Alcune considerazioni sull’Esortazione
apostolica Ti ho amato – Dilexi te, del 4 ottobre 2025
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1. Il 9 ottobre 2025 è stato diffuso il testo dell’Esortazione apostolica Ti
ho amato – Dilexi te, firmata il precedente 4 ottobre, solennità di San
Francesco d’Assisi.
Il titolo è costituito, come da tradizione,
dalle parole iniziali del documento “Dilexit te”, vale a dire “Ti ho
amato”, con riferimento ad un brano dell’Apocalisse, dal capitolo 3,
versetti da 7 a 13, e più precisamente
al versetto 9, che di seguito ho evidenziato:
All'angelo della Chiesa che è a Filadèlfia
scrivi:
“Così
parla il Santo, il Veritiero, Colui che ha la chiave di Davide: quando egli
apre nessuno chiude e quando chiude nessuno apre. Conosco le tue opere.
Ecco, ho aperto davanti a te una porta che nessuno può chiudere. Per quanto tu
abbia poca forza, hai però custodito la mia parola e non hai rinnegato il mio
nome. Ebbene, ti faccio dono di alcuni della sinagoga di Satana, che
dicono di essere Giudei, ma mentiscono, perché non lo sono: li farò venire perché si prostrino ai tuoi
piedi e sappiano che io ti ho amato. Poiché hai custodito il
mio invito alla perseveranza, anch'io ti custodirò nell'ora della tentazione
che sta per venire sul mondo intero, per mettere alla prova gli abitanti della
terra. Vengo presto. Tieni saldo quello che hai, perché nessuno ti tolga
la corona. Il vincitore lo porrò come una colonna nel tempio del mio Dio e
non ne uscirà mai più. Inciderò su di lui il nome del mio Dio e il nome della
città del mio Dio, della nuova Gerusalemme che discende dal cielo, dal mio Dio,
insieme al mio nome nuovo. Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice
alle Chiese".
Con
l’aiuto dell’algoritmo di intelligenza artificiale (A.I.) ChatGPT riassumo
di seguito la questione biblica sull’espressione alcuni della sinagoga di
Satana contenuta nel brano.
************************
ChatGPT – prompt:
“i biblisti hanno individuato a chi si riferiva l'autore del libro biblico
dell'Apocalisse quando in questo versetto (cap.3 versetto 9) "Ebbene, ti
faccio dono di alcuni della sinagoga di Satana, che dicono di essere Giudei, ma
mentiscono, perché non lo sono: li farò venire perché si prostrino ai tuoi
piedi e sappiano che io ti ho amato." parlava di alcuni della sinagoga di
Satana?”
Il
versetto che citi (Ap 3,9) — “Ebbene, ti faccio dono di alcuni della sinagoga
di Satana, che dicono di essere Giudei e non lo sono...” — è rivolto alla comunità cristiana di Filadelfia, una
delle sette Chiese dell’Asia Minore a cui è indirizzato il libro
dell’Apocalisse.
Vediamo cosa hanno individuato i biblisti e come interpretano oggi
questa espressione.
📖 1. Contesto storico del passo
Il libro dell’Apocalisse viene scritto alla
fine del I secolo (intorno al 95 d.C.),
durante o poco dopo la persecuzione di Domiziano.
A quell’epoca:
·
le comunità cristiane erano ancora in parte in continuità o in tensione con le
comunità ebraiche locali;
·
in città come Smirne e Filadelfia,
citate nei capitoli 2 e 3, esistevano sinagoghe
giudaiche attive;
·
i cristiani erano considerati una setta interna al giudaismo, ma molti
ebrei non li riconoscevano come tali.
Il testo riflette dunque un conflitto locale tra cristiani e gruppi ebraici delle stesse
città.
🕎 2. Chi sono “quelli della sinagoga di Satana”
L’espressione compare due volte:
·
Ap 2,9
(messaggio alla Chiesa di Smirne)
·
Ap 3,9
(messaggio alla Chiesa di Filadelfia)
In entrambe le lettere, l’autore (che si
presenta come Giovanni) parla di
persone che “dicono di essere Giudei e non lo sono”.
Le interpretazioni principali sono tre,
che oggi vengono spesso considerate complementari.
🔹 a) Interpretazione storica “letterale”
Molti biblisti contemporanei (tra cui R.
Bauckham, C. Koester, J. Roloff, e prima ancora Raymond Brown) ritengono che:
·
l’autore si riferisca a gruppi di ebrei locali che ostacolavano
o denunciavano i cristiani presso le autorità romane;
·
in particolare, dopo la separazione formale tra
sinagoga e Chiesa (verso il 85 d.C., con la cosiddetta birkat ha-minim),
i cristiani persero la protezione
giuridica concessa agli ebrei dal diritto romano;
·
dunque, le tensioni erano concrete: i cristiani
si sentivano “traditi” da coloro che li escludevano e li accusavano.
👉 In
questo senso, la “sinagoga di Satana” non indica tutti gli ebrei, ma un
gruppo locale che, dal punto di vista cristiano, agiva come strumento del male (Satana) opponendosi
alla Chiesa di Cristo.
🔹 b) Interpretazione teologica
L’autore usa “Satana” non come nome proprio ma
come simbolo dell’opposizione a Dio.
Dunque “sinagoga di Satana” significa:
“assemblea che, pur pretendendo di appartenere
a Dio, agisce in realtà contro la sua volontà”.
Non è quindi una condanna etnica o religiosa,
ma spirituale: Giovanni considera
“non veri Giudei” coloro che non riconoscono il Messia promesso.
Come dice Paolo in Romani 2,28-29:
“Non è vero Giudeo chi lo è solo esteriormente
[...] ma chi lo è interiormente, nel cuore”.
Il linguaggio apocalittico, acceso e simbolico,
riflette una polemica intra-giudaica
sul significato dell’elezione e dell’autenticità della fede.
🔹 c) Interpretazione ecclesiologica
Secondo molti esegeti moderni (tra cui Ugo
Vanni e Gianfranco Ravasi), il passo esprime la consolazione rivolta ai cristiani perseguitati:
·
Dio farà giustizia, riconoscendo davanti a
tutti il suo amore per i fedeli;
·
“si prostreranno ai tuoi piedi” è un simbolo di
riconoscimento e conversione, non di
umiliazione violenta;
·
il linguaggio è profetico, riprende Isaia 60,14:
“Si prostreranno ai tuoi piedi i figli di
quelli che ti umiliarono”.
L’autore riutilizza questa immagine per dire che la Chiesa perseguitata sarà infine riconosciuta.
⚖️ 3.
Interpretazione contemporanea e rapporto con l’ebraismo
La ricerca biblica odierna è attenta a
distinguere:
·
la polemica
interna tra due gruppi (cristiani e giudei del I secolo);
·
dall’uso antisemita
che, purtroppo, in epoche successive è stato fatto di questi versetti.
Gli studiosi cattolici e protestanti (tra cui,
in ambito italiano, Gianfranco Ravasi, Romano Penna e Silvio Barbaglia)
sottolineano che:
·
l’autore non parla “contro il popolo ebraico”;
·
ma contro un
gruppo concreto che in quel contesto storico aveva ostacolato i cristiani;
·
e che il linguaggio apocalittico amplifica il
contrasto con simboli cosmici
(Satana, giudizio, trono di Dio).
🪔 In sintesi
Aspetto |
Interpretazione prevalente |
Contesto storico |
Conflitto locale tra cristiani e gruppi
ebraici di Filadelfia e Smirne (fine I sec.) |
Significato di “sinagoga di
Satana” |
Assemblea che si oppone a Dio pur credendo di
servirlo |
Chi sono “quelli che dicono
di essere Giudei e non lo sono” |
Ebrei che rifiutano o perseguitano i
cristiani; non “falsi ebrei” in senso etnico, ma in senso teologico |
Messaggio centrale |
Dio riconoscerà i fedeli perseguitati e farà
prevalere la verità dell’amore di Cristo |
Lettura moderna |
Testo di consolazione e speranza, non di
odio: deve essere letto nel suo contesto storico, non come condanna
dell’ebraismo |
Revisione mediante l’altra A.I.
Gemini:
✍️ Revisione Critica e Proposte di
Correzione/Integrazione del Brano
Il brano fornisce un'analisi esegetica solida, ben strutturata e teologicamente
equilibrata del controverso versetto di Apocalisse 3,9. La forza del
testo sta nel presentare in modo chiaro le diverse, ma complementari,
interpretazioni (storica, teologica, ecclesiologica) e nel contestualizzare il
passo per neutralizzarne l'uso antisemita
.
Le correzioni e le integrazioni proposte mirano
a rendere l'analisi ancora più precisa sul piano storico e teologico-linguistico,
rafforzando in particolare il concetto di polemica intra-giudaica e l'uso del termine
"Giudei."
Punti di Forza (Ottima Riuscita)
·
Contestualizzazione Storica: Ottima
la menzione del conflitto
locale, della separazione tra Chiesa e Sinagoga (circa 85 d.C.) e
della perdita della protezione legale per i cristiani.
·
Equilibrio Interpretativo: La
presentazione delle tre interpretazioni (storica "letterale,"
teologica, ecclesiologica) è chiara e corretta, citando autorevoli biblisti.
·
Lettura Contemporanea:
L'attenzione a distinguere la polemica del I secolo dall'uso antisemita è
fondamentale e ben espressa.
·
Linguaggio: Il testo è didattico, ben organizzato con
l'uso di elenchi e una sintesi finale.
Correzioni e Integrazioni Proposte
1. Precisione Terminologica sulla Separazione (Paragrafo 1. Contesto
Storico)
·
Correzione/Integrazione: Nella
descrizione del contesto, si può rafforzare il concetto che il giudaismo rabbinico
(la forma che emerse dopo il 70 d.C.) stava definendo la propria identità.
Proposta di modifica del punto 3 in § 1:
"i cristiani erano considerati una setta
interna al giudaismo; tuttavia, con l'emergere del giudaismo rabbinico post-70
d.C., molti ebrei (in particolare i leader delle sinagoghe locali) non li
riconoscevano più come parte legittima."
2. Rafforzamento del Significato di "Giudei" (Paragrafo 2. Chi
sono...)
·
Integrazione: L'espressione "dicono di essere Giudei e
non lo sono" va analizzata con più enfasi sulla pretesa cristiana di
essere il vero Israele.
Proposta di integrazione in § 2 prima di 🔹 a):
"L'espressione è un esempio di
"re-definizione identitaria" (o "teologia del vero
Israele"). L'autore cristiano (Giovanni) accusa i suoi oppositori non di
essere etnicamente falsi, ma di aver abbandonato il vero significato dell'essere
'Giudei' (ovvero l'attesa del Messia), un titolo che ora i cristiani
rivendicano per sé in virtù della fede in Cristo."
3. Precisione sulla Birkat Ha-Minim
(Paragrafo 2, punto a)
·
Correzione/Integrazione:
L'attribuzione della separazione formale unicamente alla birkat ha-minim (la "Benedizione contro gli
eretici") è talvolta considerata una semplificazione eccessiva da parte di alcuni studiosi.
Sebbene sia un momento chiave, la separazione fu un processo.
Proposta di modifica in § 2, punto a, secondo
punto elenco:
"in particolare, dopo l'introduzione della
cosiddetta birkat ha-minim (un'invocazione contro gli eretici, che potrebbe
aver accelerato la separazione tra sinagoga e Chiesa, verso l'85-90 d.C. e
oltre), i cristiani persero la protezione giuridica..."
4. Chiarimento sul Linguaggio Profetico (Paragrafo 2, punto c)
·
Integrazione: È utile citare il contesto completo di Isaia
60, che parla della glorificazione di Sion (Gerusalemme) e del pellegrinaggio
delle nazioni. Questo rafforza il senso di esaltazione della Chiesa e il linguaggio di restituzione divina.
Proposta di integrazione in § 2, punto c:
"il linguaggio è profetico, riprende Isaia
60,14: 'Si prostreranno ai tuoi piedi i figli di quelli che ti umiliarono.'
Questa ripresa, che nel contesto di Isaia 60 si riferiva alla glorificazione di
Sion e al riconoscimento da parte delle nazioni, viene qui riutilizzata
(ricontestualizzata) per dire che la Chiesa perseguitata sarà infine
riconosciuta come il vero popolo di Dio."
🌟 Sintesi delle Correzioni
Il brano è eccellente nel suo scopo divulgativo e accademico. Le
integrazioni proposte mirano solo a rafforzare la terminologia e la contestualizzazione,
sottolineando la complessità della polemica intra-giudaica che sta alla base del testo
apocalittico.
Aspetto |
Correzione/Integrazione |
Motivazione |
Contesto storico |
Includere menzione del Giudaismo Rabbinico post-70 d.C. |
Specificare che la Sinagoga che si oppone è
quella che sta definendo la propria ortodossia. |
"Giudei e non lo sono" |
Aggiungere enfasi sulla "Teologia del Vero Israele" (identità
rivendicata dai cristiani). |
Spiega il motivo teologico per cui l'autore
nega il titolo. |
Birkat ha-minim |
Qualificare il ruolo come "acceleratore della
separazione" (non unica causa). |
Riconoscere la complessità storica del
processo di rottura. |
Ap 3,9 - Isaia 60,14 |
Menzionare il contesto di Isaia 60 (glorificazione di Sion). |
Rafforza la natura profetica e ri-applicativa della citazione. |
testo revisionato e integrato che
include tutte queste modifiche, mantenendo la struttura originale del brano?
Assolutamente. Ecco il testo revisionato, che
incorpora le correzioni e le integrazioni suggerite per migliorare la
precisione storica e teologica, mantenendo l'eccellente struttura originale.
📝 Revisione Critica: "La Sinagoga di Satana" (Ap 3,9)
Il versetto che citi (Ap 3,9) — “Ebbene, ti
faccio dono di alcuni della sinagoga di Satana, che dicono di essere Giudei e
non lo sono...” — è rivolto alla comunità cristiana di Filadelfia, una delle sette Chiese dell’Asia Minore a
cui è indirizzato il libro dell’Apocalisse.
Vediamo cosa hanno individuato i biblisti e
come interpretano oggi questa espressione.
📖 1. Contesto Storico e Identità
Il libro dell’Apocalisse viene scritto alla
fine del I secolo (intorno al 95 d.C.), durante o poco dopo la persecuzione di
Domiziano.
A quell’epoca:
·
Le comunità cristiane erano ancora in parte in
continuità o in tensione
con le comunità ebraiche locali.
·
In città come Smirne e Filadelfia, esistevano
sinagoghe giudaiche attive.
·
I cristiani erano considerati una setta interna
al giudaismo; tuttavia, con l'emergere del giudaismo rabbinico post-70 d.C. (dopo la distruzione
del Tempio), molti leader delle sinagoghe locali non li riconoscevano più come
parte legittima.
·
Il testo riflette dunque un conflitto locale e
intra-giudaico tra cristiani (che si definivano "il vero
Israele") e gruppi ebraici delle stesse città.
🕎 2. Chi sono “Quelli della Sinagoga di Satana”
L’espressione compare due volte (Ap 2,9 e Ap
3,9) e si riferisce a persone che “dicono di essere Giudei e non lo sono”.
Questa frase non nega l'identità etnica o
religiosa dei Giudei, ma è un esempio di teologia del "Vero Israele" da parte
cristiana. L'autore accusa gli oppositori di aver abbandonato il vero
significato dell'essere Giudei (ovvero l'attesa e il riconoscimento del
Messia), un titolo che i cristiani rivendicano per sé in virtù della fede in
Cristo.
Le interpretazioni principali sono tre, spesso
considerate complementari.
🔹 a) Interpretazione Storica “Letterale”
Molti biblisti contemporanei (tra cui R.
Bauckham, C. Koester, J. Roloff) ritengono che:
·
L’autore si riferisca a gruppi di ebrei locali
che ostacolavano o denunciavano i
cristiani presso le autorità romane.
·
Dopo l'introduzione della cosiddetta birkat ha-minim (un'invocazione contro gli eretici che potrebbe aver accelerato la
separazione tra sinagoga e Chiesa, verso l'85-90 d.C. e oltre), i
cristiani persero la protezione giuridica concessa agli ebrei dal diritto
romano, rendendoli vulnerabili alla persecuzione.
·
La “sinagoga di Satana” non indica tutti gli ebrei, ma un gruppo concreto e locale
che, dal punto di vista cristiano, agiva come strumento del male (Satana)
opponendosi alla Chiesa di Cristo.
🔹 b) Interpretazione Teologica
L’autore usa “Satana” non come nome proprio ma come simbolo dell’opposizione a Dio.
·
Quindi “sinagoga di Satana” significa:
“assemblea che, pur pretendendo di appartenere a Dio, agisce in realtà contro la sua volontà”.
·
Non è una condanna etnica, ma spirituale: Giovanni
considera “non veri Giudei” coloro che rifiutano il Messia promesso, in linea
con l'interpretazione paolina (cfr. Romani 2,28-29: “Non è vero Giudeo chi lo è
solo esteriormente [...] ma chi lo è interiormente, nel cuore”).
🔹 c) Interpretazione Ecclesiologica
Secondo molti esegeti (tra cui Ugo Vanni e
Gianfranco Ravasi), il passo esprime la consolazione rivolta ai cristiani perseguitati:
·
Dio farà giustizia,
riconoscendo davanti a tutti il suo amore per i fedeli.
·
“Si prostreranno ai tuoi piedi” è un simbolo di
riconoscimento e conversione,
non di umiliazione violenta.
·
Il linguaggio è profetico e riprende Isaia
60,14: “Si prostreranno ai tuoi piedi i figli di quelli che ti umiliarono.”
Questa immagine, che in Isaia si riferiva alla glorificazione di Sion (Gerusalemme), viene qui ri-contestualizzata
per dire che la Chiesa perseguitata sarà infine riconosciuta come il vero
popolo di Dio.
⚖️ 3. Interpretazione Contemporanea e
Anti-Semitismo
La ricerca biblica odierna è unanime
nell'essere attenta a distinguere tra:
·
La polemica interna tra due gruppi in conflitto nel I
secolo.
·
L’uso antisemita che, purtroppo, è stato fatto di questi
versetti in epoche successive.
Gli studiosi sottolineano che l’autore non
parla “contro il popolo ebraico” in generale, ma contro un gruppo concreto e ostile in un contesto storico
specifico. Il linguaggio apocalittico, fatto di simboli accesi (Satana,
Giudizio), amplifica il contrasto locale.
In
sintesi
Aspetto |
Interpretazione Prevalente |
Contesto storico |
Conflitto locale intra-giudaico tra cristiani e gruppi ebraici che si
opponevano al Messia di Cristo (fine I sec.). |
Significato di “sinagoga di
Satana” |
Assemblea che si oppone a Dio pur credendo di
servirlo; strumento di ostilità contro la Chiesa. |
Chi sono “quelli che dicono di
essere Giudei e non lo sono” |
Ebrei che rifiutano o perseguitano i
cristiani; falsi in senso teologico
(non etnico), per la loro non-accoglienza del Messia. |
Messaggio centrale |
Dio riconoscerà i fedeli perseguitati e farà
prevalere la verità della loro fede. |
Lettura moderna |
Testo di consolazione e speranza, non di condanna dell'ebraismo.
Va letto nel suo preciso contesto storico. |
************************
Nell’esortazione apostolica si legge che il
brano biblico era rivolto «a una comunità cristiana che, a
differenza di altre, non aveva alcuna rilevanza o risorsa ed era esposta alla violenza e al disprezzo»,
promettendole «li [ alcuni della sinagoga
di Satana, che dicono di essere Giudei] farò venire perché si prostrino
ai tuoi piedi» e che «Questo testo richiama le parole del cantico
di Maria: «Ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili. Ha
ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote» (Lc 1,52-53)».
Il documento prosegue con
La dichiarazione d’amore dell’Apocalisse rimanda al mistero
inesauribile che Papa Francesco ha approfondito nell’Enciclica Dilexit
nos sull’amore divino e umano del Cuore di Cristo. In essa abbiamo
ammirato il modo in cui Gesù si identifica «con i più piccoli della società» e
come, col suo amore donato sino alla fine, mostra la dignità di ogni essere
umano, soprattutto quando «più è debole, misero e sofferente». Contemplare l’amore di Cristo «ci aiuta
a prestare maggiore attenzione alle sofferenze e ai bisogni degli altri, ci
rende forti per partecipare alla sua opera di liberazione, come strumenti per
la diffusione del suo amore»
e con
Per
questa ragione, in continuità con l’Enciclica Dilexit nos, Papa
Francesco stava preparando, negli ultimi mesi della sua vita, un’Esortazione
apostolica sulla cura della Chiesa per i poveri e con i poveri,
intitolata Dilexi te, immaginando che Cristo si rivolga ad ognuno
di loro dicendo: Hai poca forza, poco potere, ma «io ti ho amato» (Ap 3,9).
Avendo ricevuto come in eredità questo progetto, sono felice di farlo mio –
aggiungendo alcune riflessioni – e di proporlo ancora all’inizio del mio
pontificato, condividendo il desiderio dell’amato Predecessore che tutti i
cristiani possano percepire il forte nesso che esiste tra l’amore di Cristo e
la sua chiamata a farci vicini ai poveri. Anch’io infatti ritengo necessario
insistere su questo cammino di santificazione, perché nel «richiamo a
riconoscerlo nei poveri e nei sofferenti si rivela il cuore stesso di Cristo, i
suoi sentimenti e le sue scelte più profonde, alle quali ogni santo cerca di
conformarsi».
Dunque ci era ritrovati con una bozza di
un’esortazione apostolica che doveva collegarsi all’enciclica Ci ha amati –
Dilexit nos dell’ottobre 2024, del precedente Papa, e si è voluto
completare il lavoro pubblicandolo sotto l’autorità del nuovo Papa.
Dilexit
nos appariva il frutto
del lavoro redazionale di un’equipe, in un tempo in cui il Papa aveva gravi
problemi di salute. Non vi si riconoscono il suo stile e il suo caratteristico
lessico (se non nella parola fogliame riferito a una condizione
spirituale che si trova al par.6: «Questa verità di ogni persona è spesso
nascosta sotto una gran quantità di “fogliame” che la ricopre, e questo fa sì
che difficilmente si arrivi alla certezza di conoscere sé stessi e ancor più di
conoscere un’altra persona». E’ un’enciclica per esortare alla ripresa
della spiritualità del Sacro Cuore come via per cambiare il proprio
cuore verso il Cuore di Cristo
Dall’enciclica Ci ha
amati – Dilexit nos
«Ci ha amati», dice San Paolo riferendosi a Cristo (Rm 8,37),
per farci scoprire che da questo amore nulla «potrà mai separarci» (Rm 8,39).
Paolo lo affermava con certezza perché Cristo stesso aveva assicurato ai suoi
discepoli: «Io ho amato voi» (Gv 15,9.12). Ci ha anche detto: «Vi
ho chiamato amici» (Gv 15,15). Il suo cuore aperto ci precede e ci
aspetta senza condizioni, senza pretendere alcun requisito previo per poterci
amare e per offrirci la sua amicizia: Egli ci ha amati per primo (cfr 1
Gv 4,10). Grazie a Gesù «abbiamo conosciuto e creduto l’amore che Dio
ha in noi» (1 Gv 4,16).
Per esprimere l’amore di
Gesù si usa spesso il simbolo del cuore.
Alcuni si domandano se esso abbia un significato tuttora
valido. Ma quando siamo tentati di navigare in superficie, di vivere di corsa
senza sapere alla fine perché, di diventare consumisti insaziabili e schiavi
degli ingranaggi di un mercato a cui non interessa il senso della nostra
esistenza, abbiamo bisogno di recuperare l’importanza del cuore.
Davanti al Cuore di
Gesù vivo e presente, la nostra mente, illuminata dallo Spirito, comprende le
parole di Gesù. Così la nostra volontà si mette in moto per praticarle. Ma ciò
potrebbe rimanere una forma di moralismo autosufficiente. Sentire e gustare il
Signore e onorarlo è cosa del cuore. Solo il cuore è capace di mettere le altre
facoltà e passioni e tutta la nostra persona in atteggiamento di riverenza e di
obbedienza amorosa al Signore.
Tutto questo, a uno
sguardo superficiale, può sembrare mero romanticismo religioso. Tuttavia, è la
cosa più seria e più decisiva. Trova la sua massima espressione in Cristo
inchiodato ad una croce. È la parola d’amore più eloquente. Non è un guscio
vuoto, non è puro sentimento, non è un’evasione spirituale. È amore. Ecco
perché San Paolo, quando cercava le parole giuste per spiegare il suo rapporto
con Cristo, disse: «Mi ha amato e ha consegnato se stesso per me» (Gal2,20).
San Giovanni Paolo
II ha spiegato che, offrendoci insieme al Cuore di Cristo, «sulle rovine
accumulate dall’odio e dalla violenza, potrà essere costruita la civiltà
dell’amore tanto desiderato, il regno del cuore di Cristo»; questo implica
certamente che siamo in grado di «unire all’amore filiale verso Dio l’amore del
prossimo»; ebbene, «questa è la vera riparazione chiesta dal Cuore del
Salvatore». Insieme a Cristo, sulle rovine che noi lasciamo in
questo mondo con il nostro peccato, siamo chiamati a costruire una nuova
civiltà dell’amore. Questo vuol dire riparare come il Cuore di Cristo si
aspetta da noi. In mezzo al disastro lasciato dal male, il Cuore di Cristo ha
voluto avere bisogno della nostra collaborazione per ricostruire il bene e la
bellezza.
Probabilmente
secondo le intenzioni del Papa della Dilexit nos, si è voluto
completare il discorso di quell’enciclica con un documento sul «forte nesso che
esiste tra l’amore di Cristo e la sua chiamata a farci vicini ai poveri»
2. La Dilexi te è parte della dottrina sociale,
nel solco che inizia con l’enciclica Delle novità – Rerum novarum del
1891? Difficile rispondere. Della Dilexit nos sviluppa la parte dottrinale sul tema Gesù
povero predilige i poveri, ma è scarsa di indicazioni operative.
Si riconoscono le tematiche care al Papa
precedente nei riferimenti, nella seconda parte, al lavoro della CELAM
-Consiglio episcopale latinoamericano, ma non certamente il suo stile e il suo
lessico. L’equipe redazionale della Dilexi te appare diversa da quella
della Dilexit nos. Non sono in grado di riconoscere stile e lessico del
nuovo Papa perché non ho sufficienti elementi di confronto.
Mi
appare scarso il contributo di specialisti in scienze sociali e più marcato
quello dei teologi.
Una parte considerevole dell’esortazione
apostolica è dedicata a fare memoria delle iniziative sociali promosse dagli
ordini religiosi, ma non si fa menzione alcune di quelle, molto significative.
sorte dal basso tra le persone laiche, in particolare nell’esperienza storica
delle confraternite, assai viva ancor oggi nel mondo del volontariato.
Con l’aiuto di ChatGPT faccio memoria di questi
movimenti.
**********************************
Il ruolo storico delle Confraternite nell’assistenza ai bisognosi, a partire dal Medioevo, è stato di primaria
importanza nella costruzione del sistema di solidarietà sociale in Europa, in
particolare in Italia. Ti riassumo i punti essenziali, con qualche
approfondimento utile se ti serve per un articolo o una ricerca:
🕰️ Origini e
contesto
Le confraternite nacquero tra XII e XIII secolo, nel pieno dell’età comunale, come associazioni laicali di fedeli unite da
scopi religiosi, morali e caritativi. Erano spesso riconosciute dalle autorità
ecclesiastiche ma autonome nella
gestione e composte da cittadini di ogni ceto, inclusi artigiani, mercanti
e notabili.
La loro nascita rispondeva a due esigenze:
1. Spirituale – vivere una fede attiva,
fatta di opere di misericordia corporale e spirituale;
2. Sociale – supplire all’assenza o
insufficienza delle strutture pubbliche in un’epoca priva di un sistema statale
di assistenza.
🤝 Funzioni
assistenziali principali
Le confraternite furono veri e propri pilastri della carità cristiana nel
mondo medievale e rinascimentale. Le loro attività includevano:
1. Assistenza ai
poveri e ai malati
o
Distribuzione
di cibo, vestiario e denaro;
o
Fondazione
e gestione di ospedali, ospizi e lazzaretti;
o
Cura
degli infermi, anche durante epidemie (peste, lebbra).
2. Assistenza ai
moribondi e sepoltura dei morti
o
Le
confraternite della “Buona Morte” accompagnavano i morenti con preghiere e
garantivano sepultura cristiana ai
poveri e ai giustiziati.
3. Redenzione dei
prigionieri e soccorso ai condannati
o
Alcune
confraternite, come la Compagnia della Misericordia di Firenze (fondata
nel 1244), si occupavano anche di accompagnare
i condannati a morte e sostenere le loro famiglie.
4. Doti per
orfane e vedove povere
o
Molte
confraternite raccoglievano fondi per dotare
le fanciulle povere al matrimonio o al convento.
5. Educazione e
formazione morale
o
Alcune
gestivano scuole, soprattutto per orfani e bambini poveri, e promuovevano la
diffusione della dottrina cristiana.
🏛️ Struttura e
organizzazione
·
Ogni
confraternita aveva una regola (statuto)
approvata dal vescovo o dal papa.
·
La
sede principale era l’oratorio o la chiesa confraternale, dove si
svolgevano le riunioni e le funzioni religiose.
·
Spesso
adottavano un abito o mantello
distintivo e un emblema, simbolo
di identità e fraternità.
·
Erano
governate da ufficiali eletti, come
il priore, il camerlengo (tesoriere) e il maestro dei novizi.
🌍 Impatto
storico e sociale
·
Le
confraternite costituirono la prima
forma di welfare comunitario, precedente di secoli allo Stato sociale
moderno.
·
Fecero
da ponte tra clero e popolo,
valorizzando la partecipazione laica alla vita religiosa.
·
Contribuirono
anche alla coesione civica, offrendo
un luogo d’incontro tra ceti diversi e promuovendo la solidarietà in una
società fortemente gerarchica.
·
Nel
Rinascimento e nell’età moderna molte confraternite divennero potenti istituzioni economiche, con
patrimoni fondiari e rendite, e furono anche promotrici di arte e architettura
(basti pensare agli oratori decorati da artisti come il Perugino o il
Caravaggio).
⚖️ Dalla Controriforma all’età
contemporanea
Dopo il Concilio di Trento (XVI sec.), le
confraternite furono poste sotto
maggiore controllo ecclesiastico, ma continuarono a svolgere un ruolo
essenziale nell’assistenza.
Con l’età moderna e soprattutto con l’Ottocento, le riforme statali e
laicizzanti (in particolare sotto Napoleone e poi con l’Unità d’Italia)
portarono:
·
alla
soppressione o trasformazione di
molte confraternite;
·
alla
nazionalizzazione dei loro beni
assistenziali;
·
ma
anche alla sopravvivenza di molte sotto forma di enti morali o associazioni di volontariato.
Oggi alcune confraternite (ad esempio le Misericordie
e le Arciconfraternite della Carità) continuano a operare nel campo sanitario, sociale e funerario, in
continuità con la loro tradizione medievale.
Perfetto, Mario 👍
ti preparo una sintesi cronologica
con le principali fasi storiche del
ruolo delle confraternite nell’assistenza ai bisognosi, dal Medioevo all’età
contemporanea.
📜 Sintesi
cronologica del ruolo delle confraternite nell’assistenza ai bisognosi
🕯️ XI – XII
secolo: Origini monastiche e laicali
·
Le
prime confraternite nascono nei contesti urbani
dell’Italia centro-settentrionale (Firenze, Siena, Perugia, Bologna).
·
Sono
spesso ispirate al movimento
penitenziale e al terz’ordine
francescano.
·
Si
dedicano alla preghiera, penitenza e
carità: distribuzione di pane e vesti ai poveri, cura dei pellegrini e
degli infermi.
·
Spesso
sono legate a ospedali e xenodochi
(ospizi per viandanti), eredi delle opere monastiche di accoglienza.
⚜️ XIII – XIV secolo: L’età d’oro
delle confraternite
·
Espansione
straordinaria: in ogni città e borgo sorgono confraternite con scopi specifici
(misericordia, carità, sepoltura, doti, redenzione dei prigionieri).
·
Nascono
le Grandi Confraternite della
Misericordia, come quella di Firenze (1244), ancora oggi attiva.
·
Le
confraternite diventano punti di
riferimento civici: organizzano processioni, feste religiose e raccolte per
i poveri.
·
Durante
le pestilenze (soprattutto quella
del 1348) si distinguono per l’assistenza ai malati e la sepoltura dei morti,
mentre molti membri muoiono nel compiere queste opere.
·
In
questo periodo la carità diventa una pratica
comunitaria, visibile e strutturata.
⛪ XV – XVI secolo: Rinascimento
e Controriforma
·
Le
confraternite raggiungono una notevole
ricchezza grazie a lasciti, donazioni e privilegi fiscali.
·
Edificano
oratori monumentali e ospedali,
arricchendoli di opere d’arte (es. l’Oratorio dei Disciplinati a Urbino, la
Misericordia a Firenze, l’Oratorio del Gonfalone a Roma).
·
Con
la Controriforma (dopo il Concilio
di Trento, 1545-1563), la Chiesa promuove le confraternite come strumenti di educazione religiosa del popolo, ma
impone anche controlli più stretti
da parte dei vescovi.
·
Si
rafforza la funzione morale e
catechetica: assistenza ai peccatori, ai convertiti, ai condannati a morte,
alle donne “pentite”.
·
Alcune
confraternite assumono una funzione
quasi parrocchiale, integrando l’azione pastorale.
⚖️ XVII – XVIII secolo:
Consolidamento e declino relativo
·
Continuano
a svolgere un ruolo importante nelle città e campagne, ma la loro vitalità spirituale diminuisce.
·
Alcune
si chiudono in attività formali e di prestigio, riservate ai ceti abbienti.
·
Restano
comunque fondamentali nella gestione di ospedali,
monti di pietà, orfanotrofi e doti per povere fanciulle.
·
In
età illuministica e poi napoleonica (fine XVIII-inizio XIX secolo), lo Stato
tende a laicizzare l’assistenza,
considerando le confraternite come enti ecclesiastici “improduttivi”.
·
Molte
vengono soppresse o espropriate.
🇮🇹 XIX secolo:
Riforme e trasformazioni
·
Dopo
la Restaurazione alcune confraternite vengono ricostituite, ma perdono progressivamente autonomia.
·
Con
l’Unità d’Italia (1861) e le leggi
di soppressione degli enti religiosi (1866-67), gran parte dei loro beni passa
allo Stato e viene destinata a opere pubbliche di beneficenza.
·
Tuttavia,
molte sopravvivono come enti morali
o associazioni di mutuo soccorso.
·
Si
afferma il modello di carità organizzata
laica, ma le confraternite continuano a essere attive a livello locale,
specie nei centri minori.
🕊️ XX – XXI
secolo: Continuità e rinnovamento
·
Dopo
il Concilio Vaticano II, molte confraternite ritrovano uno spirito comunitario,
aggiornando i propri statuti.
·
Le Misericordie toscane e altre
arciconfraternite (es. Roma, Napoli, Palermo) si trasformano in organizzazioni di volontariato nel
campo:
o
sanitario
(ambulanze, pronto soccorso, donazioni di sangue);
o
sociale
(assistenza agli anziani, distribuzione pasti);
o
funerario
e di protezione civile.
·
Mantengono
un forte radicamento popolare,
unendo tradizione religiosa e spirito civico.
·
Oggi
sono riconosciute dallo Stato italiano come organizzazioni di volontariato ai sensi del Codice del Terzo
Settore.
🧭 Sintesi del
significato storico
Le confraternite rappresentano:
·
il ponte tra religione e società civile;
·
la matrice storica del welfare comunitario
europeo;
·
un
modello di solidarietà capillare
fondato sulla fede e sulla reciprocità;
·
un
esempio di partecipazione laicale
alla missione della Chiesa, che ha plasmato profondamente la cultura civile
italiana.
*************************************
La mentalità del Papa precedente
è riconoscibile nell’ignorare completamente l’evoluzione democratica
dello stato sociale in Europa occidentale e in altre parti del mondo, che ha
portato l’assistenza ai bisognosi e l’innalzamento dei ceti subalterni ad
essere un obiettivo politico dei pubblici poteri. L’esperienza politica
dell’America Latina è stata in gran parte molto diversa, ma quella Europea è
molto significativa perché è uno dei grandi
modelli di riferimento del mondo, insieme a quelli statunitense, russo e
cinese. Si tratta di un sistema istituzionale che è stato potentemente
inculturato dai cristianesimi democratici, ma del quale il Papa precedente
diffidava profondamente. Nell’Esortazione apostolica si tace completamente
della democrazia come via al sostegno dei poveri, poveri di tutte le povertà.
Si preferisce menzionare l’esperienza dei movimenti popolari diretti da leader carismatici, in
genere sconosciuta in Europa e con rischi di degenerare nell’autoritarismo
un mancanza di procedure democratiche di
legittimazione delle rappresentanza politiche.
