L’Apprendista
*********************************************************
[traduzione libera da
https://en.wikipedia.org/wiki/The_Apprentice_(U.S._TV_series)]
L’Apprendista è stato un gioco televisivo statunitense per mettere
alla prova le capacità da affarista di un gruppo di concorrenti. E’ stato
proposto con proposto con varie forme in quindici stagioni dal gennaio 2004
sulla rete televisiva statunitense NBC.
Originariamente quel tipo di
programma era stato ideato in Gran Bretagna dal produttore televisivo americano
Mark Burnett. Presentato come "la
messa alla prova estrema per l’assunzione ", nel programma televisivo
venivano mostrati da sedici a diciotto persone d'affari che competevano nel
corso di una stagione, di solito con un l’eliminazione di un concorrente ad
ogni episodio. I concorrenti erano divisi in due "società" (squadre),
con un membro di ogni squadra come responsabile di progetto per ogni nuova
attività. Le squadre di concorrenti
svolgevano vari lavori rientranti i attività imprenditoriali come la
vendita di prodotti, la raccolta di fondi per beneficenza, o la creazione di
una campagna pubblicitaria, e al termine una squadra veniva proclamata
vincitrice sulla base di criteri oggettivi e del giudizio del conduttore del
programma e dei suo consulenti, che
avevano osservato e valutato le prestazioni dei concorrenti. La squadra
perdente partecipava poi ad una riunione
con il con il conduttore del programma e i suo consulenti per stabilire perché
aveva perso e per individuare i concorrenti che hanno fatto peggio. Ogni puntata
si concludeva con il conduttore del programma che eliminava un concorrente
dalla gara con le parole "Sei
licenziato!"
In sette stagioni del programma gareggiarono
concorrenti sconosciuti e la vincita era costituita da un contratto di lavoro
annuale presso una delle aziende di Donald Trump, con uno stipendio di 250.000
dollari statunitensi. Ma si sono state
anche altre otto stagioni chiamate La
Celebrità Apprendista in cui
gareggiarono personaggi famosi, per vincere denaro per enti di beneficienza da
loro scelti: in questo caso il premio finale era costituito da una grande donazione in
beneficenza e, per la celebrità, il
titolo di Apprendista. Una nuova
edizione di questo formato del programma, il New Celebrity Apprentice, è andato in onda nel mese di gennaio
2017. La serie televisiva ha avuto varie altre edizioni in altre parti del
mondo, denominate come L’Apprendista, con più di
20 versioni locali.
L’imprenditore immobiliare (e
poi Presidente degli Stati Uniti d’America) Donald Trump è stato il conduttore
del programma nelle prime quattordici stagioni. Dopo la sua candidatura alla
presidenza, venne annunciata la sua sostituzione in La Celebrità Apprendista con l’attore
ed ex governatore della California Arnold Schwarzenegger, che ha debuttato nel
mese di gennaio 2017.
********************************************************
1. In questi giorni si è molto parlato del libro
Fire and Fury - Inside the Trump White
House / Fuoco e Furia - Dentro la Casa Bianca di Trump del giornalista e saggista scrittore
statunitense Michael Wolff, in vendita negli Stati Uniti d’America dal 5
gennaio di quest’anno e disponibile in tutto il mondo dal 9 gennaio. E’ basato
su una serie di interviste che Wolff è stato ammesso a fare nella Casa Bianca,
la residenza del Presidente statunitense a Washington, la capitale degli Stati
Uniti d’America, nel Distretto di
Columbia, tra gli stati di Maryland e Virginia,
nella parte nord orientale della federazione. Wolff ha dichiarato di aver
potuto parlare anche con lo stesso presidente Donald Trump, eletto l’8
novembre 2016 e in carica dal 20 gennaio
2017, benché quest’ultimo ora neghi di avergli rilasciato una vera e propria
intervista.
