”, casa tra le case, in comunicazione con la realtà
territoriale, “è comunità di fedeli
a cui appartengono i battezzati della Chiesa cattolica che dimorano in un
determinato territorio (…) in essa si vivono rapporti di prossimità con vincoli
di prossimità e di amore e si accede ai doni sacramentali, al cui centro è
l’Eucarestia, ma ci si fa carico degli abitanti di tutto il territorio” (Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, 3). È dunque
sempre più urgente pensare una sua nuova configurazione che traduca in realtà
operative le molteplici istanze esistenti e renda patrimonio sperimentabile le
felici intuizioni e indicazioni pastorali del Magistero, per creare comunità
dotate di forza missionaria, capaci di rispondere alle sfide odierne e di
suscitare vocazioni mature.
Nella parrocchia, l’Azione Cattolica vuole offrire il proprio contributo
intensificando la formazione degli aderenti e dei responsabili, perché
favoriscano una maturità testimoniale della comunità credente. C’è necessità di
rivisitare l’esperienza della fede alla luce dei mutamenti sociali e dei nuovi
modelli antropologici, non solo per recuperare una maggiore efficacia
comunicativa rispetto alla proposta cristiana, ma specialmente per essere
autentico segno sacramentale di Cristo negli ambiti della vita.
Realizzare una comunità in cui si sperimenta la meraviglia di incontrare
Gesù e ciascuno possa sentirsi a casa sua, riconosciuto nella sua diversità e
valorizzato nelle sue competenze e potenzialità, significa incrociare con
slancio missionario “piazze e campanili”.
Prendersi cura delle questioni
concrete e dei “ritmi” della vita delle persone, che abitano la porzione di
territorio affidata alle nostre parrocchie, richiede la sapienza di costruire
ponti con i contesti “altri” e tessere legami di amicizia con chi è lontano.
Occorre un esercizio di adeguamento flessibile della struttura associativa ai
bisogni, alle risorse, ai tempi di vita delle persone, che testimoni realmente
il nostro spirito di accoglienza e di solidarietà. “Distendere” tempi e spazi
dell’esperienza associativa ci aiuta anche a gustarne tutta la bellezza, senza
cadere nelle ristrettezze dell’efficientismo. Talvolta l’impegno generoso non
si coniuga con analogo slancio nelle frontiere ordinarie della vita
professionale, del dibattito culturale, della promozione del bene comune e
della responsabilità civile. Per scongiurare il rischio
dell’autoreferenzialità, dobbiamo rimodulare un apostolato per l’oggi capace di
raggiungere, come dice Papa Francesco, le periferie esistenziali. C’è bisogno, ci
suggeriscono i Vescovi, di una conversione pastorale delle nostre comunità
parrocchiali perché siano strumenti di trasfigurazione sociale nella radicalità
evangelica.
Città
La società nella sua globalità, infatti, costituisce
un ambiente vitale dal forte impatto educativo; essa veicola una serie di
riferimenti fondamentali che condizionano in bene o in male la formazione
dell’identità, incidendo profondamente sulla mentalità e sulle scelte di
ciascuno. (Educare alla vita buona del Vangelo, 50)
L’AC vuole impegnarsi con slancio e generosità nelle città contribuendo a
promuovere il bene comune, ricostruendo il tessuto della convivenza civile e
rendendolo spazio di vita “amabile” per qualsiasi cittadino.
L’apertura al territorio è segno tangibile di un’Associazione che vuole
essere popolare e rendersi visibile nelle pieghe della storia per divenire “Chiesa in
situazione”. Abitare la città significa innanzitutto partecipare attivamente e
responsabilmente alle dinamiche della vita civile, impegnandosi a fare dello
spazio della convivenza un bene comune. Nella frammentarietà dei tempi e degli
spazi, in dimensioni in cui abitare la città diventa sempre più difficile, tra
equilibri legati a tempi di vita in continuo mutamento, la “piazza” va assunta
nuovamente come luogo di “narrazione” comunitaria, di cultura dell’incontro, di
“convivialità delle differenze”, per usare l’espressione di don Tonino Bello.
Occorre sviluppare, in sinergia con gli altri attori sociali del
territorio, dialogo e cooperazione con le istituzioni pubbliche per promuovere
la riqualificazione degli spazi della vita pubblica e “organizzare” una
solidarietà capace di incontrare le nuove povertà, di costruire reticoli di
integrazione culturale, di trasformare le criticità in occasioni di promozione
dell’uomo, ristabilendo il principio della partecipazione di tutti alla
costruzione di una città aperta, dialogante ed educante.
Abitare la città vuol dire necessariamente essere dentro le sue
trasformazioni, che rivestono un carattere di assoluta varietà e poliedricità.
Pensiamo, per fare solo due esempi, alle trasformazioni del mondo del lavoro (e
alla drammaticità della crescente disoccupazione) e del mondo della
comunicazione (sempre più orientato verso il modello dei social media e sempre
più centrale nelle dinamiche della partecipazione e della formazione
dell’opinione pubblica).
- Come nei nostri gruppi condividiamo, valorizziamo e
sosteniamo i legami di vita buona che instauriamo ogni giorno in ogni ambito
negli ambiti della nostra vita?
- Conosciamo le famiglie che vivono sul territorio
della nostra parrocchia? Siamo consapevoli di eventuali difficoltà? Come e
quanto ci toccano?
- Siamo attenti alle situazioni più delicate e alle
nuove realtà (famiglie di fatto, famiglie allargate, ecc.)?
- Nell’esperienza associativa, la famiglia è soggetto
attivo o solo oggetto passivo di intervento pastorale?
- I nostri gruppi aiutano la parrocchia ad intuire i
problemi del territorio, a favorire interventi concreti che possano
valorizzarlo e a essere luogo di narrazione comunitaria e di incontro?
- Sappiamo essere una comunità inclusiva, aperta alla
comunione ecclesiale ed intraecclesiale?
- I nostri gruppi conoscono il territorio della
parrocchia? Sono capaci di fare rete con gli altri attori sociali del
territorio, di sviluppare dialogo e cooperazione con le istituzioni pubbliche
per promuovere la riqualificazione degli spazi della vita pubblica?
- Sappiamo riconoscere e incontrare le nuove povertà,
favorire occasioni di promozione dell’uomo?
- Come parla alla nostra vita la vita della città?
Quali provocazioni ci offre? Quali le urgenze che pone alla nostra attenzione e
al nostro impegno?
II. LE RADICI E LE METE
Interiorità e spiritualità
L’uomo è come un viandante che, attraversando i
deserti della vita, ha sete di un’acqua viva, zampillante e fresca, capace di
dissetare in profondità il suo desiderio profondo di luce, di amore, di
bellezza e di pace. Tutti sentiamo questo desiderio! E Gesù ci dona quest’acqua
viva: essa è lo Spirito Santo, che procede dal Padre e che Gesù riversa nei
nostri cuori. (Papa Francesco, Udienza generale, 8 maggio 2013)
La cura dell’interiorità è essenziale in ogni stagione della vita.
Alimentare la nostra vita spirituale, per riuscire a coniugare tutte le
dimensioni della persona, spalanca il nostro sguardo attento e amorevole sul
mondo. Saper guardare dentro di noi è indispensabile per rispondere alle
domande più profonde, ci spinge alla ricerca, illumina la lettura e la
comprensione di ciò che accade intorno a noi, aiuta a compiere scelte
coraggiose nella vita di ogni giorno, a rispondere pienamente e con gioia alla
nostra vocazione.
La partecipazione all’Eucarestia, l’ascolto della Parola accolta e meditata, la preghiera, l’esperienza del silenzio e della contemplazione, prendono forma in
ciascuno attraverso gesti di amore, sobrietà e gioia riconoscibili da quanti ci
vivono accanto.
Nella vita, c’è bisogno di persone che testimonino la bellezza di un
rapporto intimo con il Signore, che narrino la pienezza della vita quotidiana
vissuta alla sua presenza. In Associazione, è necessario quindi continuare a
promuovere la ricerca di un accompagnamento spirituale e favorire la
partecipazione all’Eucaristia quotidiana, agli esercizi spirituali e a altre
esperienze di preghiera.
Occorre che tutta l’Associazione rafforzi l’impegno, soprattutto in questo
tempo così complesso, affinché il cammino spirituale sia coltivato a partire
dai più piccoli, educandoli a stupirsi, a scoprire e a vivere, a loro misura,
l’incontro con il Signore della vita e maturare scelte autentiche di sequela.
I giovani e gli adulti, attraverso l’esperienza del discernimento personale e comunitario e mediante una regola di vita
spirituale, sono chiamati a vivere e a riscoprire ogni giorno la
bellezza e la novità dell’incontro con il Signore.
In particolare, gli educatori e i responsabili, ai quali, insieme agli
assistenti, è affidato l’accompagnamento
spirituale e umano dei soci, sono chiamati ad una lettura sapienziale e profetica della loro
vita e della loro storia, alla luce della responsabilità educativa e
associativa, che implica una coerenza di vita e un costante confronto con la
Parola.
- Come accompagnare sempre più i bambini e i ragazzi a
scoprire che la fede è un dono da accogliere, scegliere e vivere ogni giorno?
Come far nascere in loro la gioia dell’incontro con il Signore?
- Come favorire la scoperta della vita interiore e
sostenere il cammino spirituale dei più giovani in questo tempo?
- Come aiutare gli adulti a riavvicinarsi a esperienze
forti, come ad esempio gli esercizi spirituali?
- Quali modalità adottare su questo piano per
valorizzare i luoghi e gli strumenti tipici dell’Associazione?
- Come rafforzare l’esperienza dell’accompagnamento
spirituale?
- Come gli assistenti diocesani e parrocchiali
sostengono il percorso di discernimento personale e comunitario delle nostre
realtà associative?
Il locale e l’universale
Solo
lo Spirito può suscitare la diversità, la pluralità, la molteplicità e, nello
stesso tempo, operare l'unità. Anche qui, quando siamo noi a voler fare la
diversità e ci chiudiamo nei nostri particolarismi, nei nostri esclusivismi,
portiamo la divisione; e quando siamo noi a voler fare l’unità secondo i nostri
disegni umani, finiamo per portare l’uniformità, l’omologazione. (Papa Francesco, Omelia alla Messa di Pentecoste, Incontro con i Movimenti
e le Associazioni, 19 maggio 2013)
Il Magistero del Concilio Vaticano II ci insegna che “in virtù di questa cattolicità, le singole parti
portano i propri doni alle altre parti e a tutta la Chiesa, in modo che il
tutto e le singole parti si accrescono per uno scambio mutuo universale e per
uno sforzo comune verso la pienezza nell'unità”. Il rapporto tra Chiesa locale e Chiesa universale esprime il mistero della Chiesa in una tensione spirituale ed ecclesiale
che le pone in una relazione vitale e che consente al credente di vivere in
pienezza le due dimensioni. Infatti, nella Chiesa particolare, in ciascuna
Chiesa locale, là dove si incarna e si incultura il Vangelo, vive tutta la
Chiesa universale; nella Chiesa universale Pietro presiede alla comunione nella
carità con tutte le Chiese particolari e “insieme veglia affinché ciò che è particolare, non solo non pregiudichi
l'unità, ma piuttosto la serva” (LG, 13).
L’AC partecipa a questo mistero, vive questa tensione, ponendosi a servizio
della Chiesa locale, riunita intorno al proprio vescovo, successore degli
apostoli. Il luogo privilegiato della vita associativa è il livello diocesano e
la sua articolazione in parrocchie: tutti gli altri livelli della vita
associativa sono a servizio del livello diocesano. Questa è una scelta non
dettata da ragioni organizzative, bensì è segno della partecipazione dell’AC
alla vita della Chiesa locale e della Chiesa universale.
Come Associazione, vogliamo crescere nella consapevolezza che viviamo la
Chiesa universale nella Chiesa locale e la Chiesa locale nella Chiesa
universale. Questa prospettiva costituisce una dimensione fondamentale della
proposta formativa ordinaria: da un lato, ci consente di cogliere la Chiesa
come comunione missionaria, in cui, come battezzati e come associazione, siamo
chiamati a testimoniare la fraternità universale e ad annunciare la salvezza in
Cristo Gesù, aperti al dialogo ecumenico, interreligioso; dall’altro lato, ci
rende cittadini del mondo, profondamente radicati nel nostro territorio, capaci
di cogliere limiti e sfide della globalizzazione, in cammino con i più poveri.
L’Azione Cattolica Italiana è chiamata, nel percorso assembleare, a
compiere un ulteriore passo avanti sulla via della cattolicità: “tutti gli uomini sono chiamati a questa cattolica unità
del popolo di Dio, che prefigura e promuove la pace universale” (LG, 13).
Ci è chiesto un impegno ecclesiale, culturale e politico nel senso più
ampio della laicità e della corresponsabilità. Il mondo non è altrove e
neanche alcune drammatiche vicende che ci sembrano lontane in realtà lo sono.
Anche i flussi migratori e il conseguente rimescolamento delle società sono una
realtà di fatto che ci interpella in modo vitale per far nascere dalle
differenze legami di vita buona. Il nostro essere Chiesa “cattolica” si
esplicita anche in questa prospettiva.
·
Come si concretizza
oggi il nostro essere membra vive della Chiesa locale e della Chiesa
universale?
·
Il nostro impegno
educativo è al servizio di una formazione cattolica, universale?
·
Se ci sentiamo
cittadini del mondo globale, quali sono le conseguenze nella realtà quotidiana?
Evangelizzazione e Iniziazione cristiana
Non chiudersi, per favore! Questo è un pericolo: ci
chiudiamo nella parrocchia, con gli amici, nel movimento, con coloro con i
quali pensiamo le stesse cose… ma sapete che cosa succede? Quando la Chiesa
diventa chiusa, si ammala, si ammala. Pensate ad una stanza chiusa per un anno;
quando tu vai, c’è odore di umidità, ci sono tante cose che non vanno. Una
Chiesa chiusa è la stessa cosa: è una Chiesa ammalata. La Chiesa deve uscire da
se stessa. Dove? Verso le periferie esistenziali, qualsiasi esse siano, ma
uscire. Gesù ci dice: “Andate per tutto il mondo! Andate! Predicate! Date
testimonianza del Vangelo!” (Papa Francesco, Veglia di Pentecoste, Incontro con
i Movimenti e le Associazioni, 18 maggio 2013)
L’Associazione sceglie oggi di andare incontro e di accogliere tutti i
ragazzi, i giovani e gli adulti che desiderano conoscere Gesù Cristo e
sperimentare la bellezza di amarlo e annunciarlo, accompagnandoli nel cammino
di scoperta e riscoperta della propria fede.
Evangelizzazione è, infatti, farci nuovi con Cristo nella consapevolezza
che seguire il Signore Gesù e imparare a compiere scelte significative
costituisce il senso stesso del nostro essere laici impegnati a vivere la fede e amare la vita.
L’Associazione, dunque, si impegna a camminare insieme a tutta la Chiesa,
facendo proprie le sollecitudini che questo tempo suscita, mettendosi a
servizio delle comunità parrocchiali, offrendo la propria esperienza.
Accogliere, uscire e accompagnare diventano la declinazione naturale del
nostro essere evangelizzatori.
Accogliere, perché Dio stesso è
apertura e accoglienza, che non è solo quella di chi è diverso o lontano da
noi, ma anche di chi ci è accanto, di chi è più simile a noi, con il quale
sempre più spesso abbiamo difficoltà a convivere.
Uscire fuori da se stessi
per andare alle periferie dell’esistenza, fuori dalle proprie logiche, dalle
solite idee, dalle comode parole (anche nell’ambito della comunicazione e delle
diverse modalità con cui si esplica), per andare incontro all’altro senza
schemi, senza preconcetti, per amarlo per quello che è, come irripetibile dono
di Dio alla nostra vita.
Accompagnare, perché rimanda alla
dimensione della gratuità: chi sceglie, infatti, di accompagnare qualcuno lo fa
perché vuole il suo bene, per assicurarsi che compia un percorso, per aiutarlo
a raggiungere una meta o raggiungerla insieme.
In particolare, l’Azione Cattolica sente forte il desiderio di continuare a
dare il suo contributo alla riflessione sull’Iniziazione cristiana, che deve
essere sempre più un cammino di cui si prende cura tutta l’Associazione
diocesana e parrocchiale, un cammino che avviene nella comunità e con la
comunità, insieme alla famiglia, prima responsabile dell’annuncio di Gesù ai
bambini e ai ragazzi.
Diventa, così, importante prendere consapevolezza che i nostri cammini
formativi e la proposta che l’AC fa ai suoi aderenti sono un percorso autentico
di Iniziazione cristiana, che media i catechismi della CEI, offrendo così un
cammino possibile per diventare cristiani.
La grande opportunità che la nostra Associazione rappresenta, infatti,
risiede proprio negli itinerari formativi, frutto non solo di un attento
studio, di una profetica progettualità, di una sapiente mediazione della Parola
e del Magistero, ma anche di tanta esperienza provata sul campo, che spinge
sempre a rinnovarli a partire dalla prassi, cioè dalla vita di tanti ragazzi e
educatori che sperimentano vie antiche e nuove di annuncio del Vangelo.
La ricchezza che questi itinerari possiedono deve essere sempre più
valorizzata nella vita associativa ordinaria, avendo come centro l’Annuncio che
è proprio del nostro essere Chiesa, ricordandoci che rivelare Gesù Cristo e il
suo Vangelo è l’impegno fondante la Chiesa, ricevuto come mandato da Gesù
Cristo.
Infine, in collaborazione con l’Ufficio Catechistico Nazionale,
l’Associazione desidera continuare a dedicare un’attenzione particolare alla
proposta formativa, organica e strutturata, per i bambini dai 0 ai 6 anni
presenti nelle nostre comunità cristiane e considerati anche loro come soggetti
protagonisti della vita della Chiesa. Siamo promotori di un cammino che tiene
conto delle loro potenzialità, che mette a frutto le loro qualità, i loro doni,
aiutandoli a fare sentire la propria voce, capace di annunciare a loro misura
il Vangelo e di raccontare la bellezza dell’incontro con Gesù, vero amico.
- L’Associazione è consapevole che il percorso
formativo, in particolare dei bambini e dei ragazzi, è un autentico cammino di
Iniziazione Cristiana? Come viene vissuto nelle nostre comunità?
- Qual è il rapporto che lega l’Azione Cattolica
all’Ufficio Catechistico all’interno della vita della Chiesa locale?
- Le nostre proposte formative sono accoglienti? Le
persone che oggi vorrebbero ricominciare a credere possono trovare spazio nei
nostri gruppi o nelle nostre parrocchie?
- Le nostre Chiese locali e le nostre Associazioni
sono in grado di leggere i nuovi scenari del tempo presente per tradurre la
speranza del Vangelo in esperienze concrete?
- Quali attenzioni dedicano le nostre associazioni ai
preadolescenti e agli adolescenti? Come vengono accompagnati nel loro percorso
di crescita personale e di fede?
- I nostri cammini formativi sono un’autentica
proposta di evangelizzazione per ragazzi, giovani e adulti? Quali sono gli
aspetti da migliorare?
III. LE SCELTE E I PERCORSI
Adesione e vita associativa
Se vivete l’appartenenza all’Azione Cattolica con
forza, dovete vivere in questa tensione, una tensione tra l’interiorità
dell’incontro con Gesù che spinge verso l’esterno e mette tutto in questione,
tra un andare e un tornare continuo (Cardinal Bergoglio all’AC Argentina, 2011)
Il percorso assembleare rappresenta un’occasione propizia per rilanciare
l’importanza e il significato dell’essere corresponsabili dell’Associazione.
L’esperienza in Azione Cattolica è per tanti un elemento fondamentale del
proprio cammino di fede e della propria formazione religiosa ed umana, un dono da condividere e da offrire alle persone che incrociano il nostro cammino. L’adesione all’AC è anche
la possibilità di custodire e garantire per il futuro una presenza ecclesiale
significativa. Per questo, ogni aderente e ogni responsabile è chiamato
costantemente a curare con passione la proposta associativa, che va presentata
come scelta bella e significativa per la vita delle persone. L’adesione o il
suo rinnovo sono affidati alla cura di ogni responsabile e in particolare del
presidente e del consiglio parrocchiale. Ogni associazione è chiamata a fare
una lettura ragionata dei dati dell’adesione per comprenderne le dinamiche e le
motivazioni, soprattutto nei momenti di passaggio tra le articolazioni e i
settori. Una proposta associativa
seria e bella non può che prendere le mosse, da una
parte, dalla costruzione di legami personali da promuovere e custodire,
dall’altra, dalla cura di una vita associativa ricca, significativa, capace di
essere segno di speranza per la comunità cristiana e il territorio in cui
l’Associazione vive. Una proposta associativa seria e bella è sempre aperta
alla novità della vita, capace di interpellare persone nuove, di provocare le
loro scelte, di favorire una piena partecipazione alla vita della comunità civile
e della comunità ecclesiale, tale da mostrare quel senso vivo della passione
per gli altri che proviene dall’incontro con il Signore Gesù.
L’AC, se da un lato sceglie di radicarsi in un territorio, dall’altro fa
proprio il respiro universale della Chiesa. Il Forum Internazionale di AC è un organismo che collega le tante associazioni di Azione Cattolica del
mondo ed è uno strumento prezioso per crescere nella dimensione della
cattolicità. Conoscere e partecipare alle iniziative del FIAC, promuovere gemellaggi
e varie forme di collegamento internazionale, arricchisce e rafforza la vita
associativa ordinaria e inserisce l’AC nella dimensione missionaria della
Chiesa locale. Questo è uno spazio indispensabile per esprimere concretamente
la corresponsabilità anche nella Chiesa universale.
L’Azione Cattolica Italiana è uno dei membri fondatori e sostenitori del
FIAC, che ospita nella sua sede nazionale, partecipando attivamente alla sua
vita. Ci auguriamo che tutte le associazioni diocesane possano assumere sempre
più questo impegno, promuovendo scambi, curando la promozione dell’AC in paesi
dove ancora non c’è, rendendosi disponibili all’accoglienza di responsabili di
altri paesi, con un coinvolgimento soprattutto dei giovani. Una via
privilegiata di scambio possono essere i sacerdoti Fidei donum e i laici in
servizio di missione in Chiese locali di altri paesi o da Chiese locali di
altri paesi nelle nostre diocesi.
Tutti insieme abbiamo a cuore la Terra Santa, là dove sono le radici della
nostra fede, che si è diffusa da Gerusalemme fino ai confini del mondo.
- Quali occasioni ci diamo per confrontarci e ridirci
il senso e le modalità del promuovere l’adesione dove l’Associazione esiste già
e dove potrebbe nascere?
- In che modo possiamo stabilire legami più costanti e
strutturati con le numerose persone che vivono l’esperienza associativa senza
però aderire, come, ad esempio, i “simpatizzanti” che partecipano ad alcune
iniziative? Come coinvolgerli maggiormente nei nostri percorsi per aiutarli a
vivere il senso dell’appartenenza associativa?
- Come il gruppo, mediante la propria esperienza di
vita bella associativa, riesce a motivare la scelta dell’adesione?
- Quanto una più viva capacità progettuale, spesa
anche a partire da concrete situazioni del territorio, può favorire
contemporaneamente una più forte capacità di testimonianza e una migliore
conoscenza della bellezza della proposta associativa?
- Consapevoli che, a volte, l’aspetto economico,
quello organizzativo e il modo in cui si struttura la vita associativa possono
essere d’ostacolo all’adesione, quali scelte possiamo adottare per aiutare le
persone a maturare il senso di una forte e fedele appartenenza all’AC?
- Conosciamo il FIAC? In che misura sosteniamo e
partecipiamo alle iniziative del FIAC?
- Quali proposte ed esperienze missionarie o
internazionali sono presenti o possibili nelle nostre comunità parrocchiali e
diocesane?
Cura degli educatori e dei responsabili
Illuminati dalla fede nel nostro Maestro e
incoraggiati dal suo esempio, noi abbiamo invece buone ragioni per ritenere di
essere alle soglie di un tempo opportuno per nuovi inizi. Occorre, però,
ravvivare il coraggio, anzi la passione per l’educare. È necessario formare gli
educatori, motivandoli a livello personale e sociale, e riscoprire il
significato e le condizioni dell’impegno educativo. (Educare alla vita buona
del Vangelo, 30)
L’Azione Cattolica da sempre dedica una parte essenziale della proposta
formativa alla cura degli educatori e dei
responsabili, che rappresentano il patrimonio più bello che
l’Associazione offre alla comunità ecclesiale e civile oggi.
È importante che l’Associazione nella sua interezza, mediante tutti i suoi
organismi, a livello parrocchiale e diocesano, e specifici momenti di
discernimento comunitario, sia coinvolta nell’individuazione e nella scelta dei nuovi educatori e responsabili.
Questi vanno accompagnati, accolti e rassicurati nei momenti di difficoltà
personale e comunitaria, in modo tale che possano assaporare la profondità
della scelta del servizio non come un impegno tra i tanti, ma come
un’esperienza che coinvolge in maniera forte la propria vita, a servizio della
crescita dei fratelli. È importante pensare un accompagnamento degli educatori a livello personale, in cui ciascuno si senta sostenuto nel cammino e
venga aiutato a cogliere la bellezza del donare il proprio tempo per la cura
delle persone a lui affidate. Spesso si ha la tendenza a svolgere questo
servizio in modo parziale e con poca consapevolezza, anziché considerarlo una
risposta a una specifica vocazione laicale da vivere con gratuità e con stile
sobrio e attento.
Il responsabile/educatore, anche quando gli è affidato un piccolo gruppo,
ha a cuore il bene di tutta l’Associazione e durante il suo mandato si prende
cura di tutta la vita
associativa, garantendone la qualità. La buona vita associativa,
infatti, costituisce di per sé la prima condizione e la forma di un buon
servizio educativo. Educare non è opera dei singoli, ma è invece essenzialmente
l’azione dell’intera comunità, a partire dal pieno coinvolgimento delle
famiglie che ne sono parte.
- Il Consiglio parrocchiale e il Consiglio diocesano
accompagnano e sostengono gli educatori e i responsabili nel loro servizio?
- Il discernimento comunitario è per noi strumento
d’individuazione dei nuovi responsabili ed educatori?
- In che modo l’Associazione promuove, stimola e
accompagna le vocazioni al servizio educativo?
- Gli educatori dell’Azione Cattolica svolgono con
consapevolezza un servizio responsabile?
La realtà ecclesiale che cambia
Il restare, il rimanere fedeli implica un'uscita.
Proprio se si rimane nel Signore si esce da sé stessi. Paradossalmente proprio
perché si rimane, proprio se si è fedeli si cambia. Non si rimane fedeli, come
i tradizionalisti o i fondamentalisti, alla lettera. La fedeltà è sempre un
cambiamento, un fiorire, una crescita (Intervista al Card. Bergoglio, 2007)
In conseguenza di tutte le trasformazioni del nostro tempo, anche la
comunità ecclesiale è in una fase di profondo mutamento, che non deve
scoraggiare, ma che va anzi interpretata come una grande opportunità per la
Chiesa di accogliere le sfide del mondo e di parlare ancora al cuore degli
uomini. I ritmi del cambiamento sono molto veloci e attraversano significativamente ogni comunità, ogni
cultura e le relazioni tra le persone. Molteplici possono essere gli esempi in
tale direzione.
Vogliamo impegnarci perché la fede e le appartenenze non siano motivi di
rottura, ma di speranza, e ricchezze da condividere. In particolare, la
presenza dei migranti nei nostri territori ci sollecita a una più profonda conoscenza reciproca,
a un atteggiamento di prossimità, favorendo con quelli di fede cattolica il
coinvolgimento nella vita della comunità ecclesiale e dell’Associazione.
Un altro cambiamento di portata significativa riguarda la riconfigurazione degli assetti territoriali, organizzativi e pastorali delle diocesi. In questo cammino ecclesiale,
l’Azione Cattolica deve sapersi inserire positivamente, con un dono di vitalità
e un contributo di lettura sapienziale della storia. Siamo chiamati a custodire
ciò che ci rende Associazione e a impegnarci per essere sempre più soggetti
attivi e protagonisti nel cambiamento della vita delle comunità, operando
sempre in maniera sinergica e organica.
Non va dimenticato, poi, che il cambiamento investe anche i presbiteri. Camminare insieme
tra laici e sacerdoti è la cifra di una pastorale di vera comunione, che, per
quanto talvolta faticosa da costruire, sia capace di armonizzare reciprocamente
i propri passi per il bene della comunità.
- Come ci impegniamo ad accogliere e interpretare i
molteplici cambiamenti che investono la nostra Chiesa locale?
- In che modo l’AC può essere luogo di valorizzazione
della presenza dei migranti nei nostri territori?
- Come l’Azione Cattolica può abitare in maniera
vitale i processi di riorganizzazione in atto non subendoli, ma trasformandoli
in opportunità di crescita per tutta la comunità?
- Quali sono gli stili positivi acquisiti negli ambiti
dei rapporti con i presbiteri, della formazione dei sacerdoti, della
collaborazione nei Consigli pastorali e nella Consulta delle Aggregazioni
laicali con le altre Associazioni?
Stili di vita, politica e bene comune
Ma c’è un problema che non fa bene ai cristiani: lo
spirito del mondo, lo spirito mondano, la mondanità spirituale. Questo ci porta
ad una sufficienza, a vivere lo spirito del mondo e non quello di Gesù. (…)
Siccome questa è una crisi dell’uomo, una crisi che distrugge l’uomo, è una
crisi che spoglia l’uomo dell’etica. Nella vita pubblica, nella politica, se
non c’è l’etica, un’etica di riferimento, tutto è possibile e tutto si può
fare. E noi vediamo, quando leggiamo i giornali, come la mancanza di etica
nella vita pubblica faccia tanto male all’umanità intera. (Papa Francesco,
Veglia di Pentecoste, Incontro con i Movimenti e le Associazioni, 18 maggio
2013)
Riaffermare il valore dell’impegno laicale significa anche confrontarsi con
il volto concreto delle persone e abitare quelle prassi partecipative che rendono viva la democrazia nella quotidianità. L’attenzione alla città non va intesa come una forma di ripiegamento
lontana dalla macropolitica, ma piuttosto come stile che educa all’ascolto e
alla partecipazione, aprendo a dimensioni sempre più grandi. Occorre essere,
anche come Associazione, spazio entro cui coltivare l’interesse per il bene
comune, visto non come la somma degli interessi individuali, ma come ciò che
accomuna gli uomini di fronte alle sfide dell’oggi; riconsiderare il valore
etico dei piccoli gesti quotidiani, accompagnando le persone verso orizzonti di
responsabilità economica e sociale e acquisendo stili di vita compatibili con
la tutela dell’ambiente e orientati alla custodia del creato; restituire
spessore alle nostre esperienze, profondità alle cose che facciamo, prospettiva
ai nostri progetti, responsabilità al nostro impegno, con quella logica della
gratuità, di cui il Vangelo è fondamento che restituisce dignità alle relazioni
con le cose e con gli altri.
Non bisogna temere di sbilanciarsi verso l’esterno per contribuire a un
nuovo progetto per la società civile. La comunità cristiana è luogo profetico
che interroga le istituzioni, perché i cristiani si lascino interrogare a loro
volta dalla storia e dal vissuto delle persone, confrontandosi in modo
trasparente e propositivo con i diversi interlocutori istituzionali, affinché
si prendano a cuore, sempre e dovunque, la promozione dell’uomo in tutte le sue
dimensioni, spirituali e materiali. La Dottrina sociale della Chiesa resta parola morta,
se non si traduce in prassi pastorale tangibile e in esperienza culturale
sperimentabile.
Come è avvenuto per tante figure esemplari di credenti di AC, oggi ci è
chiesto di spendere in chiave missionaria le competenze educative e culturali
che possediamo, contribuendo attivamente all’edificazione di una società più a
misura d’uomo. Occorre testimoniare pubblicamente uno stile di vita personale
coerente con il Vangelo ogni giorno, nelle strade delle nostre città. L’impegno
religioso va inteso come scelta di frontiera di un laicato orientato a una cittadinanza cristianamente ispirata e laicamente declinata.
- Coltiviamo uno stile di vita personale sobrio e
rispettoso del creato, in piena coerenza con il Vangelo?
- Siamo capaci di essere, da laici di AC, luogo
profetico che interroga le istituzioni, sollecitati a nostra volta dal vissuto
delle persone e, in particolare, dagli ultimi?
- Cosa facciamo per alimentare la necessaria
sensibilità verso la partecipazione civile, l’esercizio della democrazia e
quella particolare forma di carità rappresentata dall’impegno politico? Cosa
facciamo per alimentare riflessione ed esperienze di coniugazione di etica ed
economia?
IV. PER UNA VISIONE INTEGRALE DELL'UOMO APERTO AL
TRASCENDENTE
Oggi è necessario chiedersi in che modo l’Associazione possa contribuire,
attraverso le proposte formative, i propri cammini e le proprie attività, a far
crescere la consapevolezza della centralità della persona e porsi a servizio di
un umanesimo integrale aperto al trascendente. Il rapporto tra antropologia ed
etica pone oggi questioni relative alla difesa della vita in tutte le sue fasi,
ai comportamenti e agli stili di vita da assumere per aderire pienamente alle
istanze del Vangelo, non dimenticando che l’esistenza di una mentalità segnata
da diffuse dimensioni di corruzione e da modi di vivere distorti è molto più
forte di quanto non possa apparire e si annida in ambienti insospettabili,
spesso non permettendo al Paese di crescere.
D’altro canto, già la forma associativa rappresenta un vero e proprio stile
di vita. Non a caso, il Concilio Vaticano II, nel parlare dell’Azione
Cattolica, ha insistito fondamentalmente sull’idea che un’associazione, e
quindi una forma di testimonianza comunitaria, è oggi ancora più importante
della testimonianza personale.
È essenziale, inoltre, una seria verifica su come la responsabilità
personale si leghi alla corresponsabilità e come la legittima testimonianza
delle proprie scelte si integri con quella di altre opzioni, e dunque con una
responsabilità condivisa, così da concorrere tutti alla costruzione della vita
del Paese.
Nell’attuale stagione politica, è essenziale che i credenti acquistino una
maggiore capacità di individuare soluzioni condivise, laddove sembra che la
presenza dei cattolici sia stata segnata da molteplici contraddizioni. Per
ovviare a questo limite, è fondamentale iniziare a operare insieme nella vita
della Chiesa. Se infatti non si fa esperienza di comunione a livello
ecclesiale, i tentativi realizzati in ambito esterno finiscono per risultare
artificiosi.
Potremmo anche così essere “persone nuove in Cristo Gesù”, testimoniando
pienamente la santità nel quotidiano, aprendoci alla vita in ogni sua
dimensione, ripartendo dai poveri per un futuro migliore.
- Come l’Associazione può aiutare, attraverso le
proprie proposte formative, i propri cammini e le proprie attività, a far
crescere la consapevolezza della centralità della persona oggi e della
necessità di avere a cuore la vita in tutti i suoi momenti?
- Come contribuire concretamente allo “sviluppo di
tutto l’uomo e di tutti gli uomini” (Caritas in Veritate, 8)?
- Quale ricerca e impegno teologico e culturale
promuoviamo in Associazione?
Indice
1.
Corresponsabili della gioia
Per parlare alla vita Famiglia
Parrocchia
Città
2.
Le radici e le meta Interiorità e
spiritualità
Il locale e l’universale
Evangelizzazione e Iniziazione cristiana
3.
Le scelte e i percorsi
Adesione e vita associativa
Cura degli educatori e dei responsabili
La realtà ecclesiale che cambia
Stili di vita, politica e bene comune
IV. Per una visione integrale dell’uomo aperto al
trascendente