INFORMAZIONI UTILI SU QUESTO BLOG

  Questo blog è stato aperto da Mario Ardigò per consentire il dialogo fra gli associati dell'associazione parrocchiale di Azione Cattolica della Parrocchia di San Clemente Papa, a Roma, quartiere Roma - Montesacro - Valli, un gruppo cattolico, e fra essi e altre persone interessate a capire il senso dell'associarsi in Azione Cattolica, palestra di libertà e democrazia nello sforzo di proporre alla società del nostro tempo i principi di fede, secondo lo Statuto approvato nel 1969, sotto la presidenza nazionale di Vittorio Bachelet, e aggiornato nel 2003.

  This blog was opened by Mario Ardigò to allow dialogue between the members of the parish association of Catholic Action of the Parish of San Clemente Papa, in Rome, the Roma - Montesacro - Valli district, a Catholic group, and between them and other interested persons to understand the meaning of joining in Catholic Action, a center of freedom and democracy in the effort to propose the principles of faith to the society of our time, according to the Statute approved in 1969, under the national presidency of Vittorio Bachelet, and updated in 2003.

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L’Azione Cattolica Italiana è un’associazione di laici nella chiesa cattolica che si impegnano liberamente per realizzare, nella comunità cristiana e nella società civile, una specifica esperienza, ecclesiale e laicale, comunitaria e organica, popolare e democratica. (dallo Statuto)

Italian Catholic Action is an association of lay people in the Catholic Church who are freely committed to creating a specific ecclesial and lay, community and organic, popular and democratic experience in the Christian community and in civil society. (from the Statute)

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  Scrivo per dare motivazioni ragionevoli all’impegno sociale. Lo faccio secondo l’ideologia corrente dell’Azione Cattolica, che opera principalmente in quel campo, e secondo la mia ormai lunga esperienza di vita sociale. Quindi nell’ordine di idee di una fede religiosa, dalla quale l’Azione Cattolica trae i suoi più importanti principi sociali, ma senza fare un discorso teologico, non sono un teologo, e nemmeno catechistico, di introduzione a quella fede. Secondo il metodo dell’Azione Cattolica cerco di dare argomenti per una migliore consapevolezza storica e sociale, perché per agire in società occorre conoscerla in maniera affidabile. Penso ai miei interlocutori come a persone che hanno finito le scuole superiori, o hanno raggiunto un livello di cultura corrispondente a quel livello scolastico, e che hanno il tempo e l’esigenza di ragionare su quei temi. Non do per scontato che intendano il senso della terminologia religiosa, per cui ne adotto una neutra, non esplicitamente religiosa, e, se mi capita di usare le parole della religione, ne spiego il senso. Tengo fuori la spiritualità, perché essa richiede relazioni personali molto più forti di quelle che si possono sviluppare sul WEB, cresce nella preghiera e nella liturgia: chi sente il desiderio di esservi introdotto deve raggiungere una comunità di fede. Può essere studiata nelle sue manifestazioni esteriori e sociali, come fanno gli antropologi, ma così si rimane al suo esterno e non la si conosce veramente.

  Cerco di sviluppare un discorso colto, non superficiale, fatto di ragionamenti compiuti e con precisi riferimenti culturali, sui quali chi vuole può discutere. Il mio però non è un discorso scientifico, perché di quei temi non tratto da specialista, come sono i teologi, gli storici, i sociologi, gli antropologi e gli psicologi: non ne conosco abbastanza e, soprattutto, non so tutto quello che è necessario sapere per essere un specialista. Del resto questa è la condizione di ogni specialista riguardo alle altre specializzazioni. Le scienze evolvono anche nelle relazioni tra varie specializzazioni, in un rapporto interdisciplinare, e allora il discorso colto costituisce la base per una comune comprensione. E, comunque, per gli scopi del mio discorso, non occorre una precisione specialistica, ma semmai una certa affidabilità nei riferimento, ad esempio nella ricostruzione sommaria dei fenomeni storici. Per raggiungerla, nelle relazioni intellettuali, ci si aiuta a vicenda, formulando obiezioni e proposte di correzioni: in questo consiste il dialogo intellettuale. Anch’io mi valgo di questo lavoro, ma non appare qui, è fatto nei miei ambienti sociali di riferimento.

  Un cordiale benvenuto a tutti e un vivo ringraziamento a tutti coloro che vorranno interloquire.

  Dall’anno associativo 2020/2021 il gruppo di AC di San Clemente Papa si riunisce abitualmente due martedì e due sabati al mese, alle 17, e anima la Messa domenicale delle 9. Durante la pandemia da Covid 19 ci siamo riuniti in videoconferenza Google Meet. Anche dopo che la situazione sanitaria sarà tornata alla normalità, organizzeremo riunioni dedicate a temi specifici e aperte ai non soci con questa modalità.

 Per partecipare alle riunioni del gruppo on line con Google Meet, inviare, dopo la convocazione della riunione di cui verrà data notizia sul blog, una email a mario.ardigo@acsanclemente.net comunicando come ci si chiama, la email con cui si vuole partecipare, il nome e la città della propria parrocchia e i temi di interesse. Via email vi saranno confermati la data e l’ora della riunione e vi verrà inviato il codice di accesso. Dopo ogni riunione, i dati delle persone non iscritte verranno cancellati e dovranno essere inviati nuovamente per partecipare alla riunione successiva.

 La riunione Meet sarà attivata cinque minuti prima dell’orario fissato per il suo inizio.

Mario Ardigò, dell'associazione di AC S. Clemente Papa - Roma

NOTA IMPORTANTE / IMPORTANT NOTE

SUL SITO www.bibbiaedu.it POSSONO ESSERE CONSULTATI LE TRADUZIONI IN ITALIANO DELLA BIBBIA CEI2008, CEI1974, INTERCONFESSIONALE IN LINGUA CORRENTE, E I TESTI BIBLICI IN GRECO ANTICO ED EBRAICO ANTICO. CON UNA FUNZIONALITA’ DEL SITO POSSONO ESSERE MESSI A CONFRONTO I VARI TESTI.

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lunedì 27 aprile 2015

Da: Enzo Bianchi, “L’ostilità verso l’altro è la notte delle coscienze”, in La Stampa, 26-4-15

Da: Enzo Bianchi, “L’ostilità verso l’altro è la notte delle coscienze”, in La Stampa, 26-4-15

 Vediamo espandersi come un contagio in tutta l’Europa  questo clima di ostilità verso l’altro, soprattutto se povero, di gretto egoismo tribale, in un continente di cui solo pochi anni fa si decantavano le profonde radici cristiane e la cultura solidaristica dei ceti operai e lo “stato sociale”. Che amarezza constatare che tra la “nostra gente” molti -ormai dimentichi del loro passato di migranti, della loro antica miseria, della loro fuga verso terre dove c’era speranza di pane- hanno bevuto questo veleno della negazione dello straniero. E’ l’amarezza del cardinal Parolin che confessa: “Personalmente mi dispiace molto che ci sia questo atteggiamento di chiusura che può diventare addirittura di disprezzo e di intolleranza nei confronti degli altri. E che succeda nella regione in cui sono nato e con cui conservo un rapporto di amore, appesantisce ancor di più…”. Una regione, come altre in Nord Italia, un tempo definite “cattoliche”: ma “si può essere cattolici e dire di  no all’accoglienza? La risposta ovvia è no! -ribadisce con forza il segretario di Stato- Non si può essere un buon cristiano se c’è una chiusura totale!”. E invece vediamo crescere l’odio razzista, anche grazie alla propaganda martellante di impresari della paura che accomunano innocenti e criminali con perfida menzogna, la menzogna che vede in ogni immigrato, in ogni povero, in ogni straniero un attentato alla nostra sicurezza e al nostro benessere.
[…]

 Ipotizzare di distruggere o bombardare i barconi nei paesi di partenza è un “atto di guerra”, come ha affermato mons. Vegliò in una nota del Pontificio Consiglio per i Migranti: proclamarsi “pronti a combattere”, predisporsi a “passare all’azione” significa accettare la logica dell’intervento militare, della guerra: s no fossero parole pronunciate da chi non sa quello che dice sarebbe un’autentica follia. Se non si vuole che i barconi affondino, è soluzione deleteria e ignobile colarli a picco in anticipo a colpi di bombe, magari ignorando se non sono già stati riempiti di scudi umani. Se si vuole che i disperati smettano di fuggire da zone di guerra, di violenza, di carestie è disumano lasciare che vengano sballottati e rivenduti più volte in una camera di tortura grande come un immenso deserto. Ma noi, con l’insana convinzione di poter creare barriere impenetrabili all’anelito di vita di intere popolazioni, cancelliamo ogni obbligo al rispetto dei diritti da riconoscere a ogni essere umano: così non si attivano corridoi umanitari ma si lascia che ogni pista nel deserto diventi terreno fertile per i trafficanti, i campi profughi si trasformino in bersagli indifesi o in incubatori di epidemie. Le parole di mons. Perego, direttore di Migrante, ben esprimono il sentimento di molti di fronte a piani strategici che prevedono solo il respingimento di esseri umani come fossero rifiuti da tenere al largo della battigia: “Noi proviamo vergogna per una simile proposta!”.

domenica 26 aprile 2015

Domenica 26-4-15 – 4° Domenica del Tempo di Pasqua- Lezionario dell’anno B per le domeniche e le solennità –colore liturgico: bianco –  salterio: 4°settimana - Letture e sintesi dell’omelia della Messa delle nove

Osservazioni ambientali: temperatura  20°C; cielo: poco nuvoloso, nuvole alte e a strati. Canti: ingresso, Il Signore è il  mio pastore; offertorio, Le Mani;  Comunione, Vieni con me; finale, Regina Coeli.

  Alla Messa delle nove, il gruppo di AC era nei banchi a sinistra dell'altare, guardando l'abside.


Buona domenica a tutti i lettori!

Oggi, sul sagrato della chiesa parrocchiale, l’associazione di volontariato Nuovi Orizzonti,  che assiste tossicodipendenti, alcoldipendenti e persone colpite da altre forme di dipendenza, ha allestito un banchetto dove si possono trovare oggetti artigianali prodotti dalle persone coinvolte in quel lavoro e materiale informativo: chiedo un aiuto economico per continuare.

Pillola di Concilio:

  Chiunque segue Cristo, l’uomo perfetto, diventa anch’egli più uomo.
  Partendo da questa fede, la Chiesa può sottrarre la dignità della natura umana al fluttuare di tutte le opinioni che, per esempio, abbassano troppo il corpo umano, oppure lo esaltano troppo. Nessuna legge umana è in grado di assicurare la dignità personale e la libertà dell’uomo, quanto il Vangelo di Cristo, affidato alla Chiesa. Questo Vangelo, infatti, annunzia e proclama la libertà dei figli di Dio, respinge ogni schiavitù che deriva in ultima analisi dal peccato, onora come sacra la dignità della coscienza e la sua libera decisione, ammonisce senza posa a raddoppiare tutti i talenti umani a servizio di Dio e per il bene degli uomini, infine raccomanda tutti alla carità di tutti. Ciò corrisponde alla legge fondamentale dell’economia cristiana. Benché, infatti, il Dio Salvatore e il Dio Creatore siano sempre lo stesso Dio, e così pure si identifichino il Signore della storia umana e il Signore della salvezza, tuttavia in questo stesso ordine divino la giusta autonomia della creatura, specialmente dell’uomo, lungi dall'essere soppressa, viene piuttosto restituita alla sua dignità e in essa consolidata.
 Perciò  la Chiesa, in forza del Vangelo affidatole, proclama i diritti umani, e riconosce e apprezza molto il dinamismo con cui ai nostri giorni tali diritti vengono promossi ovunque. Questo movimento deve essere impregnato dallo spirito del Vangelo e dev'essere protetto contro ogni specie di falsa autonomia. Siamo, infatti, esposti alla tentazione di pensare che i nostri diritti personali sono pienamente salvi solo quando veniamo sciolti da ogni norma di legge divina. Ma per questa strada la dignità della persona umana non si salva e va piuttosto perduta

[dalla Costituzione pastorale Gaudium et spes (=la gioia e la speranza), del Concilio Vaticano 2° (1962-1965), n.41]

Prima lettura
Dagli Atti degli Apostoli (At 4,8-12)

(At 3,1-10. Antefatto della seconda lettura) Pietro e Giovanni salivano al tempio per la preghiera delle tre del pomeriggio. Qui di solito veniva portato un uomo, storpio fin dalla nascita; lo ponevano ogni giorno presso la porta del tempio detta Bella per chiedere l’elemosina a coloro che entravano nel tempio. Costui, vedendo Pietro e Giovanni che stavano per entrare nel tempio, li pregava per avere un’elemosina. Allora, fissando lo sguardo su di lui, Pietro insieme a Giovanni disse: “Guarda verso di noi”. Ed egli si volse a guardarli, sperando di ricevere da loro qualche cosa. Pietro gli disse: “Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho de lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, alzati e cammina!”. Lo prese per la mano destra e lo sollevò. Di colpo i suoi piedi e le caviglie si rinvigorirono e, balzato in piedi, si mise a camminare; ed entrò con loro nel tempio camminando, saltando e lodando Dio. Tutto il popolo lo vide camminare e lodare Dio e riconoscevano che era colui che sedeva a chiedere l’elemosina alla porta Bella del tempio e furono ricolmi di meraviglia e stupore per quello che gli era accaduto.

In  quei giorni, Pietro, colmato di Spirito Santo, disse loro: “Capi del popolo e anziani, visto che oggi veniamo interrogati sul beneficio recato a un uomo infermo, e cioè per mezzo di chi egli sia stato salvato, sia noto a tutti voi e a tutto il popolo d’Israele: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi risanato. Questo Gesù è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo. In nessun altro c’è salvezza, non vi è in fatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini, nel quale è stabilito che noi siamo salvati.


Salmo responsoriale (117 (118))


Ritornello:
 La pietra scartata dai costruttori è divenuta testata d’angolo

 Rendete grazie al Signore perché è buono,
perché il suo amore è per sempre.
E’ meglio rifugiarsi nel Signore
che confidare nell’uomo.
E’ meglio rifugiarsi nel Signore
che confidare nei potenti.

 Ti rendo grazie, perché mi hai risposto,
perché sei stato la mia salvezza.
La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d’angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.

 Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
Vi benediciamo dalla casa del Signore.
Sei tu il mio Dio e ti rendo grazie,
sei il  mio Dio e ti esalto.
Rendete grazie al Signore, perché è buono,
perché il suo amore è per sempre



Seconda lettura  
Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo (1Gv 3,1-2)

 Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figlio di Dio, e lo siamo realmente! Per questo il mondo non ci conosce: perché non ha conosciuto lui. Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è.


Vangelo
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 10,11-18)

 In quel tempo, Gesù disse: “Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario -che non è pastore e al quale le pecore non appartengono- vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore. Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce m e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore. Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto da Padre mio”.


Sintesi dell'omelia della Messa delle nove

 Anche nella Messa di oggi risuona il grido di Pasqua: il Signore è risorto, ha sconfitto la morte.
 Il Signore è il buon pastore, che dà la vita per salvare il suo gregge. Non è come i mercenari, che sfruttano il gregge. Egli ci ha dato vita donando la sua vita. Ci ha salvato.  E’ questo che Pietro spiega nella seconda lettura. Il miracolo da lui compiuto, nel nome del Signore, è la via per arrivare poi a fare l’annuncio della salvezza portata da Gesù Cristo. Egli risana un infermo, lo rialza e gli consente di essere nuovamente ammesso nel tempio, dove per la sua condizione di malato non poteva entrare.
 I capi del popolo e gli scribi del suo tempo erano animati invece da  logiche di potere e non potevano credere che uno che da loro era stato annientato potesse, con la sua morte, donare la vita agli altri.
 Noi siamo il gregge salvato dal Signore, siamo la sua Chiesa viva, di cui l’edificio della chiesa parrocchiale è solo immagine. Anche noi, nel nome del Signore, dobbiamo portare la salvezza agli altri donando la nostra vita, cominciando dalle persone che ci sono vicine, i familiari, i coinquilini. Dobbiamo rialzare chi è caduto e riportarlo nel gregge del Signore.


Sintesi di Mario Ardigò, per come ha inteso le parole del celebrante – Azione Cattolica in San Clemente Papa – Roma, Monte Sacro Valli

  

Avvisi parrocchiali:
-martedì 28 aprile, alle ore 19:00, nella parrocchia del SS Redentore, a Val Melaina, verrà il Vescovo ausiliare di settore e si terrà una preghiera per i migranti morti in mare qualche giorno fa;
-dal Primo Maggio la Messa della sera sarà celebrata alle ore 19. Quel giorno cadrà nel primo venerdì del mese e sarà portata la Comunione agli ammalati;
-si segnala il sito WEB della parrocchia:

Avvisi di A.C.:
-  la riunione infrasettimanale del gruppo parrocchiale di AC si terrà il 28-4-15, alle ore 17, nell'aula con accesso dal corridoio dell'ufficio parrocchiale. I soci sono invitati a preparare una riflessione sulle letture di domenica 3-5-15: At 9,26-31; Sal 21 (22); 1Gv, 3,18-24; Gv 15,1-8.
- si segnala il sito WEB dall'AC diocesana: www.acroma.it
- si segnala il sito WEB www.parolealtre.it , il portale di Azione Cattolica sulla formazione.












venerdì 17 aprile 2015

Noi e Gomorra

Vi trascrivo di seguito il testo di una email che ho inviato ai miei colleghi dopo gli omicidi di Milano di qualche giorno fa.
Mario Ardigò - Azione Cattolica in San Clemente Papa, Roma, Monte Sacro, Valli

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 Gomorra è l'immagine del mondo perduto, quello in cui non hai più un amico, un parente da salvare  e che preferiresti, tutto sommato, lasciato alle fiamme. E' la civiltà devastata di cui ha scritto Saviano. Che si fa, se ci si trova in mezzo?
 Fin da piccolo mi hanno insegnato che si deve resistere senza perdersi d'animo. La disperazione è un peccato molto grave,  senza perdono perché senza speranza, mi hanno detto, e ancor più se ci si trascina gli altri dietro.  E' una malattia dell'anima che bisogna combattere con tutte le forze. Vincolandosi a una disciplina interiore molto forte. Perché? Perché vivere è bello, dà gioia. Vivere bisogna, dunque. Ma per vivere con gioia bisogna avere una speranza in cuore e soprattutto generare alla speranza, diffonderla. E' questa la legge della vita. Non ho mai sentito così forte la voglia di essere padre, di generare alla vita, che dopo la morte di mio padre.
 Diventando anziani, allontanandosi l'esperienza vitale della paternità, le cose si fanno più difficili. Le strategie che vanno bene da giovani, cercarsi un maestro, cercarsi dei compagni, diventano meno praticabili. Da un anziano ci si aspetta che sia lui il maestro, ma spesso non lo si vuole più per compagno. Ci si sente rifiutati, respinti. Lo scrittore Conrad descrisse questa esperienza come quella di una linea d'ombra che scende sulla vita.
 Perché dieci giusti che resistono possono ancora salvare Gomorra, la città in cui non si ha nessuno da amare? E' una legge della vita, che non si sa bene come spiegare. Se ne è scritto l'altro giorno commentando i fatti di Milano. In una massa di persone disperate, c'è chi ci tiene in piedi. Sono quei pochi che decidono di resistere e a cui gli altri finiscono per appoggiarsi, per fare riferimento.
 E' una cosa che ho letto in un libro di spiritualità che sto usando per le mie meditazioni, di Pierangelo Sequeri [L’ombra di Pietro, Vita e Pensiero, 2006, €14,00]: "bisogna anzitutto che impariamo a vivere seriamente, senza ingenuità. [...] non ci sono state età dell'oro in cui c’erano società perfettamente efficienti, in cui tutti erano bravi, si volevano bene, si aiutavano l'un l'altro per niente. Ci sono sempre state delle città -e ci sono ancora oggi- in cui cercare col lanternino, almeno all'apparenza, persone di questa trasparenza, persone semplicemente giuste. Non super-uomini, non super-donne, ma esseri umani fermi nella loro rettitudine [...] succedono cose terribili, e tuttavia c'è qualcosa che ci tiene sospesi sull'orlo del precipizio ... Non arrendersi si può. Anzi, dare man forte. Non basta però scrivere regole buone, bisogna anche che ci sia qualcuno che si impunti a reggerne lo spirito, che non è mai scritto. [...] Qualcuno disposto a resistere agli altri e persino a se stesso. Qualcuno che si metta in mezzo, a favore di altri, perché ciò che è ingiusto non accada, proprio e soltanto perché è ingiusto.  [...] Uno che non fa il male, semplicemente perché il male è ingiusto, non perché non conviene o procura danni.  [...] un essere umano, impostando la vita così, si riconcilia e si rasserena con se stesso, letteralmente si ritrova [...] La  memoria dei giusti è una benedizione per tutti [....] onorare la giustizia delle cose, anche quando non è conveniente fa risplendere l'umano di pura bellezza. Ne viene anche la forza di sperare ... anche se non siamo proprio del tutto giusti. [...] continuano a esistere persone semplicemente giuste perché è giusto. Così possiamo resistere anche noi. [...] In ogni società accade quel miracolo: c'è chi ci tiene in piedi.
Ai nostri figli spieghiamo le due cose insieme. La prima è che c'è questo miracolo dei giusti che ci tiene in vita -cerchiamo di averlo sempre presente: ci sono uomini e donne giusti nella nostra vita grazie ai quali noi riusciamo a resistere. E l'altra parola che dobbiamo dire ai nostri figli è che il mondo è pieno di migliaia e migliaia di persone che sono state ferite, umiliate, rese orfane, avvilite, mortificate, e che, quando sono diventate grandi, non hanno inflitto nessuna di queste cose ai loro simili. Non c'è niente di automatico in questo, bensì pura grazia. Ecce Homo."

martedì 7 aprile 2015

appunti di Mario Ardigò da una meditazione in preparazione alla Pasqua 2015 svolta nell’Università Gregoriana, il 28-3-15, per gli antichi membri del “Gruppo giovani” della parrocchia di San Saba 1981-1986, dal padre gesuita che li seguiva negli anni '80.

appunti di Mario Ardigò da una meditazione in preparazione alla Pasqua 2015 svolta all’Università Gregoriana, il 28-3-15, per gli antichi membri del “Gruppo giovani” della parrocchia di San Saba 1981-1986, dal padre gesuita che li seguiva negli anni '80. Il testo non è stato rivisto dall’autore e riflette la capacità di comprensione di chi lo ha ascoltato e trascritto in appunti.


1. La lettura evangelica della Messa della  prima domenica di Quaresima, tratta dal Vangelo di Marco (Mc 1,12-15), ci ha presentato un breve racconto delle tentazioni di Gesù nel deserto.

In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano. Domo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea proclamando il vangelo di Dio, e diceva: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo”.

 Nel brano si concentra l’attenzione sullo Spirito. Qual è la funzione dello Spirito? Genera, spinge alla libertà.
 La Quaresima  è un itinerario liberante.
 Le penitenze che si fanno in tempo di Quaresima hanno un significato, ma devono esser collegate allo Spirito di Dio che conduce alla libertà, al soffio dello Spirito verso la libertà (così il teologo Pierangelo Sequeri). Lo Spirito di Dio ci riscatta alla libertà, vuole figli, non servi. Lo Spirito vuole l’uomo libero.
 Gesù è la radice del nuovo popolo di Dio, nella sua umanità, verso la libertà, nel deserto [cita una riflessione del teologo Johann Baptist Metz sulle tentazioni di Gesù nel deserto].
 Gesù assume una umanità come la nostra, che viene vagliata nel deserto. Non  è una umanità mitico-magica: è vera umanità.
 Dio interviene nella storia umana attraverso l’umanità, che deve essere vagliata perché limitata.
 Come deserto il popolo di Dio incontrò i propri idoli, così anche Gesù incontrò quegli idoli dell’umanità. Si recupera così l’armonia perduta nel paradiso originario.
 Nel cammino verso la libertà si incontrano le nostre prigionie.
 C’è, ad esempio, l’idolo del potere, che può consister anche in un uso magico della religione.
 Un esempio di potere è quello che si affida al numero, al gruppo numeroso, a volte anche come forma di propaganda, per dimostrare il successo di una spiritualità o di una ideologia.
 In Quaresima il vento di libertà dello Spirito incontra i nostri legami e le nostre prigionie. Bisogna incontrare gli ostacoli che ognuno di noi porta dentro di sé.
 Nel cammino verso la libertà occorre dare il nome esatto alle cose e combattere le falsificazioni [cita il libro del gesuita Giovanni Ladiana, Se anche tutti, io no. La Chiesa e l’impegno per la giustizia, Laterza, 2015].

2. Nella Messa della seconda domenica di Quaresima è stato proclamato il brano del Vangelo di Marco con l’episodio della trasfigurazione (Mc 9,2-10)

 In quel tempo Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: “Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia”. Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: “Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!”. E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro. Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.

Occorre portare le coscienze alla consapevolezza e incontrare, oltre i propri limiti, il volto di Dio, come nella Trasfigurazione si poté cogliere il volto autentico di Dio.
 Dio non è una realtà occasionale.
  Nell’episodio evangelico della Trasfigurazione, Mosè rappresenta l’Alleanza, è colui che deve proporre le parole di Dio agli Israeliti, dopo averle ricevute nella solitudine dell’incontro con Dio.
 I profeti, impersonati da Elia,  rappresentano la tradizione che risveglia la coscienza degli Israeliti, perché non si acquieti nel ritualismo.
 In Gesù tutte queste realtà di realizzano, nel vero volto di Dio.
 Lo spirito di Dio è quello che ci spinge e che non ci fa arrestare a nessuna tappa. Ci vuole liberi in un rapporto liberante con Dio.
 Dopo Auschwitz è chiaro che la potenza degli uomini non è la potenza di Dio. Invece, ad esempio, nell’ideologia su base religiosa islamica dell’ISIS, lo Stato Islamico che sta espandendosi nella regione del Vicino Oriente Siria orientale e Iraq settentrionale, vi è l’immagini di una competizione tra dei, al mondo delle lotte di potere umane.
 Ci sono incrostazioni che vanno rimosse sotto l’azione dello Spirito. Occorre ripulire l’immagine di Dio da tutte queste incrostazioni. Ad esempio: Dio è il più grande, è vero, ma in che senso?

3.  Nella Messa della terza domenica di Quaresima ci  è stato proposto il brano evangelico, tratto dal Vangelo di Giovanni, della cacciata dei venditori dal Tempio (Gv 2,13-25).

 Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: “Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!”. I suoi discepoli si ricordarono  che sta scritto: “Lo zelo per la tua casa mi divorerà”. Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: “Quale segno ci mostri per fare queste cose?”. Rispose loro Gesù: “Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”. Gli dissero allora i Giudei: “Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?”. Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù. Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.

  A volte c’è un rapporto mercantile con Dio: facciamo il bene per ottenere da lui una retribuzione. E’ per questo che seguiamo le regole religiose.
 Perché abbiamo tanta paura di essere il liberi? A volte si preferisce la prigionia di regole che sono storicamente connotate alla  libertà.
  L’impostazione legale, l’osservanza delle regole per avere una retribuzione, dà sicurezza. Ma la securizzazione impedisce di vedere la libertà.
 Non tutti vogliono essere liberi. La libertà richiede un lavoro impegnativo. Allora nel deserto si sognano e si rimpiangono i vantaggi della schiavitù.
 Nel rapporto mercantile si cerca di convincere qualcuno promettendogli un premio. Ma Dio è una presenza avvolgente e rassicurante  [cita di Benedetto 16°, Il Dio di Gesù Cristo. Meditazioni sul Dio uno e trino, Queriana, 2011].
 Nella cacciata dei venditori dal Tempio si può vedere la condanna di Gesù di un rapporto mercantile, viziato, con Dio, per cui ci si attende un premio per aver agito bene, secondo le regole. Ma, come si insegna nella parabola del fariseo e il pubblicano, chi si comporta come il fariseo non torna giustificato.
 La libertà di Dio  è disturbante. Non ci rende giusti nel senso forense [cita gli esempi biblici di Abramo e di Giuseppe].  Giustizia è, in questa prospettiva,  agire secondo ciò che Dio si attende da noi.  Per opera di Dio, il giusto vivrà nella fede nonostante l’esperienza del limite.

4. Nella Messa della quarta domenica di Quaresima si è  proclamato il brano evangelico, tratto dal Vangelo di Giovanni (Gv 3,14-21), in cui Gesù insegna di non essere un giudice venuto per condannare il mondo, ma di essere venuto per salvarlo.

In quel tempo, Gesù disse a Nicodemo: “Come Gesù innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte da Dio.

 Nell’immagine biblica dell’Antico Testamento, citata da Gesù, del serpente infisso su un’asta e innalzato, in modo che chi lo guardava si salvasse, i Padri della Chiesa hanno visto l’immagine della morte che viene uccisa, infissa su un’asta: la morte della morte. E’ la logica di Gesù che sconfigge la morte. Quella invece del rispondere al male con il male non salva. E’ il martirio che salva, la vera vittoria, il pronunciare il nome di Gesù mentre si viene uccisi, come hanno fatto i prigionieri copti di bande libiche affiliate allo Stato islamico in Libia. La Chiesa copta ne ha celebrato il martirio con i colori della Pasqua, considerandoli santi, cioè persone appartenenti a Dio.  I copti, che conservano molto forte il senso cristiano delle origini, ci hanno così ricordato un’antica verità cristiana.

5. Nel brano evangelico letto nella Messa della quinta domenica di Quaresima, tratto dal Vangelo di Giovanni (Gv 12, 20-33), si è trattato dell’innalzamento di Gesù alla gloria.

 In quel tempo, tra quelli che erano saliti per il culto durante la festa c’erano anche alcuni Greci. Questi si avvicinarono a Filippo, che era di Betsàida di Galilea, e gli domandarono: “Signore, vogliamo vedere Gesù”. Filippo andò a dirlo ad Andrea, e poi Andrea e Filippo Andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose loro: “E’ venuta l’ora che il Figlio dell’uomo sia glorificato. In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorerà. Adesso l’anima mia è turbata; che cosa dirò? Padre, salvami da quest’ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest’ora! Padre, glorifica il tuo nome”. Venne una voce dal cielo: “L’ho glorificato e lo glorificherò ancora!”. La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: “Un angelo gli ha parlato”. Disse Gesù: “Questa voce non è venuta per me, ma per voi. Ora è il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sarà gettato fuori. E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me”. Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire.

 Il concetto di gloria richiama l’idea di essere innalzato ad un luogo elevato, dove c’è un trono. Nella prospettiva dell’evangelista Giovanni l’innalzamento è la crocifissione, anche se non utilizza il termine “crocifissione”. Giovanni utilizza il concetto di glorificazione fin dal prologo del suo Vangelo. Nella glorificazione Dio ci apparirà senza ombra di opacità. Nella morte e resurrezione Gesù si ha la massima manifestazione di Dio, la sua glorificazione. La glorificazione, nella visione cristiana,  è preceduta da una discesa (mentre l’ascesi è concepita come una salita): il mondo non è da buttare.  E’ nel mondo che si gioca la realtà di Dio.
 Contro i pericoli dello spiritualismo, la manifestazione di Dio è nell’umanità di Dio. Proprio nella sconfitta umana, nella Croce, Dio ci libera: egli  è Padre, non giudice, non ci schiavizza.
 Nella parabola del Figliol prodigo, il figlio più piccolo ha un’immagine sbagliata del padre, centrata sul rapporto servo-padrone, finché, tornando, non incontra l’abbraccio del padre, che va verso di lui, prende l’iniziativa. E’ Dio che per primo riallaccia il dialogo.
 Anche nel figlio più grande della parabola, quello che è rimasto vicino al padre, c’è la medesima immagine sbagliata del padre, basata su un rapporto mercantile.
 A volte si preferisce una religione da schiavi invece che da figli. Anche nella Chiesa di oggi vi sono sacche di resistenza in cui la si concepisce in questo modo. Si preferisce lo schema in cui c’è chi comanda e chi obbedisce.
 Il Papa, ad esempio, è ancora giuridicamente un sovrano, ma questa è una contingenza storica.
  Paolo 6° benedisse la fine del potere temporale dei papi, perché gli aveva consentito di chiamare figli quelli che avrebbe chiamato sudditi.
 Il papa è innanzi tutto un pastore: tutte le altre immagini del papa sono falsificanti, anche se hanno potuto avere una loro necessità storica.
 Il compito del pastore è di confermare nella fede, che significa rendere nella fede.
 E i cardinali, come tutti gli altri organi della Santa sede, non hanno autorità propria, ma derivata, sono in sostanza da esperti al servizio del papa-pastore. Si dice infatti che essi sono creati dal papa.
 Anche nella Chiesa  è necessario disincrostare diverse immagini falsificanti.

6. In conclusione: siamo chiamati alla libertà. Ad essere liberi da e ad essere liberi per.
 L’unico signore è Gesù e noi siamo chiamati a mettere in gioco le nostre vite in una diaconia, in un servizio.
 Siamo chiamati alla libertà per vedere il volto di Dio.