Si svaluta l’esperienza dell’economia
contemporanea come sistema nel complesso diabolico, sottovalutando la realtà
che nel sistema dell’economia globalizzata negli ultimi cinquant’anni,
nonostante gravi degenerazioni in particolare sotto il profilo del crescente
accentramento delle ricchezze in fasce sempre più limitate della popolazioni e
dei diritti sociali dei lavoratori, molti stati del mondo sono usciti dal
sottosviluppo, con notevole miglioramento del benessere della gente.
Il
contributo più importante dell’Esortazione apostolica mi pare quello, di natura
prevalentemente dottrinale, volto a contrastare alcuni argomenti della teologia
della prosperità che ha molto credito negli Stati Uniti d’America di oggi.
Con l’aiuto di ChatGPT sintetizzo gli
argomenti della teologia della prosperità
*******************************
Ecco una sintesi dei principali punti della teologia della prosperità (prosperity
theology, spesso detta “vangelo della prosperità” o “health and wealth gospel”)
— con i suoi argomenti e le critiche più frequenti, in particolare riguardo al
modo in cui “accusa” i poveri — che può servirti come base per un’analisi più
approfondita.
📘 Cos’è la
teologia della prosperità: principi fondamentali
La teologia della prosperità è un movimento
cristiano (soprattutto nell’evangelicalismo, nel pentecostalismo e nel
carismatico) che sostiene che Dio
desidera che i credenti godano non solo della salvezza spirituale, ma anche del
benessere materiale e fisico in questa vita.
Ecco i suoi elementi chiave:
Principio |
Cosa afferma / come lo
promuove |
Dio vuole prosperità
materiale e salute |
La benedizione di Dio si manifesta anche come
ricchezza, salute, successo finanziario. |
“Contratto” o “legge
spirituale” |
Vi è un’idea che la relazione con Dio
funzioni come un patto: se il credente agisce con fede, confessa
positivamente, dà liberamente (offerte, decime), allora Dio restituirà con
benedizioni materiali. |
Confessione positiva /
dichiarazioni di fede |
L’essere “in linea” con le promesse divine
significa parlare con fede affermando ciò che si desidera (es. “Io sono
benedetto”, “Io ho salute”) come se fosse già realizzato. |
Donazioni / decime come
semina (sowing seeds) |
Dare denaro alla chiesa, al ministero, fare
offerte generose è visto come “seminare”, che attiva la capacità divina di
restituire con moltiplicazione. |
Autorità del credente /
dominio sulla creazione |
Alcuni esponenti affermano che i credenti,
per il fatto di essere creati a immagine di Dio, hanno un certo “potere”
spirituale per esercitare dominio sulle circostanze materiali (economia,
salute) tramite fede e parole. |
Interpretazione selettiva
della Bibbia |
Versetti considerati favorevoli alla
prosperità (es. promesse di Dio, passi del Vecchio Testamento su benedizioni
materiali) vengono enfatizzati; altri passi sul sacrificio, la povertà, la
croce, spesso minimizzati o reinterpretati. |
⚖️ Argomenti contro / critiche e
conseguenze per i poveri
La teologia della prosperità è molto
controversa, anche all’interno del mondo cristiano, e ha ricevuto numerose
critiche su più livelli. Ecco i principali argomenti critici, soprattutto
rispetto all’impatto sui poveri:
Critica / argomento |
Descrizione / implicazioni |
Colpevolizzazione dei poveri |
Se la prosperità è vista come prova della
fede, chi è povero è considerato “mancante di fede”, “non connesso
spiritualmente” o “non degno” della benedizione divina. |
Semplificazione spirituale e
“formula magica” |
Riduce la fede a una formula (“confessione +
donazione = benedizione”), quasi meccanica, ignorando la complessità del
cammino cristiano, le prove, la sofferenza. |
Focalizzazione
sull’individuo, indebolimento della solidarietà |
Poiché l’enfasi è sul “ciascuno riceva da
Dio”, si può trascurare l’impegno per la giustizia sociale, le strutture che
generano povertà, il mutuo soccorso collettivo. |
Rischio di sfruttamento
finanziario |
Pastori / leader possono esercitare pressione
sui fedeli affinché diano generose offerte o decime, promettendo benedizioni
in cambio. In alcuni casi, si sono verificati scandali finanziari. |
Incoerenza con la vita e gli
insegnamenti di Gesù |
Gesù visse in povertà, denunciò il richiamo
ossessivo alle ricchezze, parlò dell’amore per i poveri. La teologia della
prosperità spesso ignora o neutralizza questi aspetti. |
Riduzione della croce, del
sacrificio e della sofferenza |
Minimizza l’importanza della sofferenza,
delle prove, del dono di sé; classifica la sofferenza come “mancanza di fede”
da superare con parole positive. |
Distorsione dell’immagine di
Dio |
Presenta un Dio “fornitore di beni materiali”
quasi subordinato al desiderio umano, anziché un Dio che chiama a
conversione, servizio, donazione, relazione. |
Un passaggio molto critico fa notare che la
teologia della prosperità “spinge i
poveri a un atteggiamento ‘miracolista’”, appoggiandosi all’idea che la
fede produrrà automaticamente il benessere, mentre l’impegno sociale o politico
nei confronti delle disuguaglianze viene trascurato o sminuito.
🔊 1. Esempi
concreti di predicatori e movimenti
📺 Predicatori
più noti negli USA
La teologia della prosperità si è diffusa
soprattutto a partire dagli anni ’50-’60 attraverso la tele-evangelizzazione, trovando grande seguito in ambienti
pentecostali e carismatici.
·
Oral Roberts (1918–2009)
Fu uno dei primi a proporre la formula “Seed-Faith” (“fede-seme”): chi
dona denaro a Dio o al ministero riceverà una ricompensa moltiplicata.
→ Ha reso popolare l’idea che “dare denaro a Dio è un investimento che
produce ritorni garantiti”.
·
Kenneth Hagin (1917–2003) e Kenneth Copeland (1936–)
Fondatori del movimento Word of Faith, secondo cui le parole pronunciate con fede hanno potere
creativo: dire “sono benedetto” o “sono ricco” attiva la benedizione
divina.
→ Copeland possiede oggi uno dei ministeri più ricchi degli Stati Uniti.
·
Joel Osteen (1963–), pastore della Lakewood Church di
Houston (oltre 40.000 fedeli a settimana).
