INFORMAZIONI UTILI SU QUESTO BLOG

  Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

  This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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  Questo blog è un'iniziativa di laici aderenti all'Azione Cattolica della parrocchia di San Clemente papa e manifesta idee ed opinioni espresse sotto la personale responsabilità di chi scrive. Esso non è un organo informativo della parrocchia né dell'Azione Cattolica e, in particolare, non è espressione delle opinioni del parroco e dei sacerdoti suoi collaboratori, anche se i laici di Azione Cattolica che lo animano le tengono in grande considerazione.

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  Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

  Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

  Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

  Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente due martedì e due sabati al mese, alle 17, e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.

 Per partecipare alle riunioni del gruppo on line con Google Meet, inviare, dopo la convocazione della riunione di cui verrà data notizia sul blog, una email a mario.ardigo@acsanclemente.net comunicando come ci si chiama, la email con cui si vuole partecipare, il nome e la città della propria parrocchia e i temi di interesse. Via email vi saranno confermati la data e l’ora della riunione e vi verrà inviato il codice di accesso. Dopo ogni riunione, i dati delle persone non iscritte verranno cancellati e dovranno essere inviati nuovamente per partecipare alla riunione successiva.

 La riunione Meet sarà attivata cinque minuti prima dell’orario fissato per il suo inizio.

Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

NOTA IMPORTANTE / IMPORTANT NOTE

SUL SITO www.bibbiaedu.it POSSONO ESSERE CONSULTATI LE TRADUZIONI IN ITALIANO DELLA BIBBIA CEI2008, CEI1974, INTERCONFESSIONALE IN LINGUA CORRENTE, E I TESTI BIBLICI IN GRECO ANTICO ED EBRAICO ANTICO. CON UNA FUNZIONALITA’ DEL SITO POSSONO ESSERE MESSI A CONFRONTO I VARI TESTI.

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sabato 30 settembre 2023

Apertura della 16ª Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi sul tema “Per una Chiesa sinodale. Un’esperienza integrale”, che si terrà a Roma, Città del Vaticano, aula Paolo 6º, dal 4 al 29 ottobre prossimi

Apertura della 16ª Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vescovi sul tema “Per una Chiesa sinodale. Un’esperienza integrale”, che si terrà a Roma,  Città del Vaticano, aula Paolo 6º, dal 4 al 29 ottobre prossimi

 

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16ª Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi sul tema “Per una Chiesa sinodale. Un’esperienza integrale”, 

Prima Sessione (Aula Paolo VI, 4-29 ottobre 2023) –

Calendario dei lavori

4 ottobre - Mercoledì

h. 9.00

h. 11.00-12.30

h. 16.15-17.45

Solenne inaugurazione Santa Messa concelebrata

(Piazza San Pietro)

1a Congregazione generale

Saluto del Presidente Delegato 

Saluto del Santo Padre

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 Mercoledì prossimo si apre a Roma la 16ª Assemblea generale del Sinodo dei vescovi per decidere una epocale riforma del modo di essere Chiese cristiane nel senso della sinodalità, vale a dire con una partecipazione più estesa e intensa. Non vi lavoreranno solo vescovi e neppure solo preti e religiose o religiosi, ma un certo numero di altre persone cristiane che avranno l’arduo compito di rendere presente l’assoluta maggioranza di chi cerca di orientare la sua vita al vangelo, e ciò pur essendo un’esigua minoranza in quel consesso.

  Tutti noi che non saremo là dentro, nell’aula Paolo 6º e negli altri ambienti in cui si lavorerà, dovremo poi decidere se accettare o meno ciò che verrà stabilito e lo faremo per fatti concludenti, semplicemente non partecipando, non praticando, come già si è fatto per esprimere la profonda insoddisfazione per un regime ecclesiastico obsoleto ed escludente. O invece lasciandoci coinvolgere, credendo alla possibilità di cambiare, anche se, anche durante il cammino sinodale, iniziato nell’ottobre 2021, tutto sembra rimanere com’era o, addirittura, rifluire verso come si era tanto tempo fa.

  Domani a messa sentiremo qualcosa su questo evento?   Vedremo. Le premesse non sono confortanti, perché del Sinodo si parla prevalentemente tra addetti ai lavori.

 Non sarebbe male, ad esempio, menzionarlo nella preghiera dei fedeli.

   Alcuni sostengono che la gente non capirebbe, perché c’è troppa teoria. Ma è un abbaglio. La sinodalità, anzi, invita alla pratica, a farne tirocinio, per vedere come va,  correggendosi  se serve. Ogni volta che ci si riunisce per decidere insieme qualche impegno da prendere, lì si fa sinodalità, e anche la liturgia della sinodalità. Il problema è che non siamo abituati a fare così. In questo modo la vita di chiesa diventa noiosa per i più e la gente si allontana. E io non so darle torto. Perché dovrei darmi da fare per cercare di riportarla dentro, se lì non c’è più niente di utile? Prendendo atto di questo problema, il Papa ha promosso d’imperio cammini sinodali in tutto il mondo, è appunto da tutto il mondo viene chi partecipa all’Assemblea sinodale.

 A questo indirizzo

 

  https://www.synod.va/content/dam/synod/news/2023-09-21_the-participants-of-the-16th-general-assembly-of-the-synod-of-bishops/01440.pdf

 

potete scaricare il programma dei lavori.

  Qui invece l’elenco dei partecipanti:

https://www.synod.va/it/news/it-the-participants-of-the-16th-general-ordinary-assembly-of-the-synod-of-bishops.html

 

  Al telegiornale hanno detto che si saranno anche delle donne, senza rendersi conto di quanto fosse insultante quell’anche enfatizzato.  Certo, parteciperanno delle donne, e non solo appartenenti ad ordini religiosi. Troppo poche però, considerando che sono, si dice, la metà del cielo. E quindi troppi uomini, in particolari troppi sedicenti padri. Eppure in questo c’è stato un cambiamento significativo ed è stato voluto dal Papa.

  È trapelato che il clima sinodale è burrascoso. Le nostre Chiese sono profondamente spaccate, anche per ragioni prettamente politiche. Del resto la sinodalità serve appunto per cercare di intendersi quando si parte da posizioni lontane: storicamente è stato sempre così salvo che quando i sinodi non servirono solo per trasmettere gli ordini agli uffici di grado inferiore.

  Sarà interessante seguire i lavori dell’assemblea sinodale, come accadde durante il Concilio Vaticano 2º. Cercherò di darvene conto.

Mario Ardigó- Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli

 

venerdì 29 settembre 2023

Sogno

Sogno

  Nella nostra religiosità si praticano molto i sogni, del resto le Scritture ne sono piene. I miti sostanzialmente sono fatti di questo e la formazione che si fa in religione consiste in gran parte nell’accostarsi a miti. La gente si aspetta che sia così e le si dà quello che cerca. Però così non si incide nella società intorno, come potrebbe accadere se si fosse più determinati ad occuparsene. E poi per molte persone, specialmente in alcune età della vita, diventa noiosa e finanche insopportabile. Per questo non mi stupisco che in chiesa venga meno gente, specialmente tra le persone più giovani. Ci sono poi persone che ne vengono tenute ai margini per le idee che manifestano. Comandano i preti, ma sono stati formati in un certo clima che li porta a diffidare. Eppure l’Italia contemporanea, e in particolare l’evoluzione della nostra politica, deve molto a grandi preti che non vivevano solo nel mondo dei sogni.

  Per dire: le basi ideologiche del partito che ha diretto la politica nazionale tra il 1946 e il 1994 sono state poste dal prete siciliano Luigi Sturzo (1871-1959) e l’idea di una democrazia cristiana ebbe tra i suoi primi artefici il prete marchigiano Romolo Murri (1870-1944). E che dire della rilevantissima influenza sociale del prete fiorentino Lorenzo Milani (1923-1967)? Persone che ebbero tutte seri problemi con papi e vescovi. Murri fu addirittura scomunicato.

  Il mito non basta a cambiare la società, può talvolta aggregare ma la tessitura che consente è labile, se non rafforzata con la pratica sociale. Inutile sognare che non sia così.

  La religione deve occuparsi delle anime, si dice. Ma la via insegnata dal Maestro per farlo non è quella del sogno. Egli si dava da fare in società, tanto da essere temuto come agitatore, e così accadde anche ai suoi seguaci.

  C’è molto volontariato solidale in Italia, di ispirazione religiosa e non. A molte persone piace prendersi cura dell’altra gente. Ma spesso mancano di una visione generale e, del resto, la solidarietà, se è reale e fattiva, prende molto tempo e fatica. Poi però la società, così, cade nelle mani di chi più che altro si fa i fatti propri o, peggio, di chi preferisce disfarsi delle persone delle quali nel volontariato ci si occupa. Eliminato chi soffre, superato il problema.  

   Come formarsi quella visione generale che manca ai bene intenzionati? Ogni persona deve farsi autodidatta, in particolare in religione, perché sono venute meno gran parte delle agenzie formative che c’erano, ad esempio, negli scorsi anni ’80, l’epoca delle mille scuole di politica.

  Fatta la diagnosi, ci si può chiedere se vi sia la cura. Certo che c’è. Bisognerebbe farsi da fare a cominciare dalle realtà di prossimità come la parrocchia, iniziando a incontrarsi tra le persone che sono interessate. Nessun obbligo di partecipare e nessuna rampogna per chi non vuole venire o non ci crede. Impariamo ad accettare realmente il pluralismo.

  Incontriamoci determinati a farlo con continuità, per un tirocinio di pensiero sociale, senza tralasciare volontariato, famiglia e altri doveri. Non siamo come i preti che come lavoro hanno la loro missione religiosa, siamo persone cristiane che hanno molte altre cose da fare, anche quando si fanno anziane e allora si occupano dei nipoti. E sono tutte cose importanti, mediante le quali si interagisce in società ancor prima di pensare come farlo. Così, incontrandoci, potremmo cominciare proprio da lì.

Mario Ardigó- Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli

 

giovedì 28 settembre 2023

Il conflitto

Il conflitto

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da: https://wpadmin-www.settimanesociali.it/wp-content/blogs.dir/57/files/sites/61/2023/06/50a-Settimana-Sociale-_-Libretto-Introduttivo-A5-Pagine-Singole-1.pdf

7. Una storia lunga alle spalle 

Quella delle Settimane Sociali è stata per oltre un secolo una storia di partecipazione dei cattolici italiani alla vita sociale e politica del Paese. Fin dalla prima Settimana Sociale tenutasi a Pistoia nel 1907, sotto la guida e l’ispirazione di Giuseppe Toniolo, i cattolici hanno cercato di unire le loro esperienze e le loro energie, perché la loro azione sociale, diffusa in tanti territori, nei luoghi di lavoro, nelle cooperative, nelle associazioni, nei sindacati, potesse rappresentare una forza a servizio del Paese e, in particolare, dei settori più fragili e meno tutelati della società italiana. 

Se rileggiamo in filigrana le tappe della nostra lunga storia vediamo che dopo ogni crisi è sorto sempre un desiderio di impegno e di un salto di scala; all’indomani della Prima guerra mondiale l’appello «ai liberi e ai forti» di don Luigi Sturzo diede vita al Partito popolare italiano; l’esperienza della dittatura, con la soppressione delle libertà civili e politiche, non solo non spense la capacità della società civile di formare coscienze libere e di dare un contributo fondamentale alla nascita Costituzione Repubblicana, ma suscitò l’azione di uomini e donne straordinariamente capaci di tradurre i bisogni in cambiamenti possibili; pensiamo al lavoro di un sindaco fuori dal comune come Giorgio La Pira a Firenze o all’istituzione del Sistema Sanitario Nazionale su ispirazione di Tina Anselmi, uno dei sistemi di welfare sociale più evoluti al mondo. 

In forme differenti l’ascolto dei bisogni e dei cambiamenti della società italiana ha ispirato risposte e politiche, favorito l’impegno personale ma anche quello collettivo, riuscendo a tradurre in forme politiche e culturali risposte che altrimenti sarebbero rimaste chiuse nel solo campo della risposta volontaria e della solidarietà. La ripresa delle Settimane Sociali, sul tema Costituzione e Costituente (Firenze 1945), sostenne l’impegno dei cattolici a stendere, in dialogo con le altre forze politiche, il documento fondante della vita democratica del Paese, quella Costituzione della Repubblica Italiana che proprio quest’anno compie i suoi 75 anni. La Costituente è stata, non a caso, un laboratorio unico di idee, di valori, di utopie, di slanci visionari che ancora oggi ha molto da raccontare al mondo, in merito ai grandi temi dell’umano, dal lavoro alla pace, dalla dignità umana alla bellezza. 

Dopo decenni alla guida del Paese, le degenerazioni della partitocrazia e i cambiamenti del contesto internazionale finirono per creare una nuova drammatica cesura, rendendo ormai superate le condizioni per una rappresentanza unitaria dei cattolici in politica. È in questo contesto che, dopo oltre un ventennio di interruzione, le Settimane Sociali ripresero il loro cammino, alimentando la riflessione sui grandi cambiamenti dell’Europa (1991) e della società, della famiglia e del lavoro (1999, 2013 e 2017), sulle nuove forme della democrazia (1993, 2004, 2007). 

E arriviamo alla 49ª Settimana Sociale di Taranto dedicata al tema «Il pianeta che speriamo. Ambiente, Lavoro e Futuro» (2021), che ha segnato uno spartiacque, collocando la riflessione sociale e politica dei cattolici nella prospettiva dell’ecologia integrale indicata da Papa Francesco e innovando profondamente le modalità di preparazione e di partecipazione alla Settimana Sociale stessa, anche grazie al coinvolgimento di tanti giovani, donne, associazioni e soggetti del terzo settore e dell’economia sociale. Taranto è stata l’occasione per tanti di ritrovare il senso di un impegno comune, per attivare comunità energetiche e percorsi di consumo responsabile, di educazione all’ambiente e di valorizzazione del nostro patrimonio. In linea con questo rinnovato impegno ci muoviamo verso Trieste. Ancora una volta vogliamo credere che le crisi possano essere illuminate, comprese, attraversate, con la condivisione e con l’ascolto. Serve un’intelligenza appassionata che ci faccia comprendere i problemi ma anche individuare le vie d’uscita, che non potranno essere solitarie e individuali, ma ci chiedono la forza di riconoscerci, di ascoltarci, di aprirci alla scoperta. Si tratta di un impegno inclusivo, aperto, che chiama in causa tutti coloro che hanno a cuore il bene di questo Paese e magari hanno smarrito il senso è il perché del proprio essere cittadini.

[…]

14. Immaginare il futuro in sintonia con la tappa profetica del Cammino sinodale 

Per cambiare le cose serve innanzitutto il coraggio di una visione profetica che, alla luce della Parola di Dio, attraverso il discernimento ecclesiale, sappia tracciare il cammino. Serve immaginare di poterle cambiare: ecco la virtù di chi sa stare dentro il suo tempo, senza lasciarsi schiacciare dal presente, ma traendo pensiero e ispirazione dalla propria storia, per agire e generare futuro. L’immaginazione non appartiene solo al mondo della letteratura e dell’arte, e non è un passatempo effimero per chi non ha problemi più seri da affrontare. L’immaginazione è un’attitudine dello sguardo che parte dalle cose, dalla realtà e «vede oltre»; scorge connessioni, individua soluzioni, connette elementi all’apparenza distanti. 

L’immaginazione non inventa nulla: ricuce, apre spazi, attiva processi, consente di assumersi responsabilità e di dare seguito alle proprie idee, si muove tra una dimensione creativa e una imprenditoriale, nella consapevolezza che le idee rimangono sterili se non diventano progetti, imprese, posti di lavoro, cambiamento reale nelle vite delle persone. Il vero punto dell’impegno, prima ancora della crisi climatica o della qualità della vita urbana, prima della creazione di legami di comunità, è la capacità di immaginare che possiamo vivere diversamente, che possiamo avere un rapporto più mite con la natura, che possiamo consumare meno e meglio, che possiamo muoverci senza inquinare, che possiamo produrre ricchezza senza devastare l’ambiente, che possiamo ripensare le nostre periferie.

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  Dal 3 al 7 luglio del 2024 si terrà a Trieste la Settimana sociale dei cattolici in Italia sul tema “Al cuore della democrazia”.

  Qui sopra ho trascritto alcuni passi del Documento preparatorio nei quali si spiega di che si tratta.

  È la Chiesa che si aduna o solo cattolici sparsi?

  Nella nostra Chiesa il tema della democrazia è di quelli spinosi. Infatti la nostra Chiesa non è una democrazia e i suoi capi ecclesiastici sostengono che non possa e non debba esserlo. La sua organizzazione è una obsoleta autocrazia feudale formatasi nel Secondo millennio, in un processo che ha subito un’accelerazione nella prima metà dell’Ottocento, proprio come reazione ai processi democratici europei, culminando nel Concilio Vaticano I, iniziato nel 1869, sospeso nel 1870, a seguito della conquista e soppressione del Regno pontificio da parte dell’esercito del Regno d’Italia, costituito nel 1861 come metamorfosi del Regno della dinastia Savoia.

  Nella Settimana sociale dell’anno prossimo, dedicata proprio alla democrazia, si parla quindi di cattolici, non di Chiesa. L’evento si inserisce comunque nel cammino sinodale in corso nelle Chiese italiane, dedicato alla sinodalità, che si vuole ostinatamente distinguere dalla democrazia, ma che, in sostanza, significa aprire spazi democratici nel quadro di una riforma ecclesiale.

  Nel luglio e agosto scorsi negli incontri in Zoom del Meic Movimento ecclesiale di impegno culturale – Lazio abbiamo anche dialogato su quel Documento preparatorio per la prossima Settimana sociale ed è stato osservato che ha un’impostazione per così dire confuciana, con al centro l’armonia, la moderazione e l’attività del ricucire. In effetti già nell’antichità il lavoro politico è stato presentato come affine a quello del tessitore. Ma in questo modo non si rende bene l’idea di che cosa sia la democrazia. Al pari di quella tessile anche la metafora organicista, che pensa alla società come un organismo vivente, in cui tutte le parti cooperano alla vita del tutto, è fuorviante.

  Nella realtà le società non sono assimilabili né a un tessuto né ad un organismo vivente. Sono costituite da sistemi di relazioni tra persone e gruppi tendenzialmente instabili e potenzialmente conflittuali, per quanto si cerchi di rafforzarne talune mediante istituzioni e norme,  che sono parte della cultura di una popolazione. Anche la nostra Chiesa è fatta in questo modo e infatti si modifica continuamente, come è sempre accaduto fin dalle origini. Ed è proprio questa sua spiccata attitudine plastica che le ha consentito di arrivare fino ai nostri tempi, costituendo una tradizione intorno al suo mito. Non è la Chiesa delle origini ad essere arrivata fino a noi, che oggi la costituiamo, ma solo il suo mito, e non è poco. Naturalmente questo senza affrontare i relativi problemi teologici, ma considerandola come società umana secondo i  criteri di antropologia e sociologia.

  La democrazia è una forma di organizzazione sociale che consente l’evoluzione di una società senza che i conflitti al suo interno diventino distruttivi, ma senza negarli, silenziarli o vietarli. Quindi è un sistema sempre in condizioni di instabilità ma sempre attivo nello sforzo di superarle, in quel lavoro, che effettivamente è assimilabile a una tessitura, che consiste nel promuovere nuovi patti sociali. Ma funziona solo se la trama del tessuto può essere sfilata. In questo modo si manifesta l’evoluzione sociale, quindi se ciò che fu fatto può essere disfatto. Mentre un sistema rigido fatalmente evolve mediante processi rivoluzionari, tendenzialmente distruttivi.

  La nostra Chiesa è rapidamente cambiata dagli anni Sessanta in poi e non manifestando processi rivoluzionari. Questo perché sta assimilando i costumi democratici. Tuttavia la situazione è ancora fluida, perché istituzioni e norme sono ancora ispirate a ciò che c’era nel passato, quando ci si ammazzava per questioni religiose.

  Imparare la democrazia non significa solo assimilare regole di buona creanza politica e istituzionale, ma significa anche imparare ad attuare il conflitto in modo che non sia distruttivo.

  La nostra Chiesa è in una situazione duramente conflittuale, anche se ciò in genere viene negato, nella cosiddetta ideologia di comunione. La nostra Chiesa sta cambiando perché sono cambiate le persone cattoliche, come sempre è accaduto nella sua storia. In passato processi del genere portarono a rotture traumatiche. La nostra storia ecclesiale è piena di efferata violenza, finanche stragista.

  In effetti lo vediamo nelle nostre esperienze di prossimità: di solito i conflitti vengono vissuti cercando di separarsi, e questo è comunque sempre meglio del menare le mani (accadde anche durante i fondamentali concilii ecumenici del Primo millennio, quelli dai quali scaturirono le più importanti definizioni della nostra fede).

  La democrazia cerca di superare le situazioni conflittuali avvicinando i contendenti perché ne parlino in particolari istituzioni che sono le assemblee. Le culture umane avvicinandosi in quel modo fatalmente si contaminano e in questo modo si avvicinano anche culturalmente. Dal punto di vista dell’antropologia la contaminazione culturale non è un fatto negativo e avviene continuamente: questo è il motivo per cui in matematica non usiamo più i numeri romani, ma cifre arabe.

  Il lavoro in assemblea si impara facendone tirocinio. Oggi nella nostra Chiesa e più in generale in società abbiamo poche occasioni per farlo. Anche sulle reti sociali informatiche ci dividono in modo che si finisca per ritrovarsi tra persone che la pensano nello stesso modo: questo è profondamente diseducativo dal punto di vista democratico. Anche in parrocchia, quando ci si ritrova al di fuori delle rispettive cerchie si è piuttosto diffidenti gli uni verso gli altri, e non si vede l’ora che sia finita. Da ciò che ho sentito le riunioni del Consiglio pastorale parrocchiale, quando ancora si tenevano e ora a quanto mi consta non si tengono più, erano un’esperienza forte. Si va insieme in chiesa, in certe occasioni, ma è come se si facesse parte di Chiese diverse.

  Questo è un po’ anche la tendenza della società più in generale ed è all’origine della crisi della democrazia, di quella italiana come anche delle altre, affini, dell’Europa occidentale.

  Tuttavia le società umane funzionano così: ad un ciclo in cui prevale il conflitto segue un altro in cui si raggiunge un nuovo equilibrio, la democrazia costituisce una sorta di lubrificante in questo processo. In questo quadro assume un rilievo importante la capacità di pensare il futuro o,  come si dice nel Documento preparatorio, di immaginarlo.

Mario Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli

mercoledì 27 settembre 2023

Il patto

Il patto

 

 Quando entriamo in relazione con le altre persone, e gran parte della nostra vita passa così, lo facciamo in base a un patto. 

  Un patto è un accordo, ma parlando di patto evochiamo un certo che di solenne, potremmo quasi dire di sacro, se non fosse che il più delle volte non facciamo riferimento a un garante soprannaturale.

   Non c’è relazione umana senza patto, e la prima sua clausola è quella di non aggredirsi, a scopo di rapina, di prevaricazione o altro.

  Qualche volta si fa riferimento alla legge,  come quando guidiamo per strada e si è intesi di rispettare le norme sulla circolazione stradale, altre volte a valori che si sanno condivisi nell’ambiente sociale in cui ci si incontra, come il vestirsi in un certo modo o parlare in un certo tono.  Ma accade anche di partire da zero, come quando da bambini si organizzano dei giochi collettivi. Qui allora si cerca di intendersi, si comincia con un “facciamo che…”.

  Il più delle volte non ci si avvicina più di tanto, ci si capisce da uno sguardo, e allora si decide che fare in base a osservazioni molto superficiali. Abbiamo di fronte un uomo o una donna? Non assumiamo lo stesso atteggiamento per entrambe queste persone. Può accadere di avvicinarci di più e allora se non usiamo cautela possono scoccare scintille.

  Man mano che le relazioni si approfondiscono, come quando ci si ritrova in un gruppo per la seconda o terza volta, cerchiamo di capire meglio chi abbiamo davanti.

  Ogni relazione sociale tende poi a evolvere nel tempo. Così, ad esempio ci avviciniamo e poi ci allontaniamo, ma poi possiamo tornare ad avvicinarci. È stato osservato che, per insuperabili limiti cognitivi legati a come funziona la nostra mente, abbiamo una limitata capacità di intrattenere relazioni profonde. Quelle piuttosto intime non superano la ventina di persone, quelle più intime sono meno di dieci. Quando i posti sono saturi, quando qualche altra persona ci si fa più prossima, dedichiamo più tempo a lei e con qualche persona che già era nella cerchia vicino a noi indeboliamo i rapporti. Ne ha scritto l’antropologo Robin Dunbar, nel libro “Amici. Comprendere il potere delle nostre relazioni più importanti”, Einaudi 2022, che è disponibile anche in e-book.

  A proposito, vi consiglio di iscrivervi a un servizio che offre app per la lettura degli e-book: leggere in formato digitale è un modo molto pratico di farlo, in particolare mediante gli Smart-phone, i telefoni cellulari intelligenti (“smart”) che i più hanno sempre vicino a sé.

  Riprendendo il discorso, la società, qualsiasi società, da quelle dei bimbi, allo stato e alle Nazioni Unite, può essere vista come un sistema di relazioni sociali tenute insieme da patti. La gran parte delle relazioni sociali sono mediate da patti che ci preesistono, ma comunque, praticandole, vi influiamo sempre, in modo più o meno marcato.

 Dovendo dar ordine a società molto grandi si finisce per mettere nero su bianco e il contenuto di quei patti viene fissato in norme, in principio in base alla consuetudine, poi anche mediante specifiche procedure riconosciute dalla collettività di riferimento. E tuttavia non bisogna mai dimenticare che alla base di ogni norma formale c’è quel lavorio di pattuizione che è sempre attivo in società. E che il consenso della gente è sempre essenziale per dare effettività a quelle norme. Questo è particolarmente vero per quelle norme molto più importanti delle altre che compongono le costituzioni degli stati e questo perché in esse si fa anche questione di valori.

  Un valore è un orientamento che si segue nelle questioni più importanti e che è socialmente riconosciuto.

  Le dimensioni del patto e dei valori sono presenti anche nella nostra religione. Una religione è un complesso di prassi sociali secondo le quali si vive e si esprime una fede, vale a dire le convinzioni sul senso della vita. In genere parlando di patto e di valori religiosi si mette in risalto l’aspetto giuridico della cosa, che, insomma, si tratta di cose comandate. Eppure anche la religione vive nella gente e nelle sue relazioni sociali e quindi si trasforma nel tempo, un fatto piuttosto evidente anche a uno sguardo superficiale sulla storia.

