Prolusione di
Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, al Consiglio
permanente dell’organizzazione - 23-3-15
dal WEB:
http://www.avvenire.it/Dossier/CEI/Prolusioni/Pagine/prolusione-bagnasco-consiglio-permanente-marzo-2015.aspx
Cari Confratelli.
1. L’Anno Santo della Misericordia
I nostri lavori si aprono
avendo nell’anima la lieta sorpresa che il Santo Padre Francesco ha fatto al
Popolo di Dio: “Cari fratelli e sorelle, ho pensato spesso a come la Chiesa
possa rendere più evidente la sua missione di essere testimone della misericordia.
Per questo ho deciso di indire un Giubileo straordinario che abbia al suo
centro la misericordia di Dio. Sarà un Anno Santo della Misericordia. Lo
vogliamo vivere alla luce della parola del Signore: «Siate misericordiosi come
il Padre»” (Papa Francesco, Omelia 13.3.2015). Ci aspetta, dunque, un
particolare anno di grazia per poter fare, insieme ai nostri amati Sacerdoti e
Diaconi, alle persone consacrate, alle nostre Comunità, una più intensa
esperienza del cuore misericordioso di Dio, di cui Gesù è “volto vivo” (id).
Sembra quasi che ai moltissimi auguri che da tutto il mondo sono arrivati al
Papa per il secondo anniversario della sua elezione al ministero petrino, abbia
voluto rispondere con un regalo più grande, regalo che è anche un invito e un auspicio,
quello di camminare più spediti e lieti nella via della conversione del cuore e
della vita personale ed ecclesiale.
Sì, è un grande dono, e
come tale non vogliamo sprecarne neppure un poco, sapendo bene che solamente se
volgiamo i nostri occhi al Volto della bellezza, anche noi potremo non solo
risplendere della Luce di Cristo, ma altresì illuminare gli altri con la Sua
luce, che è verità liberante e salvatrice. E’ questo, infatti, il secondo scopo
dell’Anno Santo: “Una nuova tappa del cammino della Chiesa nella sua missione
di portare ad ogni persona il Vangelo della misericordia” (id). Cristo è il
volto della misericordia del Padre – ricorda il Papa – poiché rende il cuore di
Dio vicino, prossimo alla miseria umana, all’umanità povera e umiliata perché
affaticata dall’antico peccato e dai peccati personali: è segnata dal “malum
mundi” e dai “mala mundi”. Icona evangelica della misericordia di Dio è la
parabola del buon Samaritano, nella quale Gesù non solo annuncia l’azione
misericordiosa del Padre, ma ne esplicita i diversi sentimenti e i gesti
coerenti.
Ne risulta un quadro tratteggiato con
alcune pennellate essenziali, come le cinque vie del prossimo Convegno Ecclesiale di Firenze ispirate
all’Evangelii gaudium (cfr n. 24). L’esperienza della misericordia
divina ci fa “uscire”, ci fa prendere il largo sulle strade degli altri. Nessun
luogo è talmente lontano o chiuso da essere inaccessibile al Dio misericordioso
e pietoso, grande nell’amore. E poi bisogna “annunciare”: anche il samaritano
ha annunciato a suo modo la novità di Cristo: lo ha fatto attraverso dei gesti
che parlano e dicono che Dio è presente. Con l’uscire e l’annunciare si può
rimanere ancora esterni alla miseria umana: è necessario anche “abitarla”.
Appunto come il Samaritano, che è entrato nella sciagura del malcapitato, nella
sua paura e nella sua umiliazione: ha accettato di rallentare il proprio passo,
di ritardare la marcia per abitare il bisogno altrui versandovi olio e vino. In
questo modo ha svolto anche un’opera “educativa”. Come? Con il suo farsi
prossimo ha immesso nel mondo il germe di una rivoluzione; ha posto in
questione una visione che toccava non solo il levita di passaggio; ha gettato
il guanto della sfida a una cultura individualista. Ha detto “no” a una visione
che scarta il debole e lo abbandona al suo destino. E così ha iniziato quella
“trasfigurazione” della realtà che si compirà in Cristo, il vero, grande
Samaritano dell’umanità: con quel gesto ha preso corpo sulla terra il sogno di
una umanità nuova e bella che sarà possibile grazie all’irruzione dello
Spirito.
Sull’Evangelii
gaudium – sulle considerazioni e le direttrici che traccia – si concentrerà
l’attenzione dell’Episcopato italiano nella prossima Assemblea Generale di maggio: ci chiederemo quanto la ricca
Esortazione apostolica sia entrata nella mente e nei cuori dei credenti, e sia
diventata criterio di vita spirituale e di pastorale. Nelle Conferenze
Episcopali delle nostre Regioni a questo ci stiamo preparando, facendo anche
un’attenta riflessione sui Lineamenta in vista del Sinodo Ordinario dei Vescovi sulla famiglia, che si celebrerà nel
prossimo ottobre. Insieme al nostro Clero, rinnoviamo alle persone consacrate la nostra paterna
stima e gratitudine: con le nostre comunità vogliamo vivere accanto a loro e
con loro questo speciale Anno che il Santo Padre ha dedicato al grande carisma
della radicale consacrazione a Dio e alla Chiesa.
2. La persecuzione dei cristiani
Sollecitati dal Papa a guardare
lontano e a pensare in grande il nostro ministero e la nostra stessa umanità,
non possiamo non rimanere dolorosamente attoniti di fronte alla persecuzione
contro i cristiani che cresce e si incrudelisce. Il mondo della fede, del buon
senso comune, il mondo dell’umano, rimane sconcertato e percosso. E si interroga: perché? Perché
perseguitare e uccidere? Perché tanta barbarie compiaciuta ed esibita sul
palcoscenico mediatico del mondo? Perché non fermarsi neppure davanti ai
bambini, agli inermi? È forse l’odio
per l’Occidente? Ormai la storia senza pregiudizi ha fatto le giuste
distinzioni: gli errori del passato non coincidono in nessun modo con il
Vangelo, il libro di Gesù. È forse la paura di fronte alla modernità con i suoi
valori di libertà, di uguaglianza, di democrazia, di giusta laicità, di
valorizzazione e di rispetto per la donna…? È forse la rabbia di sapersi perdenti di fronte alla storia che incalza
inesorabile? È forse la ritorsione verso un consumismo che allenta i vincoli,
stempera le idee, tende ad appiattire gli ideali e a ridurli al benessere
materiale? È forse il tentativo turpe e macabro di regolare i conti all’interno del proprio mondo culturale e
seminare terrore tra coloro che la pensano diversamente? C’è forse la speranza
che l’Occidente ceda alle feroci provocazioni
e reagisca, per poi poter gridare all’invasione o peggio, e così
riattizzare vecchi fuochi? La ragione, prima ancora che le fedi, non può non
condannare tanta barbara e studiata crudeltà contro le minoranze e in
particolare contro i cristiani solo perché cristiani. E non può non condannare
strategie folli e sanguinarie che portano indietro l’orologio della storia.
La religione non può mai
essere impugnata per uccidere o fare violenza: invocare il nome di Dio per
tagliare le gole è una bestemmia che grida al cospetto del cielo e della terra.
I cristiani copti, uccisi
anch’essi in modo spettacolare, ci hanno ricordato il cuore del Vangelo, il
vero volto del Cristianesimo. Con il cuore in ginocchio, riascoltiamo la
testimonianza del fratello di due giovani martirizzati dai fondamentalisti:
nostra madre “è una donna senza istruzione, con più di sessant’anni. Le ho
chiesto cosa farebbe se vedesse uno dell’Isis passare per la strada e le
dicessero che quello è l’uomo che ha sgozzato i suoi figli. Ha detto: chiederei
a Dio di aprirgli gli occhi e gli chiederei di venire a casa nostra perché ci
ha aiutati ad entrare nel Regno di Dio”! “Poiché siamo cristiani, diciamo: noi
vi amiamo”, così l’Arcivescovo di Mosul, Mons. Amel Shamon Nona, che ha
aggiunto: “In Oriente, quando c’è il male, crediamo che là Dio c’è di più”! Il
mondo ha il dovere della giustizia e della sicurezza per tutti, ma il cristiano
ha nel cuore anche il perdono quando l’ingiustizia tocca la sua carne. Non sarà
di certo una macabra bandiera nera issata al posto di un crocifisso divelto che
potrà uccidere l’amore di Cristo: esso è ben piantato nel cuore dei suoi
discepoli.
Noi Vescovi del Consiglio
Permanente domani faremo un momento particolare di preghiera proprio per i
martiri, missionari e laici, di questi tempi: a tutti loro vogliamo far sentire
la vicinanza dell’amore nostro e delle nostre comunità, nonché la commossa
gratitudine per l’esempio di intrepida fede. Il sangue dei martiri è seme di
nuovi cristiani!
