Blog al servizio dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia San Clemente papa, in Roma, Monte Sacro, Valli
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Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.
This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.
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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)
Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)
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Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.
Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.
Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.
Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente due martedì e due sabati al mese, alle 17, e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.
Per partecipare alle riunioni del gruppo on line con Google Meet, inviare, dopo la convocazione della riunione di cui verrà data notizia sul blog, una email a mario.ardigo@acsanclemente.net comunicando come ci si chiama, la email con cui si vuole partecipare, il nome e la città della propria parrocchia e i temi di interesse. Via email vi saranno confermati la data e l’ora della riunione e vi verrà inviato il codice di accesso. Dopo ogni riunione, i dati delle persone non iscritte verranno cancellati e dovranno essere inviati nuovamente per partecipare alla riunione successiva.
La riunione Meet sarà attivata cinque minuti prima dell’orario fissato per il suo inizio.
Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma
NOTA IMPORTANTE / IMPORTANT NOTE
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domenica 8 giugno 2025
sabato 7 giugno 2025
Futuro remoto
Futuro remoto
Ci sono narrazioni e narrazioni: tutte sono, in
qualche modo, produzioni sociali.
Una narrazione esiste se chi narra si rivolge
a una persona che ascolta e si narra per essere ascoltati.
Ma le narrazioni sono, tutte, anche produzioni
mentali. In qualche modo hanno sempre un aggancio con la realtà. Quelle più
affascinanti cercano di rendere un’immagine che corrisponda il più fedelmente
possibile a ciò che si muove oltre la
propria mente. Lo si fa applicandosi pazientemente sulle tracce che ce ne
giungono e confrontandosi sui risultati.
E’ un lavoro che può riguardare il presente,
ma anche il passato e il futuro.
Spesso nelle nostre comunità ecclesiali non
si ha la pazienza di farlo e ci si accontenta di fantasie di natura mitologica
che servono per regolarsi nel presente e nel futuro prossimo.
Eppure gli spiriti religiosi più alti si sono
spinti più lontano, ma solo ai nostri tempi lo si può fare su grande scala e
soprattutto con grande attendibilità. Il risultato spesso sconcerta.
Del resto le narrazioni bibliche, su cui si
esercita in gran parte la nostra religiosità, ci portano poco lontano, almeno
esplicitamente. Quelle affidabili, che hanno reali riscontro, risalgono ad
epoca storica e la storia dura da
circa cinquemila anni, un battito di ciglia rispetto al passato, e comunque poco,
anche considerando la nostra specie, quella dell’Homo sapiens, le cui
prime tracce risalgono a circa duecentomila anni fa, e da allora, almeno nella
struttura fisica, e in particolare nella fisiologia della nostra mente, si è cambiati
pochissimo.
Ci sembrano tanti i duemila anni della storia
dei cristianesimi e sono solo la minor parte di quei cinquemila anni di storia.
Si stima che gli Homo Sapiens siano divenuti capaci di cultura e quindi delle
prime civiltà da circa settantamila anni. Però le prime tracce di ominidi
risalgono a sette milioni di anni fa. C’è una linea evolutiva che ha portato
agli attuali umani, una linea evolutiva tra le altre, la sola ad essere arrivata
fino a noi. Perché gli altri ominidi si sono estinti. Di alcune specie estinte
portiamo traccia nel nostro DNA: questa è un’acquisizione molto recente della
genetica; risale a studi pubblicati nel 1997.
Nei
programmi scolastici si cerca di dare consapevolezza fin dai primi anni della
scuola secondaria, ma nella formazione religiose di solito se ne prescinde
completamente. Ci si ferma a spiegazioni bambinesche, che vanno bene, appunto
per bambine e bambini. Ma così non va bene. Infatti, com’è scritto:
Quand'ero bambino,
parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Divenuto uomo, ho
eliminato ciò che è da bambino.