  Da ciò che ho osservato deriva che l’interazione sociale, a qualsiasi livello, modifica la società, a prescindere dall’evoluzione o dalla conservazione delle norme formali, quelle deliberate o riconosciute in base a procedure o criteri predeterminati.  Così è anche per le religioni. Questo implica una nostra responsabilità sociale. Ma anche una sfida entusiasmante, perché potendo influire possiamo anche decidere di progettare. La formazione alla politica, ma in fondo anche quella alla vita religiosa, consiste proprio in questo.

Mario Ardigó – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli.

martedì 26 settembre 2023

Democrazia

 

Democrazia

 

 Dal 3 al 7 luglio del 2024 si terrà a Trieste la Settimana sociale della Chiesa italiana sul tema “Al cuore della democrazia”. In tutte le diocesi sono in corso gli incontri e le procedure per scegliere delegati per partecipare attivamente.

  Il MEIC - Movimento ecclesiale di impegno culturale del Lazio a novembre riprenderà gli incontri infrasettimanali su piattaforma Zoom e li dedicherà alla preparazione di quell’evento, e, in particolare, alla riflessione sulla politica. E’ stata fatta la proposta di collegarci con una o più parrocchie per allargare il dibattito.

  A scuola si spiega che cosa si intende per democrazia, ma, per quanto io sappia, la si presenta più che altro come un sistema di regole di buona creanza, e certamente nella democrazia c’è anche questo.

  Altre volte se ne parla come di un sistema di diritti e di doveri, nel quale ci sia un bilanciamento tra i due aspetti, nel senso che si impongono doveri impegnativi a fronte del riconoscimento di importanti diritti, in particolare di quelli fondamentali relativi alla sicurezza della propria vita e dei propri beni, alla libertà di pensiero e di parola, a quelle di crearsi una famiglia e di scegliere liberamente come guadagnarsi da vivere e, infine di associarsi per i fini più vari, compresi quelli di partecipazione alla politica di organizzazione di imprese economiche. E certamente sono tutti aspetti importanti della democrazia, come oggi la si intende nell’Occidente avanzato e, va detto, la si intende molto diversamente che nei secoli passati, nonostante che ci abbiano dato  i concetti politici essenziali ancora in uso, come, appunto, la parola democrazia.

 Infine c’è chi considera la democrazia fondamentalmente una procedura per legittimare rappresentanti del popolo che esercitino i poteri politici, e non vede molto altro oltre a questo. E sicuramente la democrazia è anche un sistema di procedure, che sono molto importanti, perché altrimenti tutto il resto rischierebbe di rimanere un bel programma di sogni. In collettività fatte di milioni di persone è poi inevitabile incaricare cerchie limitate per svolgere, anche in nome altrui, le complesse procedure politiche, vale a dire relative al governo della società, come elaborare una legge dello stato.

  Ma l’essenza della democrazia come oggi la si intende consiste in altro e precisamente nel principio che non deve esistere alcun potere illimitato, sia pubblico che privato. Sotto questo aspetto la democrazia come oggi la si vive ha abolito il principio di sovranità, che è, appunto, quando un potere non riconosce alcun limite, perché si ritiene sopra tutti gli altri. Nelle democrazie contemporanee, nemmeno il popolo, concetto mitico con il quale si vuole intendere la gente che è soggetta da un determinato sistema di potere politico, è sovrano, perché è sottoposto al principio di legalità, che significa, appunto, non consentire atti arbitrari. E’ ciò che è espresso nel secondo comma dell’art.1 della nostra Costituzione, dove è scritto “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”: una sovranità limitata non è più tale. Ci sono atti che sono vietati anche a chi esercita il potere supremo perché legittimato mediante procedure di consultazione popolare. La regola che nessun potere deve essere illimitato è implicita nella proclamazione del principio di uguaglianza in dignità sociale, che nella nostra Costituzione è espresso all’art.3, 1° comma, “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Ho citato dei principi che sono enunciati sotto forma di norme giuridiche, ma che, in realtà, in quanto parte di una costituzione, esprimono un patto sociale che va rinnovato di generazione in generazione, e questo costituisce uno dei principali lavori da fare in democrazia.

  Questo comporta anche che la democrazia non è solo affare dei governanti, l’obsoleta espressione spesso usata nel gergo della dottrina sociale per indicare che esercita funzioni pubbliche, e non riguarda l’altra gente solo nel corso delle procedure elettorali. La democrazia, più che potere  del popolo, questo il significato letterale della parola greca da cui la nostra deriva, è il potere di tutti: mentre popolo è un’entità mitica, non così tutti, che significa me, te, e appunto tutte le altre persone, comprese anche quelle che non hanno diritto di voto alle elezioni, ma vivono tra noi e interagiscono in società, comprese quindi anche le persone molto giovani, bambine e bambini, ragazze e ragazzi, cosiddetti minorenni, e naturalmente le persone straniere che stanno stabilmente tra noi. Ogni volta che interagiamo in qualsiasi modo in società, questo ha un significato politico e in questo va rinnovato il patto costituzionale, anche nelle relazioni di prossimità, quelle con i vicini di casa o con le persone che incontriamo in parrocchia.

  La formazione e il tirocinio alla democrazia dovrebbe iniziare fin da quando le persone sono molto piccole, al loro primo affacciarsi in società, quando della società cominciano a fare tirocinio, e ne sperimentano anche violenza e prevaricazione, ciò a cui appunto la democrazia vorrebbe tentare di porre argine e rimedio.

Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli

 

lunedì 25 settembre 2023

Libertà

                                                                Libertà

   Nel luglio e agosto scorsi il MEIC Movimento ecclesiale di impegno culturale - Lazio ha continuato  i suoi incontri settimanali in videoconferenza Zoom sui temi del cammino sinodale che, nell'apparente inconsapevolezza dei più e nel disinteresse di molti "addetti ai lavori", sta proseguendo nelle Chiese in Italia. 
  La scorsa settimana abbiamo discusso sul tema della libertà di coscienza.
  Si sono richiamate le acquisizioni in merito della teologia morale. La libertà è un dono e comporta una responsabilità personale per come la si esercita. Arriva fin a poter respingere la fede cristiana e la sua etica. Ai tempi nostri si ritiene che non si possa costringere le persone alla fede (ma non è sempre stato così). La libertà di coscienza, in particolare, consiste proprio in questo: nell'opporsi a costrizioni in materia di fede, ma più in generale sui temi etici nelle questioni fondamentali.
  Scriveva il filosofo Aldo Capitini che se una persona è rispettosa delle normative sociali che una collettività politica si è data con le debite procedure, che prevedano una qualche partecipazione allargata dei consociati, come accade in ambienti democratici, vale a dire che non è una persona disordinata ed egoista in linea di principio, può ben rivendicare una sua obiezione, in coscienza, In alcune materie molto importanti per il senso dell'esistenza, portando il suo dissenso fino al rifiuto di cooperare con ciò che individua coma male. È il caso, ad esempio, dell'obiezione di coscienza al servizio militare armato. Ai tempi nostri la possibilità di questa forma accentuata di dissenso è anche consentita dalle leggi, nell'Occidenfe democratico avanzato, in diverse materie. Ancora ai tempi di Lorenzo Milani, negli scorsi anni Sessanta, era invece criminalizzata.
   Un'obiezione di coscienza è possibile anche verso i decreti dell'autorità ecclesiastica, anche se nell'ordinamento  della nostra Chiesa non è ancora giuridicamente prevista: è tuttavia largamente praticata dalla gente, in particolare nell'etica dell'amore e della riproduzione, Per questo motivo in genere preti e religiosi non sanno parlare di libertà e obiezione di coscienza, salvo che esse siano conformi agli orientamenti politici della gerarchia. È stafo detto ironicamente che la Chiesa presenta le medesime questioni come libertà quando è in minoranza  e come verità quando è egemone, anche appoggiandosi ai poteri civili.
  In teologia morale il problema della libertà è in genere discusso come quello del "libero arbitrio" e allora l'essere umano, anzi "l'uomo", è presentato come avulso dalla società in cui è immerso e come se si dovesse proporre una scelta razionale su dei problemi logici, degli enigmi etici, dove il ragionare è inquadrato in certi assiomi, che si danno per conosciuti e accettati,e che, in quanto assiomi, non possono essere,messi in discussione.
 Tuttavia l'antropologia e, da ultimo, le neuroscienze ci avvertono che noi non siamo realmente liberi in quel senso, anzi in nessun senso. Il libero arbitrio è un assioma che ci serve a costruire la responsabilità personale e quindi poi l'etica religiosa e anche quella giuridica degli stafi. Siamo determinati dalla cultura in cui emergiamo come persone e, invincibilmente, anche dalla biologia del nostro encefalo, risalente a circa 200.000 anni fa e che ci espone a notevoli abbagli cognitivi. Probabilmente la gran parte delle nostre percezioni del soprannaturale dipende da essi.
   La libertà di coscienza prende realmente corpo sempre in situazioni contingenti e specifiche, in particolare nelle relazioni tra le persone e un certo potere sociale. Definisce il limite in cui quest'ultimo ammette che le persone prendano riferimento, nei loro orientamenti di vita, dalle consuetudini che si formano nei loro ambienti sociali di prossimità, quelli che vengono anche definiti mondi vitali perché è in essi che si apprende il senso della vita, anche se tali consuetudini non rientrano nelle prassi normative promulgate da quel potere o addirittura sono contrastanti con esse. Ma indica anche l'atteggiamento di chi non vuole ostinatamente piegarsi a quel potere sociale, in certe questioni fondamentali, diciamo quelle di mondo vitale, anche a costo di subirne le ritorsioni. 
Mario Ardigò - Azione Cartolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli

lunedì 4 settembre 2023

Ripartire dalla sinodalità

Ripartire dai cammini sinodali

 

  Nello scorso mese di agosto il Movimento ecclesiale di impegno culturale -  MEIC ha tenuto riunioni settimanali in videoconferenza Zoom per articolare un contributo nel quadro dei cammini sinodali e della preparazione della 50º Settimana sociale della Chiesa italiana che si terrà a Trieste dal 3 al 7 luglio 2024 sul tema “Al cuore della democrazia”.

  Abbiamo rilevato che dei cammini sinodali si parla poco nelle parrocchie. Nei primi mesi del 2022 si sono tenute delle riunioni nella fase di ascolto della gente di fede, ma in genere sono state poco partecipate e soprattutto poco preparate.

  I cammini sinodali sono stati voluti da Papa Francesco. Si tratta di due processi distinti, quello in vista della celebrazione  di una assemblea generale del Sinodo dei vescovi programmata per l’autunno del 2025, che tirerà le fila del lavoro fatto nei precedenti quattro anni prendendo in considerazione tutte le Chiese del mondo, e quello delle Chiese in Italia  che proseguirà anche dopo il 2025 con una fase di ricezione e attuazione  programmata fino al 2030. L’obiettivo è unico: attuare la sinodalità nella vita della nostra Chiesa, sviluppando i principi deliberati nel corso del Concilio Vaticano 2º, tenutosi a Roma dal 1962 al 1965.

  Il primo processo, quello in vista dell’assemblea generale del 2025 del Sinodo dei vescovi, è iniziato il 9 ottobre 2021. Dopo una fase di consultazione popolare, è in corso nelle varie Chiese nazionali una fase denominata sapienziale, per articolare proposte concrete. Il secondo processo è iniziato con il documento della Conferenza ecclesiale italiana “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione”, del 14 ottobre 2022. Si compone anch’esso di tre fasi: narrativa (2021-2023), sapienziale (2023-2024) e profetica (2025). Come si legge nel sito che gli è stato dedicato https://camminosinodale.chiesacattolica.it/profetica/«La fase profetica culminerà, nel 2025, in un evento assembleare nazionale da definire insieme strada facendo. In questo con-venire verranno assunte alcune scelte evangeliche, che le Chiese in Italia saranno chiamate a riconsegnare al Popolo di Dio, incarnandole nella vita delle comunità nella seconda parte del decennio (2025-30)». Nel luglio del 2022, con il documento I cantieri di Betania della Conferenza episcopale italiana la seconda fase è stata organizzata intorno ad alcune precise aree tematiche, denominate appunto Cantieri:

-      La società (“la casa e il villaggio”);

-      La comunità ecclesiale (“casa e ospitalità”);

-      Diaconie e formazione spirituale;

-      Un quarto cantiere che ogni Diocesi può attivare.

Nel quadro di questo lavoro si è stati invitati a raccontare buone pratiche che sono già state sperimentare su questi temi.

  Ma che cosa si intende per sinodalità ecclesiale? L’espressione indica un modo più partecipato di fare Chiesa. Partecipazione è dunque una delle parole chiave da tenere presente. L’altra è responsabilità,  che è quando si accetta di rendere conto di ciò che si fa, perché ci si muove tenendo conto anche delle altre persone.

  Si fa questo lavoro sulla sinodalità perché nelle persone per le quali la religione appare rilevante nella loro vita si osservano comportamenti pii ma passivi, ad eccezione di coloro che della religione hanno fatto una professione o delle persone che aderiscono ad ordini religiosi, diciamo del personale ecclesiastico. Quest’ultimo in Europa occidentale è sempre più scarso e di età media elevata. Una tradizione secolare ha portato ad emarginare l’altra gente, fino a ritenere veramente indispensabile solo quello che ho definito personale ecclesiastico. Si pensava che tutto il resto della popolazione di fede stesse gli stesse come appiccicato, ma come elemento non indispensabile. Quell’altra gente, insomma, poteva esserci o non esserci. Nel corso del Concilio Vaticano 2º si volle cambiare questo orientamento, in particolare con il capitolo 2º della Costituzione dogmatica sulla Chiesa Luce per le genti – Lumen gentium https://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-ii_const_19641121_lumen-gentium_it.html  ]. Questo fondamentalmente prendendo atto del ruolo di fatto esercitato dalle persone di fede nei precedenti vent’anni, riorganizzando la convivenza civile nel mondo dopo la catastrofe, con profili morali e religiosi, della Seconda guerra mondiale. È tuttavia opinione comune, e in particolare di papa Francesco che l’obiettivo sia stato mancato con specifico riferimento all’organizzazione ecclesiastica.

  Va però ricordato che il discorso sulla sinodalità ecclesiale non riguarda più solo e tanto i rapporti tra il personale e ecclesiastico e l’altra gente di fede, ma principalmente le relazioni ecclesiali in quest’ultima.  Si manifestano infatti notevoli difficoltà in questo campo. In genere quand’anche non si frequenta la chiesa da solə, si rimane confinatə in gruppi chiusi agli altri, reciprocamente diffidenti e sospettosi, poco inclini alla collaborazione, quando addirittura non ritengano gli altri come dannosi. Questo in particolare depotenzia la forza sociale che è indispensabile per conseguire gli impegnativi obiettivi indicati dalla dottrina sociale a livello globale: la pace, rispetto della dignità sociale delle persone, pane casa  lavoro e istruzione, assistenza delle persone bisognose, equità nella divisione delle ricchezze del mondo, tutela dell’ambiente. Essi non sono più considerati esterni alla religiosità, ma come pratica della carità evangelica.

 Nel quadro degli obiettivi sinodali è centrale il riscatto delle donne da una condizione particolarmente umiliante di emarginazione religiosa, che è interamente un portato storico ed è sentita come inaccettabile nell’Europa occidentale contemporanea.

  Che possiamo fare come gruppo parrocchiale di Azione Cattolica?

 Innanzi tutto possiamo renderci consapevoli di ciò che c’è in corso, andando un po’ oltre le pie abitudini consuetudinarie. Poi possiamo parlare di ciò che si sta facendo con le persone che conosciamo. Potremmo infine metterci a disposizione della parrocchia per costituire un centro di orientamento su questi temi, proseguendo anche per tutte le persone della parrocchia  il lavoro che s’è fatto nel 2022 e nella prima parte del 2023, senza però gravare in questo sui preti della parrocchia, che sono oberati dagli affari ordinari. Sinodalità significa anche questo.

Mario Ardigó – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli