La nuova sinodalità – 5.1
§§§§§§§§§§
[Nota: il testo sintetizzato è quello del
documento originario, tranne le parti tra parentesi quadre che sono mie
aggiunte redazionali]
A
(paragrafi 13 – 27)
[La Parte 1° del Documento finale ha
contenuto teologico, dietro il quale però ve ne è uno di politica ecclesiale,
come accade sempre nella
teologia, che si è storicamente sviluppata fin dalle origini proprio a quel
fine. La politica ecclesiale è l’ambito proprio della sinodalità ecclesiale,
che significa compartecipazione alle decisioni ecclesiali.
Il
testo della Parte 1° si divide in 6
sezioni intitolate
La Chiesa Popolo di Dio, sacramento di unità
Le radici sacramentali del Popolo di Dio
Significato e dimensioni della sinodalità
L’unità come armonia
Sinodalità come profezia sociale
e si articola nei paragrafi dai paragrafi 13 a 47 e
da pagina 7 a pagina 16.
Di seguito cercherò di mettere
in risalto le linee guida in materia di politica ecclesiale, estraendole dal
rivestimento teologico.
Il
testo è introdotto da una citazione biblica dal Vangelo secondo Giovanni,
capitolo 20, versetti da 19 a 20 - Gv
20, 19 – 20:
Venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace
a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono
al vedere il Signore.
estratto
dal capitolo 20, versetto da 1 a 20 – Gv 20, 1-20 - del Vangelo di Giovanni – traduzione in
italiano CEI 2008:
Il primo giorno della
settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora
buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e
andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro:
"Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno
posto!". Pietro allora uscì insieme all'altro discepolo e si recarono
al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più
veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Si chinò, vide i teli
posati là, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo
seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario -
che era stato sul suo capo - non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a
parte. Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al
sepolcro, e vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la
Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti. I discepoli perciò se
ne tornarono di nuovo a casa.
Maria invece
stava all'esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si chinò
verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l'uno dalla
parte del capo e l'altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed
essi le dissero: "Donna, perché piangi?". Rispose loro: "Hanno
portato via il mio Signore e non so dove l'hanno posto". Detto
questo, si voltò indietro e vide Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse
Gesù. Le disse Gesù: "Donna, perché piangi? Chi cerchi?". Ella,
pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: "Signore, se l'hai
portato via tu, dimmi dove l'hai posto e io andrò a prenderlo". Gesù
le disse: "Maria!". Ella si voltò e gli disse in ebraico:
"Rabbunì!" - che significa: "Maestro!". Gesù le disse:
"Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va' dai
miei fratelli e di' loro: "Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e
Dio vostro". Maria di Màgdala andò ad annunciare ai discepoli:
"Ho visto il Signore!" e ciò che le aveva detto.
La sera di
quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo
dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: "Pace a voi!".
Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere
il Signore.
dal commento
al brano biblico della Parte 1°:]
Ognuno ha il proprio ruolo. Il Discepolo Amato sa
cedere il passo a chi, più anziano, ha ricevuto il compito di guida [:] Pietro. Maria [di Màgdala] riconosce il Signore che la invia ad
annunciare la Sua resurrezione alla comunità dei discepoli. La loro dipendenza reciproca incarna il
cuore della sinodalità.
°°°°°°°°°°°°°°°°°°°°
[Segue il resto del testo della Parte 1°]
Il processo sinodale ci ha fatto [sentire] di
essere Popolo di Dio [: e]sso non è
mai la semplice somma dei Battezzati, ma il soggetto comunitario e storico della sinodalità.
Nel
Popolo santo di Dio, che è la Chiesa, la comunione
dei Fedeli (communio Fidelium) è
al tempo stesso la comunione delle
Chiese (communio Ecclesiarum),
che si manifesta nella comunione dei
Vescovi (communio Episcoporum), in ragione del principio antichissimo [- 3° Secolo -] che «la
Chiesa è nel Vescovo e il Vescovo è nella Chiesa» (S. Cipriano [ - Cipriano
vescovo di Cartagine, nella provincia romana di Africa e nell’attuale
Tunisia, vissuto nel 3° secolo -], Epistola
66, 8). Al servizio di questa
multiforme comunione il Signore ha posto l’apostolo Pietro (cfr. Mt 16,18)
e i suoi successori. In forza del ministero petrino, il Vescovo di Roma è «il perpetuo e visibile principio e il fondamento»
(LG 23 [– Costituzione dogmatica
sulla Chiesa Luce per le genti – Lumen Gentium del Concilio Vaticano 2°
- 1962\1965]) dell’unità della Chiesa.
L’opzione preferenziale per i poveri [v. nota 1]è implicita nella fede
cristologica. La Chiesa è chiamata a essere povera con i poveri, che sono spesso la maggioranza dei Fedeli, ad ascoltarli a considerarli soggetti dell’evangelizzazione.
[La] Chiesa
[assume] la responsabilità di essere il lievito
efficace dei legami, delle relazioni e della fraternità della famiglia umana
in un tempo dominato dalla crisi della
partecipazione – cioè del sentirsi parte e attori di un destino comune – e
da una concezione individualista della felicità e della salvezza.
Tutti i
credenti possiedono un istinto per la verità del Vangelo, chiamato sensus
fidei[:] l’attitudine a
cogliere intuitivamente ciò che è conforme alla verità della Rivelazione nella
comunione della Chiesa. Attraverso il Battesimo tutti i Cristiani partecipano al sensus
fidei. Perciò esso, oltre che principio della sinodalità, costituisce anche il fondamento
dell’ecumenismo [v. nota 2]. «Il cammino della sinodalità, che la Chiesa
Cattolica sta percorrendo, è e deve essere ecumenico, così come il cammino
ecumenico è sinodale» (Papa Francesco, Discorso
a Sua Santità Mar Awa III, 19 novembre 2022).
L’ecumenismo
è anzitutto una questione di rinnovamento spirituale. Esige processi di pentimento e di guarigione della memoria delle
ferite passate, fino al coraggio della
correzione fraterna in spirito di carità evangelica.
La liturgia è un ascolto della Parola di Dio e
una risposta alla sua iniziativa di alleanza. Anche l’assemblea sinodale è un
ascolto della medesima Parola, che risuona tanto nei segni dei tempi quanto nel
cuore dei Fedeli, e una risposta dell’assemblea che discerne [=decide qual è nel
caso concreto e tra più opzioni possibili] la volontà di Dio per metterla in
pratica. L’approfondimento del legame
tra liturgia e sinodalità aiuterà tutte le comunità cristiane, nella
pluriformità [= diverse forme, pluralismo]
delle loro culture e tradizioni, ad assumere stili celebrativi che manifestino
il volto di una Chiesa sinodale.
Note:
[ricerca
mediante ChatGPT di OpenAI del 6-11-24]
………………………….
Nota sull’AI utilizzata: utilizzo il servizio di AI [artificial
intelligence = intelligenza artificiale] di
OpenAI, al quale sono abbonato, per rendere più veloce l’elaborazione di
contenuti. Come avverte il gestore del servizio, l’AI di ChatGPT di OpenAI, che
è un sistema di ricerca, elaborazione e generazione di testi molto
evoluto in grado di colloquiare con l’utente, può talvolta generare risposte
non corrette. Sono ciò che gli specialisti definiscono “allucinazioni” del
sistema, analoghe a quelle vissute anche dalle menti umane. Gli utenti sono
quindi invitati a verificare la correttezza delle risposte. In genere interrogo
l’AI in materie in cui ho almeno un’informazione di base. Dove le risposte
prodotte presentano evidenti incongruenze, ne verifico la correttezza, innanzi
tutto utilizzando la stessa AI che è in grado di svolgere bene questo controllo,
e poi servendomi di altre fonti, principalmente l’enciclopedia Treccani on
line. Personalmente ho studiato e pratico il diritto italiano, complesso di
materie in cui ho un’informazione più completa per ragioni professionali.
Invito tuttavia i lettori a svolgere un lavoro analogo, approfondendo, sia
quanto alle risposte generate dall’AI che trascrivo sia in genere quanto a
tutto ciò che scrivo, perché, come ho osservato, anche la mente umana incontra
gli stessi problemi di quella non umana, la cui architettura funzionale è
modellata sulla prima. Il testo tra parentesi quadre che inserisco nella
trascrizione della risposta generata dall’AI contiene mie correzioni basate su
altre fonti. Le correzioni generate dalla stessa AI a seguito di mie richieste
di verifica sono invece inserite nel testo senza evidenziazione.
OpenAI ha avvertito gli abbonati al servizio che
l’interazione tra loro e l’AI contribuisce ad addestrarla. Ho
potuto constatare un rapido e continuo miglioramento di prestazioni
dell’algoritmo da quando ho iniziato servirmene.
………………………….
1. Opzione preferenziale per i poveri
L’“Opzione preferenziale per i poveri” è un
orientamento teologico ed etico [che dagli anni Sessanta si è] profondamente
radicato nella dottrina sociale della Chiesa cattolica. Questo principio
afferma che la Chiesa, in continuità con l’insegnamento di Cristo, deve
prestare una speciale attenzione e un impegno prioritario nei confronti dei
poveri e degli emarginati. Tale preferenza non è esclusiva, ma enfatizza
l’importanza di costruire una società giusta e solidale.
Fonti letterarie e sviluppo storico
Le radici bibliche di questa opzione si
trovano nell'Antico Testamento, dove l'attenzione verso i poveri e gli oppressi
è evidente in testi come il Deuteronomio (“Apri generosamente la tua mano al
tuo fratello povero e bisognoso nel tuo paese”, Dt 15,11) e i Profeti,
specialmente Isaia, Amos e Geremia, che denunciano le ingiustizie sociali. Nel
Nuovo Testamento, Gesù stesso incarna questa preferenza, come emerge
chiaramente nei Vangeli (“Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio”,
Lc 6,20) e nel suo ministero tra gli emarginati e i diseredati.
In epoca contemporanea, l'opzione
preferenziale per i poveri si è sviluppata come risposta teologica alle
profonde ingiustizie sociali e politiche, specialmente in America Latina. Qui,
negli anni '60 e '70, si sviluppò la Teologia della Liberazione, di cui Gustavo
Gutiérrez è uno dei principali esponenti. Nel suo libro “Teologia della
liberazione” (1971), Gutiérrez definì la povertà come una realtà da affrontare
non solo con la carità, ma attraverso un cambiamento strutturale della società.
Altri teologi importanti in questo ambito includono Leonardo Boff e Jon
Sobrino.
Esponenti principali e documenti del magistero
Uno dei momenti chiave dell’esplicitazione
dell'opzione preferenziale per i poveri a livello ufficiale avvenne durante la
Conferenza Episcopale di Medellín (1968) e successivamente a Puebla (1979), in
cui i vescovi latinoamericani misero in risalto l'importanza di questo
principio nella missione pastorale della Chiesa.
[I]
pontefici che hanno menzionato e approfondito questo orientamento ci sono:
·
Paolo VI: Nell'enciclica Populorum Progressio (1967), Paolo VI
sottolinea la necessità di uno sviluppo umano integrale, che implica la
giustizia e l’attenzione verso i poveri.
·
Giovanni Paolo
II: Durante il suo pontificato, Giovanni Paolo II
menzionò spesso l’opzione preferenziale per i poveri, specialmente
nell’enciclica Sollicitudo Rei Socialis (1987), in cui afferma che “la
Chiesa deve manifestare una speciale solidarietà verso i poveri”, e nella Centesimus
Annus (1991), dove approfondisce le implicazioni sociali ed economiche di
tale principio.
·
Benedetto XVI: Sebbene meno esplicito rispetto ai suoi predecessori, Benedetto XVI
affronta il tema nell’enciclica Deus Caritas Est (2005), in cui
sottolinea che la carità non è mai separabile dalla giustizia e che l’impegno
per i poveri deve essere una componente essenziale della missione ecclesiale.
·
Papa Francesco: Con Francesco, l’opzione preferenziale per i poveri ha trovato una
rinnovata centralità. Nel documento Evangelii Gaudium (2013), egli
afferma: “Desidero una Chiesa povera per i poveri” (EG 198). Inoltre, in Fratelli
Tutti (2020) e nella Laudato Si’ (2015), Papa Francesco connette la
giustizia sociale alla tutela dell’ambiente, mostrando come le crisi ecologiche
colpiscano soprattutto i più vulnerabili.
Contenuto e implicazioni dell’orientamento
L’opzione
preferenziale per i poveri non si limita a un mero assistenzialismo, ma
comporta un approccio trasformativo che mira a eliminare le cause strutturali
della povertà. Questo implica che la Chiesa, attraverso le sue comunità, deve
impegnarsi attivamente per la giustizia sociale, difendere i diritti dei più
deboli e promuovere la dignità di ogni persona.
Il contenuto di questo orientamento è
strettamente legato alla comprensione del Regno di Dio come un progetto di
amore e giustizia che coinvolge la dimensione personale e sociale dell’essere
umano. I fedeli sono chiamati a mettere in pratica l'amore preferenziale per i
poveri attraverso iniziative concrete di carità e giustizia, incarnando
l'insegnamento evangelico nella realtà contemporanea.
In conclusione, l’opzione preferenziale per i
poveri rappresenta una pietra miliare della missione della Chiesa, che spinge i
credenti a una testimonianza attiva della fede in Cristo, attraverso l’impegno
per una società più giusta e solidale.
2. Ecumenismo cristiano
L’“ecumenismo cristiano” è il movimento volto
a promuovere l’unità tra le diverse confessioni cristiane, cercando di superare
le divisioni storiche e dottrinali per realizzare la volontà di Cristo che i
suoi discepoli “siano una cosa sola” (Gv 17,21). Questo sforzo si basa sul
riconoscimento dei comuni elementi di fede e sull’impegno a dialogare in modo
rispettoso e fruttuoso, senza negare le differenze ma cercando punti di
convergenza e collaborazione.
Storia del movimento ecumenico
Il movimento ecumenico ha radici nel desiderio
di superare le divisioni tra le Chiese cristiane, che risalgono al Grande
Scisma del 1054 tra la Chiesa d’Oriente e quella d’Occidente, e alla Riforma
protestante del XVI secolo, che portò alla frammentazione del cristianesimo
occidentale. Tuttavia, l’ecumenismo moderno emerse all’inizio del XX secolo, in
risposta a un mondo sempre più globalizzato e segnato da conflitti e crisi che
richiedevano una testimonianza cristiana unitaria.
Il primo impulso organizzato verso
l'ecumenismo avvenne con la Conferenza missionaria mondiale di Edimburgo del
1910, in cui i rappresentanti di diverse denominazioni protestanti e anglicane
si riunirono per discutere la cooperazione missionaria. Questo evento fu
fondamentale per la nascita del Consiglio Ecumenico delle Chiese (CEC), fondato
ufficialmente nel 1948 ad Amsterdam, che raccoglie oggi molte Chiese ortodosse,
protestanti e anglicane.
L’approccio ecumenico della Chiesa cattolica
iniziò a cambiare con il Concilio Vaticano II (1962-1965). Prima di allora,
l’ecumenismo non era un tema prioritario per la Chiesa cattolica, che tendeva a
considerare le altre confessioni cristiane come separate e non pienamente
integrate nella vera Chiesa. Con il Vaticano II, la Chiesa cattolica assunse un
atteggiamento più aperto e dialogante verso l'unità cristiana. Il documento
conciliare Unitatis Redintegratio (1964) fu un testo chiave, affermando
che “il ristabilimento dell’unità fra tutti i cristiani è uno dei principali
intenti del sacro Concilio”. Questo documento riconosceva l’importanza della
collaborazione tra le Chiese cristiane e l’esistenza di elementi di
santificazione e di verità anche al di fuori dei confini visibili della Chiesa
cattolica.
Concezione dell'ecumenismo secondo la Chiesa cattolica
Secondo la Chiesa cattolica, l'ecumenismo non
è solo un dialogo diplomatico o un compromesso, ma un processo spirituale
basato sulla conversione del cuore, la preghiera comune e l’approfondimento
della fede condivisa. La Chiesa riconosce che l’unità è un dono dello Spirito
Santo e va perseguita attraverso il rispetto e la valorizzazione delle diverse
tradizioni cristiane.
Papa
Giovanni XXIII diede un impulso decisivo all’ecumenismo con la convocazione del
Concilio Vaticano II e l’avvio di dialoghi ufficiali con altre confessioni
cristiane. Successivamente, Paolo VI continuò questo cammino incontrando il
patriarca ecumenico di Costantinopoli, Atenagora I, nel 1964, evento storico
che pose fine a secoli di scomuniche reciproche.
Giovanni Paolo II proseguì con determinazione
l’impegno ecumenico, pubblicando l’enciclica Ut Unum Sint (1995), in cui
invitava tutte le Chiese cristiane a proseguire il dialogo ecumenico e a
cercare strade comuni verso l’unità. Egli sottolineò la necessità di un
“ecumenismo della carità”, che metta in pratica la cooperazione concreta e la
solidarietà tra i cristiani.
Papa Benedetto XVI, pur mantenendo un
approccio teologico rigoroso, continuò il dialogo ecumenico attraverso incontri
e collaborazioni con le Chiese ortodosse e protestanti. Sottolineò l’importanza
della verità e della dottrina, ma anche della carità e della collaborazione in
ambiti sociali e umanitari.
Papa Francesco ha portato avanti un ecumenismo
dal tono pastorale e pratico, incoraggiando l’incontro fraterno e il dialogo su
questioni concrete come la giustizia sociale, la pace e la salvaguardia del
creato. Ha sottolineato che l’ecumenismo deve basarsi sull’incontro personale e
sull’amicizia, evidenziando che “l’unità si fa camminando insieme”.
In conclusione, l’ecumenismo cristiano è un
cammino di riconciliazione e di unità che richiede apertura, preghiera e
dialogo sincero, al fine di testimoniare al mondo un cristianesimo unito nella
diversità e nella fede comune.
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Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli