Azione Cattolica – F.A.Q. (domande più
frequenti)
(le risposte
alle F.A.Q. che seguono sono frutto di una elaborazione fatta da Mario Ardigò,
sulla base di quello che pensa di aver capito dell’Azione Cattolica. Non
esprimono necessariamente il pensiero dei vertici associativi, né rappresentano
un’interpretazione autentica dell’ideologia associativa – I lettori sono quindi
invitati a verificarne personalmente la
correttezza e fedeltà e a far pervenire eventuali rettifiche o integrazioni
all’indirizzo ardigo.mario@virgilio.it di
esse si darà atto nel blog http://www.acvivearomavalli.blogspot.com/ )
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L’Azione Cattolica
Italiana è un’associazione di laici nella Chiesa cattolica che si impegnano
liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società
civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica,
popolare e democratica. (dallo Statuto)
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Potrete trovare ulteriori notizie sull’’Azione
Cattolica sul blog
http://www.acvivearomavalli.blogspot.com/
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L’8 dicembre, solennità dell’Immacolata
Concezione della Beata Vergine Maria, dopo la messa delle nove, distribuiremo
le nuove tessere di AC per il prossimo anno associativo .
La campagna di adesione proseguirà: sarà possibile
ritirare la nuova tessera di AC anche dopo le messe delle nove delle altre domeniche.
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Un saluto a tutte le aderenti e gli aderenti al nostro
gruppo parrocchiale di Azione Cattolica e un abbraccio a chi sta soffrendo per
problemi di salute suoi o dei suoi cari. So per esperienze personali quanto può
diventare difficile la vita di chi assiste i malati gravi. E di quanto può
esserlo la vita dei malati che sono consapevoli dell’angoscia che la loro
condizione genera nei loro cari. Invoco il sostegno dello Spirito Santo per
aiutare chi è nella prova a resistere conservando la fede. Non sempre è in
nostro potere salvare le persone alle quali vogliamo bene, ma lo è il consolare
i sofferenti: un miracolo, perché si dà molto di più di ciò che si ha, e penso
che quel di più venga dal Cielo.
Dunque, chi
soffre ci senta sempre vicini.
Mario nel novembre 2025
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Che cos’è l’Azione Cattolica?
Nell’edizione di quest’anno delle FAQ
sulla nostra associazione vorrei
essere utile anche al giovane sacerdote che ci seguirà, don Martial
Direh, che viene a noi dall’Africa, dalla Repubblica Centrafricana, nella
regione tra il lago Ciad e i fiumi Congo e Nilo, abitata da una popolazione di
antichissima civiltà che parla la lingua sango e quella francese, retaggio di
una colonizzazione conclusasi nel 1960. Anche l’Italia, nella sua travagliata
storia, ha subito l’influenza francese, in particolare, da fine Settecento, nella
politica e nella costruzione delle istituzioni pubbliche. Tuttavia la nostra
storia, e anche quella religiosa, rimane molto distante da quella centroafricana.
L’esperienza dell’Azione Cattolica in Italia
è stata particolare, unica nel mondo, fortemente condizionata dalla prossimità
del Papato romano. Ha avuto un rilievo
anche politico eccezionale dopo la caduta del regime fascista mussoliniano, tra
il luglio del 1943 e l’aprile 1945.
Possiamo
cominciare dicendo che l’Azione Cattolica è fatta per persone di ogni età, fin
dai piccolissimi (3-5 anni). Sono
state elaborate proposte di impegno per tutti. Il centro nazionale e quelli
diocesani supportano il lavoro dei gruppi parrocchiali. La struttura
dell’Azione Cattolica è democratica e la sua azione si avvale del contributo di
tutti.
L’Azione Cattolica ha fatto dell’attuazione dei
principi del Concilio Vaticano 2°, svoltosi a Roma tra il 1962 e il 1965, il suo principale settore di
lavoro collettivo. Ora è anche fortemente coinvolta nei cammini sinodali
iniziati in tutto il mondo per impulso
di papa Francesco nell’ottobre 2021, quello che riguarda tutte le Chiese del
mondo e quello animato dalla Chiese in Italia, i quali che, dopo l’approvazione
del Documento finale della 16° Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei
vescovi sulla sinodalità ecclesiale, quanto al primo, nell’ottobre dello scorso
anno, e del Documento di sintesi della Terza assemblea sinodale delle Chiese in
Italia, quanto al secondo, il 25 ottobre di quest’anno, saranno tra i
principali impegni ecclesiali degli anni prossimi. Con quei cammini si vuole riprendere l’attuazione
della riforma ecclesiale decisa durante quel Concilio, per realizzare una Chiesa sinodale, vale a dire partecipata in condizioni di corresponsabilità da tutte
le persone battezzate.
Il nostro gruppo
parrocchiale di Azione Cattolica, nella parrocchia di San Clemente papa nel
quartiere Montesacro – Valli, nella zona Nord Est di Roma, si riunisce di
regola due sabati al mese, alle 17, della parrocchia ora dedicata a papa
Francesco, con possibilità di accogliere anche persone da remoto in videoconferenza Zoom, nel
caso di incontri su temi di interesse generale. Anima la messa domenicale delle nove.
Propongo di
seguito alcune risposte alle domande che più frequentemente vengono poste in
materia di Azione Cattolica.
Ulteriori
informazioni sulla struttura, finalità, metodo e progetti dell’Azione Cattolica
possono trovarsi sul sito dell’Azione Cattolica nazionale e diocesana
http://azionecattolica.it/
http://www.acroma.it/
L’impegno dei laici di fede in
Azione Cattolica è corale, dalla vita di tutti si impara e tutti possono
contribuire a renderlo più efficace e bello. Con le parole del motto di
un jamboree, il grande raduno annuale degli scout, di tanti anni
fa: “Di più saremo insieme, più gioia ci sarà”.
L’impegno in Azione Cattolica è vita sociale di fede nella libertà.
Chi decidesse di avvicinarci per aderire, non pensi di trovare le
cose già fatte, di salire su un treno in corsa e di sedersi da passeggero
facendosi trasportare. Di potersi limitare a seguire un qualche metodo per il
quale esista un manuale dettagliato di istruzioni. Si tratta, di anno in
anno, di costruire una nuova casa, di
ideare e attuare nuovi progetti di impegno. In particolare nel clima di
rinnovamento che si vive nella Chiesa italiana, si tratta sempre, in fondo, di
ripartire.
Del resto quella della rifondazione dovrebbe caratterizzare la
nostra esperienza religiosa, nella quale ci è anticipato che tutte le
cose saranno fatte nuove. Richiamando un’idea spesso riproposta da papa
Francesco: non viviamo in un museo, che ci si possa limitare a spolverare di
tanto in tanto. L’Azione Cattolica vive nel quartiere
Valli di Roma, come dice il titolo del blog: AC-VIVE-A-ROMA-VALLI!
1. L’Azione Cattolica è Chiesa cattolica?
L’Azione Cattolica è una delle
associazioni di persone laiche inserite nell’organizzazione della Chiesa
cattolica italiana. Il suo statuto è approvato dal Consiglio Episcopale Permanente della Conferenza Episcopale Italiana. Vi sono diverse altre associazioni
che hanno analoghe caratteristiche di particolare legame con l’organizzazione
della Chiesa cattolica italiana.
2. Chi è la persona laica?
Per persona
laica si intende la persona
battezzata che partecipa all’apostolato, vale a dire alla diffusione e
pratica del vangelo, libera da legami gerarchici relativi al ministero
esercitato nell’Ordine sacro o legati a condizioni di vita religiosa
consacrata.
Le persone
laiche agiscono nella società in autonomia, seguendo con sapienza in spirito di
fede l’autonomia delle cose terrene.
Molti
nostri contemporanei, però, sembrano temere che, se si fanno troppo stretti i
legami tra attività umana e religione, venga impedita l'autonomia degli uomini,
delle società, delle scienze.
Se per
autonomia delle realtà terrene si vuol dire che le cose create e le stesse
società hanno leggi e valori propri, che l'uomo gradatamente deve scoprire,
usare e ordinare, allora si tratta di una esigenza d'autonomia legittima: non
solamente essa è rivendicata dagli uomini del nostro tempo, ma è anche conforme
al volere del Creatore.
[dalla Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo
contemporaneo La gioia e la speranza, del Concilio Vaticano 2°, n.36
Ecco come si
parla delle persone laiche nella stessa Costituzione La gioia e la speranza, al n.43:
Ai laici spettano propriamente, anche se non
esclusivamente, gli impegni e le attività temporali. Quando essi, dunque,
agiscono quali cittadini del mondo, sia individualmente sia associati, non solo
rispetteranno le leggi proprie di ciascuna disciplina, ma si sforzeranno di
acquistare una vera perizia in quei campi. Daranno volentieri la loro
cooperazione a quanti mirano a identiche finalità. Nel rispetto delle esigenze
della fede e ripieni della sua forza, escogitino senza tregua nuove iniziative,
ove occorra, e ne assicurino la realizzazione.
Spetta alla loro coscienza, già
convenientemente formata, di inscrivere la legge divina nella vita della città
terrena. Dai sacerdoti i laici si aspettino luce e forza spirituale.
Non pensino però che i loro pastori siano
sempre esperti a tal punto che, ad ogni nuovo problema che sorge, anche a
quelli gravi, essi possano avere pronta una soluzione concreta, o che proprio a
questo li chiami la loro missione; assumano invece essi, piuttosto, la propria
responsabilità, alla luce della sapienza cristiana e facendo attenzione
rispettosa alla dottrina del Magistero.
Per lo più sarà la stessa visione cristiana
della realtà che li orienterà, in certe circostanze, a una determinata
soluzione. Tuttavia, altri fedeli altrettanto sinceramente potranno esprimere
un giudizio diverso sulla medesima questione, come succede abbastanza spesso e
legittimamente.
Ché se le soluzioni proposte da un lato o
dall'altro, anche oltre le intenzioni delle parti, vengono facilmente da molti
collegate con il messaggio evangelico, in tali casi ricordino essi che nessuno
ha il diritto di rivendicare esclusivamente in favore della propria opinione
l'autorità della Chiesa.
Invece cerchino sempre di illuminarsi
vicendevolmente attraverso un dialogo sincero, mantenendo sempre la mutua
carità e avendo cura in primo luogo del bene comune.
I laici, che hanno responsabilità attive
dentro tutta la vita della Chiesa, non solo son tenuti a procurare l'animazione
del mondo con lo spirito cristiano, ma sono chiamati anche ad essere testimoni
di Cristo in ogni circostanza e anche in mezzo alla comunità umana.
Così se ne
tratta nella Costituzione dogmatica sulla Chiesa Luce per le genti,
deliberata nel medesimo concilio, ai n.31 e 33:
31. Col nome di laici si intende qui l'insieme dei cristiani ad
esclusione dei membri dell'ordine sacro e dello stato religioso sancito nella
Chiesa, i fedeli cioè, che, dopo essere stati incorporati a Cristo col
battesimo e costituiti popolo di Dio e, nella loro misura, resi partecipi
dell'ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, per la loro parte
compiono, nella Chiesa e nel mondo, la missione propria di tutto il popolo
cristiano.
Il
carattere secolare è proprio e peculiare dei laici. Infatti, i membri
dell'ordine sacro, sebbene talora possano essere impegnati nelle cose del
secolo, anche esercitando una professione secolare, tuttavia per la loro
speciale vocazione sono destinati principalmente e propriamente al sacro
ministero, mentre i religiosi col loro stato testimoniano in modo splendido ed
esimio che il mondo non può essere trasfigurato e offerto a Dio senza lo
spirito delle beatitudini.
[…]
Per loro vocazione è proprio dei laici
cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio.
Vivono nel secolo, cioè implicati in tutti i diversi doveri e lavori del mondo
e nelle ordinarie condizioni della vita familiare e sociale, di cui la loro
esistenza è come intessuta. Ivi sono da Dio chiamati a contribuire, quasi
dall'interno a modo di fermento, alla santificazione del mondo esercitando il
proprio ufficio sotto la guida dello spirito evangelico, e in questo modo a
manifestare Cristo agli altri principalmente con la testimonianza della loro
stessa vita e col fulgore della loro fede, della loro speranza e carità. A loro
quindi particolarmente spetta di illuminare e ordinare tutte le cose temporali,
alle quali sono strettamente legati, in modo che siano fatte e crescano
costantemente secondo il Cristo e siano di lode al Creatore e Redentore.
32. La santa Chiesa è, per divina istituzione, organizzata e diretta
con mirabile varietà. «A quel modo, infatti, che in uno- stesso corpo abbiamo
molte membra, e le membra non hanno tutte le stessa funzione, così tutti
insieme formiamo un solo corpo in Cristo, e individualmente siano membri gli
uni degli altri » (Rm 12,4-5).
Non c'è
quindi che un popolo di Dio scelto da lui: « un solo Signore, una sola fede, un
solo battesimo » (Ef 4,5); comune è la dignità dei membri per la loro
rigenerazione in Cristo, comune la grazia di adozione filiale, comune la
vocazione alla perfezione; non c'è che una sola salvezza, una sola speranza e
una carità senza divisioni. Nessuna ineguaglianza quindi in Cristo e nella
Chiesa per riguardo alla stirpe o nazione, alla condizione sociale o al sesso,
poiché « non c'è né Giudeo né Gentile, non c'è né schiavo né libero, non c'è né
uomo né donna: tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28 gr.; cfr. Col
3,11).
3. Per essere un fedele cattolico laico è
indispensabile aderire all’Azione Cattolica?
No.
4. Se un fedele cattolico laico ha già aderito ad un
altro gruppo religioso laicale o ha il proposito di farlo, può associarsi
all’Azione Cattolica?
Sì. L’adesione
all’Azione Cattolica non è esclusiva.
Si può far parte di altri gruppi laicali.
5. L’Azione Cattolica è un gruppo di
spiritualità?
No. Ciò che caratterizza l’Azione Cattolica non è un
particolare tipo di spiritualità, anche se i gruppi locali e le altre
articolazioni associative esprimono anche una vita spirituale. Ciascun
associato manifesta poi la propria, liberamente scelta. Alla vita associativa
partecipano i Sacerdoti Assistenti per contribuire ad alimentare la vita
spirituale e il senso apostolico.
6. L’Azione Cattolica è un gruppo di preghiera?
No, anche se nelle riunioni associative vi sono
momenti di preghiera.
7.L’Azione Cattolica è un gruppo di approfondimento
biblico?
No, anche se associandosi ci si impegna ad
approfondire le tematiche bibliche.
8. L’Azione Cattolica è un gruppo di approfondimento
culturale?
No, anche se associandosi ci si impegna a conoscere e
capire di più del mondo in cui si vive.
9. L’Azione Cattolica è un gruppo per il catecumenato?
No. La conversione, il catechismo per il
Battesimo e il Battesimo sono dati per
presupposti. In ogni parrocchia dovrebbe essere costituita un’organizzazione
specifica per queste esigenze.
10. L’Azione Cattolica è un gruppo per il catechismo?
No, anche se associandosi ci si impegna ad
approfondire le verità di fede. In ogni parrocchia dovrebbe essere costituita
un’organizzazione che si occupa specificamente del catechismo, per i fedeli di
tutte le età.
11. L’Azione Cattolica è un gruppo di propaganda
religiosa?
No. Essa infatti vuole stabilire con i propri
interlocutori una relazione molto più profonda.
12. L’Azione Cattolica è un gruppo che lavora per il
proselitismo religioso o associativo?
L’Azione
Cattolica è certamente impegnata, in diretta collaborazione con il Papa e i
vescovi, a far conoscere il Vangelo, ad esporre le verità di fede, a far
comprendere gli ideali religiosi cristiani, a presentare correttamente il fine
e l’azione della Chiesa nel mondo e il significato della sua liturgia, a
raggiungere gli altri nel loro bisogno di religiosità, ad aiutare tutti a
migliorarsi secondo la fede professata
e, in particolare, a capire come fare per meglio favorire l’accettazione nel
mondo di quegli ideali. Ma il proselitismo religioso o associativo, l’obiettivo
di “far numero”, di “distribuire tessere”, non è tra le sue finalità dirette, anche se il
riavvicinamento alla vita della parrocchia e adesioni associative possono
effettivamente conseguire dalle sue attività.
13.L’impegno degli associati all’Azione Cattolica
parrocchiale è principalmente in parrocchia?
L’Azione
Cattolica ha come primo impegno la presenza e il servizio nella Chiesa locale,
quindi anche nella parrocchia. Tuttavia, in quanto associazione di laici, in
essa è fondamentale l’impegno nella società civile, luogo privilegiato
dell’azione laicale, per favorire l’affermazione dei valori religiosi.
14. Associandosi all’Azione Cattolica si è sottoposti
ad un giudizio sulla propria vita?
No.
15. L’adesione all’Azione Cattolica richiede un
cambiamento di vita?
No. L’associazione si ritiene arricchita dai doni che
le provengono dalle diverse condizioni ed esperienze di quanti partecipano alla
sua vita.
16. L’adesione all’Azione Cattolica comporta
particolari pratiche religiose?
No.
17. L’adesione all’Azione Cattolica comporta
particolari pratiche di vita, oltre
quelle raccomandate a tutti i fedeli laici?
No.