Mentre resta urgente la
responsabilità di assicurare i diritti della libertà religiosa nel mondo,
ancora una volta esortiamo l’Europa a un serio esame di coscienza sul fenomeno
di occidentali che si arruolano negli squadroni della morte. Non si può
liquidare la questione sul piano sociologico incolpando la mancanza di lavoro
nei vari Paesi: ciò può essere una concausa. Il problema è innanzitutto di
ordine culturale: non si può svuotare
una cultura dei propri valori spirituali, morali, antropologici senza
che si espongano i cittadini a suggestioni turpi. In questo senso, la cultura
occidentale è minacciata da se stessa e favorisce il totalitarismo.
3. Il Paese
Volgiamo ora lo sguardo
al nostro Paese, innanzitutto con un doveroso e convinto atto di omaggio al
nuovo Capo dello Stato, il Presidente
Sergio Mattarella. Mentre gli esprimiamo la nostra lealtà di cittadini,
gli rivolgiamo altresì l’assicurazione della nostra preghiera per il suo
altissimo compito di riferimento unitario e di supremo garante della democrazia
e delle tradizioni del Paese. Tutto il popolo guarda alla sua persona con
questa fiducia. I Vescovi, fedeli alla loro missione di Pastori e nel rispetto
delle istituzioni democratiche, danno voce alla gente con l’unico intendimento
di contribuire alla costruzione del bene comune, a partire dai più deboli e
bisognosi.
In questo orizzonte,
torniamo a far eco alle parole del Santo Padre Francesco a Napoli: parole di
altissima condanna del malcostume e del
malaffare che sembrano diventati un “regime” talmente ramificato da
essere intoccabile. Esempi ne emergono ogni giorno: come corpi in stato di
corruzione, ammorbano l’aria che si respira, avvelenano la speranza e
indeboliscono le forze morali. È un destino fatale? Si può reagire? Senza
dubbi, diciamo che si deve reagire e che ciò è possibile. Tutti siamo
interessati al bene comune, e tutti ne siamo responsabili con i nostri
comportamenti. Naturalmente ognuno a livelli e con modalità diverse: politica e
magistratura, industria e finanza, impresa e sindacati, associazioni e media,
volontariato, gruppi e singoli cittadini. Ogni soggetto ha il dovere di fare
del proprio meglio per il bene della gente che è in gravi difficoltà e che
spesso è stremata: se l’onestà è un valore sempre e comunque, che misura la
dignità delle persone e delle istituzioni, oggi, le difficoltà di quanti si
trovano a lottare per sopravvivere insieme alla propria famiglia… sono un
ulteriore motivo perché la disonestà non solo non sia danno comune, ma anche non sia offesa gravissima per i poveri e gli
onesti. Ciò è insopportabile! La Chiesa è vicina a ogni persona di buona
volontà senza preclusioni o preferenze: persone e istituzioni che hanno
veramente a cuore il bene della gente e che lavorano per questo. Come ricorda
il Santo Padre, “la buona politica è una delle espressioni più alte della
carità, del servizio, dell’amore” (Papa Francesco, Discorso a Scampia,
21.3.2015).
Come Pastori, diamo voce
alla gente e, purtroppo, quella voce incalza le nostre parrocchie e diventa
grido: invoca lavoro per chi
l’ha perso e per chi non l’ha mai trovato. Invoca lavoro per chi è sfiduciato e
si arrende mettendosi ai margini della società, facile preda della malavita. E
con la disoccupazione, l’instabilità sociale cresce fatalmente: “Con la
mancanza di lavoro viene a mancare la dignità, e la persona rischia di cedere
ad ogni sfruttamento” (id). La Chiesa in Italia, a livello centrale, porta
avanti da anni il Progetto Policoro e il Prestito della speranza: sono anche
questi dei segni concreti che vengono incontro ai giovani, alle famiglie e alle
piccole imprese. Tutti sappiamo che non basta ripianare i buchi, ma occorre investire perché la
competizione globale esige di essere sempre all’avanguardia; perché le nostre
eccellenze devono essere difese con una continua ricerca; perché le
professionalità non deperiscano; perché il patrimonio nazionale non prenda il
volo per altri lidi, vanificando così i segnali positivi di ripresa che vengono
rilevati dagli esperti.
Continua la tragedia di uomini, donne, bambini, che attraversano il mare per
raggiungere le nostre coste con la speranza di una vita migliore; fuggono dai
loro Paesi per le ragioni che conosciamo: guerre, carestia, miseria, violenza.
E cosa trovano? Molto, ma certamente ancora insufficiente al fine di una vera
integrazione e di una vita nuova. Le forze in campo non sono poche, ma la
situazione richiede visione, energie e risorse, che attestino che l’Europa
esiste come casa comune e non come un insieme di interessi individuali ancorché
nazionali. Un coacervo dove chi è più forte fa lezione e detta legge. La
Chiesa, attraverso le Caritas e i Centri Migrantes, le parrocchie e le
associazioni specifiche, risponde con ogni mezzo, anche grazie all’otto per
mille, e mira a un processo di vera integrazione nel rispetto delle comunità di
accoglienza e dei cittadini.
L’attenzione al mondo della cultura e della scuola –
compresa la formazione professionale – è promettente: è in gioco la libertà di
educazione dei genitori per i loro figli. Non è una cortesia concessa a
qualcuno, ma è un diritto dei genitori: diritto fondamentale che – unico caso
in Europa – in Italia è stato affermato a parole, ma negato nei fatti da troppo
tempo. A proposito di cultura, non possiamo non dar voce anche alla
preoccupazione di moltissimi genitori, e non solo, per la dilagante colonizzazione
da parte della cosiddetta teoria del
“gender”, “sbaglio della mente umana”, come ha detto il Papa a Napoli
sabato scorso. Il gender si nasconde dietro a valori veri come parità, equità,
autonomia, lotta al bullismo e alla violenza, promozione, non discriminazione…
ma, in realtà, pone la scure alla radice stessa dell’umano per edificare un
“transumano” in cui l’uomo appare come un nomade privo di meta e a corto di
identità. La categoria “Queer Theory”, nata negli Stati Uniti, combatte contro
il normale, il legittimo, e ingloba tutte le soggettività fluide: non si
riferisce a nulla in particolare, si presenta paradossalmente come “un’identità
senza essenza”. Sembra di parlare di cose astratte e lontane, mentre invece
sono vicinissime e concrete: costruire delle persone fluide che pretendano che
ogni loro desiderio si trasformi in bisogno, e quindi diventi diritto.
Individui fluidi per una società fluida e debole. Una manipolazione da
laboratorio, dove inventori e manipolatori fanno parte di quella “governance mondiale” che va oltre
i governi eletti, e che spesso rimanda ad Organizzazioni non governative che,
come tali, non esprimono nessuna volontà popolare! Vogliamo questo per i nostri
bambini, ragazzi, giovani? Genitori che
ascoltate, volete questo per i vostri figli? Che a scuola – fin
dall’infanzia – ascoltino e imparino queste cose, così come avviene in altri
Paesi d’Europa? Reagire è doveroso e possibile, basta essere vigili, senza
lasciarsi intimidire da nessuno, perché il diritto di educare i figli nessuna
autorità scolastica, legge o istituzione politica può pretendere di usurparlo.
È necessario un risveglio della coscienza individuale e collettiva, della
ragione dal sonno indotto a cui è stata via via costretta. Sappiate, genitori,
che noi Pastori vi siamo e vi saremo sempre vicini.
4. Conclusione
Vi ringrazio, cari
Confratelli, per il vostro ascolto a cui seguirà la parte importante dei nostri
lavori. La nostra coscienza di Pastori, attenti al bene integrale della gente,
è viva; possiamo dire che cresce a fronte delle sollecitazioni dell’ora che la
Provvidenza ci dona. Ora ricca di luci, di aneliti e attese, di bontà, di fede
vissuta con il sangue come i nostri martiri, e di eroismo come quello di tanti
che vivono i loro impegni di famiglia, di lavoro, di fede con serietà e dignità
commoventi. Ne siamo testimoni ammirati. Ora piena anche di domande e attese,
ombre e svolte che interpellano noi Pastori e tutte le persone di buona
volontà. Affidiamo questi giorni, insieme alle nostre comunità, alla maternità
dolce e forte della Santa Vergine, Madre di Cristo che è volto visibile della
misericordia di Dio.
Accennando a quella "comunità di fede e di carità reciproca" che è
Caritas Italiana, come lui la definiva, il nostro ricordo grato va a Mons. Giuseppe Pasini, di cui
domattina a Padova si celebrano i funerali: possa ricevere la ricompensa
che spetta al "servo buono e fedele". Mons. Pasini ha operato per 24
anni in modo significativo all'interno di Caritas Italiana, che ha diretto dal
1986 al 1996, accompagnandone e orientandone il cammino fin dal suo primo
avvio, accanto a Mons. Giovanni Nervo.