Dal libro emerge un ritratto del
Presidente come di una persona impulsiva, poco informata, che legge poco e che
non dà retta a chi lo consiglia. Si sostiene che diverse persone che lo
attorniano da vicino, e quindi lo conoscono meglio, lo stimano poco. Ma, in
definitiva, quello che è uscito nel libro non è molto diverso da ciò che i
detrattori di Trump già sostenevano prima, in particolare durante la campagna
del 2016 per le elezioni presidenziali. La novità portata dal libro è la
rivelazione che anche quelli della sua stessa parte pensano cose simili di lui.
E Wolff può essere considerato fonte affidabile, in quanto non
pregiudizialmente ostile: altrimenti non sarebbe stato ammesso a frequentare la
Casa Bianca per le sue interviste.
Donald Trump aveva acquistato
grande popolarità negli Stati Uniti d’America per aver condotto per quattordici stagioni e dodici anni un programma televisivo di successo, The Apprentice - L’Apprendista. Nella
sigla della prima serie, del 20014, parlava Trump: si sentiva la sua voce
mentre scorrevano varie immagini di New York.
La potete vedere su <https://www.youtube.com/watch?v=sODZ3Jb14Jk>.
“E’ la mia città”, dice Trump,” in cui le ruote dell’economia globale non si fermano mai, una città che dirige il mondo degli affari.
Manhattan è il suo centro, se non ti dai da fare finisci male, - e sul video si vede un senzatetto dormire su
una panchina in strada -ma se lavori bene
puoi avere veramente successo, e quando dico veramente intendo “veramente -
e scorrono le immagini di una grande villa e della Statua della Libertà [mia
traduzione libera].
Nelle sigle delle serie
successive compare Trump, con espressione da duro, nel personaggio di un
potente uomo d’affari e tra le immagini compare lo slogan “Niente di personale, sono solo affari!”. Ne potete vedere una su
<https://www.youtube.com/watch?v=9paNJJqMn3c>.
Nelle serie televisive del
programma condotte da Trump, quest’ultimo è il modello di uomo d’affari
proposto agli apprendisti. La morale era che per avere
successo bisognava fare come lui. Secondo Trump non basta lavorare duro, ma occorre prevalere. Bisogna essere tra i vincenti, in un società in cui gli altri sono i perdenti, qualcosa di più grave di persone che hanno la
peggio in un certo affare, persone che perdono perché hanno strategie e morali sbagliate. Nel programma gareggiavano due squadre di aspiranti
affaristi. Si decideva chi aveva vinto i base a una serie di criteri oggettivi,
ma anche i base al giudizio di Trump e dei suoi consulenti. Al termine la
squadra perdente partecipava ad una riunione con Trump e i suoi consulenti, al
termine del quale si escludeva uno dei suoi membri, colui che si decideva avesse
lavorato peggio. La decisione veniva manifestata con Trump che, rivolgendosi al
malcapitato, gli urlava contro “Sei
licenziato!”. Il premio per i vincenti era un contratto annuale di lavoro
presso una delle aziende controllate da Trump con uno stipendio di 250.000
dollari statunitensi.
Il successo di Trump alle
presidenziali viene attribuito dagli osservatori a questi fattori fondamentali:
- la popolarità acquisita in quel programma televisivo;
- il proposito di ridurre le tasse alle imprese statunitensi e di
favorirle sul mercato nazionale e internazionale;
- il proposito di ridurre i vincoli ambientali per le imprese che
operano nel ramo petrolifero e carbonifero;
- il proposito di ridurre i vincoli all’attività finanziaria introdotti
dall’amministrazione del presidente Barak Obama dopo la fase recessiva dell’economia
iniziata nel 2008;
- il proposito di privilegiare i cittadini statunitensi sul lavoro, scoraggiando
il trasferimento all’estero delle imprese, potenziando le misure contro l’immigrazione
non autorizzata e comunque scoraggiando la permanenza di immigrati e rendendo
più difficile la concessione della cittadinanza statunitense.
Quest’ultimo punto del
programma era collegato all’ideologia secondo la quale la disoccupazione e il
peggioramento delle condizioni degli occupati erano derivati dalla presenza di
immigrati stranieri e dal trasferimento all’estero di settori produttivi. E’
stato tuttavia osservato che il peggioramento delle condizioni del lavoro negli
Stati Uniti d’America era stato prodotto in realtà dall’affermazione negli
Stati Uniti d’America dell’ideologia economica neo-liberista, secondo la quale
è solo il mercato a dettare legge nei rapporti di lavoro e che considera utile ed etico trasferire le
produzioni dove il lavoro costa meno. Quella stessa ideologia di cui Trump è
uno dei più popolari profeti e modelli.
E’ stato anche affermato che,
dopo la ripresa dell’economia statunitense collegabile alle misure di emergenza
prese dall’amministrazione Obama, con pesanti interventi pubblici nell’economia,
la finanza statunitense, indicata dagli analisti come la causa della crisi
recessiva iniziata nel 2008, è diventata insofferente dei limiti alla sua
azione posta dalla legislazione federale.
2. L’etica degli affari proposta da Donald Trump
è oggettivamente all’opposto di quella proposta dalla dottrina sociale. Ma, più
in generale, è l’ideologia sociale, in particolare riguardo al ruolo dello
stato, che diverge significativamente. Lì dove, ad esempio, il Papa vede scarti umani di un sistema economico ingiusto, Trump vede
gente che non si è data da fare.
Di solito gli Stati Uniti d’America
trascinano la società italiana, nel senso che da noi si produce, dopo qualche
tempo, ciò che è avvenuto oltre oceano. E’ avvenuto negli anni ’90 con l’affermazione
anche da noi delle politiche economiche neo-liberiste. Potrebbe avvenire anche
con il neo-liberismo di stampo trumpiano. Esso però comporta una politica
internazionale molto aggressiva e questo è un pericolo serio per la pace
mondiale, perché essa viene dallo stato più potente del mondo dal punto di
vista militare. Una certa insofferenza si è manifestata anche nei riguardi
della nostra Unione Europea: i propositi suprematisti di Trump non collimano,
naturalmente, con i nostri interessi. L’idea di Trump è che in ogni trattativa bisogna avere la
meglio, essere vincenti. E’ così che
pensa di fare gli Stati Uniti d’America “grandi di nuovo”. Per questo pensa di
ritirare gli Stati Uniti d’America dagli accordi multilaterali e di intavolare
prevalentemente trattative bilaterali, gli Stati Uniti, il pezzo grosso, e un
altro stato, fatalmente meno grosso e quindi destinato a soccombere. Il rischio è che questo atteggiamento lo conduca a
guidare gli Stati Uniti a schiantarsi contro un altro pezzo grosso, la Russia o
la Cina, ad esempio. Per inciso l’ordine internazionale insegnato dalla
dottrina sociale non si basa su quei princìpi, ma su quelli di collaborazione
solidale delle nazioni per raggiungere pace e prosperità a livello mondiale.
Ma, tornando al libro di Wolff,
ora ci si interroga, in base a quanto emerso da esso, sulla persona alla quale
gli statunitensi hanno affidato le sorti del loro stato, ma anche del mondo
intero. Grande ricchezza a parte, che egli ha in parte ricevuto in eredità e in
parte accumulato in base alle strategie e all’etica del neoliberismo, cercando
essere sempre tra i vincenti, l’immagine
di Trump che ci viene da quel libro, del quale sono state diffuse ampie
anticipazioni, è quella di un uomo comune, in particolare con tutti i difetti
di un uomo comune. Appunto impulsivo, piuttosto egoista tanto da voler essere
sempre tra i vincenti, laureato ma
non particolarmente colto e soprattutto non particolarmente interessato ad
esserlo, insofferente dei limiti posti nell’interesse pubblico, sensibile agli
appelli dell’avidità, poco informato su come va il mondo.
3. In
democrazia le persone comuni contano come massa. Con il voto possono bloccare
politiche che vanno contro gli interessi della maggioranza. Ma capire quali siano
questi interessi richiede di informarsi. La classe politica dovrebbe avrebbe
avere tra i suoi scopi quello di aiutare la gente in questo. Altrimenti può
accadere che le masse, come spesso è accaduto, decidano contro il loro
interesse. Ad esempio, nel caso di Trump, se le sofferenze sociali delle masse
lavoratrici statunitense erano effettivamente dipese dall’ideologia
neoliberista che le sfavoriva rispetto ai potenti dell’economia, è stato
razionale chi, tra le masse, ha scelto Trump come presidente? Senza un
significativo sostegno tra le masse, Trump non sarebbe diventato presidente. E’
stato osservato che Trump ha avuto meno voti della sfidante elettorale Hillary
Clinton e che ha prevalso solo per il meccanismo delle elezioni statunitensi
che prevede certi conteggi, stato per stato, per eleggere i grandi elettori che poi hanno scelto Trump. Ma comunque il
sostegno popolare, di massa, anche tra il ceto operaio, c’è sicuramente stato. In
genere i commentatori ne sono convinti. Nel caso di Trump non si trattava di
decidere se approvare o bloccare politiche contrarie agli interessi delle masse
popolari, ma di eleggere una guida, in grado di influenzare i destini del
mondo.
Ecco, qui si può vedere la differenza,
ad esempio, tra il voto in un referendum costituzionale, per decidere su una
riforma costituzionale, come quello che c’è stato in Italia, da ultimo, il 4
dicembre del 2016, ed elezioni come quelle che si terranno il 4 marzo di quest’anno.
In quest’ultimo caso si tratta di scegliere delle guide e la
competenza delle persone comuni non basta per i candidati al ruolo di guide della nazione. Occorre qualcosa di più, sul quale papa
Francesco parla di frequente.
[dal video messaggio ai partecipanti di un convegno organizzato a
Bogotà - Colombia dal CELAM, il Consiglio episcopale Latino-Americano]
«[…]tutti sentiamo il bisogno
di riabilitare la dignità della politica. Se penso all’America
Latina, come non osservare il discredito popolare in cui sono cadute tutte le
istanze politiche, la crisi dei partiti politici, l’assenza di dibattiti
politici di valore che mirino a progetti e strategie a livello nazionale e
latinoamericano che vadano al di là delle politiche di cabotaggio! Inoltre il
dialogo aperto e rispettoso che ricerca le convergenze possibili spesso viene
sostituito da raffiche di accuse reciproche e ricadute demagogiche. Mancano
anche la formazione e il ricambio di nuove generazioni politiche. Perciò i
popoli guardano da lontano e criticano i politici e li vedono come una
corporazione di professionisti che curano i propri interessi o li denunciano
con rabbia, a volte senza le dovute distinzioni, come impregnati di corruzione.
Ciò non ha nulla a che vedere con la necessaria e positiva partecipazione dei
popoli, appassionati della propria vita e del proprio destino, che dovrebbe
animare lo scenario politico delle nazioni. Ciò che è chiaro è che c’è bisogno
di dirigenti politici che vivano con passione il proprio servizio ai popoli,
che vibrino con le fibre intime del loro ethos e della loro
cultura, solidali con le loro sofferenze e le loro speranze; politici che
antepongano il bene comune ai loro interessi privati, che non si lascino
intimorire dai grandi poteri finanziari e mediatici, che siano competenti e
pazienti di fronte a problemi complessi, che siano aperti ad ascoltare e
imparare nel dialogo democratico, che coniughino la ricerca della giustizia con
la misericordia e la riconciliazione.»
ed anche:
[Dal discorso
tenuto a Cesena il 1 ottobre 2017 in occasione dell’incontro con la
cittadinanza, in piazza del Popolo]
«Questa piazza, come tutte le altre
piazze d’Italia, richiama la necessità, per la vita della comunità, della buona
politica; non di quella asservita alle ambizioni individuali o alla
prepotenza di fazioni o centri di interessi. Una politica che non sia né serva
né padrona, ma amica e collaboratrice; non paurosa o avventata, ma responsabile
e quindi coraggiosa e prudente nello stesso tempo; che faccia crescere il
coinvolgimento delle persone, la loro progressiva inclusione e partecipazione;
che non lasci ai margini alcune categorie, che non saccheggi e inquini le
risorse naturali – esse infatti non sono un pozzo senza fondo ma un tesoro
donatoci da Dio perché lo usiamo con rispetto e intelligenza. Una politica che
sappia armonizzare le legittime aspirazioni dei singoli e dei gruppi tenendo il
timone ben saldo sull’interesse dell’intera cittadinanza.
Questo è il volto autentico della
politica e la sua ragion d’essere: un servizio inestimabile al bene all’intera
collettività. E questo è il motivo per cui la dottrina sociale della Chiesa la
considera una nobile forma di carità. Invito perciò giovani e meno giovani a
prepararsi adeguatamente e impegnarsi personalmente in questo campo, assumendo
fin dall’inizio la prospettiva del bene comune e respingendo ogni anche minima
forma di corruzione. La corruzione è il tarlo della vocazione politica. La
corruzione non lascia crescere la civiltà. E il buon politico ha anche la
propria croce quando vuole essere buono perché deve lasciare tante volte le sue
idee personali per prendere le iniziative degli altri e armonizzarle,
accomunarle, perché sia proprio il bene comune ad essere portato avanti. In
questo senso il buon politico finisce sempre per essere un “martire” al
servizio, perché lascia le proprie idee ma non le abbandona, le mette in
discussione con tutti per andare verso il bene comune, e questo è molto bello.
Da questa piazza vi invito a considerare la nobiltà dell’agire
politico in nome e a favore del popolo, che si riconosce in una storia e in
valori condivisi e chiede tranquillità di vita e sviluppo ordinato.»
In occasione delle elezioni
politiche, alle masse, comprese le persone comuni, masse che sono fondamentali
per il mantenimento di una democrazia di popolo, competono due compiti: il
primo è quello di bloccare gli incompetenti che di propongono come guide;
il secondo è di scegliere come guide persone
competenti. La competenza d una persona che si candida alle elezioni non si
misura, di solito, dal suo manifesto elettorale, ma dal suo curricolo, vale a dire dalla
sua formazione e da ciò che ha fatto prima.
Nel caso di Trump le masse statunitensi, attraverso quel programma televisivo, The Apprentice, avevano avuto modo di
conoscerlo da vicino e piuttosto realisticamente: egli, infatti, da Presidente
dello stato più potente del mondo non si sta comportando diversamente da come
aveva fatto prima e da come aveva detto di voler continuare a fare. Non sempre
è possibile avere informazioni così affidabili. Si tratta comunque, anche in
Italia, di decidere a chi affidare le nostre vite. Però non si tratta di
scegliere una sola persona, ma una grande squadra di circa novecento persone, quanti saranno i nuovi parlamentari,
dai quali non ci si aspetta che si dividono in tante squadre per combattersi, e decidere vincenti e perdenti, ma che sappiano lavorare insieme, perché proprio insieme, e ciascuno
di loro, rappresentano la nazione, l’intera nazione, e decideranno del suo destino.
In un gruppo così vasto sarà probabilmente possibile, se le masse degli
elettori svolgeranno bene il loro compito, inserire tante competenze quante servono per
dirigere una struttura così complessa come quella di uno stato, l’Italia, che è
ancora tra le maggiori potenze industriali ed anche una delle colonne portanti
dell’Unione Europea. A cose fatte, se poi anche uscissero libri come il Fire and Fury di Wolff, sarebbe troppo tardi, come lo è negli
Stati Uniti d’America per gli elettori che, leggendolo, si siano pentiti della
loro scelta.
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte
Sacro, Valli