18. L’adesione all’Azione Cattolica richiede un
particolare livello culturale o scolastico?
No.
19. L’adesione all’Azione Cattolica si sviluppa per
gradi iniziatici, vale a dire da livelli inferiori a livelli superiori di
perfezione?
No. Si è membri a pieno titolo fin dal primo giorno e
fin quando si vuole.
20. Per chi è l’Azione Cattolica?
L’Azione
Cattolica è per tutti i fedeli laici cattolici e di tutti i fedeli laici cattolici.
21. L’Azione Cattolica risolve i problemi personali
degli associati?
Gli associati si impegnano anche a favorire la
comunione fra di loro, quindi anche all’aiuto reciproco, ma non è detto che
dall’associarsi in Azione Cattolica derivi
la soluzione dei propri problemi personali. Non
farei quindi molto affidamento su questo aspetto.
22. L’Azione Cattolica risolve, in particolare, i
problemi affettivi o di socialità?
Può accadere.
Ma non è scontato che accada. Non vi farei molto affidamento.
23. Le persone che, associandosi, si spendono per le
finalità dell’Azione Cattolica devono aspettarsi riconoscimenti o
corrispettivi, anche solo morali o affettivi?
No. Ci si associa perché si sente bisogno di agire in
gruppo in relazione a certi obiettivi che si pensa di non poter raggiungere
individualmente. Ma, come tutte le esperienze sociali umane, anche quella nei gruppi di Azione Cattolica finisce in genere
per deludere certe alte aspettative, almeno sotto il profilo umano. Solo
alla lunga e considerandola complessivamente, specialmente verso la fine di una
vita, se ne può essere in fondo soddisfatti, soprattutto se la si considera con sguardo soprannaturale,
andando contro le apparenze, in spirito evangelico.
24. Chi comanda in Azione Cattolica?
L’Azione
Cattolica è retta su basi democratiche e sinodali.
Ha detto di noi
papa Francesco, li 30 aprile 2021, ricevendo i membri del nostro Consiglio
nazionale:
La Chiesa del dialogo è una Chiesa sinodale,
che si pone insieme in ascolto dello Spirito e di quella voce di Dio che ci
raggiunge attraverso il grido dei poveri e della terra. In genere, anche i
peccatori sono i poveri della terra. In effetti, quello sinodale non è tanto un
piano da programmare e da realizzare, una decisione pastorale da prendere, ma
anzitutto uno stile da incarnare.
In questo senso la vostra Associazione
costituisce una “palestra” di sinodalità, e questa vostra attitudine è stata e
potrà continuare ad essere un’importante risorsa per la Chiesa italiana, che si
sta interrogando su come maturare questo stile in tutti i suoi livelli.
Dialogo, discussione, ricerche, ma con lo Spirito Santo.
Il vostro contributo più prezioso potrà
giungere, ancora una volta, dalla vostra laicità, che è un antidoto
all’autoreferenzialità. È curioso: quando non si vive la laicità vera nella
Chiesa, si cade nell’autoreferenzialità. Fare sinodo non è guardarsi allo
specchio, neppure guardare la diocesi o la Conferenza episcopale, no, non è
questo. È camminare insieme dietro al Signore e verso la gente, sotto la guida
dello Spirito Santo. Laicità è anche un antidoto all’astrattezza: un percorso
sinodale deve condurre a fare delle scelte. E queste scelte, per essere
praticabili, devono partire dalla realtà, non dalle tre o quattro idee che sono
alla moda o che sono uscite nella discussione. Non per lasciarla così com’è, la
realtà, no, evidentemente, ma per provare a incidere in essa, per farla
crescere nella linea dello Spirito Santo, per trasformarla secondo il progetto
del Regno di Dio.
Tuttavia i suoi
presidenti, a tutti i livelli (nazionale, diocesano, locale) sono nominati
dall’autorità ecclesiastica, su proposta dei rispettivi consigli. A livello
della parrocchia, l’Azione Cattolica
è presente con un’associazione
parrocchiale, che è un’articolazione di quella diocesana pur agendo con
autonomia. Gli organi dell’associazione parrocchiale di Azione Cattolica sono: l’assemblea parrocchiale (programma la
vita associativa e verifica l’attuazione del programma; elegge il consiglio
parrocchiale); il consiglio parrocchiale
(promuove lo sviluppo della vita associativa secondo le linee del programma
approvato dall’assemblea; assicura la presenza dell’associazione nelle
strutture di partecipazione ecclesiale; mantiene i rapporti di amichevole
collaborazione con le gli altri gruppi della parrocchia; propone al parroco la
nomina del presidente parrocchiale); il/la presidente
parrocchiale (nominato/a dal parroco, sentito il vescovo ausiliare
territorialmente competente - promuove e
coordina l’attività del consiglio parrocchiale; convoca e presiede l’assemblea
parrocchiale; insieme al consiglio tiene costanti rapporti con il parroco; si
fa garante degli amichevoli rapporti con l’associazione diocesana; rappresenta
l’associazione parrocchiale).
La dirigenza
dell’Azione Cattolica non ha carattere carismatico, non si identifica in questa
o quella figura esemplare, in una specifica guida.
25. Ma, insomma, quali sono le caratteristiche per le
quali l’Azione Cattolica si differenzia da altri gruppi laicali?
Non è né facile
né semplice rispondere a questa domanda. Bisogna considerare non solo gli
statuti associativi, ma anche la storia dell’Azione Cattolica italiana. E, per quanto riguarda gli statuti
associativi, bisogna saper intendere bene il sofisticato gergo teologico con cui sono stati scritti.
Nello statuto
nazionale (articoli 1 e 2) è scritto che l’Azione
Cattolica è fatta di laici che si impegnano liberamente, per impregnare
dello spirito evangelico le varie comunità e i vari ambienti. Più avanti
(art.3) è scritto che gli associati si impegnano in particolare anche ad informare dello spirito cristiano le scelte
da loro compiute con propria responsabilità personale, nell’ambito delle realtà
temporali (cioè, traducendo dal gergo teologico, nella società civile). E, ancora, (art.11) che quella in Azione Cattolica è un’esperienza popolare e democratica. Essa poi è presentata come rivolta alla crescita della comunità
cristiana e si dice animata dalla tensione verso l’unità, da costruire partendo da diverse
esperienze e condizioni di vita. Nell’Atto
Normativo Diocesano della Diocesi di
Roma è scritto che l’esperienza in Azione
Cattolica è una palestra di democrazia e di responsabilità civile.
La storia.
Dalla fine del Settecento cominciano a diffondersi e ad essere attuati, a
partire dall’Europa, ideali democratici di organizzazione sociale. Si produce
una profonda e tragica frattura tra l’organizzazione di vertice della Chiesa
cattolica, espressa dal clero, e i movimenti democratici. Essa attraversa i
popoli evangelizzati. In Italia si complica per l’interferenza del potere
temporale dei Papi con la questione dell’unità nazionale. L’esperienza storica dell’Azione Cattolica è stata la manifestazione di vari tentativi
di realizzare, senza rompere l’unità
ecclesiale, una partecipazione di popolo
alla missione della Chiesa attuata con maggiore responsabilità laicale e secondo
criteri di non esclusiva soggezione gerarchica, sia ideale e programmatica che
pratica, almeno nelle cose che riguardano l’organizzazione della società
civile. In ciò consiste appunto la sua tendenziale democraticità. L’impegno nel sociale è venuto poi assumendo anche
il significato di un tentativo di
comporre la plurisecolare diffidenza dei vertici ecclesiali, e quindi anche
della teologia ritenuta ortodossa dall’autorità, verso le acquisizioni delle
scienze contemporanee, sia naturali che umane. Infine, dal punto di vista
politico, quello di mediare per giungere al superamento del risentimento
storico del papato per la perdita del potere temporale in Italia e della
storica indifferenza dei vertici ecclesiali verso i regimi politici democratici
rispetto a quelli non democratici o addirittura antidemocratici (venuta meno solo
nel 1944 con il radiomessaggio natalizio del Papa Pio XII, mentre ancora agli
inizi del secolo il Papa allora regnante aveva condannato l’idea di una
democrazia cristiana). Con ciò è
chiaro che si è trattato di un’azione che ha riguardato non solo la società
civile, ma anche la stessa Chiesa. Essa si inquadra in un movimento storico di
pensiero e di azione i cui ideali hanno trovato ampia espressione nei documenti
del Concilio Vaticano II (svoltosi a Roma, nella Città del Vaticano, dal 1962
al 1965). A partire da tale evento l’Azione Cattolica, sotto la presidenza di
Vittorio Bachelet, ha fatto della piena attuazione, nella Chiesa e nel mondo,
dei principi stabiliti da Concilio Vaticano II
uno dei suoi principali obiettivi. Questo comporta che sia fortemente
impegnata nei cammini sinodali in corso. Il nostro gruppo parrocchiale
ha programmato di riunirsi una volta al mese come gruppo sinodale, per
fare pratica di sinodalità, e, quest’anno, per rispondere collettivamente
alle Dieci Domande che la Segreteria del Sinodo dei Vescovi ha posto al Popolo
di Dio, come articolazione dell’interrogativo fondamentale
Una Chiesa sinodale, annunciando il
Vangelo, “cammina insieme”: come questo “camminare insieme” si realizza oggi
nella vostra Chiesa particolare? Quali passi lo Spirito ci invita a compiere
per crescere nel nostro “camminare insieme”?
nella fase preparatoria del Sinodo dei Vescovi
programmato per l’ottobre 2023.
26. Vediamo che attualmente nel
gruppo di Azione Cattolica in San Clemente Papa prevalgono numericamente gli
elementi più anziani. Perché?
Il gruppo si trova ancora in una fase di passaggio. In realtà è
composto da persone di diverse età. La presidente è una trentenne e abbiamo,
tra gli iscritti, anche due bambini. E' portatore di una tradizione culturale
importante che deve passare da una generazione all'altra: questo è il lavoro
che attualmente è in corso. Nei decenni passati l'attenzione del laicato si è
forse concentrata su altri temi, ritenuti più urgenti, e su altre esperienze
religiose. Oggi dai vescovi italiani viene un rinnovato appello ai laici
cattolici per un impegno che corrisponde a quello tipico di Azione Cattolica.
Per favorire la partecipazione di
chi lavora abbiamo spostato due degli incontri mensili al sabato.
Durante la pandemia ci siamo riuniti
per un anno associativo in videoconferenza Meet e abbiamo mantenuto tale modalità di
partecipazione, dal 2025 su piattaforma Zoom però, anche ora che ci riuniamo di
nuovo in parrocchia. Quando viene attivata la videoconferenza, si può accedere mediante
il link che può essere chiesto inviando
una email a ardigo.mario@virgilio.it
Abbiamo anche aperto una mailing
list del gruppo
ac-gruppo-sanclemente-papa-roma@googlegroups.com
e un gruppo Whatsapp.
Periodicamente inviamo, anche per posta
ordinaria per i soci che hanno difficoltà con gli strumenti informatici, una Lettera ai soci con
informazioni sulla vita associativa e con i resoconti delle riunioni del mese
precedente
I più giovani possono pensare a incontri a
loro specificamente dedicati. Devono farlo in autonomia, nello stile
dell’associazione.
E' importante tuttavia mantenere
un'occasione periodica di incontro per tutti gli associati, appunto per
favorire il passare di una tradizione di generazione in generazione.
Nell'organizzazione nazionale e
diocesana dell'Azione Cattolica vi sono settori distinti per le varie età e
condizioni della vita. Tuttavia il lavoro che si fa parte dall'idea che c'è un
unico popolo che attraversa la storia dell'umanità.
Anche quest’anno associativo negli incontri
infrasettimanali seguiremo prevalentemente il percorso formativo di Azione
Cattolica, che propone letture e riflessioni bibliche, libri, musica, film per
attività di autoformazione partecipate. Cercheremo, in alcuni incontri, di
capire meglio la sinodalità, iniziando anche a farne tirocinio.
Dall’8 dicembre 2025 un podcast
video della durata di circa cinque minuti, inviato via email e wathsapp in
diversi giorni della settimana, richiamerà temi trattati nel Catechismo
degli adulti e nel Compendio della dottrina sociale della Chiesa. Tratterà
anche dei temi degli incontri infrasettimanali e della messa domenicale delle
nove, richiamando le letture bibliche e gli insegnamenti dell’omelia.
Sulla piattaforma Zoom potranno svolgersi incontri su diversi temi,
in particolare come gruppo di lettura e di dialogo sinodale.
27. Che fa l’Azione Cattolica per
la parrocchia?
L’Azione Cattolica opera principalmente nella società del suo tempo,
come un fermento, come il lievito in un impasto. Di questa società fa parte
anche la parrocchia.
Due sono i campi in cui un gruppo di Azione Cattolica
parrocchiale può dare un proprio caratteristico contributo: l’approfondimento
dei temi del Concilio Vaticano 2° e la pratica della democrazia e della
sinodalità ecclesiale nella vita di fede. Questo può servire per fare spazio
agli altri, per aprirsi agli altri, per convivere serenamente con il pluralismo
della società del nostro tempo, che si riflette anche nelle nostre collettività
religiose. Le prime esperienze di Azione Cattolica nacquero nell’Ottocento e
progressivamente si orientarono per una strada diversa da quella del duro intransigentismo dell’epoca,
vale a dire della rigida opposizione
contro ogni moto di progresso sociale: oggi si direbbe del fondamentalismo.
L’Azione cattolica, poi, nel Novecento, in particolare seguendo l’attivismo del
sociologo ed economista Giuseppe Toniolo, si propose di far uscire le
collettività religiose da una condizione di arretratezza culturale, sociale e politica
e di separatezza dal contesto nazionale. Un impegno che appare sempre attuale.
Infatti è sempre viva in religione la tentazione di bastare a se stessi, la
paura di perdersi in un contesto in cui ogni opzione di vita ha lo stesso
valore e vengono a mancare solide fondamenta. In realtà si tratta di
ricostruire pazientemente, di epoca in epoca, le città degli esseri
umani, secondo l’auspico di Giuseppe Lazzati, dove essi possano vivere
liberi e felici. Senza una visione di fede è arduo riuscirci, anche se
storicamente le religioni sono state anche fonte di oppressione e di
infelicità. Eppure l’era delle democrazie contemporanee si apre, nel nord
America di fine Settecento, con rivoluzionari che affermano solennemente
che tutti gli uomini sono “creati” uguali e per
questo hanno diritto alla ricerca della felicità: ecco la fede religiosa che
libera. Lo ricordò papa Francesco nel suo viaggio negli Stati
Uniti d’America del 2015.
******************
Un po’ di storia
AZIONE
CATTOLICA: SINTESI DI FINALITA’ E STORIA
1. Viviamo, come società italiana, tempi
impegnativi. Per ognuno lo è sempre la vita quotidiana. Si cambia, bisogna
farsi largo, bisogna sopravvivere, si cerca di durare il più a lungo possibile
e meglio che si può. Per ogni persona è così. Ma la riuscita degli sforzi
individuali dipende in larga misura da come è la società. Il benessere è sempre
un fatto collettivo. Innanzi tutto dipende dalle relazioni sociali. E poi certi
obiettivi, come la possibilità di vivere sicuri, di avere un’istruzione, di
avere una casa e un’alimentazione sufficiente, di poter svolgere un lavoro con
una retribuzione sufficiente, di essere aiutati nella nei periodi in cui non si
ha lavoro o non si può lavorare per malattia o vecchiaia, di potere fare sport,
musica e altre attività interessanti, anche di praticare una religione,
dipendono in gran parte da come è organizzata la società, a cominciare dalla
sua economia, in cui tanta parte hanno le iniziative collettive, di enti
pubblici e privati. Organizzare una società significa fare politica. Lo si può fare su grande e piccola scala. Non ci
sono solo gli stati, i comuni e via dicendo. Ognuno di noi, interagendo con gli
altri, fa politica, ad esempio nel palazzo dove abita,
nel quartiere, nel circolo che frequenta, nel gruppo sportivo, e anche in una
parrocchia. Ogni fatto collettivo influisce in maniera più o meno accentuata su
altri fatti collettivi e modifica la società intorno. Poi si cerca anche di
intervenire d’autorità, esercitando poteri pubblici, diramando ordini,
sentenziando, preparando programmi, stabilendo regole. Ma come verranno
accolti? Ogni società esprime una certa resistenza alle imposizioni. Per
vincerla c’è la strada della persuasione o quella della violenza. Si cerca di
fare in modo di scoraggiare la violenza
privata, ma allora si deve organizzare una certa misura di violenza pubblica.
Ma quando quest’ultima supera un certo livello, la società diventa infelice.
Accade anche quando non si riesce a limitare la violenza privata, ad esempio
quella delle bande criminali. Ma come persuadere più gente possibile? A questo
serve il dialogo politico, quello che
riguarda l’organizzazione della società. Perché sia efficace occorre però
fidarsi degli altri ed essere veramente convinti che insieme si possano trovare
e soprattutto attuare soluzioni più efficaci sia ai mali sociali, sia ai mali
privati che a quelli sociali sono tanto strettamente collegati. Per aver
fiducia gli uni negli altri occorre conoscersi. Meglio ci si conosce, più ci si
fida. Ma di chi? Se, conoscendo una persona, trovo che è cattiva, allora non
dovrei fidarmi di lei. Perché magari ora non è cattiva con me, ma solo con altri, ma
potrebbe venire il momento in cui lo sarà anche con me. Chi è cattivo, chi è
buono? Se lo chiedo, i miei interlocutori si trovano in imbarazzo a darmi una
risposta. In altre epoche si era meno indecisi. Ma ogni epoca ha avuto i suoi
criteri etici, per giudicare il buono e il cattivo. Nella nostra, appunto, si è
più indecisi. Però decidersi è importante. Ecco, l’Azione Cattolica, fu fondata
proprio per fare questo lavoro, politico in
senso ampio.
2. Di solito si
racconta le sue origini risalgono ad un gruppo di giovani bolognesi che si
costituì nel 1867. Si era in un’epoca molto impegnativa nella storia d’Italia. Si
sottolinea l’aspetto religioso dell’iniziativa, ma, in realtà, la politica era
il vero campo di impegno. Si stava completando l’unità nazionale. Il Regno
d’Italia, sotto la dinastia piemontese dei Savoia, era stato proclamato nel
1861. Mancava Roma e i nazionalisti di vario orientamento, i monarchici ma
anche i repubblicani di Giuseppe Mazzini (1805-1872), la volevano. A Roma e
dintorni c’era il Papa, che era anche il sovrano di un piccolo regno
nell’Italia centrale di allora, che dal 1860 si era ridotto più o meno al
Lazio. Vi furono quindi movimenti di laici cattolici che si organizzarono come
forza sociale di resistenza a difesa della monarchia pontificia. Nel 1870 lo Stato pontificio, il regno politico del
Papa, fu conquistato militarmente dal Regno d’Italia. In quel momento era in
corso a Roma un concilio ecumenico, il Concilio ecumenico Vaticano 11°. La
città fu assaltata; a cannonate si fece una breccia nelle mura della città, un
centinaio di metri a destra guardando Porta Pia. Ci furono combattimenti
sanguinosi con morti e feriti tra glie eserciti contrapposti, ma i pontifici si
arresero presto. L’anno seguente la capitale del Regno d’Italia fu trasferita a
Roma e, per garantire la posizione e la missione del Papato, fu approvata una
apposita legge, detta delle Guarentigie (=garanzie).
Il Papato vietò ai cattolici la partecipazione alla politica nazionale, sotto
pena di sanzione canonica e si considerò prigioniero
in Vaticano.
Questi
fatti suscitarono un’enorme impressione nella società cattolica italiana. Una
parte dei cattolici era stati ed erano nazionalisti. Ma molti si schierarono a
difesa del Papato, a sostegno delle sue rivendicazioni di restituzione del suo
regno intorno a Roma. Naturalmente questo movimento ebbe motivazioni profonde e
colte, che, in sostanza, proponevano l’idea che, senza quel piccolo regno, il
Papato fosse menomato anche nella sua missione religiosa. Quindi la posizione
politica intransigente verso i nazionalisti
monarchici e repubblicani, verso l’ideologia liberale che in genere era da loro
seguita, verso i nuovo regno unitario italiano, ebbe anche profonde motivazioni
religiose. Senza un Papato veramente indipendente, si sosteneva, anche la
civiltà del popolo italiano, che tanto era legata alla fede religiosa, ne
sarebbe uscita scossa, alterata. Si pensò, ed era la prima volta che accadeva,
di suscitare un vasto moto di resistenza nel popolo a difesa delle ragioni del
Papato, non solo con un’azione di propaganda culturale, ma con un ampio
programma di azioni sociali, sull’esempio di ciò che si stava facendo in tutta
Europa a quell’epoca, in particolare ad opera dei movimenti socialisti, in
particolare per sostenere e istruire i lavoratori dipendenti delle città e
delle campagne, ad esempio con mutue per assisterli nella disoccupazione o nelle
malattie, con cooperative di
lavoro. Si cercò di dare un coordinamento nazionale a tutte queste
iniziative creando un’organizzazione specifica, l’Opera dei Congressi, costituita nel 1974, con articolazione
centrale e locale, strettamente legata al Papa, sebbene non fosse una sua
emanazione. C’era tutta questa attività sociale a sfondo religioso, che
comprendeva anche un capillare lavoro di formazione culturale e propriamente
politico, nel senso appunto di un atteggiamento intransigente verso il nuovo stato unitario italiano. Ma
l’intento principale era politico.
Scrive
Arturo Carlo Jemolo (1891-1981), professore di diritto ecclesiastico (che
riguarda le norme degli stati che regolano i rapporti con la Chiese) e storico, uno dei maggiori esponenti del
mondo cattolico italiano, in Chiesa e
Stato in Italia negli ultimi cento anni,
Einaudi, 1948 (1° ed.) - 1963 (ed. riveduta e ampliata) [richiede una
formazione di tipo universitario]:
[pag.13] «La prima metà del secolo era quasi
consumata allorché, il 1 giugno 1846, si spegneva Gregori XVI [16°]; già
s’intravedevano le caratteristiche della storia della Chiesa nell’Ottocento
quali si sarebbero profilate allo storico futuro.
Non
grandi controversie teologiche, né aspri
dibattiti dottrinali, né contrapposizione di scuole a scuole; neppure lotte tra
Ordini religiosi, o tra clero secolare e clero regolare.
[…]
In
nessuno di questi campi la storia della Chiesa dell’Ottocento avrebbe
presentato episodi emozionanti, aspri contrasti, com’eransi dati in altri
secoli, La Chiesa avrebbe incontrato in vece le sue ore più difficili nei
rapporti con gli Stati. Di fronte alle ideologie politiche, ai partiti che le
incarnano, alle leggi per realizzarle, la Chiesa avrebbe dovuto prendere
posizione; e qui avrebbe affrontato battaglie, forse toccato dure sconfitti.
L’Ottocento appariva ormai come il secolo
contraddistinto dal contrasto delle
ideologie politiche. Due fondamentali di fronte. Quella che era ancora la
prosecuzione dell’enciclopedismo e
dell’illuminismo, realizzatisi in struttura politica nella Rivoluzione
francese, e che, a ragione o a torto, […] si considerava avesse avuto ad erede l’impero napoleonico e,
dopo la sua caduta, quanto ne serbavano rimpianto. E l’ideologia che affermava
i valori del cattolicesimo, quelli della tradizione, anzitutto della tradizione
monarchica; che nel re legittimo, alleato con la Chiesa, scorgeva il
caposaldo per l’opera di ricostruzione,
di cui appariva urgente il bisogno ai suoi fautori; ricostruzione
degl’istituti, delle leggi, delle grandi linee della struttura politica, del
sistema dei rapporti tra popoli, e soprattutto dell’uomo interiore e di ciò che
lo forma: scuola, metodi di educazione, stessa disciplina familiare, ambiti
tutti in cui occorreva rimediare all’opera deleteria svoltasi a partire dal
Settecento.”
Con la
fine del suo regno nell’Italia centrale il Papato si vide minacciato nella sua
missione religiosa, in Italia e nel mondo, e vide minacciata la stessa civiltà
degli italiani. Bisogna infatti ricordare che il nazionalismo italiano, di impostazione
fondamentalmente liberale, era divenuto piuttosto anticlericale nel
contrapporsi alle pretese politiche del Papato di mantenere quel regno. Quindi
vennero incoraggiate quelle aggregazioni laicali confluite nell’Opera dei
Congressi, che presto divennero l’equivalente di un potente partito politico,
di impostazione politica intransigente verso le nuove istituzioni
unitarie e verso la politica nazionale che le sosteneva. Ad esse il Papato
diede uno straordinario manifesto ideologico, un documento di natura
programmatica che disegnava un progetto di riforma dell’intera società, avendo
di vista in particolare la situazione italiana: l’enciclica Rerum
Novarum - Le Novità diffusa nel 1891
dal papa Vicenzo Gioacchino Pecci, regnante ormai solo in religione con il nome
di Leone XIII (fino al papa Francesco, i papi continuarono l’uso di attribuirsi
un nome da monarchi capi di stato, con il numero ordinale a fianco: primo, secondo…). A questo punto i
cattolici italiani divennero una forza politica molto agguerrita, con una
struttura capillare sul territorio e una forte ideologia, divenuta obbligatoria, parte della dottrina, appunto una dottrina sociale, un vasto programma di riforma sociale a cui diedero il loro contributo, per svilupparlo,
ingegni di grande rilievo, come l’economista e sociologo beato Giuseppe Toniolo (1845-1918). Ma, passando gli
anni dalla conquista dello Stato pontificio, ci si rese conto che
l’atteggiamento intransigente, che comportava il divieto di partecipare alla
politica nazionale eleggendo e presentandosi come candidati, non consentiva di
cogliere le opportunità offerte dall’ordinamento democratico del Regno
d’Italia, un regno costituzionale, in cui l’indirizzo
politico dello stato era determinato anche da una camera elettiva, la Camera dei deputati, oltre che da un Senato integralmente di nomina regia e a vita. I
giovani soprattutto proposero di organizzare una partecipazione democratica alla vita politica nazionale, secondo principi
sociali orientati dalla fede,
in linea con la dottrina sociale. Ciò avrebbe richiesto maggiori spazi di
autonomia dei laici nelle cose della società. Quest’idea, della possibilità di
una democrazia cristiana, fu duramente
respinta dal Papato, con un’enciclica diffusa nel 1901 dallo stesso Papa della Rerum Novarum, il Pecci - Leone 13°, la Graves
de communi re - Le serie divergenze [sulle questioni sociali] [su
<vatican.va> solo nel testo inglese - traduzione italiana in
<http://www.totustuustools.net/magistero/l13grave.htm>]. Alle correnti democratiche cristiane si opposero duramente, nell’Opera dei
Congressi, quelle intransigenti. L’ideologia democratico
cristiana fu presto confusa e assimilata con il modernismo, il movimento essenzialmente culturale per un
rinnovamento della cultura religiosa nel cattolicesimo, in particolare
nell’interpretazione dei testi sacri, colpito radicalmente e senza tregua in
quella che fu l’ultima persecuzione religiosa attuata storicamente dal
Papato. Non ottenendosi una tacitazione
delle correnti democratiche cristiane, il Papato assunse l’iniziativa di
organizzare, in sostituzione dell’Opera dei Congressi che fu sciolta d’autorità
nel 1904, una nuova organizzazione, che comprese anche una sezione propriamente
politica, denominata Unione elettorale. L’iniziativa prese inizio con l’enciclica Fermo proposito, diffusa nel 1905 dal papa Giuseppe Sarto,
regnante in religione come Pio 10°, che potete leggere in
http://w2.vatican.va/content/pius-x/it/encyclicals/documents/hf_p-x_enc_11061905_il-fermo-proposito.html
nella quale è
scritto:
«Importa
inoltre ben definire le opere intorno alle quali si devono spendere con ogni
energia e costanza le forze cattoliche. Quelle opere devono essere di così
evidente importanza, così rispondenti ai bisogni della società odierna, così
acconce agli interessi morali e materiali, soprattutto del popolo e delle
classi diseredate, che mentre infondono ogni migliore alacrità dei promotori
dell’azione cattolica pel grande e sicuro frutto che da sé medesime promettono,
siano insieme da tutti e facilmente comprese ed accolte volonterosamente.
Appunto perché i gravi problemi della vita odierna sociale esigono una
soluzione pronta e sicura, si desta in tutti il più vivo interesse di sapere e
conoscere i vari modi onde quelle soluzioni si propongono in pratica. Le discussioni
in un senso o nell’altro si moltiplicano ogni dì più e si propagano facilmente
per mezzo della stampa. È quindi supremamente necessario che l’azione cattolica
colga il momento opportuno, si faccia innanzi coraggiosa e proponga anch’essa
la soluzione sua e la faccia valere con propaganda ferma, attiva, intelligente,
disciplinata, tale che direttamente si opponga alla propaganda avversaria. La
bontà e giustizia dei principi cristiani, la retta morale che professano i
cattolici, il pieno disinteresse delle cose proprie non altro apertamente e
sinceramente bramando che il vero, il solo, il supremo bene altrui, infine
l’evidente loro capacità di promuovere meglio degli altri anche i veri
interessi economici del popolo, è impossibile non facciano breccia sulla mente
e sul cuore di quanti ascoltano e non ne aumentino le file, fino a renderli un
corpo forte e compatto, capace di resistere gagliardamente alla contraria
corrente e di tenere in rispetto gli avversari.
Tale supremo
bisogno avvertì pienamente il Nostro Antecessore di beata memoria Leone XIII,
additando soprattutto nella memoranda Enciclica Rerum Novarum" ed in altri
documenti posteriori, l’oggetto intorno al quale precipuamente doveva svolgersi
l’azione cattolica, cioè "la pratica soluzione a seconda dei principi
cristiani della questione sociale". Noi pure, seguendo così sapienti
norme, col Nostro Motu proprio del 18 Dicembre 1903 abbiamo dato all’azione
popolare cristiana, che in sé comprende tutto il movimento cattolico sociale,
un ordinamento fondamentale che fosse quasi la regola pratica del lavoro comune
ed il vincolo della concordia e della carità. Qui dunque ed a questo scopo
santissimo e necessarissimo devono anzitutto aggrupparsi e solidarsi le opere
cattoliche, varie e molteplici nella forma, ma tutte egualmente intese a
promuovere con efficacia il medesimo bene sociale.
[…]
l’odierno ordinamento degli Stati offre
indistintamente a tutti la facoltà di influire sulla pubblica cosa, ed i
cattolici, salvo gli obblighi imposti dalla legge di Dio e dalle prescrizioni
della Chiesa, possono con sicura coscienza giovarsene, per mostrarsi idonei al
pari, anzi meglio degli altri, di cooperare al benessere materiale civile del
popolo ed acquistarsi così quell’autorità e quel rispetto che rendano loro
possibile eziandio di difendere e promuovere i beni più alti, che sono quelli
dell’anima.
Quei diritti civili sono parecchi e di
vario genere, fino a quello di partecipare direttamente alla vita politica del
paese rappresentando il popolo nelle aule legislative. Ragioni gravissime Ci dissuadono, Venerabili Fratelli, dallo scostarsi
da quella norma già decretata dal Nostro Antecessore di s. m. Pio IX e seguita
poi dall’altro Nostro Antecessore di s. m.Leone
XIII durante il diuturno suo Pontificato, secondo la quale
rimane in genere vietata in Italia la partecipazione dei cattolici al potere
legislativo. Sennonché altre ragioni parimenti gravissime, tratte dal supremo
bene della società, che ad ogni costo deve salvarsi, possono richiedere che nei
casi particolari si dispensi dalla legge, specialmente quando voi, Venerabili
Fratelli, ne riconosciate la stretta necessità pel bene delle anime e dei
supremi interessi delle vostre Chiese e ne facciate dimanda.
Ora la possibilità di
questa benigna concessione Nostra induce il dovere nei cattolici tutti di
prepararsi prudentemente e seriamente alla vita politica, quando vi fossero
chiamati. Onde importa assai, che quella stessa
attività, già lodevolmente spiegata dai cattolici per prepararsi con una buona
organizzazione elettorale alla vita amministrativa dei Comuni e dei Consigli
provinciali, si estenda altresì a prepararsi convenientemente e ad organizzarsi
per la vita politica, come fu opportunamente raccomandato con la circolare del
3 dicembre 1904 alla Presidenza generale delle Opere economiche in Italia.
Nello stesso tempo dovranno inculcarsi e seguirsi in pratica gli altri principi
che regolano la coscienza di ogni vero cattolico. Deve egli ricordarsi sopra
ogni cosa di essere in ogni circostanza e di apparire veramente cattolico,
accedendo agli offici pubblici ed esercitandoli col fermo e costante proposito
di promuovere a tutto potere il bene sociale ed economico della Patria e
particolarmente del popolo, secondo le massime della civiltà spiccatamente
cristiana e di difendere insieme gli interessi della Chiesa, che sono quelli
della Religione e della giustizia.
[…]
Ci resta a toccare, Venerabili Fratelli, di un altro punto di somma
importanza, ed è la relazione che tutte le opere dell’azione cattolica devono
avere rispetto all’Autorità ecclesiastica. Se bene si considerano le dottrine
che siamo andati svolgendo nella prima parte di queste Nostre Lettere, si
conchiuderà di leggieri, che tutte
quelle opere che direttamente vengono in sussidio del ministero spirituale
pastorale della Chiesa e che si propongono un fine religioso in bene diretto
delle anime, devono in ogni menoma cosa essere subordinate all’autorità dei
Vescovi, posti dallo Spirito Santo a reggere la Chiesa di Dio nelle diocesi
loro assegnate. Ma anche le altre opere, che, come abbiamo detto, sono
precipuamente istituite a ristorare e promuovere in Cristo la vera civiltà
cristiana e che costituiscono nel senso spiegato l’azione cattolica, non si
possono per niun modo concepire indipendenti dal consiglio e dall’alta
direzione dell’Autorità ecclesiastica, specialmente poi in quanto devono
tutte informarsi ai principi della dottrina e della morale cristiana; molto
meno è possibile concepirle in opposizione più o meno aperta con la medesima
Autorità. Certo è che tali opere, posta
la natura loro, si debbono muovere con la conveniente ragionevole libertà,
ricadendo sopra di loro la responsabilità dell’azione, soprattutto poi negli
affari temporali ed economici ed in quelli della vita pubblica amministrativa o
politica, alieni dal ministero puramente spirituale. Ma poiché i cattolici
alzano sempre la bandiera di Cristo, per ciò stesso alzano la bandiera della
Chiesa, ed è quindi conveniente che la ricevano dalle mani della Chiesa, che la
Chiesa ne vigili l’onore immacolato e che a questa materna vigilanza i
cattolici si sottomettano, docili ed amorevoli figliuoli.»