Predica un messaggio motivazionale: Dio vuole che tu “pensi in grande”, “non ti
accontenti della mediocrità”, “credi in te stesso”.
→ Pur evitando il linguaggio esplicito della prosperità, ne condivide la logica
di fondo: la fede produce successo.
·
Creflo Dollar, T.D. Jakes, Benny Hinn
Altri telepredicatori che collegano la ricchezza materiale alla grazia divina e
invitano i fedeli a donare per “ricevere cento volte tanto”.
💰 2. Effetti
sociali e morali
Le ricerche sociologiche (es. Bowler, Blessed:
A History of the American Prosperity Gospel, Oxford 2013) mostrano che:
·
La
teologia della prosperità è più
attraente tra i poveri, le minoranze e le classi medio-basse, che vedono
nella fede una via d’uscita dalle difficoltà economiche.
·
Tuttavia,
essa sposta la responsabilità della
povertà sull’individuo, non sulle strutture sociali o sull’ingiustizia.
·
Il
risultato è una colpevolizzazione
religiosa della povertà:
“Se non prosperi, è perché non hai abbastanza
fede o non hai seminato abbastanza.”
·
In
questo modo, le disuguaglianze economiche appaiono spiritualizzate e giustificate come risultato della “volontà
divina” o del “livello di fede”.
Questo atteggiamento è stato criticato da
teologi cattolici e protestanti come una forma di “teodicea del privilegio”, che nega
la solidarietà e normalizza
l’ingiustizia.
✝️ 3. Il contrasto con la
dottrina sociale cristiana
Tema |
Teologia della prosperità |
Dottrina sociale della
Chiesa |
Povertà |
Segno di mancanza di fede o maledizione |
Possibile luogo della grazia; chi è povero è
beato (Mt 5,3) |
Ricchezza |
Segno della benedizione divina |
Rischio spirituale; deve essere condivisa (Lc
12,15-21) |
Giustizia sociale |
Non centrale: Dio agisce individualmente |
Centrale: Dio opera nella storia anche
attraverso strutture giuste |
Salvezza |
Evidenziata dal successo terreno |
Orientata al Regno di Dio, trascendente e
solidale |
Fede |
Strumento per ottenere prosperità |
Relazione di fiducia e servizio, anche nella
sofferenza |
Immagine di Dio |
Dio come garante del successo personale |
Dio come Padre di tutti, vicino ai poveri e
agli oppressi |
La dottrina sociale cattolica (da Leone XIII a
Francesco) insiste sull’opposto:
·
la dignità del lavoro come partecipazione
al disegno divino;
·
la solidarietà come principio morale e
politico;
·
il bene comune come scopo delle
istituzioni;
·
e
il dovere di preferenza per i poveri,
espresso chiaramente da Giovanni Paolo II e Francesco.
🕊️ 4. Il
giudizio di Papa Francesco
Papa Francesco ha più volte criticato
apertamente la teologia della prosperità, definendola:
“una forma di gnosticismo moderno e di pelagianesimo
mascherato” (cfr. Evangelii gaudium, n. 94–97),
poiché:
·
riduce
la grazia a una tecnica di successo personale,
·
disprezza
la fragilità e la povertà,
·
e
trasforma la fede in un contratto utilitaristico.
In un’omelia del 2018, il Papa affermò:
“Questa non è la via di Gesù. Il Signore è
povero, la via dei cristiani è la via della povertà, del servizio e
dell’umiltà.”
📚 5.
Conclusione sintetica
La teologia
della prosperità propone una visione individualista,
utilitaristica e mondana della fede, secondo cui la benedizione divina si
misura in successo, salute e denaro.
La dottrina cristiana tradizionale,
al contrario, vede nella povertà, nella solidarietà e nella condivisione luoghi privilegiati della presenza di Dio.
Il contrasto è netto:
una religione del “Dio che serve me” contro la
fede nel “Dio che io servo”.
Perfetto, Mario.
Ecco un paragrafo conclusivo di sintesi
argomentativa, che potresti usare — con piccoli adattamenti — come chiusura
di un articolo o di un saggio breve.
🔻 Sintesi conclusiva: il significato culturale e
teologico della “teologia della prosperità”
La teologia
della prosperità rappresenta una delle espressioni più significative della simbiosi tra religione e capitalismo
nel mondo contemporaneo. Nata negli Stati Uniti nel contesto della cultura del
successo e dell’individualismo economico, essa traduce in linguaggio religioso
l’ideologia del mercato: chi crede, lavora e investe — anche “spiritualmente” —
riceverà un rendimento proporzionale.
In questo modo, la fede viene trasformata in un meccanismo di autolegittimazione del privilegio: i ricchi sono
benedetti perché meritevoli, i poveri sono colpevoli perché “mancano di fede”.
Il Vangelo viene così piegato a giustificare le disuguaglianze, presentandole
come il risultato di una legge divina, e non di strutture ingiuste o scelte
collettive.
Dal punto di vista teologico, questa corrente svuota il messaggio evangelico del suo
nucleo salvifico e solidale. Il Dio della prosperità è un garante di
successo, non il Dio crocifisso che si identifica con gli ultimi; è un Dio
condizionato dal merito, non un Padre che ama gratuitamente.
Si passa così da una spiritualità del dono a una spiritualità del rendimento,
da una comunità di fratelli a una somma di individui che “investono” nella
propria fede per ottenere vantaggi personali.
La dottrina
sociale cristiana, al contrario, ricorda che la grazia non è un premio ma
un dono, e che la salvezza passa per la comunione,
la condivisione e la cura dei più deboli. In questa prospettiva, la
prosperità vera non coincide con la ricchezza, ma con la giustizia e la
fraternità.
L’antitesi tra la teologia della prosperità e il Vangelo non è solo dottrinale,
ma antropologica: riguarda due concezioni opposte dell’uomo — l’una come
individuo competitivo, l’altra come persona relazionale e solidale.
Per questo, il successo della teologia della
prosperità non va letto solo come un fenomeno religioso, ma come un sintomo spirituale della cultura
neoliberale, che tende a sacralizzare il successo e a interpretare la
povertà come fallimento morale.
Contestarla, dunque, non significa solo difendere l’ortodossia cristiana, ma riaffermare una visione umana della fede,
capace di restituire dignità a chi non ha nulla e di ricordare che, nel
linguaggio di Gesù, la vera benedizione è dei poveri, non dei vincenti.
***********************
Mario
Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli