A ciascuno il suo
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Pinocchio e il Pappagallo al Campo dei miracoli. Illustrazione originale dell'edizione del 1883, ripubblicata in edizione anastatica da Giunti |
[Dall’enciclica Laudato si’,
di papa Francesco, del 2015]
53. […]Mai abbiamo maltrattato e offeso la nostra casa comune come
negli ultimi due secoli. Siamo invece chiamati a diventare gli strumenti di Dio
Padre perché il nostro pianeta sia quello che Egli ha sognato nel crearlo e
risponda al suo progetto di pace, bellezza e pienezza. Il problema è che non
disponiamo ancora della cultura necessaria per affrontare questa crisi e c’è
bisogno di costruire leadership che indichino strade, cercando
di rispondere alle necessità delle generazioni attuali includendo tutti, senza
compromettere le generazioni future. Si rende indispensabile creare un sistema
normativo che includa limiti inviolabili e assicuri la protezione degli
ecosistemi, prima che le nuove forme di potere derivate dal paradigma tecno-economico
finiscano per distruggere non solo la politica ma anche la libertà e la
giustizia.
54. Degna di nota è la debolezza della reazione politica
internazionale. La sottomissione della politica alla tecnologia e alla finanza
si dimostra nel fallimento dei Vertici mondiali sull’ambiente. Ci sono troppi
interessi particolari e molto facilmente l’interesse economico arriva a
prevalere sul bene comune e a manipolare l’informazione per non vedere colpiti
i suoi progetti. In questa linea il Documento di Aparecida [documento
conclusivo della 5° Conferenza generale del CELAM - Consiglio Episcopale
Latino-Americano, tenutasi nel 2007] chiede che «negli interventi sulle risorse
naturali non prevalgano gli interessi di gruppi economici che distruggono
irrazionalmente le fonti di vita». L’alleanza tra economia e tecnologia
finisce per lasciare fuori tutto ciò che non fa parte dei loro interessi
immediati. Così ci si potrebbe aspettare solamente alcuni proclami
superficiali, azioni filantropiche isolate, e anche sforzi per mostrare
sensibilità verso l’ambiente, mentre in realtà qualunque tentativo delle
organizzazioni sociali di modificare le cose sarà visto come un disturbo
provocato da sognatori romantici o come un ostacolo da eludere.
55. A poco a poco alcuni Paesi possono mostrare progressi
importanti, lo sviluppo di controlli più efficienti e una lotta più sincera
contro la corruzione. E’ cresciuta la sensibilità ecologica delle popolazioni,
anche se non basta per modificare le abitudini nocive di consumo, che non sembrano
recedere, bensì estendersi e svilupparsi. E’ quello che succede, per fare solo
un semplice esempio, con il crescente aumento dell’uso e dell’intensità dei
condizionatori d’aria: i mercati, cercando un profitto immediato, stimolano
ancora di più la domanda. Se qualcuno osservasse dall’esterno la società
planetaria, si stupirebbe di fronte a un simile comportamento che a volte
sembra suicida.
56. Nel frattempo i poteri economici continuano a giustificare
l’attuale sistema mondiale, in cui prevalgono una speculazione e una ricerca
della rendita finanziaria che tendono ad ignorare ogni contesto e gli effetti
sulla dignità umana e sull’ambiente. Così si manifesta che il degrado
ambientale e il degrado umano ed etico sono intimamente connessi. Molti diranno
che non sono consapevoli di compiere azioni immorali, perché la distrazione
costante ci toglie il coraggio di accorgerci della realtà di un mondo limitato
e finito. Per questo oggi «qualunque cosa che sia fragile, come l’ambiente,
rimane indifesa rispetto agli interessi del mercato divinizzato, trasformati in
regola assoluta».[citazione dall’esortazione apostolica La gioia del Vangelo - Evangelii Gaudium,
del 2013]-
57. E’
prevedibile che, di fronte all’esaurimento di alcune risorse, si vada creando
uno scenario favorevole per nuove guerre, mascherate con nobili rivendicazioni.
La guerra causa sempre gravi danni all’ambiente e alla ricchezza culturale dei
popoli, e i rischi diventano enormi quando si pensa alle armi nucleari e a
quelle biologiche. Infatti «nonostante che accordi internazionali proibiscano
la guerra chimica, batteriologica e biologica, sta di fatto che nei laboratori
continua la ricerca per lo sviluppo di nuove armi offensive, capaci di alterare gli equilibri naturali» [dal Messaggio per la Giornata mondiale della pace del 1990 del papa san Karol Wojtyla, Giovanni
Paolo 2°]. Si richiede dalla politica una maggiore attenzione per
prevenire e risolvere le cause che possono dare origine a nuovi conflitti. Ma
il potere collegato con la finanza è quello che più resiste a tale sforzo, e i
disegni politici spesso non hanno ampiezza di vedute. Perché si vuole mantenere
oggi un potere che sarà ricordato per la sua incapacità di intervenire quando
era urgente e necessario farlo?
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1. Se si dice “in quanto figli siamo anche tutti fratelli
e quindi, da fratelli, dobbiamo dividere equamente le risorse del mondo” facciamo un discorso di morale,
indichiamo il bene e invitiamo a vivere secondo di esso. La morale, però, ha
questo problema: ciascuno, ragionando, trova molte ragioni per esimersene,
giustificandosi.
Se si dice, però, “se non dividiamo equamente le risorse del mondo, si genereranno
conflitti disastrosi che distruggeranno l’ambiente dal quale le nostre vite
dipendono” o “se non modifichiamo un
modello di sviluppo che distrugge l’ambiente dal quale le nostre vite
dipendono, mettiamo in pericolo noi stessi e ci comportiamo come suicidi”, facciamo
discorsi diversi, secondo i quali, poiché l’alternativa è vita o morte, razionalmente
si sarà portati a quello che l’etica indica come bene. Questo appunto è il ragionamento proposto da
papa Francesco dall’inizio del suo alto ministero. Implica un’esortazione
all’autocritica, di cui lo stesso Papa ha dato l’esempio e questo è tanto più
vero per noi Occidentali, che viviamo nella parte più ricca del mondo e
pretendiamo di dire a tutti che cosa è che è il loro, la misura dei loro diritti.
Di solito però noi fedeli siamo abituati a prendere dell’imponente
letteratura pontificia ciò che ci aggrada perché ci conviene. Quindi preferiamo
discorsi di morale. Quegli altri li sentiamo come sovversivi a nostro danno. In effetti mettono in questione
un modello di sviluppo che conviene a chi domina l’Occidente. Questa è una
delle questioni politiche fondamentali, anche in Italia. Ma è assente dalla
propaganda elettorale delle formazioni maggiori, quelle che hanno più
probabilità di essere chiamate ad esprimere la linea politica di governo,
quindi a decidere come intervenire in società con i poteri pubblici dello stato
per rimediare ai mali che ci sono. Può quindi prevedersi che non ci saranno
grossi cambiamenti, chiunque vincerà le elezioni.
Naturalmente, un cattolico ha strumenti di
orientamento molto più efficaci. La dottrina sociale lo aiuta, in particolare
quella diffusa da papa Francesco che ha spiccata natura politica, criticando,
per ragioni di sopravvivenza dell’umanità, l’attuale modello di sviluppo.
2. Di solito si è disposti
ad accettare l’idea che le cose vanno male e che servano riforme sociali. Chi
ha diretto finora una società in cui le cose si sono messe male? E’ stato
osservato che in Occidente il potere politico ha teso a cadere nelle mani di
quell’1% della popolazione che controlla più o meno il 40% delle ricchezze
della società. Negli stati sottosviluppati (rispetto al modello Occidentale) le
cose vanno anche peggio. In effetti quell’1% ha continuato ad arricchirsi
nonostante crisi economiche e vere e proprie fasi di recessione: tende ad
aumentare l’entità delle ricchezze che controlla. Di chi dunque la
responsabilità dei mali sociali? E’ di chi ha dominato la società, indirizzando
la politica di governo. Invece, paradossalmente, si individua la colpa di ciò
che non va negli ultimi, ad esempio nei
migranti africani che cercano di arrivare da noi in emergenza, per il
pericolo che le loro vite corrono in ambienti sociali costruiti sui modelli
Occidentali e spesso dominati direttamente dagli Occidentali. Va così anche in
molte altre faccende. Com’è che la sanità pubblica non funziona bene? Perché ci
sono troppi malati. Perché nei quartieri dove sono spinti i più poveri non si
vive bene come nei quartieri dove vivono i più ricchi? E colpa dei poveri.
Nell’Ottocento, osservando quanti poveri c’erano in giro in Europa, si
propose l’idea che tutto dipendeva dal fatto che nascevano troppi poveri. E
questo in un continente che stava arricchendosi a dismisura predando le
ricchezze di tutto il mondo (il maggior potere politico globale degli Europei fu
raggiunto nel trentennio prima del 1914, non a caso chiamato in Europa Belle Epoque, l’Era Bella). Quindi si
propose come soluzione di contenere l’aumento della popolazione povera,
riducendo la natalità dei poveri. Questa
è sostanzialmente l’orientamento ancora seguito nei Paesi
sottosviluppati da diverse organizzazioni internazionali dominate dagli
Occidentali. Anche da noi in Italia è stata un’idea che ha avuto seguaci.
Sembrava che i poveri facessero troppi figli e che questa fosse la causa della
povertà sociale. Poi, dagli anni ’70, la natalità ha preso a crollare: la gente
infatti ha imparato la lezione che con meno figli si sta meglio. Ma la povertà
è rimasta. Non solo: anche la classe che chiamiamo media e che sta tra i ricchi
e quelli che hanno appena di che vivere ha cominciato a impoverirsi.
L’idea dell’eccessiva natalità dei poveri come origine della povertà è
stata espressamente criticata nell’enciclica Laudato sì:
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50. Invece di
risolvere i problemi dei poveri e pensare a un mondo diverso, alcuni si
limitano a proporre una riduzione della natalità. Non mancano pressioni
internazionali sui Paesi in via di sviluppo che condizionano gli aiuti
economici a determinate politiche di “salute riproduttiva”. Però, «se è vero
che l’ineguale distribuzione della popolazione e delle risorse disponibili crea
ostacoli allo sviluppo e ad un uso sostenibile dell’ambiente, va riconosciuto
che la crescita demografica è pienamente compatibile con uno sviluppo integrale
e solidale».[citazione dal Compendio della dottrina sociale della Chesa] Incolpare l’incremento demografico e non il consumismo
estremo e selettivo di alcuni, è un modo per non affrontare i problemi. Si
pretende così di legittimare l’attuale modello distributivo, in cui una
minoranza si crede in diritto di consumare in una proporzione che sarebbe impossibile
generalizzare, perché il pianeta non potrebbe nemmeno contenere i rifiuti di un
simile consumo. Inoltre, sappiamo che si spreca approssimativamente un terzo
degli alimenti che si producono, e «il cibo che si butta via è come se lo si
rubasse dalla mensa del povero».[da
una catechesi di papa Francesco del 5-6-13] Ad ogni
modo, è certo che bisogna prestare attenzione allo squilibrio nella
distribuzione della popolazione sul territorio, sia a livello nazionale sia a
livello globale, perché l’aumento del consumo porterebbe a situazioni regionali
complesse, per le combinazioni di problemi legati all’inquinamento ambientale,
ai trasporti, allo smaltimento dei rifiuti, alla perdita di risorse, alla
qualità della vita.
*******
3. I socialisti, dall’Ottocento, ragionando, si
sono invece convinti che l’origine della povertà sia un fatto sociale: è la
società a decidere chi deve essere ricco e chi povero e a perpetuare la
ricchezza dei più ricchi di generazione in generazione. Sotto il loro influsso
le politiche pubbliche, affermandosi le democrazie di popolo, hanno introdotto
dei correttivi, quando la democrazia ha funzionato e la voce delle maggiorane
ha potuto trovare ascolto ed espressione. Oggi l’idea che queste misure di
equità sociale siano necessarie ha perso la connotazione socialista, non se ne ricorda
più la fonte storica, rientra nelle politiche dette con termine inglese di welfare che significa dirette ad elevare il benessere
pubblico. Queste ultime sono entrate in crisi a partire dagli anni ’80, a causa
dell’affermarsi di teorie economiche secondo le quali le risorse impiegate in
quel settore deprimerebbero l’economia, trascinata dall’intraprendenza e
dall’avidità dei privati. Secondo queste ideologie, sarebbe meglio lasciare
libero spazio alla competizione tra gli agenti economici, imprese e
consumatori, intervenendo solo quando le cose si mettono veramente male per
slealtà dei competitori o eccessivo loro incrudelire. Si tratta di convinzioni
che sono manifestate, a prescindere dalla confezione propagandistica in cui sono incastonate, dal
proposito di ridurre le tasse. E’ un punto che troviamo
nelle proposte elettorali di tutte le maggiori formazioni politiche italiane.
Comunque vadano le elezioni, può prevedersi, quindi, che il programma meno
tasse sarà attuato e che quindi ci
saranno meno risorse per politiche di welfare.
«Ci sono troppi interessi particolari e molto
facilmente l’interesse economico arriva a prevalere sul bene comune e a
manipolare l’informazione per non vedere colpiti i suoi progetti.», si legge
nell’enciclica Laudato si nel brano
che ho sopra trascritto, e anche «L’alleanza tra economia e tecnologia finisce
per lasciare fuori tutto ciò che non fa parte dei loro interessi immediati […]qualunque
tentativo delle organizzazioni sociali di modificare le cose sarà visto come un
disturbo provocato da sognatori romantici o come un ostacolo da eludere. […] Nel
frattempo i poteri economici continuano a giustificare l’attuale sistema
mondiale, in cui prevalgono una speculazione e una ricerca della rendita
finanziaria che tendono ad ignorare ogni contesto e gli effetti sulla dignità
umana e sull’ambiente. Così si manifesta che il degrado ambientale e il degrado
umano ed etico sono intimamente connessi.».
Come accade che una minoranza e i suoi interessi, diciamo l’1%
privilegiato della gente, finiscano per prevalere su vaste maggioranze? La via
è storicamente la stessa e ben definita: passa attraverso l’appropriazione e il
controllo di risorse scarse e necessarie per la vita. Chi se le assicura fa il
loro prezzo e gli scambi sono sempre a suo favore. All’origine dell’appropriazione
provata di riscorse scarse e necessarie possono in genere essere individuati
atti di violenza o lo sfruttamento di opportunità sociali. Il sistema
giuridico, in genere sempre controllato dai privilegiati sociali, provvede poi
a mantenere e consolidare il dominio di generazione in generazione. Così è
andata la storia fino all’avvento delle democrazie di popolo che ha determinato
tre metodi di correzione sociale: il
primo mediante l’appropriazione pubblica delle risorse scarse, quella che viene
definita nazionalizzazione, il
secondo mediante norme per limitare il potere sugli altri derivante dal
controllo della ricchezza, ad esempio con introducendo certe discipline dei
rapporti di lavoro, il terzo mediante norme
e altri provvedimenti per assicurare la funzione
sociale di ogni ricchezza, anche di quella
privata. Tra questi ultimi vi sono limiti alla successione ereditaria, mediante
il quale si tramanda il dominio dei privilegiati, e la progressività del sistema
tributario, secondo la quale i privilegiati devono pagare in tasse quote percentuali delle loro ricchezze superiori agli altri, in proporzione della loro maggiore ricchezza. Questa è stata l’impostazione della
Costituzione italiana vigente, entrata in vigore nel 1948. All’art.42, 2°
comma, si prevedono leggi che assicurino la funzione sociale della proprietà
privata, in particolare in modo da renderla accessibile a tutti. L’art.41
prevedono leggi per indirizzare l’economia
pubblica e privata a fini sociali e per impedire che rechi danno alla
sicurezza, alla libertà e alla dignità umana. La progressività del sistema
tributario è prevista dall’art.53: sarà
difficile, finché questa norma sarà in vigore, impostare le tasse in base ad un’aliquota
unica per tutti, ricchi e meno ricchi, senza produrre norme incostituzionali.
Dagli anni ’80, per il successo che in società hanno avuto le teorie economiche
neo-liberiste a cui ho fatto riferimento, quelle che vedono nelle spese per il welfare dei fattori che ostacolano lo sviluppo
economico, si è avuta sempre meno fiducia nei correttivi sociali alla
diseguaglianza e le politiche di governo sono andate in senso opposto. Uno dei
temi principali su cui il prossimo Parlamento, quello che eleggeremo il
prossimo 4 marzo, dovrà deliberare sarà proprio questo: proseguire sulla via
seguita finora o cambiare.
4. Come ho osservato, i
programmi delle maggiori formazioni politiche, quelle dalle quali probabilmente scaturirà il futuro indirizzo
politico di governo, sono per non
cambiare. Questa, per quello che può valere, non è la via indicata oggi dalla
dottrina sociale. Il rimprovero che ci viene da quella fonte è molto duro, per
chi abbia ancora orecchi per intendere; così, ad esempio, si è espresso il Papa il 31 dicembre dell’anno
scorso, nell’omelia pronunciata durante
la celebrazione dei Primi Vespri della solennità di Maria Santissima Madre di
Dio:
«Anche questo tempo dell’anno
2017, che Dio ci aveva donato integro e sano, noi umani l’abbiamo in tanti modi
sciupato e ferito con opere di morte, con menzogne e ingiustizie. Le guerre
sono il segno flagrante di questo orgoglio recidivo e assurdo. Ma lo sono anche
tutte le piccole e grandi offese alla vita, alla verità, alla fraternità, che
causano molteplici forme di degrado umano, sociale e ambientale. Di tutto
vogliamo e dobbiamo assumerci, davanti a Dio, ai fratelli e al creato, la nostra
responsabilità.»
Va considerato, tuttavia, che tutte le
maggiori formazioni politiche hanno nelle loro proposte di propaganda elettorale
propositi di sovvenzioni per chi in società sta peggio, ad esempio per
combattere la povertà, per dare un reddito minimo a chi non ce l’ha, per
aumentare il reddito di chi ha meno forza contrattuale perché è ormai in
pensione: questo è indice che si è consapevoli del fatto che la povertà ha
origine sociale e richiede correttivi sociali. Perché altrimenti buttare quei soldi pubblici? Ma, in genere, questo non
è messo in questione il modello di sviluppo economico che genera la povertà,
anzi si pensa che convenga mantenere le regole che lo consentono. Si tratta
però di un modello economico che programmaticamente si propone di ridurre le
provvidenze di welfare e che vede in
questo la via per aumentare le ricchezze della società, generando maggiore
intraprendenza nello sfruttare le risorse delle Terra. Esso non genererà quindi
le risorse per seguire le generose politiche di elargizione che un po’ dovunque
vengono menzionate nella propaganda
elettorale. Si tratta di un modello che segue invece l’idea dello sgocciolamento o ricaduta favorevole: consentendo ai già ricchi di arricchirsi
ulteriormente, limitando o abrogando i controlli e i correttivi sociali, si
prevede che anche gli altri ne beneficeranno. E’ un’idea espressamente
criticata dal Papa nell’esortazione apostolica La gioia del Vangelo - Evangelii Gaudium:
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54. In questo contesto,
alcuni ancora difendono le teorie della “ricaduta favorevole”, che
presuppongono che ogni crescita economica, favorita dal libero mercato, riesce
a produrre di per sé una maggiore equità e inclusione sociale nel mondo. Questa
opinione, che non è mai stata confermata dai fatti, esprime una fiducia
grossolana e ingenua nella bontà di coloro che detengono il potere economico e
nei meccanismi sacralizzati del sistema economico imperante. Nel frattempo, gli
esclusi continuano ad aspettare. Per poter sostenere uno stile di vita che
esclude gli altri, o per potersi entusiasmare con questo ideale egoistico, si è
sviluppata una globalizzazione dell’indifferenza. Quasi senza accorgercene,
diventiamo incapaci di provare compassione dinanzi al grido di dolore degli
altri, non piangiamo più davanti al dramma degli altri né ci interessa curarci
di loro, come se tutto fosse una responsabilità a noi estranea che non ci
compete. La cultura del benessere ci anestetizza e perdiamo la calma se il
mercato offre qualcosa che non abbiamo ancora comprato, mentre tutte queste
vite stroncate per mancanza di possibilità ci sembrano un mero spettacolo che
non ci turba in alcun modo.
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5. Ognuno farebbe bene, nel
decidere su proposte politiche, a capire bene il posto che occupa in società e,
in particolare, se si trova compreso o
non in quell’1% che la domina e che, ovviamente, tende a conservare in ogni
circostanza la propria posizione favorita. I socialisti chiamavano questo
lavoro lo sviluppare una coscienza di
classe. E’ un lavoro che è richiesto anche dalla dottrina sociale, fin
dalla prima enciclica sociale, la Le novità - Rerum Novarum, del 1981, in
cui si parlòe spressamente di proletari
e di proprietari, di lavoro
e di capitale, prendendo le parti
dei lavoratori proletari quando la società
li gettava in condizioni misere, indegne dell’uomo:
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1. […]Difficile, perché ardua cosa è segnare i precisi confini
nelle relazioni tra proprietari e proletari, tra capitale e lavoro. Pericolosa
perché uomini turbolenti ed astuti, si sforzano ovunque di falsare i giudizi e
volgere la questione stessa a perturbamento dei popoli.
2. Comunque sia, è chiaro, ed in
ciò si accordano tutti, come sia di estrema necessità venir in aiuto senza
indugio e con opportuni provvedimenti ai proletari, che per la maggior parte si
trovano in assai misere condizioni, indegne dell'uomo.
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Certo, si può anche credere
alle promesse di elargizioni dell’1% privilegiato: è su questa base, in fondo, che
le minoranze privilegiate sono rimaste tali anche nelle democrazie di popolo. Eppure,
fin da bambini, siamo stati messi in guardia da certe cose. Non sarebbe male,
allora, riprendere in mano un libro che i più anziani probabilmente hanno letto
da piccoli, le Avventure di Pinocchio.
Storia di un burattino di Collodi [agli adulti consiglio l’edizione anastatica, identica alla prima del 1883,
pubblicata dall’editore Giunti ad €8,50]. Dopo la fregatura presa da Pinocchio
al Campo dei miracoli, dove, su
consiglio del Gatto e della Volpe,
ha seminato e naturalmente perso i suoi soldi (“E pensare che, invece di quattro monete,
potrebbero diventare domani mille e duemila! Perché non dai retta al mio
consiglio? Perché non vai a seminarle al Campo dei miracoli? …Semini subito le
quattro monete: dopo pochi minuti ne raccogli duemila e stasera ritorni qui
colle tasche piene. Vuoi venire con noi? … Noi non vogliamo regali…A noi ci
basta di averti insegnato il modo di arricchire senza durar fatica, e siamo
contenti come pasque.), ecco come viene apostrofato dal Pappagallo:
“Rido di quei barbagianni che credono a tutte le scioccherie e si
lasciano trappolare da chi è più furbo
di loro … Sì, parlo di te, povero Pinocchio, di te che sei così dolce di sale,
da credere che i denari si possano seminare e raccogliere nei campi, come si
seminano i fagioli e le zucche. Anch’io l’ho creduto una volta e oggi ne porto
le pene. Oggi (ma troppo tardi) mi sono dovuto persuadere che per mettere
insieme onestamente pochi soldi bisogna saperseli guadagnare o col lavoro delle
proprie mani o coll’ingegno della propria testa … Mi spiegherò meglio … Sappi
dunque che, mentre tu eri in città, la Volpe e il Gatto sono tornati in questo
campo: hanno preso le monete d’oro sotterrate, e poi sono fuggiti come il
vento. E ora chi li raggiunge, è bravo!”.
Come ci viene spiegato nell’enciclica
Laudato si’, le risorse della società
sono limitate, una quantità definita: ciò che si aggiunge agli uni si sottrae
ad altri. Nessuna posizione di privilegio può essere mantenuta senza sfavorire
altri, senza togliere agli altri. Un modello di sviluppo che favorisce la
concentrazione delle ricchezze in poche mani, necessariamente comprenderà un
ordine che sfavorirà i più, in particolare mediante scambi diseguali, in cui
una parte forte prevarrà sull’altra, facendo
il prezzo. Ai tempi nostri una delle
risorse che si vanno facendo scarse per i più, per quelli che lo cercano per avere una retribuzione, è il lavoro. Vista dall’altra
parte, di quelli che lo cercano per usarlo a proprio vantaggio, la situazione è, invece, quella di una svalutazione del lavoro: ai lavoratori è richiesto sempre
più lavoro per conquistare un certo reddito. E’ una condizione del mercato del lavoro che, in mancanza di correttivi, tenderà ad
aggravarsi sempre di più con l’impiego di macchine pensanti, in grado di sostituire non più solo lavori
ripetitivi, ma anche operazioni più complesse. Quindi un altro dei temi
fondamentali per la politica di governo sarà quello delle politiche del lavoro:
in questo sarà cruciale il punto di vista dei decisori di governo, se si
avvicinerà più a quello dell1% dei privilegiati, come purtroppo sembra fatale
che accada, o se terrà conto anche di quello degli altri.
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte
Sacro, Valli