Ho trascritto questa lunga citazione
dell’enciclica, mettendo a dura prova la pazienza dei miei lettori, perché i principi contenuti nei brani citati
sono state le norme che hanno regolato
l’azione civile e politica dei cattolici italiani fino al Concilio Vaticano 2° (1962-1965).
E’ sostanzialmente lo statuto di una potente organizzazione politica popolare
che non poteva dirsi propriamente partito politico solo perché mancava di vera autonomia laicale
ed era interamente soggetta alla supremazia di Papa e vescovi. Anticipo che la
situazione è molto cambiata, nel senso del realizzarsi di quella autonomia, con
il nuovo statuto dell’Azione Cattolica approvato nel 1969, per renderlo
conforme ai principi di azione sociale stabiliti nel Concilio Vaticano 2°. Ma anche ora
l’Azione Cattolica non è un
partito politico, perché non è
strumento di alcuna politica, non è partito del papa né partito dei cattolici, non sacralizza
alcun orientamento politico, ma è agente di formazione politica per
preparare le persone di fede a coniugare, in autonomia e libertà, sapienza e
dottrina, dialogando i società, nella pluralità delle opzioni possibili, azione
sociale e politica e carità in senso religioso, quindi per capire come riempire
politica e azione sociale dei valori di fede. Questo il senso della scelta religiosa fatta dall’associazione, con il consenso dei
vescovi italiani, con l’approvazione del nuovo statuto del 1969, sotto la
presidenza di Vittorio Bachelet (1926-1890).
Nel
1906, l’anno seguente l’enciclica Fermo
proposito, furono approvati i nuovi
statuti dell’Azione Cattolica, costituita da quattro organizzazioni: l’Unione popolare, l’Unione economico sociale, l’Unione
elettorale e la Società
della gioventù cattolica. Il disegno
si completò nel 1908 con l’Unione donne
cattoliche italiane, che ebbe un
grandioso sviluppo dopo la Prima Guerra mondiale (1914-1918). E’ a questa epoca
che risale la nostra Azione Cattolica. Uno dei principali
architetti di questo disegno organizzativo fu il beato Giuseppe Toniolo. Questo
potente movimento sociale venne indirizzato alla riforma sociale secondo
principi di fede e organizzò una grandioso e capillare lavoro di formazione
politica popolare, di massa, che coinvolse anche le donne, in epoca in cui esse
non potevano ancora votare (in Italia poterono farlo per la prima volta solo
nel 1946). Sempre più passò in secondo piano la questione romana, le pretese
politiche del Papato ad un proprio regno in Italia
vennero infine risolte, in maniera ritenuta disonorevole da diverse grandi anime del cattolicesimo italiano, ma comunque
risolte, nel 1929, con i Patti lateranensi, accordi con il Regno d’Italia che
in quell’occasione fu rappresentato dal capo del governo di allora, Benito
Mussolini, fondatore del regime fascista storico, con la creazione di un
simulacro di stato in Vaticano, denominato Città
del Vaticano, dove tutt’oggi è arroccata la corte pontificia. In nessun
modo esso è il successore dello Stato pontificio. Dovrebbe servire solo a
rendere indipendente il Papato dalle pretesi degli stati del mondo. Ma il
Papato partecipa nella comunità internazionale, ad esempio mandando propri
ambasciatori (detti Nunzi) e
ricevendo quelli degli stati, non come sovrano della Città del Vaticano, ma
proprio in quanto Papato, e ciò per millenaria tradizione storica.
Nell’Azione cattolica italiana maturò la lenta assimilazione culturale
della politica democratica da parte dei cattolici italiani.
Una
prima tappa fu l’organizzazione, nel 1919,
di un vero e proprio partito politico, distinto dall’Azione cattolica e
dalla Chiesa cattolica, con responsabilità propria dei propri aderenti, per un
disegno di riforma sociale nel senso indicato dalla dottrina sociale, il Partito popolare, sciolto d’autorità,
con altri partiti democratici, nel 1926 dal regime fascista.
Dal
1930, con l’enciclica Quadragesimo anno -
Il quarantennale, diffusa nel 1931
dal papa Achille Ratti, regnante come Pio 11°, documento che contiene anche la
formulazione dell’importantissimo principio
di sussidiarietà, sul quale, con la
collaborazione determinante di politici cattolici, fu fondata la nostra nuova
Europa, il Papato accreditò il regime fascista, al quale i cattolici italiani
furono spinti a collaborare. Il tirocinio democratico rimase proprio, in Azione
Cattolica, quasi solo di alcune organizzazioni ristrette, come la FUCI - gli
universitari cattolici - e i Laureati cattolici, in particolare sotto la cura
religiosa di Giovanni Battista Montini, il futuro papa Paolo 6°. Questo
orientamento mutò radicalmente di fronte alle catastrofi sociali provocate
dalla Seconda Guerra Mondiale.
Dagli
anni ’30 le organizzazioni intellettuali dell’azione Cattolica, costituite nella storia
dell’associazione, progettarono il superamento del regime fascista, e, in
particolare una nuova costituzione e nuovi indirizzi politici. Cattolici
provenienti dall’Azione Cattolica furono protagonisti nella guerra civile
combattuta contro le ultime manifestazioni del regime fascista, dal 1945 al
1945 e della creazione della Repubblica democratica. Essi crearono il partito
politico, denominato Democrazia Cristiana, che, dal 1946 al 1994, resse le coalizioni di
governo, prima di orientamento centrista e poi di centrosinistra,
con la partecipazione di partiti
socialisti, attuando parte delle riforme sociali disegnate nella nuova
Costituzione repubblicana, scritta e approvata, con il contributo determinante
di cattolici provenienti dall’Azione Cattolica, negli anni 1946 e 1947 ed
entrata in vigore il 1 gennaio 1948. Il
successo di tale partito fu determinato dall’appoggio del Papato, che, con una
serie di radiomessaggi natalizi tra il 1941 e il 1944 del papa Eugenio Pacelli
- Pio 12° (tutti pubblicati sul sito <vatican.va>), in piena Seconda
guerra mondiale, defascistizzò
l’orientamento politico dei cattolici italiani, spingendoli a partecipare a una
riforma costituzionale e sociale democratica, realizzata con la nostra
Costituzione repubblicana, piena di principi desunti dalla dottrina sociale.
La
svolta democratica dell’Azione Cattolica fu consolidata nel 1969
con il nuovo statuto, nel quale l’associazione è definita palestra di democrazia.
3.
Mi sono dilungato su riferimenti storici per far capire che l’Azione Cattolica italiana è cosa molto
diversa da come spesso la si pensa superficialmente, assimilandola ad altre
associazioni e movimenti a sfondo religioso.
Ecco,
ho cercato di spiegare in estrema sintesi perché è nata l’Azione Cattolica e quale è stata la sua storia fino ad arrivare
a come è ora. Ma anche di rendere
un’idea del lavoro che c’è da fare anche oggi in società. Perché a quello ci chiamano, con
particolare intensità oggi, il Papa e i vescovi.
La società vive tempi impegnativi: così
ho iniziato. Ci sono problemi sociali che creano dolore e difficoltà nelle vite
delle persone. Per pensare e realizzare
soluzioni serve gente preparata ed eticamente ben indirizzata. Quindi gente competente e buona,
capace di collaborare con l’altra gente competente
e buona che c’è, per cambiare sapientemente ciò che
non va, dialogando con gli altri, persuadendoli a seguire le vie buone e
coinvolgendoli in questo lavoro che è, ancora, riforma sociale. Formarla fin dai giovanissimi, educarla,
completarne la preparazione anche da adulta, cercando di suscitare e
diffondere, in un lavoro collettivo che è anche e principalmente di
auto-formazione, visioni realistiche, affidabili, di ciò che accade e progetti
di soluzione, è parte del lavoro di Azione Cattolica. In una prospettiva che,
ormai, non riguarda più solo l’Italia, o l’Europa, ma addirittura il mondo
interno, secondo le indicazioni che troviamo nell’enciclica Laudato si’, diffusa nel 2015 dal papa
Francesco.
Nel ragionare di Azione Cattolica e
di ciò che c’è da fare, consiglio a tutti di avere a portata di mano il libro
di storia dell’ultimo anno delle scuole medie frequentate, inferiori o
superiori. A quelli che non l’hanno più in casa, consiglio di procurarsi
l’ultima edizione del volume 3 del testo Nuovi
Profili Storici - Con percorsi di documenti e di critica storica di Andrea Giardina, Giovanni Sabbatucci e
Vittorio Vidotto, Editori Laterza, €40,50, un testo per i licei.
Per
aggiornarsi rapidamente si possono utilizzare:
http://www.treccani.it/enciclopedia/
e
http://www.treccani.it/biografico/index.html
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In conclusione
Spesso anche le persone di fede non
hanno più chiara consapevolezza di che cosa sia e di che cosa faccia l’Azione
Cattolica e pensano che sia uno dei tanti gruppi che si muovono nel panorama
ecclesiale e che non di rado tendono semplicemente a colonizzare le parrocchie. L’Azione Cattolica è invece
profondamente integrata nella parrocchia e, con il suo gruppo parrocchiale che
agisce con piena autonomia, si propone di mantenerla sempre come realtà viva
per la gente del quartiere, alla quale la parrocchia è dedicata come
istituzione.
L’organizzazione ecclesiastica, va riconosciuto, è
quella che è, e certamente non sempre incoraggia la partecipazione delle
persone laiche, specialmente di quelle più giovani. Le persone laiche, in genere, non
venivano formate a partecipare attivamente alla vita parrocchiale e quindi non
partecipavano. A questa situazione ci si propone di porre rimedio con i cammini
sinodali ai quali ho accennato all’inizio.
E’ importante, all’inizio, cercare di
convincersi che il vangelo è importante nella vita sociale, non è qualcosa che
ognuno debba praticare solo in privato, come sostegno spirituale o psicologico.
La Chiesa è stata inviata al mondo proprio per farne una realtà sociale:
questa è la missione. Essa rimane valida
anche nella realtà contemporanea, caratterizzata da un forte pluralismo. La
nuova sfida evangelica è dunque quella di far convivere amichevolmente e
benevolente le diversità. Anche questa è sinodalità.
Il tema della sinodalità non è ancora compreso
di solito nella formazione di primo livello, che per molti è l’unica per una
intera vita di fede. Il clero si lamenta spesso della mancata
capacità di iniziativa delle persone laiche, che si limitano ad essere platea
davanti al clero, ma dalle persone laiche laici si ribatte che spesso solo per i
clericalizzati passivi c’è vero spazio, in platea appunto. Il
lavoro dell’Azione Cattolica dovrebbe contribuire a superare questi problemi e,
innanzi tutto, a imparare, facendone tirocinio, i metodi democratici di
partecipazione. Il nostro statuto diocesano definisce l’associazione una palestra
di democrazia e il Papa ne ha parlato come di una palestra di sinodalità.
Non c’è contrasto tra sinodalità e democrazia, la prima potendo
essere vista come una forma più intensa della seconda e la seconda come una
manifestazione della prima tesa verso la pienezza. Il metodo democratico ha a
che fare con i valori, proprio come la sinodalità, non solo con le procedure, le votazioni, per
l’attribuzione degli incarichi. Tra quei valori è molto importante quello della
formazione, anche mediante auto-formazione. La formazione rende capaci di
pensiero autonomo e quindi creativi. La formazione alla democrazia e
alla sinodalità ecclesiale, che deve comprendere un vero tirocinio di esse,
rende possibile l’azione collettiva, superando, integrandole, le differenze
caratteriali e di punti di vista, in modo da non dover sempre dipendere da un
superiore istituito dall’alto per pacificare.
C’è, in definitiva, qualcosa di
molto importante che ci accomuna ed è la nostra fede religiosa. D’altra parte
ogni persona la vive in modo creativo, non si tratta semplicemente di adeguarsi
a modelli della tradizione validi universalmente, per la donna e per l’uomo,
per il bambino, il giovane o l’anziano, per chi vive nel mondo
e per chi vorrebbe vivere fuori del mondo
(tuttavia a volte legiferando sul mondo), per la persona sana e per
quella malata, per l’oppresso come per l’oppressore e via dicendo.
Leggo che a volte le persone laiche di fede sono accusate di volersi costruire una
fede a modo loro, secondo le rispettive esigenze personali, come quando si va
al supermercato e qualcosa si sceglie e qualcos’altra la si scarta. E’ un
addebito ingiusto e che largamente dipende da una visione clericalizzata del
popolo dei credenti.
Non c’è un modello di fede che vada bene per
tutti. Ci sono del resto moltissime questioni aperte a livello teologico, che
non conviene superare come nel nostro triste passato con delle specie di
scomuniche. Ma anche nella pratica quotidiana, bisogna prendere consapevolezza
che in materia di etica religiosa certe volte sono proprio i metodi di
insegnamento che non vanno, troppo centrati sulla forza dell’autorità e sulla
pretesa di rigida uniformità, se non a modelli sociali ormai obsoleti, quando poi la storia ci dimostra chiaramente
che l’autorità raramente ci piglia al primo colpo nelle
questioni che travagliano in particolare la vita delle persone laiche. In una
Chiesa realmente sinodale questi
problemi potrebbero essere avviati alla soluzione.
Del resto è effettivamente così che va nelle questioni di fede:
finché ci si mantiene sulle generali, certi problemi sono avvertiti quasi solo
dai teologi, quando invece si passa alle questioni pratiche e si osservano da
vicino tutto si complica.
Certo, abbiamo una teologia dogmatica che talvolta
appare spietata ma una pastorale piuttosto comprensiva, però questa non
è una soluzione che soddisfi veramente.
Un laicato consapevole potrebbe contribuire a superare questo
stato di cose. Inutile cercare soluzioni nelle teologie correnti: la teologia
ragiona sempre su ciò che è stato già acquisito per altra via, è un riflessione
a posteriori. Bisogna cambiare, o almeno provare a cambiare, poi i teologi
seguiranno. Questo è, appunto, il metodo proposto per nei cammini sinodali in corso: c’è l’idea di una riforma che parta dal
basso.
Una certa familiarizzazione con i ragionamenti teologici serve,
perché i nostri vescovi e i nostri preti hanno fondamentalmente una cultura
teologica, parlano teologico, e quando
se ne è completamente digiuni non ci si intende, ma senza eccedere, perché il
metodo della teologia porta in genere a creare ostacoli insuperabili
da parte della teologia stessa, ma superabilissimi nella pratica delle
relazioni umane.
Il contadino esce, guarda il cielo, e capisce se farà brutto
tempo o non, e se è tempo di seminare o di mietere: è scritto. Ma di questi
tempi questo non è più tanto vero. Le società cambiano molto rapidamente e si
stenta ad adeguarsi.
Non si riescono più a fare
previsioni affidabili. Rimane certo lo scorrere del tempo, per cui
inesorabilmente ci si fa più anziani, così come rimangono le stagioni, perché
il cosmo è indifferente al nostro problema biologico, e ruota,
ruota, ruota, ma la fede è un fatto sociale e se la vita sociale è colpita,
addirittura certe volte interdetta, la fede ne risente.
Allora, proprio in tempi come quelli che stiamo vivendo,
occorre esercitarsi in quella nostra fede, svilupparla, praticarla attivamente,
farla reagire con ciò che ci accade intorno. In modo, ad esempio, da essere
capaci di liturgia anche quando non siano praticabili quelle consuete, dirette
dal clero, come è avvenuto nei tempi della recente pandemia. Non è
possibile concludere che o la messa o nulla. Naturalmente
anche a questo si è poco o nulla formati. Ed è un problema serio.
Dunque, per tutti noi l’anno di attività associativa
che ci attende sarà ancora molto impegnativo, richiederà di imparare e
praticare cose nuove, perché stiamo vivendo tempi nuovi, terribili anche, ma
essenzialmente nuovi, pieni anche di grandi speranze, come quelle
suscitate dai cammini sinodali che abbiamo intrapreso.
Ci sarà una fatica da affrontare, resistenze anche interiori da
superare. Perché in genere ci hanno insegnato ad essere piuttosto conservatori
e, facendoci anziani, lo diveniamo naturalmente. I tempi nuovi scompaginano la
tradizione, anche solo intesa come l’insieme delle nostre care consuetudini, e,
guardando alla storia, è sempre stato così. Indietro non si torna e nemmeno ci
si può fermare.
Del reato non ci sono stati promessi così, tutti nuovi,
i tempi che ci hanno insegnato ad attendere?
Per chi vi volesse approfondire segnalo i seguenti link:
Statuto AC Nazionale:
https://azionecattolica.it/statuto
Atto normativo diocesano:
Mario Ardigò – Azione Cattolica in San
Clemente papa - Roma, Monte Sacro, Valli