Il patto
Quando entriamo in relazione con le altre persone, e gran parte della nostra vita passa così, lo facciamo in base a un patto.
Un patto è un accordo, ma parlando di patto evochiamo un certo che di solenne, potremmo quasi dire di sacro, se non fosse che il più delle volte non facciamo riferimento a un garante soprannaturale.
Non c’è relazione umana senza patto, e la prima sua clausola è quella di non aggredirsi, a scopo di rapina, di prevaricazione o altro.
Qualche volta si fa riferimento alla legge, come quando guidiamo per strada e si è intesi di rispettare le norme sulla circolazione stradale, altre volte a valori che si sanno condivisi nell’ambiente sociale in cui ci si incontra, come il vestirsi in un certo modo o parlare in un certo tono. Ma accade anche di partire da zero, come quando da bambini si organizzano dei giochi collettivi. Qui allora si cerca di intendersi, si comincia con un “facciamo che…”.
Il più delle volte non ci si avvicina più di tanto, ci si capisce da uno sguardo, e allora si decide che fare in base a osservazioni molto superficiali. Abbiamo di fronte un uomo o una donna? Non assumiamo lo stesso atteggiamento per entrambe queste persone. Può accadere di avvicinarci di più e allora se non usiamo cautela possono scoccare scintille.
Man mano che le relazioni si approfondiscono, come quando ci si ritrova in un gruppo per la seconda o terza volta, cerchiamo di capire meglio chi abbiamo davanti.
Ogni relazione sociale tende poi a evolvere nel tempo. Così, ad esempio ci avviciniamo e poi ci allontaniamo, ma poi possiamo tornare ad avvicinarci. È stato osservato che, per insuperabili limiti cognitivi legati a come funziona la nostra mente, abbiamo una limitata capacità di intrattenere relazioni profonde. Quelle piuttosto intime non superano la ventina di persone, quelle più intime sono meno di dieci. Quando i posti sono saturi, quando qualche altra persona ci si fa più prossima, dedichiamo più tempo a lei e con qualche persona che già era nella cerchia vicino a noi indeboliamo i rapporti. Ne ha scritto l’antropologo Robin Dunbar, nel libro “Amici. Comprendere il potere delle nostre relazioni più importanti”, Einaudi 2022, che è disponibile anche in e-book.
A proposito, vi consiglio di iscrivervi a un servizio che offre app per la lettura degli e-book: leggere in formato digitale è un modo molto pratico di farlo, in particolare mediante gli Smart-phone, i telefoni cellulari intelligenti (“smart”) che i più hanno sempre vicino a sé.
Riprendendo il discorso, la società, qualsiasi società, da quelle dei bimbi, allo stato e alle Nazioni Unite, può essere vista come un sistema di relazioni sociali tenute insieme da patti. La gran parte delle relazioni sociali sono mediate da patti che ci preesistono, ma comunque, praticandole, vi influiamo sempre, in modo più o meno marcato.
Dovendo dar ordine a società molto grandi si finisce per mettere nero su bianco e il contenuto di quei patti viene fissato in norme, in principio in base alla consuetudine, poi anche mediante specifiche procedure riconosciute dalla collettività di riferimento. E tuttavia non bisogna mai dimenticare che alla base di ogni norma formale c’è quel lavorio di pattuizione che è sempre attivo in società. E che il consenso della gente è sempre essenziale per dare effettività a quelle norme. Questo è particolarmente vero per quelle norme molto più importanti delle altre che compongono le costituzioni degli stati e questo perché in esse si fa anche questione di valori.
Un valore è un orientamento che si segue nelle questioni più importanti e che è socialmente riconosciuto.
Le dimensioni del patto e dei valori sono presenti anche nella nostra religione. Una religione è un complesso di prassi sociali secondo le quali si vive e si esprime una fede, vale a dire le convinzioni sul senso della vita. In genere parlando di patto e di valori religiosi si mette in risalto l’aspetto giuridico della cosa, che, insomma, si tratta di cose comandate. Eppure anche la religione vive nella gente e nelle sue relazioni sociali e quindi si trasforma nel tempo, un fatto piuttosto evidente anche a uno sguardo superficiale sulla storia.
Da ciò che ho osservato deriva che l’interazione sociale, a qualsiasi livello, modifica la società, a prescindere dall’evoluzione o dalla conservazione delle norme formali, quelle deliberate o riconosciute in base a procedure o criteri predeterminati. Così è anche per le religioni. Questo implica una nostra responsabilità sociale. Ma anche una sfida entusiasmante, perché potendo influire possiamo anche decidere di progettare. La formazione alla politica, ma in fondo anche quella alla vita religiosa, consiste proprio in questo.
Mario Ardigó – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli.