1. Sintesi delle conclusioni
della 3° Assemblea generale straordinaria del Sinodo dei vescovi su Le sfide pastorali sulla famiglia nel
contesto dell’evangelizzazione, svoltosi dal 5 al 19 ottobre 2014, con
particolare riguardo alle materie sulle quali un consiglio pastorale parrocchiale
può esprimere un proprio parere.
2. Aspetti critici meritevoli di discussione nel Consiglio pastorale
parrocchiale
1.Sintesi delle conclusioni del Sinodo
Sulla realtà della famiglia, decisiva e
preziosa, il Vescovo di Roma ha chiamato a riflettere il Sinodo dei Vescovi
nella sua Assemblea Generale Straordinaria dell’ottobre 2014, per approfondire
poi la riflessione nell’Assemblea Generale Ordinaria che si terrà nell’ottobre
2015.
Il cambiamento
antropologico-culturale influenza oggi tutti gli aspetti della vita e richiede
un approccio analitico e diversificato. Vanno sottolineati prima di tutto gli
aspetti positivi: la più grande libertà di espressione e il migliore
riconoscimento dei diritti della donna e dei bambini, almeno in alcune regioni.
Ma, d’altra parte, bisogna egualmente considerare il crescente pericolo
rappresentato da un individualismo esasperato.
C’è anche una sensazione
generale di impotenza nei confronti della realtà socio-economica che spesso finisce
per schiacciare le famiglie.
Ci sono contesti culturali
e religiosi che pongono sfide particolari. In alcune società vige ancora la
pratica della poligamia e in alcuni contesti tradizionali la consuetudine del
"matrimonio per tappe". In altri contesti permane la pratica dei
matrimoni combinati.
Molti sono i bambini che
nascono fuori dal matrimonio, specie in alcuni Paesi, e molti quelli che poi
crescono con uno solo dei genitori o in un contesto familiare allargato o ricostituito.
Il numero dei divorzi è crescente e non è raro il caso di scelte determinate
unicamente da fattori di ordine economico. I bambini spesso sono oggetto di
contesa tra i genitori e i figli sono le vere vittime delle lacerazioni
familiari. I padri sono spesso assenti
non solo per cause economiche laddove invece si avverte il bisogno che essi
assumano più chiaramente la responsabilità per i figli e per la famiglia. La
dignità della donna ha ancora bisogno di essere difesa e promossa.
A fronte del quadro sociale
delineato si riscontra in molte parti del mondo, nei singoli un maggiore
bisogno di prendersi cura della propria persona, di conoscersi interiormente,
di vivere meglio in sintonia con le proprie emozioni e i propri sentimenti, di
cercare relazioni affettive di qualità; tale giusta aspirazione può aprire al
desiderio di impegnarsi nel costruire relazioni di donazione e reciprocità
creative, responsabilizzanti e solidali come quelle familiari.
Di fatto, la questione della fragilità
affettiva è di grande attualità: una affettività narcisistica, instabile e
mutevole che non aiuta sempre i soggetti a raggiungere una maggiore maturità.
Preoccupa una certa diffusione della pornografia e della commercializzazione
del corpo, favorita anche da un uso distorto di internet e va denunciata la
situazione di quelle persone che sono obbligate a praticare la prostituzione.
In questo contesto, le coppie sono talvolta incerte, esitanti e faticano a
trovare i modi per crescere.
In questo contesto la
Chiesa avverte la necessità di dire una parola di verità e di speranza. Occorre
muovere dalla convinzione che l’uomo viene da Dio e che, pertanto, una
riflessione capace di riproporre le grandi domande sul significato dell’essere
uomini, possa trovare un terreno fertile nelle attese più profonde
dell’umanità.
Con intima gioia e profonda
consolazione, la Chiesa guarda alle famiglie che restano fedeli agli
insegnamenti del Vangelo, ringraziandole e incoraggiandole per la testimonianza
che offrono. Grazie ad esse, infatti, è resa credibile la bellezza del
matrimonio indissolubile e fedele per sempre.
La Chiesa, in quanto maestra sicura e madre premurosa, pur
riconoscendo che per i battezzati non vi è altro vincolo nuziale che quello
sacramentale, e che ogni rottura di esso è contro la volontà di Dio, è anche
consapevole della fragilità di molti suoi figli che faticano nel cammino della
fede.
In ordine ad un approccio
pastorale verso le persone che hanno contratto matrimonio civile, che sono
divorziati e risposati, o che semplicemente convivono, compete alla Chiesa
rivelare loro la divina pedagogia della grazia nelle loro vite e aiutarle a raggiungere
la pienezza del piano di Dio in loro. Seguendo lo sguardo di Cristo, la cui
luce rischiara ogni uomo (cf. Gv 1,9; Gaudium et Spes, 22) la
Chiesa si volge con amore a coloro che partecipano alla sua vita in modo
incompiuto, riconoscendo che la grazia di Dio opera anche nelle loro vite dando
loro il coraggio per compiere il bene, per prendersi cura con amore l’uno
dell’altro ed essere a servizio della comunità nella quale vivono e lavorano.
La Chiesa guarda con
apprensione alla sfiducia di tanti giovani verso l’impegno coniugale, soffre
per la precipitazione con cui tanti fedeli decidono di porre fine al vincolo
assunto, instaurandone un altro.
In tal senso, una
dimensione nuova della pastorale familiare odierna consiste nel prestare
attenzione alla realtà dei matrimoni civili tra uomo e donna, ai matrimoni
tradizionali e, fatte le debite differenze, anche alle convivenze. Quando
l’unione raggiunge una notevole stabilità attraverso un vincolo pubblico, è
connotata da affetto profondo, da responsabilità nei confronti della prole, da
capacità di superare le prove, può essere vista come un’occasione da
accompagnare nello sviluppo verso il sacramento del matrimonio. Molto spesso
invece la convivenza si stabilisce non in vista di un possibile futuro
matrimonio, ma senza alcuna intenzione di stabilire un rapporto istituzionale.
L’annunzio del Vangelo
della famiglia costituisce un’urgenza per la nuova evangelizzazione. La Chiesa
è chiamata ad attuarlo con tenerezza di madre e chiarezza di maestra (cf. Ef
4,15), in fedeltà alla kenosi misericordiosa del Cristo. La verità si incarna
nella fragilità umana non per condannarla, ma per salvarla (cf. Gv 3,16
-17).
Evangelizzare è
responsabilità di tutto il popolo di Dio, ognuno secondo il proprio ministero e
carisma. Senza la testimonianza gioiosa dei coniugi e delle famiglie, chiese
domestiche, l’annunzio, anche se corretto, rischia di essere incompreso o di
affogare nel mare di parole che caratterizza la nostra società (cf. Novo
Millennio Ineunte, 50).
Per questo si richiede a
tutta la Chiesa una conversione missionaria: è necessario non fermarsi ad un
annuncio meramente teorico e sganciato dai problemi reali delle persone. Non va
mai dimenticato che la crisi della fede ha comportato una crisi del matrimonio
e della famiglia e, come conseguenza, si è interrotta spesso la trasmissione
della stessa fede dai genitori ai figli. Dinanzi ad una fede forte
l’imposizione di alcune prospettive culturali che indeboliscono la famiglia e
il matrimonio non ha incidenza.
Il matrimonio cristiano è
una vocazione che si accoglie con un’adeguata preparazione in un itinerario di
fede, con un discernimento maturo, e non va considerato solo come una
tradizione culturale o un’esigenza sociale o giuridica. Pertanto occorre
realizzare percorsi che accompagnino la persona e la coppia in modo che alla
comunicazione dei contenuti della fede si unisca l’esperienza di vita offerta
dall’intera comunità ecclesiale.
È stata ripetutamente
richiamata la necessità di un radicale rinnovamento della prassi pastorale alla
luce del Vangelo della famiglia, superando le ottiche individualistiche che
ancora la caratterizzano. Per questo si è più volte insistito sul rinnovamento
della formazione dei presbiteri, dei diaconi, dei catechisti e degli altri
operatori pastorali, mediante un maggiore coinvolgimento delle stesse famiglie.
I Padri sinodali sono stati
concordi nel sottolineare l’esigenza di un maggiore coinvolgimento dell’intera
comunità privilegiando la testimonianza delle stesse famiglie, oltre che di un
radicamento della preparazione al matrimonio nel cammino di iniziazione
cristiana, sottolineando il nesso del matrimonio con il battesimo e gli altri
sacramenti. Si è parimenti evidenziata la necessità di programmi specifici per
la preparazione prossima al matrimonio che siano vera esperienza di
partecipazione alla vita ecclesiale e approfondiscano i diversi aspetti della
vita familiare.
I primi anni di matrimonio
sono un periodo vitale e delicato durante il quale le coppie crescono nella
consapevolezza delle sfide e del significato del matrimonio. Di qui l’esigenza
di un accompagnamento pastorale che continui dopo la celebrazione del
sacramento (cf. Familiaris Consortio, parte III). Risulta di grande
importanza in questa pastorale la presenza di coppie di sposi con esperienza.
La parrocchia è considerata come il luogo dove coppie esperte possono essere
messe a disposizione di quelle più giovani, con l’eventuale concorso di
associazioni, movimenti ecclesiali e nuove comunità. Occorre incoraggiare gli
sposi a un atteggiamento fondamentale di accoglienza del grande dono dei figli.
Mentre continua ad
annunciare e promuovere il matrimonio cristiano, il Sinodo incoraggia anche il
discernimento pastorale delle situazioni di tanti che non vivono più questa
realtà. È importante entrare in dialogo pastorale con tali persone al fine di
evidenziare gli elementi della loro vita che possono condurre a una maggiore
apertura al Vangelo del matrimonio nella sua pienezza.
È stato anche notato che in
molti Paesi un «crescente numero di coppie convivono ad experimentum,
senza alcun matrimonio né canonico, né civile» (Instrumentum Laboris,
81). In alcuni Paesi questo avviene specialmente nel matrimonio tradizionale,
concertato tra famiglie e spesso celebrato in diverse tappe. In altri Paesi
invece è in continua crescita il numero di coloro dopo aver vissuto insieme per
lungo tempo chiedono la celebrazione del matrimonio in chiesa. La semplice
convivenza è spesso scelta a causa della mentalità generale contraria alle
istituzioni e agli impegni definitivi, ma anche per l’attesa di una sicurezza
esistenziale (lavoro e salario fisso). In altri Paesi, infine, le unioni di
fatto sono molto numerose, non solo per il rigetto dei valori della famiglia e
del matrimonio, ma soprattutto per il fatto che sposarsi è percepito come un
lusso, per le condizioni sociali, così che la miseria materiale spinge a vivere
unioni di fatto.
Tutte queste situazioni
vanno affrontate in maniera costruttiva, cercando di trasformarle in
opportunità di cammino verso la pienezza del matrimonio e della famiglia alla
luce del Vangelo. Si tratta di accoglierle e accompagnarle con pazienza e
delicatezza. A questo scopo è importante la testimonianza attraente di
autentiche famiglie cristiane, come soggetti dell’evangelizzazione della
famiglia.
Nel Sinodo è risuonata
chiara la necessità di scelte pastorali coraggiose. Riconfermando con forza la
fedeltà al Vangelo della famiglia e riconoscendo che separazione e divorzio
sono sempre una ferita che provoca profonde sofferenze ai coniugi che li vivono
e ai figli, i Padri sinodali hanno avvertito l’urgenza di cammini pastorali
nuovi, che partano dall’effettiva realtà delle fragilità familiari, sapendo che
esse, spesso, sono più "subite" con sofferenza che scelte in piena
libertà. Si tratta di situazioni diverse per fattori sia personali che
culturali e socio-economici. Occorre uno sguardo differenziato come San
Giovanni Paolo II suggeriva (cf. Familiaris Consortio, 84).
Ogni famiglia va
innanzitutto ascoltata con rispetto e amore facendosi compagni di cammino come
il Cristo con i discepoli sulla strada di Emmaus.
Un particolare
discernimento è indispensabile per accompagnare pastoralmente i separati, i
divorziati, gli abbandonati. Va accolta e valorizzata soprattutto la sofferenza
di coloro che hanno subito ingiustamente la separazione, il divorzio o
l’abbandono, oppure sono stati costretti dai maltrattamenti del coniuge a
rompere la convivenza. Il perdono per l’ingiustizia subita non è facile, ma è
un cammino che la grazia rende possibile. Di qui la necessità di una pastorale
della riconciliazione e della mediazione attraverso anche centri di ascolto
specializzati da stabilire nelle diocesi.
Alcune famiglie vivono
l’esperienza di avere al loro interno persone con orientamento omosessuale. Al
riguardo ci si è interrogati su quale attenzione pastorale sia opportuna di
fronte a questa situazione riferendosi a quanto insegna la Chiesa: «Non esiste
fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le
unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia».
Nondimeno, gli uomini e le donne con tendenze omosessuali devono essere accolti
con rispetto e delicatezza. «A loro riguardo si eviterà ogni marchio di
ingiusta discriminazione» (Congregazione per la Dottrina della Fede, Considerazioni
circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone omosessuali,
4).
Non è difficile constatare
il diffondersi di una mentalità che riduce la generazione della vita a una
variabile della progettazione individuale o di coppia. I fattori di ordine
economico esercitano un peso talvolta determinante contribuendo al forte calo
della natalità che indebolisce il tessuto sociale, compromette il rapporto tra
le generazioni e rende più incerto lo sguardo sul futuro. L’apertura alla vita
è esigenza intrinseca dell'amore coniugale. In questa luce, la Chiesa sostiene
le famiglie che accolgono, educano e circondano del loro affetto i figli
diversamente abili.
2 Questioni problematiche
Nella Chiesa cattolica le donne sono ancora
pesantemente discriminate, in particolare sui temi della famiglia. Questa situazione
collide con l’ordinamento giuridico della Repubblica italiana e quindi con i
doveri del cittadino. Le giustificazioni teologiche che solitamente si danno
non sono convincenti. L’Europa contemporanea ha ripudiato la discriminazione su
base sessuale e il principio di parità tra i sessi è stato profondamente
interiorizzato dalla gente. La discriminazione su base sessuale è illegale in Italia.
Un aspetto della
discriminazione su base sessuale è quello che riguarda le persone omossessuali.
In particolare nel rifiuto di accettare unioni familiari al modo coniugale tra
persone omosessuali. Anche la discriminazione delle persone omossessuali è
illegale in Italia e sempre più si verranno affermando principi
antidiscriminatori nella legislazione e nel costume. Benché l’omosessualità sia presentata come
malvagia nelle scrittura sacre, ciò deve imputarsi a situazioni storiche
superate, proprie del mondo antico in cui si sono formate, analogamente ad
altre questioni. I teologi ci ragioneranno sopra, ma ciò che è certo è che è
contrario ai doveri etici del cittadino italiano accettare anche questa forma
di discriminazione sociale su base sessuale. Come oggi non accettiamo più di
lapidare le adultere, dovremmo ragionare se sia veramente impossibile,
teologicamente, superare la discriminazione contro gli omosessuali.
La famiglia è stata storicamente caricata di
eccessive aspettative di carattere teologico. Si dà eccessiva importanza al
momento costitutivo del vincolo matrimoniale, e ciò sulla base di un’antica
tradizione storica di carattere giuridico, prima che teologico, e quasi nessuna
alle dinamiche successive del rapporto matrimoniale. Nella società
contemporanea accade l’inverso. E ciò anche a seguito del veloce processo di
emancipazione femminile, economica, sociale e culturale. che ha comportato il
venir meno di una potestà maritale sulle mogli e l’abbandono del tipo di
famiglia ad impostazione patriarcale. Si è capito che la stabilità coniugale si
costruisce nel corso del rapporto, con un lungo tirocinio interpersonale, su
cui si può innestare l’insegnamento di fede.
Di fatto la famiglia è un
processo, che come ha un inizio può avere una fine, indipendentemente dalla
buona o cattiva volontà dei coniugi. Chi
vive questa concezione della famiglia non accetta più di essere discriminato o
di essere accettato solo per misericordia.
Questo atteggiamento misericordioso
viene sentito addirittura come insultante. Le famiglie discriminate non sono
più raggiungibili dall’annuncio evangelico.
Non esiste, di fatto, nella
società italiana contemporanea, un solo modello familiare valido, ma una
pluralità di modelli. Non tutti sono caratterizzati dall’essere unioni effimere,
anche se manca un atto formale costitutivo. Alcune unioni coniugali senza
formalità iniziali durano di fatto più delle unioni basate su un matrimonio
formale. Le famiglie non fondate su un matrimonio formale lamentano che il bene
che esse producono non viene riconosciuto e ciò solo per questioni meramente
formali. Si sentono discriminate.
Le famiglie discriminate
non sono più raggiungibili dall’annuncio evangelico.
E' mia opinione che la generazione della vita deve
essere affidata alla progettazione dei coniugi e, di fatto, lo è, almeno in genere. Essa è infatti loro
responsabilità e loro carisma sotto tutti i profili. Non è vero che il contenere il numero dei
figli a una quota inferiore a quella
biologicamente ottenibile durante l’età fertile della donna sia manifestazione
di egoismo. Questa concezione è vissuta come intollerabilmente insultante per i
coniugi cristiani. I coniugi devono realisticamente valutare, in base alle loro
risorse materiali, biologiche e psicologiche, quanti figli mettere al mondo, in
modo da consentire a tutti i nuovi nati di vivere in condizioni dignitose. La
famiglia non è una batteria riproduttiva, che debba generare quanti più figli
possibile, ed è inaccettabile concepire
l’atto sessuale come una sorta di roulette
russa. Certa ideologia che vuole
essere di apertura alla vita è sentita
oggi come un forma di incoscienza. Nel magistero si dà troppo scarso rilievo
alla genitorialità responsabile, a favore di concezioni fondamentalistiche che
hanno scarso credito tra la gente e che ostacolano l’evangelizzazione.
Occorre prendere atto della
pluralità di modelli familiari tra le persone di fede e, nel servirsi di coppie
esperte nella pastorale della
famiglia, occorre evitare di utilizzare solo gente che ha realizzato nelle
propria vita un solo tipo di modello familiare, in particolare uno di tipo
fondamentalista. Se si propone un solo
modello familiare di tipo fondamentalista, in particolare quello fondato sul
matrimonio di impostazione patriarcale e autoritaria, insieme batteria
riproduttiva e istituto di correzione, con le donne e i figli sottoposti ad una
intollerabile disciplina bigotta, si avrà come risultato di selezionare i destinatari del messaggio evangelico,
rifiutando quelli che non se la sentono di aderire a quel modello, che, credo,
siano la maggioranza della gente.