[Dalla prima lettera di
Paolo di Tarso ai Corinzi, capitolo 13, versetto 11 – 1Cor 13, 11- versione in
italiano CEI 2008]
Sembra che ci si aspetti che, nelle cose
della religione, a parte chierici e religiosi, si debba rimanere bambine e
bambini e questo viene presentato come una virtù sulla base del famoso detto
evangelico del diventare come bambini, che però non va interpretato in quel
senso, naturalmente. Infatti il Maestro radunò intorno a sé uomini e donne, non
bambini e bambine, e chiese loro decisioni importanti, difficili, rischiose, da
uomini e donne, non da bambine e bambini.
I Papi hanno istituito una Pontificia accademia
delle scienze (nel Seicento) e, dal 1994, una Pontificia accademia delle
scienze sociali, per promuovere il dialogo informato e affidabile tra fede
e scienze e fornire elementi affidabili per i documenti del magistero che
toccano competenze scientifiche. Di quegli organismi sono stati chiamati a far parte
anche scienziati non credenti, agnostici o credenti in altre fedi. Le scienze,
infatti, progrediscono nel dialogo e quanto più vasto esso è maggiormente si
progredisce.
Invece, nelle nostre comunità ecclesiali, si
nota spesso una pastorale dell’ovile, nel senso che si cerca di
orientarle in modo che non emergano problemi, in particolare quelli creati,
appunto, dal pensiero scientifico e dal pluralismo sociale.
Non c’è da meravigliarsi, dunque, che le
persone giovani, quando si confrontano con un maggior grado di autonomia, tendono
ad allontanarsi da una pratica religiosa che diviene progressivamente inutile, per
ciò che a loro serve.
Lo sviluppo di una sinodalità ecclesiale di
base potrebbe giovarsi di pratiche comunitarie diverse, per le persone che sono
interessate ad allargare i propri orizzonti, come tipicamente sono le persone
giovani. Mi pare che, invece, le attività che si programmano siano in genere
adatto a un pubblico piuttosto avanti con gli anni. Certo ci sono anche le
persone anziane, ma bisognerebbe occuparsi anche delle altro, e non solo nell’ottica
della preparazione ai sacramenti.
Non sto a criticare quello che si fa, dico
solo che non mi pare sufficiente, che bisognerebbe integrarlo con altro.
Ai tempi nostri la scienza ci ha consentito
di spingere le nostre indagini e, quindi, le nostre conoscenze, fin ai primi
istanti del manifestarsi della natura come oggi ancora è e, di conseguenza, di
fare previsioni sul futuro remoto. Sappiamo già, con buona affidabilità, come e
quando finirà il nostro sistema solare, e quindi la nostra Terra. Sappiamo che,
nel volgere di centinaia di milioni di anni, la deriva dei continenti cambierà
profondamente l’aspetto delle terre emerse, come è avvenuto negli ultimi trecento
milioni di anni, con lo sviluppo dei continenti come li conosciamo oggi da un
originario supercontinente. Solo cinque milioni e mezzo di anni fa non esisteva il Mar Mediterraneo
come lo conosciamo oggi: si era quasi completamente prosciugato; poi l’Oceano si
riversò nella grande depressione che ora ne costituisce di nuovo il bacino.
Ma, ci si può chiedere: visto che la speranza
di vita degli esseri umani in Europa è poco più di ottant’anni, che ci importa
di eventi che accadranno tanto lontano nel futuro? Il problema è che l’umanità
del lontano futuro sarà lo sviluppo della nostra specie, di noi esseri umani di
adesso. Si è emersi dagli altri primati da duecentomila anni circa, ma, visto
lo sviluppo velocissimo, e non di rado catastrofico, dell’umanità, non possiamo
essere sicuri che nostri discendenti saranno ancora vivi tra duecentomila anni.
Dipenderà fondamentalmente dall’organizzazione sociale che l’umanità saprà
darsi. E’ stato un tema che nel magistero di papa Francesco è stato molto
sviluppato. Però nella nostra Chiesa non di rado il succedere di un Papa ad un altro
ha portato ad abbandonare filoni di approfondimento del magistero passato,
anche se si è sempre cercato di stabilire una certa continuità, specialmente
nel campo della politica e l’organizzazione sociale attiene proprio ad essa.
Le teologie
cristiane hanno cominciato da tempo ad approfondire il significato per la fede
di ciò che si è saputo in modo affidabile sul passato dell’umanità e, quindi,
anche sul suo futuro remoto. C’è, mi pare, una
obiettiva difficoltà di farlo rientrare nell’idea di Creazione e di Provvidenza. A volte si ricade nel
mito o nel fantastico cercando di dare una coerenza che non è di immediata
evidenza, anche se rientra nei nostri auspici spirituali.
Mario
Ardigò – Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli
venerdì 6 giugno 2025
Narrare gli dei
Narrare degli dei
Ogni umanità ha narrato dei suoi dei, fin dai tempi della preistoria. Quando, con la diffusione di documenti scritti, iniziò l’epoca che chiamiamo storia, quelle tradizioni erano già consolidate e articolate.
Aiutiamoci con ChatGpt per richiamare informazioni che troviamo ormai anche nei manuali scolastici per le scuole secondarie.
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Ricerca del 6-6-2025
Promt (richiesta formulata all’algoritmo]: Elencami, per favore, le tradizioni più antiche, alla soglia della preistoria, sugli dei
Le più antiche tradizioni religiose dell’umanità, risalenti alla soglia della preistoria, ci offrono una preziosa testimonianza di come i nostri antenati cercassero di comprendere e interagire con il mondo che li circondava. Sebbene prive di testi scritti, queste tradizioni si manifestano attraverso reperti archeologici, arte rupestre e pratiche rituali.
🌍 Le prime forme di religiosità preistorica
1.
Animismo e culto della natura
Nelle società preistoriche, era diffusa la credenza che ogni elemento naturale — alberi, rocce, animali, fiumi — fosse abitato da uno spirito o forza vitale. Questa visione animistica attribuiva un’anima non solo agli esseri viventi, ma anche agli oggetti inanimati. Le divinità venivano spesso rappresentate in forme zoomorfe (animali) o antropomorfe (umane), simboleggiando la protezione, la salute, la morte e la felicità .
2.
Il culto della Dea Madre
Una delle figure più emblematiche della religiosità preistorica è la “Dea Madre”, simbolo di fertilità e abbondanza. Statuette come la Venere di Willendorf (circa 23.000–19.000 a.C.) rappresentano donne dai tratti accentuati, evidenziando l’importanza della maternità e della fecondità nella società dell’epoca .
3.
Riti funerari e credenze nell’aldilà
Le pratiche funerarie preistoriche indicano una credenza nella vita dopo la morte. I defunti venivano sepolti con oggetti personali, cibo e armi, suggerendo l’idea di un’esistenza oltre la vita terrena. L’uso dell’ocra rossa nelle sepolture, ad esempio, potrebbe simboleggiare il sangue e quindi la vita .
4.
Luoghi di culto e megaliti
Nel Neolitico, con la nascita dell’agricoltura e dei primi villaggi, si svilupparono luoghi di culto più strutturati. Siti come Göbekli Tepe (circa 10.000 a.C.) in Turchia presentano strutture megalitiche decorate con rilievi di animali, suggerendo rituali complessi e una forma di religiosità organizzata.
5.
Sciamanesimo e figure medianiche
In molte culture preistoriche, lo sciamano era una figura centrale, considerato un intermediario tra il mondo umano e quello spirituale. Attraverso trance e rituali, lo sciamano cercava di guarire, prevedere il futuro o comunicare con gli spiriti.
🏺 Dalle credenze preistoriche alle religioni antiche
Con l’avvento delle prime civiltà, le credenze preistoriche si evolsero in religioni più strutturate:
- Mesopotamia: Emergono divinità come Enki, dio delle acque e della saggezza, e Marduk, dio della giustizia e protettore di Babilonia .
- Egitto: Il culto solare diventa predominante, con divinità come Ra, Atum e Osiride che simboleggiano la creazione, la vita e l’aldilà .
- Civiltà cananea: Divinità come El, Baal e Mot rappresentano forze naturali e cosmiche, con miti che spiegano i cicli della natura e la lotta tra vita e morte .
Queste antiche tradizioni religiose riflettono l’innato desiderio umano di comprendere l’universo, dare un senso alla vita e alla morte, e trovare un posto nel grande schema dell’esistenza.
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Secondo l’antropologia delle religioni i primi dei furono quelli immaginati come residenti in Cielo, indifferenti alle sorti degli umani. Poi si immaginò di poter entrare in relazione con loro per influirvi, in particolare mediante rituali. Da qui la formazione di ceti sacerdotali, specializzati in questo. Furono anche immaginati dei con la propensione o la missione di immischiarsi nelle faccende umane.
Facciamoci ancora aiutare da ChatGPT
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Ricerca del 6-6-2025
Prompt: Quali sono, nell’antropologia delle religioni più antiche, i miti su dei che sono un collegamento tra gli dei del Cielo e l’umanità?
Nell’antropologia delle religioni, numerosi miti antichi descrivono divinità che fungono da intermediari tra il cielo e l’umanità, colmando il divario tra il divino e il terreno. Ecco alcuni esempi significativi:
🌍 Mitologia Sumera e Babilonese
- Enki (Ea): Dio dell’acqua dolce e della saggezza, Enki è spesso raffigurato come mediatore tra gli dei e gli uomini. Nel mito di Enki e Ninhursag, egli crea la vita e interviene per guarire malattie, simboleggiando la connessione tra il divino e l’umano.
- Marduk: Nel poema babilonese Enūma Eliš, Marduk sconfigge il caos primordiale rappresentato da Tiamat e crea il mondo. Successivamente, crea l’umanità mescolando il sangue di Kingu con l’argilla, stabilendo un legame diretto tra gli dei e gli uomini.
🐍 Mitologia Greca
- Prometeo: Titano che rubò il fuoco agli dei per donarlo agli uomini, Prometeo è un simbolo di ribellione e di connessione tra il divino e l’umano. La sua punizione da parte di Zeus sottolinea le tensioni tra gli dei e l’umanità.
🌄 Mitologia Cinese
- Pangu: Secondo il mito, Pangu separò il cielo e la terra, creando il mondo. Alla sua morte, il suo corpo divenne parte del mondo naturale: il respiro divenne vento, la voce tuono, gli occhi il sole e la luna.
- Nüwa: Dea che modellò gli esseri umani dall’argilla e riparò il cielo dopo una catastrofe, rappresentando la cura divina per l’umanità e la connessione tra cielo e terra.
🌿 Mitologia Africana
- Anansi: Nella tradizione Ashanti, Anansi è un dio ragno noto per la sua astuzia. Agisce come intermediario tra gli dei e gli uomini, portando conoscenza e saggezza all’umanità.
- Ngai: Per il popolo Kikuyu del Kenya, Ngai è il dio supremo che vive sul monte Kirinyaga. Egli creò l’uomo e la donna e continua a interagire con l’umanità, simboleggiando il legame tra il cielo e la terra.
🌌 Mitologia dei Nativi Americani
- Tsichtinako: Nella tradizione dei Pueblo, Tsichtinako è uno spirito che guida le sorelle creatrici nella formazione del mondo e dell’umanità, fungendo da collegamento tra il divino e l’umano.
Questi miti evidenziano come diverse culture abbiano concepito divinità o esseri soprannaturali che fungono da ponte tra il cielo e l’umanità, riflettendo il desiderio umano di comprendere e connettersi con il divino
Ho poi chiesto notizie su mito di Ghilgamesh
Il poema di Gilgamesh è uno dei più antichi testi letterari conosciuti dell’umanità. Si tratta di un poema epico in lingua accadica, scritto su tavole di argilla in scrittura cuneiforme, che racconta le imprese di Gilgamesh, leggendario re di Uruk (nell’odierno Iraq meridionale).
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Epoca
- La forma più compiuta risale al XII secolo a.C., proveniente dalla biblioteca di Assurbanipal a Ninive (VII secolo a.C.).
- Tuttavia, esistono versioni più antiche sumere (tra il 2100 e il 1800 a.C.) che contengono racconti sparsi su Gilgamesh, poi riorganizzati nell’epopea accadica.
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Trama essenziale
L’epopea è composta da 12 tavole. Ecco i nuclei principali:
1.
Gilgamesh e la sua tirannia
- Gilgamesh è re di Uruk, ma è arrogante e opprime il suo popolo.
- Gli dei creano Enkidu, un uomo selvaggio, per contrastarlo.
2.
L’amicizia con Enkidu
- Dopo uno scontro iniziale, Gilgamesh ed Enkidu diventano amici inseparabili.
3.
L’impresa nella foresta dei cedri
- I due eroi partono per uccidere Humbaba, il guardiano della foresta sacra. Vi riescono, ma sfidano gli dei.
4.
L’offesa alla dea Ishtar
- Ishtar si innamora di Gilgamesh, ma viene respinta. In risposta, scatena il Toro Celeste, che i due eroi uccidono.
5.
La morte di Enkidu
- Gli dei puniscono i due per la loro arroganza facendo morire Enkidu.
- Gilgamesh è devastato dal dolore.
6.
La ricerca dell’immortalità
- Ossessionato dalla morte, Gilgamesh cerca Utnapishtim, un uomo reso immortale dagli dei dopo il Diluvio Universale.
7.
Il Diluvio
- Utnapishtim racconta a Gilgamesh il mito del Diluvio, molto simile a quello biblico.
- Gli dei, dopo aver salvato Utnapishtim, gli concessero l’immortalità.
8.
La rinuncia e il ritorno
- Gilgamesh fallisce nel suo tentativo di ottenere l’immortalità.
- Torna a Uruk più saggio, accettando il limite umano e celebrando la civiltà costruita.
📚
Temi principali
- Amicizia (Gilgamesh e Enkidu)
- Morte e immortalità
- Limiti umani e accettazione della condizione mortale
- Civilizzazione (Enkidu passa dalla natura alla cultura)
- Relazione tra uomo e divinità
✨ Importanza culturale
- È il primo grande poema dell’umanità, precursore delle grandi epopee come l’Iliade e l’Odissea.
- Il mito del diluvio universale contenuto nel poema è molto simile a quello della Bibbia (Noè) e del racconto sumero di Ziusudra.
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Fin dall’antichità le figure degli dei furono legate alle potenze della natura, comprese quelle inerenti al ciclo vitale degli organismi, con nascita, riproduzione e morte. Gli antichi dei avevano quindi una evidenza che nei cristianesimi dei giorni nostri è molto più controversa. È evidente ciò di cui ci si convince senza bisogno di dimostrazione.
Molte persone cristiane ritengono di cogliere evidenze del soprannaturale, ma non è questo il mio caso. Sto a quanto me ne viene narrato. In generale, sono portato a sospettare che chi propone esperienze del soprannaturale abbia avuto traveggole emotive, e questo senza che sia mia intenzione offendere: l’immagine della realtà come la percepiamo è creata dalla nostra mente, potentemente influenzata dalle emozioni, tanto che se ne parla come di mente emotiva.
Su che si basa il nostro credere religioso e in che cosa si differenzia dal credere di culti più antichi e, comunque da tutti gli altri culti non cristiani? L’affidamento nelle narrazioni delle tradizioni è ancora fondamentale. A parte questo non abbiamo mezzi per penetrare realmente le realtà soprannaturali e il nostro Dio rimane ancora un Dio nascosto, come è scritto nel libro di Isaia, capitolo 45, versetto 15 [Is 45,15]
Veramente tu sei un Dio nascosto,
Dio d'Israele, salvatore.
E tuttavia la vita secondo il vangelo cristiano può essere considerata come una via per renderci capaci di manifestare il soprannaturale. È un paradosso, perché noi, come organismi viventi, siamo parte della natura. Rendersi conto del soprannaturale in noi è un potente elemento di convinzione, che non può essere smentito ad un esame più approfondito, come in genere accade con le altre riferite manifestazioni del prodigioso soprannaturale.
Mi pare che spesso la vita religiosa sia concepita come in un situarsi in un sogno. I grandi maestri di spiritualità cristiana insegnano altrimenti, però. A lasciarsi alle spalle le immaginifiche rappresentazioni del soprannaturale religioso, come, sbucciano una cipolla, si levano gli strati più esterni per arrivare al suo cuore.
Facciamoci sintetizzare questo concetto da ChatGPT, il potente algoritmo di intelligenza non organica:
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Ricerca del 6-6-25
Prompt: Sai dirmi, per favore, chi fu il maestro di spiritualità cristiana che consigliò di procedere nella spiritualità affrancandosi dalle superficiali rappresentazioni come quando, sbucciando una cipolla, si leva strato su strato per arrivare al cuore? Parlami della “via della purificazione, in Giovanni della Croce
Il maestro di spiritualità cristiana che usò l’immagine della cipolla per descrivere il cammino interiore verso Dio, liberandosi via via da strati superficiali, fu Henri Nouwen (1932–1996) [pronuncia: An-rì Nau-en] sacerdote cattolico olandese, psicologo, teologo e scrittore molto influente nel XX secolo.
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L’immagine della cipolla
Henri Nouwen utilizzò più volte la metafora della cipolla per descrivere la spiritualità profonda come un processo di spoliazione graduale:
“La nostra vita interiore è come una cipolla. Ogni volta che pensiamo di essere giunti al cuore, c’è ancora uno strato da togliere. E non possiamo arrivare al centro se non lasciando andare ogni rappresentazione, ogni illusione, anche religiosa.”
➡️ Con questa immagine, Nouwen voleva invitare a una spiritualità di autenticità, che non si accontenti di immagini o sentimenti superficiali, ma che tocchi il nucleo nudo dell’essere umano, dove si incontra Dio in verità.
📚 Alcune sue opere fondamentali:
- “La via del cuore” (The Way of the Heart)
- “Ritorno a casa” (The Return of the Prodigal Son)
- “Lettera a un amico”
- “Pan e vino. Meditazioni eucaristiche”
✝️ In continuità con la tradizione
Questa immagine della cipolla richiama anche la via della “purificazione” tipica della mistica cristiana, da san Giovanni della Croce a Meister Eckhart, ma Nouwen la esprime in modo semplice e accessibile, adatto alla vita interiore dell’uomo contemporaneo.
Certamente, Mario. La “via della purificazione” è uno dei concetti fondamentali nella mistica di san Giovanni della Croce (1542–1591), carmelitano scalzo, dottore della Chiesa e maestro di spiritualità tra i più profondi della tradizione cristiana.
🕯️
Contesto spirituale
San Giovanni della Croce, insieme a santa Teresa d’Avila, riformò l’Ordine Carmelitano, e la sua opera principale è guidare l’anima verso l’unione trasformante con Dio. Questo cammino è spesso descritto come un processo di purificazione progressiva.
🛤️
La via della purificazione: le tre fasi della vita spirituale
Nella sua dottrina mistica, egli distingue tre vie spirituali, in analogia con la tradizione:
1. Via purgativa (purificazione)
2. Via illuminativa
3. Via unitiva
San Giovanni si concentra in modo speciale sulla prima fase: quella della purificazione, che egli chiama le “notti” dell’anima.
🌑
Le due notti della purificazione
San Giovanni parla di due grandi “notti”:
1.
Notte dei sensi
Esposta nel trattato: Salita del Monte Carmelo
- È la fase iniziale, in cui l’anima comincia a spogliarsi dagli attaccamenti sensibili, anche religiosi (consolazioni, immagini, emozioni).
- Dio conduce l’anima in un periodo di aridità spirituale, per educarla a cercare Dio per se stesso, non per i benefici percepiti.
- L’anima si sente confusa, ma è un passo necessario per crescere nella fede nuda e nella speranza pura.
2.
Notte dello spirito
Descritta in: Notte oscura dell’anima
- È una fase più profonda e dolorosa. L’anima è purificata nell’intelligenza, nella memoria e nella volontà.
- Si entra in una condizione di desolazione e apparente lontananza da Dio, che però ha un senso: Dio sta preparando l’unione mistica, svuotando l’anima di tutto ciò che non è Lui.
🔥
Scopo della purificazione
Il fine di questo processo non è il dolore, ma l’unione trasformante con Dio: l’anima viene “deificata”, partecipa intimamente alla vita divina, nella carità perfetta.
Giovanni la paragona all’incendio di un legno nel fuoco
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Mario Ardigò- Azione Cattolica in San Clemente papa – Roma, Monte Sacro, Valli, con l’aiuto di Chat GPT