Valutazione di un progetto di attività
sociali in parrocchia per la formazione al bene comune
Mi è stata
chiesta una valutazione di un progetto di attività sociali in parrocchia, per
la formazione al bene comune, proposto con inizio nel prossimo settembre.
In
parrocchia le forze disponibili per l’animazione sono limitate e quindi bisogna
economizzarle accuratamente.
Abbiamo
specialmente bisogno di attività formative e di tirocinio alla cittadinanza
democratica ispirata dalla fede per la fascia di età post-Cresima - 30 anni.
L’estesissimo
corpo della dottrina sociale della Chiesa è insufficiente allo scopo, perché in
esso la democrazia come partecipazione alla sovranità pubblica da parte dei
cittadini non c’è. Tanto più esso è insufficiente se ci si limitasse ad
utilizzarne dei sunti colorati.
La
prospettazione che del progetto viene fatta è marcatamente clericale e quindi
non va bene. La cittadinanza democratica si attua sotto la responsabilità
personale del cittadino, secondo l’autonomia
che ai laici di fede è riconosciuta in quel campo dopo il Concilio Vaticano 2° (a
proposito: del Concilio non si fa menzione nell’opuscolo informativo sul progetto
esame. E’ una gravissima carenza). Non
replichiamo in ambito parrocchiale i pesanti impacci clericali che
travagliano le grandi organizzazioni religiose. Lasciamo che i vescovi facciano il
loro lavoro e i laici di fede quello che loro compete nella società civile, e che solo loro possono fare. Il collegamento del lavoro di educazione civile in parrocchia con la diocesi è attuato, secondo l’ordinamento canonico,
mediante il parroco.
Il
clericalismo è stato storicamente una brutta malattia della nostra gente di
fede, una piaga, un problema gravissimo, che dobbiamo superare.
Non abbiamo
bisogno, per riconoscere la bontà di un progetto di educazione civile che si
svolgerà in parrocchia ma in ambiente
pluralistico, senza selezione ideologica
agli accessi, di ottenere, o addirittura di pretenderlo per poi farsene
forza con i dissenzienti, il patrocinio
di qualche autorità religiosa del clero. L’obbedienza
non è più una virtù, scrisse Lorenzo Milani (altra grande figura che
bisognerebbe prendere come riferimento nella formazione dei laici di fede), ma la più subdola delle tentazioni.
Nel progetto
non si distingue per nulla il lavoro del catechista, al modo ritengo neocatecumenale, da quello dell’animatore, che deve limitarsi ad indurre il gruppo, senza dominarlo.
L’impostazione
in fondo neocatecumenale fa ritenere che si voglia coinvolgere come
animatori personale dell’organizzazione neocatecumenale,
e questo non va bene. L’organizzazione neocatecumenale, per ciò che so, è
troppo autoritaria e rigida nei modelli di vita proposti e presta prevalente
attenzione alla vita privata. Propone soluzioni
private e individuali a problemi pubblici e sistemici. Mi pare che punti molto al sentirsi bene e a posto delle persone, piuttosto che a migliorare la società, che è il lavoro della cittadinanza democratica. Questa
impostazione è all’origine dei problemi che hanno travagliato la parrocchia
negli ultimi anni, anche se, con riferimento specifico ai suoi camminanti, ha prodotto frutti di bene
nelle loro piccole comunità di
perfezionamento.
La
formazione alla cittadinanza democratica ispirata dalla fede non
deve essere un cammino di perfezionamento, ma un lavoro di ricerca.
Bisogna
innanzi tutto conoscere la gente che è disposta a partecipare, il suo livello
di acculturazione alla democrazia, la pratica che di democrazia ha fatto. Da
questa prima analisi deve discendere la struttura organizzativa del lavoro, che
dovrà innanzi tutto essere una auto-organizzazione, con spirito democratico. In questo occorre fare tirocinio di libertà e di uguaglianza in dignità: l'abc della democrazia.
Non
dobbiamo presumere che fede e democrazia
vadano naturalmente d’accordo, senza un nostro lavoro di mediazione e di attualizzazione. Ci sono molti pregiudizi reciproci, in gran parte fondati. La nostra fede è stata
insegnata storicamente da un’organizzazione del clero che è una neofita in campo
democratico, dopo aver, in genere, duramente contrastato, anche con accuse di
eresia, i processi democratici. La storia italiana è stata profondamente
segnata da queste dinamiche.
Questo significa
che non è possibile sviluppare processi democratici ispirati dalla fede
proponendo solo o prevalentemente pii esempi del passato
storico, anche se può essere utile fare dei riferimenti biografici a quelle
persone che più si sono sforzate di conciliare fede e democrazia.
E’
assolutamente sconsigliato che i gruppi di formazioni prendano nomi di profeti
biblici, come viene proposto. Apparirebbe veramente troppo presuntuoso in un
processo democratico. Direi di non pasticciare
con le scritture. Nel manifestino
che mi è stato proposto per una valutazione c’è una citazione del
rivoluzionario nordamericano Benjamin
Franklin: questo va bene, se però ci si proponga di approfondire meglio,
più da vicino, il suo pensiero, il che potrebbe dare qualche dispiacere a chi
preferisca un’impostazione clerico-moderata. La rivoluzione nord-americana di
fine Settecento è all’origine dei processi democratici contemporanei.
La dottrina
sociale ha l’ultima parola su Vero,
Giusto e Bello? Storicamente non è
mai stato così, specialmente dal Cinquecento in avanti, quando in genere ha
seguito impostazioni reazionarie, clericali e sconsideratamente papiste su quei
temi. La politica dispotica dei sovrani religiosi romani ha in genere prevalso,
e questo fino ad epoca molto recente (l’ultima persecuzione ideologica risale
agli inizi del Novecento), e, su questo argomento, direi che bisognerebbe
considerare esemplare il caso del trattamento riservato al Galilei nel
Seicento. Ecco, il Galilei, uomo di profonda fede, potrebbe essere preso come
bandiera di uno dei nuovi gruppi!
Su Vero, Giusto e Bello la dottrina sociale, negli ultimi tre secoli è andata prevalentemente a rimorchio, in genere contro voglia. Salvo poi ricredersi e dichiarare di pentirsi, come per il caso del Galilei.
Uno degli
argomenti di grande attualità è la riforma costituzionale da poco approvata dal
Parlamento, su cui i cittadini italiani dovranno pronunciarsi in un referendum
costituzionale che, sembra, si terrà nel prossimo novembre. E sono pochi coloro
che hanno letto la nuova legge e, soprattutto, che ne hanno acquisito sufficiente
consapevolezza, nel disegno della nuova organizzazione della Repubblica che si
propone di attuare e negli effetti sul funzionamento delle istituzioni e sui
diritti dei cittadini. Nel prossimo mese di agosto mi propongo di spiegarla in
dettaglio. E’ una materia che conosco.
Si potrebbe cominciare da quel testo per ragionare di democrazia.
Infine:
dobbiamo progettare una proposta ritagliata sui gravi problemi che ha la
parrocchia. Inutile sognare reti e sviluppi. L’incomprensibile dispersione
della ricca biblioteca parrocchiale è un gravissimo problema in più. E’ una
situazione che il nuovo parroco dice di aver trovato. Come fare a ragionare
senza libri (e ne avevamo veramente tanti e importanti)? Ci si limita a parole
d’ordine e slogan. Questo non va assolutamente bene. Bisognerebbe proporre ai
parrocchiani un piano di riacquisto dei libri fondamentali, in particolare
testi di storia per i licei e altri testi di base. Redigere una specie di lista di nozze, sulla quale i
volenterosi potrebbero regolare i loro acquisti.
Mi
piacerebbe, poi, che qualcuno spiegasse il senso di quella dispersione, per
capire se ha avuto delle ragioni valide e a chi sono andati i libri. Servivano
soldi per i poveri o per urgenze parrocchiali inderogabili, per qualche
bolletta da troppo tempo insoluta?
Ecco: nei processi democratici questa cose dovrebbero essere chiare. Chi prende decisioni
per la collettività dovrebbe renderne ragione. Ogni forma di potere deve rendere ragione delle sue scelte,
anche in ambito religioso. Questa è la prima lezione che i democratici di tutti
i tempi hanno sempre impartito.
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente
papa - Roma, Monte Sacro, Valli